TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2012-02-09, n. 201200695

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2012-02-09, n. 201200695
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201200695
Data del deposito : 9 febbraio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00047/2007 REG.RIC.

N. 00695/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00047/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 47 del 2007, proposto da: Incollingo M, rappresentata e difesa dagli avv. G B, V M, con domicilio eletto presso G B in Napoli, p.zza Vanvitelli, 5;

contro

Comune di Cellole;

per l'annullamento

PROVV. PROT. N. 13003 DEL 03/10/2006 DI DETERMINAZIONE DI IMPORTI PER CONGUAGLIO OBLAZIONE, CONTRIBUTI CONCESSORI E INDENNITA’ PER VIOLAZIONE AMBIENTALE.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2011 il dott. O D P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Col ricorso in epigrafe, Incollingo M impugnava, chiedendone l’annullamento, previa sospensione: - il provvedimento del 3 ottobre 2006, prot. n. 13003, col quale il responsabile dell’Area per la qualità urbana del Comune di Cellole aveva determinato l’importo dell’oblazione a conguaglio, del contributo relativo agli oneri di urbanizzazione ed al costo di costruzione, nonché dell’indennità ex art. 167 del d.lgs. n. 42/2004 con riguardo alla domanda di condono edilizio presentata il 1° aprile 1986 (prot. n. 897);
- ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ivi compresa la perizia di stima relativa all’immobile abusivo.

2. Il provvedimento impugnato aveva quantificato in € 841,90 l’oblazione dovuta a conguaglio, in € 189,38 il contributo per oneri di urbanizzazione, in € 647,54 il contributo per costo di costruzione e in € 3.032,68 l’indennità ex art. 167 del d.lgs. n. 42/2004.

Le opere riguardate dalla sanatoria richiesta dalla ricorrente ai sensi degli artt. 31 ss. della l. n. 47/1985 erano state eseguite presso un immobile ubicato in Baia Domizia Sud, al viale delle Agavi, nonché ricadente in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, ed erano consistite nella “realizzazione di un portico al piano terra e soprastante balconata al piano soprastante”, in “una diversa distribuzione interna degli ambienti”, nella “costruzione della scala di accesso al primo piano”, nonché nel mutamento della destinazione d’uso di un locale adibito a garage in locale abitativo (cfr. relazione tecnica illustrativa allegata alla nota della Incollingo del 23 ottobre 1989, indirizzata all’amministrazione provinciale di Caserta).

3. L’amministrazione comunale intimata non si costituiva in giudizio.

4. In esito all’udienza pubblica del 23 febbraio 2011, questa Sezione, con ord. coll. n. 2750/2011, disponeva, tra l’altro, l’acquisizione della deliberazione del consiglio comunale n. 27 del 16 giugno 2000, del parere favorevole del 1° luglio 2004 (verbale n. 836), espresso dalla “commissione n. 2”, preposta all’esame ed alla definizione degli illeciti edilizi ai sensi degli artt. 31 ss. della l. n. 47/1985, del parere favorevole espresso dalla commissione edilizia integrata il 30 gennaio 2006 (verbale n. 440) e della scheda di valutazione e perizia di stima dell’immobile riguardato dalla richiesta sanatoria, richiamate nel provvedimento impugnato.

5. Successivamente, all’udienza pubblica del 9 novembre 2011, il Collegio, dopo aver verificato l’assolvimento del prescritto incombente istruttorio da parte del Comune di Cellole, tratteneva la causa in decisione.

DIRITTO

1. La ricorrente sostiene, innanzitutto, che per gli interventi dalla stessa realizzati in assenza di titolo abilitativo neppure si imponesse la concessione o autorizzazione in sanatoria, trattandosi di opere “di carattere interno (spostamento di pareti interne o parti di esse) ovvero esterno di natura pertinenziale (porticato … aperto su due lati)” ed essendo, a suo dire, rimasti invariati “la destinazione funzionale della unità immobiliare ‘di natura abitativa’, i volumi e la superficie”, così come autorizzati dal Comune di Cellole con l’originaria concessione edilizia n. 27 del 19 luglio 1979.

1.1. Un simile assunto è smentito già in punto di fatto, laddove la ricorrente tralascia di annoverare tra gli interventi riguardati dalla sanatoria richiesta il mutamento della destinazione d’uso di un locale adibito a garage in locale abitativo.

Ed invero, quello posto in essere dalla ricorrente è un cambio di categoria edilizia incompatibile con l’uso precedente, dacché implicante una variazione degli standards urbanistici di cui al d.m. n. 1444/1968 (cfr. Cons. Stato, sez. II, 22 febbraio 2006, n. 2539/2004;
TAR Veneto, Venezia, sez. II, 10 settembre 2007, n. 2978;
TAR Campania, Napoli, sez. VII, 1° luglio 2010, n. 16540;
15 luglio 2010, n. 16812) e un aggravio del carico urbanistico (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. II, 4 ottobre 2005, n. 7744;
TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 10 giugno 2010, n. 1787).

1.2. Non può, poi, fondatamente escludersi l’incidenza urbanistica del porticato abusivo.

Un porticato, per il suo carattere di intervento trasformativo ed innovativo, e non già manutentivo e conservativo, non costituisce, infatti, una mera pertinenza (quale, ad es., un tettoia costruita in adiacenza ad un fabbricato preesistente), bensì un’opera del tutto nuova per consistenza e materiali utilizzati, idonea, con riguardo al tipo di copertura ed alla presenza del parapetto, a svolgervi varie attività della vita quotidiana, in quanto tale comportante nuova volumetria, nuova superficie utile e, quindi, per la sua realizzazione, il previo rilascio del permesso di costruire in mancanza del quale costituisce abuso edilizio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2010, n. 7481;
25 maggio 2011, n. 3134;
TAR Toscana, Firenze, sez. III, 17 luglio 2003, n. 2850;
TAR Molise, Campobasso, 10 dicembre 2010, n. 1549).

2. Priva di pregio è anche la censura con cui viene denunciata la prescrizione del diritto dell’amministrazione comunale al conguaglio delle somme dovute a titolo di oblazione e di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione.

2.1. In proposito, giova rammentare che il termine di 36 mesi ex art. 35, comma 18, della l. n. 47/1985, trascorso il quale si prescrive l'eventuale diritto al conguaglio delle somme dovute a titolo di oblazione, decorre, bensì, dalla presentazione della domanda di concessione edilizia in sanatoria, ma, ovviamente, solo se questa sia corredata da tutti i documenti richiesti dalla legge per la sua definizione;
altrimenti, il termine in parola deve intendersi decorrente dalla data di integrazione della documentazione da allegare alla domanda (cfr. TAR Puglia, Lecce, sez. I, 5 marzo 2008, n. 735;
TAR Campania, Salerno, sez. II, 18 marzo 2008, n. 306;
17 giugno 2008, n. 1962;
26 novembre 2008, n. 3912;
26 gennaio 2009, n. 165;
TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 18 dicembre 2008, n. 1752;
TAR Lazio, Roma, sez. II, 15 aprile 2009, n. 6852;
Latina, 3 marzo 2010, n. 204).

Posto che per gli oneri di urbanizzazione e costo di costruzione il dies a quo decorre dal rilascio della concessione edilizia, e, quindi, da un momento in cui sono esattamente noti tutti gli elementi utili alla determinazione dell'entità del contributo, relativamente al conguaglio dell'oblazione dovuta in caso di condono edilizio, il dies a quo non può, cioè, coincidere con la presentazione della domanda che risulti sfornita della documentazione all’uopo richiesta e necessaria ai fini della corretta e definitiva determinazione dell'entità dell'oblazione;
cosicché la decorrenza del termine di prescrizione presuppone – tanto in favore dell’amministrazione per l'eventuale conguaglio, quanto in favore del privato per l'eventuale rimborso – che la pratica di sanatoria edilizia sia definita in tutti i suoi aspetti e siano, per l'effetto, precisamente determinabili, alla stregua dei parametri stabiliti dalla legge, l'an e il quantum dell'obbligazione gravante sul privato;
ciò che riflette puntualmente la ratio sottesa all'art. 2935 cod. civ., secondo il quale, in generale, la prescrizione non può decorrere se non dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (cfr. TAR Campania, Salerno, sez. II, 2 marzo 2010, n. 1552;
3 giugno 2010, n. 8224;
TAR Sardegna, Cagliari, sez. II, 17 novembre 2010, n. 2600).

Ebbene, nella specie, il Comune di Cellole, con nota del 24 maggio 1996, prot. n. 3376, risulta aver richiesto alla Incollingo la seguente documentazione integrativa di quella allegata alla domanda di condono edilizio presentata il 1° aprile 1986 (prot. n. 897): - visura catastale relativa all’immobile de quo;
- rilievi dello stato di fatto, completi di piante, prospetti e sezioni, quotati, con evidenziata la parte abusivamente realizzata ed a firma di tecnico abilitato;
- parere di compatibilità ambientale da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico gravante sull’area di intervento.

In riscontro a tale comunicazione, la ricorrente, con nota presentata all’amministrazione comunale il 25 maggio 1996, produceva la richiesta visura catastale e segnalava l’anteriore esibizione dell’ulteriore documentazione prescritta in via integrativa.

Dall’esame della documentazione depositata in giudizio dalla stessa Incollingo emerge, però, che il nulla osta paesaggistico (decreto sindacale n. 59 dell’8 febbraio 2006), del pari richiesto con la nota del 24 maggio 1996, prot. n. 3376, non può essere stato prodotto all’amministrazione comunale, se non dopo la data del suo rilascio.

A dispetto di quanto assunto da parte ricorrente, alla data di adozione del provvedimento impugnato (3 ottobre 2006), il diritto al conguaglio ex art. 35, comma 18, della l. n. 47/1985 non poteva dirsi prescritto, non essendo spirato il termine di 36 mesi all’uopo previsto, decorrente soltanto dal momento di avvenuto completamento della documentazione a corredo dell’istanza di condono (non anteriore all’8 febbraio 2006).

2.2. Quanto, poi, alle somme dovute a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, deve osservarsi che il termine per far valere il diritto al relativo conguaglio, disciplinato dall'art. 37 della l. n. 47/1985, soggiace al termine ordinario di prescrizione decennale, atteso che il termine speciale di 36 mesi, fissato dal precedente art. 35, comma 18, concerne esclusivamente l'oblazione (cfr. TAR Campania, Salerno, sez. II, 8 ottobre 2004 , n. 1896;
TAR Lombardia, Milano, sez. II, 20 marzo 2007, n. 458;
TAR Trentino Alto Adige, Trento, 9 dicembre 2010, n. 234).

Tale prescrizione decennale decorre, poi, dal momento in cui il diritto può essere fatto valere (ex art. 2935 cod. civ.), ossia dall'emanazione della concessione edilizia in sanatoria o, in alternativa, dalla scadenza del termine perentorio di 24 mesi dalla presentazione della domanda, spirato il quale "quest'ultima si intende accolta ove l'interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio".

Ora, nel caso in esame, alla data di adozione del provvedimento impugnato (3 ottobre 2006) non risultava rilasciata in via espressa alcuna concessione edilizia in sanatoria né poteva dirsi formato il silenzio assenso per scadenza del cennato termine perentorio di 24 mesi dalla presentazione della domanda di condono del 1° aprile 1986 (prot. n. 897), non essendosi provveduto, fino a quella data al pagamento integrale dell’oblazione dovuta.

Conseguentemente, il termine decennale di prescrizione per far valere il diritto al conguaglio delle somme dovute a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione non ha mai iniziato a decorrere in favore della Incollingo.

3. La ricorrente deduce, altresì, che la verifica di compatibilità ambientale in ordine all’immobile in sua proprietà sarebbe stata già effettuata in occasione del rilascio della concessione edilizia n. 27 del 19 luglio 1979, ove si richiama il nulla osta paesaggistico emesso dalla Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici della Campania con nota del 29 novembre 1976, prot. n. 35324;
con la conseguenza che la successiva autorizzazione di cui al parere della commissione edilizia integrata del 30 gennaio 2006 (verbale n. 440) ed al decreto sindacale n. 59 dell’8 febbraio 2006 sarebbe stato atto completamente superfluo, così come ingiustificata sarebbe stata l’applicazione della c.d. indennità ambientale, disposta in relazione ad esso.

In questo modo, omette, però, di considerare che le opere riguardate dall’autorizzazione paesaggistica rilasciata col decreto sindacale n. 59 dell’8 febbraio 2006 esulano dall’ambito di quelle assentite con la concessione edilizia n. 27 del 19 luglio 1979, e, quindi, vagliate dalla Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici della Campania in sede di nulla osta di cui alla nota del 29 novembre 1976, prot. n. 35324.

In vista del condono richiesto ai sensi degli artt. 31 ss. della l. n. 47/1985, si rendeva, infatti, indefettibile, con riferimento a lavori eseguiti in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, un’apposita verifica di compatibilità ambientale, la quale non poteva reputarsi già contenuta in un atto (nota della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici della Campania, prot. n. 35324, del 29 novembre 1976) concernente opere preesistenti e diverse dagli abusi oggetto del procedimento di sanatoria.

4. La Incollingo lamenta, infine, l’insussistenza di un danno ambientale o di un profitto derivante dagli interventi edilizi dalla stessa realizzati, nonché l’erroneità del calcolo della sanzione pecuniaria irrogatale ai sensi dell’art. 164 del d.lgs. n. 490/1999 (subentrato, dapprima, all’art. 15 della l. n. 1497/1939 e sostituito, poi, dall’art. 167, comma 5, del d.lgs. n. 42/2004).

4.1. Sul punto, occorre, in primis, obiettare che l'indennità prevista per interventi edilizi realizzati in zone soggette a vincolo paesaggistico in carenza della prescritta autorizzazione è una vera e propria sanzione amministrativa, che consegue alla violazione dell'obbligo di acquisire in via preventiva il titolo abilitativo necessario alla realizzazione di un intervento modificativo dell'assetto territoriale e che non viene meno per effetto del rilascio dell’autorizzazione postuma.

In tali ipotesi, sia il danno ambientale arrecato alla collettività sia il profitto conseguito dal trasgressore costituiscono non già presupposti sostanziali indefettibili per l'applicazione della sanzione, bensì esclusivamente parametri di commisurazione della sanzione stessa, tra loro alternativi (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1464;
14 aprile 2010, n. 2083;
TAR Basilicata, Potenza, 19 gennaio 2008, n. 14;
28 marzo 2008, n. 76;
18 ottobre 2008, n. 648;
TAR Lazio, Roma, sez. I, 13 febbraio 2009, n. 1450).

Giova, inoltre, soggiungere che tale commisurazione deve avvenire in via sostanzialmente equitativa ed essere ricollegata ad una stima tecnica di carattere generale, insuscettibile di una dimostrazione articolata ed analitica, sfuggendo il danno paesaggistico, per la sua intrinseca natura, ad una indagine dettagliata e minuta (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 2010, n. 2083).

In considerazione di ciò, la gravata determinazione della misura sanzionatoria in parola si rivela immune dai denunciati vizi di insussistenza dei relativi presupposti sostanziali, potendosi prescindere dall’effettività del danno arrecato all’ambiente e del profitto conseguito dal trasgressore, e di erroneità del calcolo ad essa sottostante, in quanto ancorato a criteri eminentemente equitativi e flessibili.

4.2. A tale ultimo riguardo, deve, peraltro, osservarsi che la somma fissata dall’amministrazione comunale (€ 3.032,68) è il risultato della corretta applicazione dell’art. 164 del d.lgs. n. 490/1999 (subentrato, dapprima, all’art. 15 della l. n. 1497/1939 e sostituito, poi, dall’art. 167, comma 5, del d.lgs. n. 42/2004) e della deliberazione consiliare n. 27 del 16 giugno 2000, così come verificabile alla luce della perizia di stima del 27 settembre 2006.

4.2.1. In particolare, ai sensi della richiamata disciplina legislativa in materia di indennità ambientale, quest’ultima è individuata, “previa perizia di stima”, nel “maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione”.

4.2.2. Più in dettaglio, la citata deliberazione consiliare n. 27 del 16 giugno 2000, in applicazione del d.m. 26 settembre 1997, stabilisce, ai fini del calcolo della sanzione pecuniaria ex art. 164 del d.lgs. n. 490/1999 (subentrato, dapprima, all’art. 15 della l. n. 1497/1939 e sostituito, poi, dall’art. 167, comma 5, del d.lgs. n. 42/2004), che:

- il danno ambientale va determinato in base alla seguente formula: superficie convenzionale di cui agli artt. 2 e 3 del d.m. 10 maggio 1977, n. 801 x € 36,15 x parametro di zona;

- quanto alla tipologia 1 di abusi (opere realizzate in assenza o difformità dalla licenza edilizia o concessione edilizia e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici), il profitto, che non può ridursi al di sotto della soglia minima di € 903,80, va determinato in base al seguente criterio: valore d’estimo [(rendita catastale x superficie abusiva] : superficie totale dopo l’abuso] ancorato all’aliquota del 3% ex art. 3 del d.m. 26 settembre 1997 e incrementabile del 100%;

- quanto alla tipologia 4 di abusi (opere realizzate in difformità dalla licenza edilizia o concessione edilizia che non comportino aumenti della superficie utile o del volume assentito;
opere di ristrutturazione edilizia realizzate senza licenza edilizia o concessione edilizia o in difformità da essa;
opere che abbiano determinato mutamento di destinazione d’uso), il profitto non può ridursi al di sotto della soglia minima di € 516,46.

4.2.3. Nella specie, il Comune di Benevento ha quantificato il danno ambientale nella maniera seguente: mq 66,07 (superficie convenzionale, ragguagliata a quella abusiva) x € 36,15 x 0,30 (parametro della zona 6, in cui ricade l’immobile in proprietà della ricorrente) = € 716,53.

Ed ha quantificato il profitto nella maniera seguente: a) abuso classificato nella tipologia 1: [€ 834,08 (rendita catastale) x mq 66,07 (superficie abusiva)] : mq 131,40 (superficie totale dopo l’abuso) = € 419,38 x 100 (coefficiente) x 3% (aliquota ex art. 3 del d.m. 26 settembre 1997 = 1.258,16 x 2 (incremento dell’aliquota ex art. 3 del d.m. 26 settembre 1997) = € 2.516,32;
b) abuso classificato nella tipologia 4: € 516,46, pari alla soglia minima per esso prevista.

Ha, quindi, individuato la misura della sanzione irrogabile nel maggiore importo tra il danno (€ 716,53) e il profitto (€ 3.032,68) accertato.

4.2.4. A fronte della riscontrabile corrispondenza tra i criteri applicativi dettati dalla disciplina legislativa e dalla deliberazione consiliare n. 27 del 16 giugno 2000 (illustrati retro, sub n.

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