TAR Brescia, sez. II, sentenza 2023-02-28, n. 202300182
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Pubblicato il 28/02/2023
N. 00182/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00172/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 172 del 2020, proposto da
R A, D D, rappresentati e difesi dall'avv. A L, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia, e domicilio fisico presso il medesimo legale in Brescia, via Solferino 10;
contro
COMUNE DI CARPENEDOLO, non costituitosi in giudizio;
nei confronti
VALENTINO TRECCANI, non costituitosi in giudizio;
per l'annullamento
- dell’ordinanza del responsabile dell’Area Tecnica n. 1 di data 14 gennaio 2020, con la quale è stata ingiunta la rimozione delle opere abusive realizzate in via Livelli;
- delle comunicazioni di avvio del procedimento di data 26 giugno 2019 e 12 luglio 2019;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2022 il dott. Mauro Pedron;
Considerato quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I ricorrenti sono comproprietari di alcuni terreni situati nel Comune di Carpenedolo. Per quanto interessa nel presente giudizio, una parte dei terreni è stata classificata come zona produttiva tramite procedura SUAP (v. deliberazione consiliare n. 14 di data 16 marzo 2015, e autorizzazione unica di data 17 novembre 2015). Più precisamente, questa porzione della proprietà, situata in via Livelli, è stata trasformata in ambito produttivo per consentire l’insediamento della ditta di autotrasporti di cui uno dei ricorrenti è titolare (capannone per riparazione e lavaggio automezzi, e relativo piazzale).
2. La superficie esterna al perimetro SUAP è rimasta classificata in zona E1 ( Agricola produttiva consolidata ).
3. Il responsabile dell’Area Tecnica, con ordinanza n. 1 di data 14 gennaio 2020, ha ingiunto ai ricorrenti la rimozione delle opere abusive realizzate sui terreni ancora classificati come agricoli, a confine con l’area produttiva.
4. Gli interventi contestati sono i seguenti:
(a) realizzazione di un nuovo piazzale quale ampliamento di quello esistente, mediante deposito di ghiaia e di materiale riciclato, previo asporto di terra vegetale (a sua volta depositata sul lato est dell'insediamento produttivo). La superficie trasformata è pari a circa 1.750 mq, mentre il vero e proprio piazzale (pavimentazione di tipo industriale in calcestruzzo, con applicazione di uno strato di corazzante superficiale a base di cemento, granuli di quarzo e sabbia silicea) è pari a circa 460 mq. I prelievi eseguiti in data 1 luglio 2019 hanno evidenziato, rispettivamente, un primo riporto di ghiaia profondo circa 50 cm, e un secondo riporto di ghiaia profondo circa 64 cm, quest’ultimo finalizzato alla messa in quota del nuovo piazzale rispetto alla pavimentazione dell’area produttiva. Complessivamente, è stato riportato materiale per circa 875 mc. In base ai rapporti analitici, nel materiale riciclato sono stati rispettati i limiti del DM 5 febbraio 1998 per gli inquinanti nei rifiuti non pericolosi. Sul piazzale risultavano parcheggiati veicoli per il trasporto del latte, il che ha reso evidente il cambio di destinazione d'uso dell’area da agricola a produttiva;
(b) realizzazione di un deposito di pneumatici in fregio al capannone produttivo. La struttura (tunnel mobile) presenta un’intelaiatura in ferro e binari fissati a terra, ed è completata con telo ricoprente in PVC. L’altezza media è pari a circa 3,25 metri, la superficie coperta è pari a 40,42 mq (4,05x9,98 metri), e il volume è pari a circa 131,36 mc.
5. Contro l’ordine di demolizione, e contro le comunicazioni di avvio del procedimento, i ricorrenti hanno presentato impugnazione, formulando censure che possono essere sintetizzate come segue:
(i) travisamento dei fatti relativamente al nuovo piazzale, in quanto dopo l’avvio del procedimento i veicoli parcheggiati sono stati spostati, e l’area è stata recintata per inibirne l’uso. Non sarebbe quindi intervenuta alcuna modifica della destinazione d’uso;
(ii) violazione dell’art. 23- ter comma 2 (precedente versione) del DPR 6 giugno 2001 n. 380, in quanto la pavimentazione di 460 mq all’interno di un ambito agricolo di oltre 6.700 mq, non potendo essere definita prevalente, non sarebbe in grado di modificare la destinazione d’uso;
(iii) violazione dell’art. 6 comma 1-e- ter del DPR 380/2001, nonché dell’art. 2 del Dlgs. 25 novembre 2016 n. 222 (attività n. 27 della tabella A, sezione 2), in quanto le “opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta” rientrano nell’edilizia libera. In ogni caso, non sussisterebbe una pregiudiziale incompatibilità tra la destinazione agricola di un’area e la sua utilizzazione a parcheggio;
(iv) travisamento dei fatti relativamente al tunnel mobile, che non richiederebbe alcun titolo edilizio ai sensi dell’art. 6 comma 1-e- quinquies del DPR 380/2001, nonché in base al punto 48 del DM 2 marzo 2018, in quanto manufatto di limitate dimensioni, addossato al capannone di cui costituisce pertinenza, composto da una struttura flessibile non ancorata al suolo e facilmente amovibile, e ricoperto da tende in PVC ugualmente amovibili. Al più, il tunnel mobile avrebbe richiesto la CILA ai sensi dell’art. 2 del Dlgs. 222/2016 (attività n. 34 della tabella A, sezione 2), in quanto pertinenza con volume inferiore al 20% del volume dell'edificio principale;
(v) ulteriore travisamento dei fatti con riguardo ai movimenti di terra non inerenti all'attività agricola, che sensi dell’art. 2 del Dlgs. 222/2016 (attività n. 32 della tabella A, sezione 2) sarebbero subordinati alla sola presentazione della CILA.
6. Il Comune non si è costituito in giudizio.
7. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni:
(a) in primo luogo, occorre fissare una precisazione di carattere generale sull’utilizzabilità dello strumento repressivo della rimessione in pristino. La tesi del ricorso è infatti che gli interventi edificatori abusivi, singolarmente considerati, non avrebbero sufficiente sostanza per rientrare nella categoria delle nuove costruzioni ex art. 3 comma 1-e del DPR 380/2001, trattandosi di opere di edilizia libera o sottoposte a CILA ai sensi rispettivamente degli art. 6 e 6- bis del DPR 380/2001. Questa impostazione non è però condivisibile;
(b) il potere di disporre la rimessione in pristino è stabilito dall’art. 27 comma 2 del DPR 380/2001 in relazione a qualsiasi opera eseguita senza titolo su aree inedificabili, o comunque eseguita difformità dalle norme urbanistiche e dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Quando si pongano in contrasto con questa disciplina, tutti gli interventi edilizi devono essere demoliti, indipendentemente dal titolo che astrattamente avrebbe regolato l’attività edificatoria. La classificazione di un’opera abusiva come pertinenziale, oppure come soggetta a CILA, o anche come rientrante nell’edilizia libera, non è sufficiente da sola a escludere il potere di imporre la rimozione. Tale condizione esimente sussiste solo se accompagnata dal requisito della conformità urbanistica. Talvolta la conformità urbanistica può essere implicita, nel senso che gli interventi minori sono normalmente compatibili anche con una zonizzazione restrittiva e conservativa, ma una valutazione della conformità urbanistica rimane sempre imprescindibile;
(c) nello specifico, opere chiaramente finalizzate all’attività produttiva come un parcheggio per mezzi pesanti e un deposito di pneumatici non sono coerenti con la destinazione agricola del terreno. Di fatto, lo spazio aziendale della ditta di autotrasporti ha inglobato una superficie agricola, provocando un cambio di destinazione non consentito dal PGT;
(d) il deposito di pneumatici, benché realizzato con materiali facilmente amovibili, è idoneo a un uso continuativo e prolungato, e dunque è privo dei caratteri della provvisorietà e della stagionalità. La circostanza che la struttura si possa definire pertinenziale rispetto all’edificio produttivo principale è irrilevante, perché il rapporto di pertinenzialità vale solo all’interno della medesima zona urbanistica, come deroga all’indice edificatorio della stessa, e non può essere utilizzato per spostare i diritti edificatori oltre il confine di zona. Fenomeni di accessione urbanistica, ossia passaggi di porzioni di territorio da una zona all’altra lungo i confini per effetto della realizzazione di opere pertinenziali, non possono essere ritenuti ammissibili, a maggior ragione se conseguenti a edificazioni abusive, in quanto costituirebbero modifiche unilaterali della zonizzazione introdotte per volontà dei privati;
(e) parimenti, la formazione di un parcheggio per mezzi pesanti in zona agricola si deve ritenere priva di conformità urbanistica, perché nella suddetta zona tutte le edificazioni, non solo quelle che presuppongono un permesso di costruire, devono essere funzionali alla coltivazione del fondo. Nel caso in esame, questo collegamento con l’attività agricola non traspare, e comunque non è stato dimostrato. Allo stesso modo, neppure i movimenti di terra ulteriori rispetto al parcheggio trovano giustificazione nell’attività agricola;
(f) la pavimentazione a fini industriali di una porzione di area agricola non diventa compatibile con la zonizzazione agricola per il solo fatto che il parcheggio così ottenuto abbia carattere non prevalente rispetto alla superficie rimasta integra. L’attribuzione della destinazione d’uso con il criterio della superficie utile prevalente non è più prevista dall’art. 23- ter comma 2 del DPR 380/2001, ma anche con riferimento a situazioni consolidatesi nel regime previgente si trattava comunque di una regola applicabile solo sul presupposto della conformità urbanistica di tutte le destinazioni d’uso oggetto di comparazione. Non era possibile, invece, utilizzare il suddetto criterio quantitativo per stabilire il grado di tollerabilità di un’opera abusiva avente destinazione d’uso incompatibile con la zonizzazione. Una violazione edilizia, a differenza di quanto avviene in materia paesistica, non perde di significato se diluita nel contesto;
(g) la realizzazione di un parcheggio non è reversibile per semplice astensione dall’utilizzo, lasciando al loro posto le opere. Un’area pavimentata e livellata con impiego della tecnologia prevista per i parcheggi industriali, e oltretutto collegata a un piazzale aziendale già esistente, ha un significato economico solo al servizio dell’attività produttiva svolta sul fondo contiguo. Una simile opera non smette di essere un parcheggio, e non ritorna nella destinazione agricola, per un atto di volizione dei proprietari, e tantomeno mediante un semplice impegno degli stessi a considerare l’area ancora come agricola. L’amministrazione non può accettare il rischio che un’opera perfettamente idonea a una destinazione non consentita venga nel tempo adibita proprio a tale destinazione;
(h) pertanto, a fronte di esigenze di ampliamento dell’attività produttiva, la via corretta sarebbe stata una nuova procedura SUAP in variante al PGT, per aggiungere allo spazio aziendale alcune porzioni marginali dell’area agricola, subordinatamente all’assunzione dei costi e delle compensazioni da stabilire in un’apposita convenzione urbanistica. Valutazioni su tali profili sono peraltro rimesse in prima battuta alla discrezionalità dell’amministrazione.
8. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
9. La mancata costituzione del Comune esime dalla pronuncia sulle spese di giudizio.