TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-06-15, n. 202301894

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-06-15, n. 202301894
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202301894
Data del deposito : 15 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/06/2023

N. 01894/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01643/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO I

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1643 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da L P, rappresentata e difesa dagli avvocati Nicolò D'Alessandro e A G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Giarre, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato L A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

l’Assessorato dei Beni Culturali e della Identità Siciliana - Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Catania, in persona dell’Assessore pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello stato di Catania, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

di T Maria, Midolo Daniele, rappresentati e difesi dagli avvocati Andrea Scuderi ed Emiliano Luca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- del permesso di costruire numero 3171 del 5 novembre 2020 (Prat. 4/2018) con il quale è stata assentita la realizzazione di un fabbricato per civile abitazione con annesso magazzino e tettoia nel territorio del Comune di Giarre in contrada Miscarello strada provinciale Miscarello/Salice in Catasto al foglio 69 partt. 616 e 810;

- di ogni altro atto presupposto connesso e consequenziale.

- nonché, per l’annullamento del silenzio inadempimento formatosi sull’atto di diffida e messa in mora del 4 agosto 2021.

per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati:

- del provvedimento del 27 agosto 2021, numero di prot. 15650 del Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Soprintendenza BB.CC.AA di Catania, con il quale è stata data autorizzazione alla “variante per sistemazione area esterna e aggiornamento stato di fatto quota terrazzamento a seguito di rilievo dettagliato con strumento topografico dotato di gps.” e conosciuto solamente in data 30 ottobre 2021 per effetto della costituzione in giudizio degli odierni controinteressati;

nonché di ogni altro atto presupposto connesso e consequenziale.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Giarre, dell’Assessorato dei Beni Culturali e della Identità Siciliana - Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Catania e di T Maria e di Midolo Daniele;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2023 il dott. E C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

FATTO

L’odierna ricorrente, P Lidia, esponeva:

- di essere proprietaria di un fondo agricolo sito nel Comune di Giarre, confinante con l’area sulla quale è in corso di realizzazione l’edificio di cui al permesso di costruire in contestazione;

- che dalla realizzazione di tale iniziativa edilizia deriverebbero danni gravi e irreparabili derivanti sia dalla realizzazione di una cubatura non consentita, che dalla destinazione residenziale, anziché agricola del manufatto, che dalla compromissione della veduta del Cono dell’Etna, ponendosi il nuovo edificio a nord dell’edificio della ricorrente a una quota ben maggiore di quella naturale dell’attuale fondo agricolo;

- che, in data 7 luglio 2021, con istanza protocollo n. 3700, veniva rappresentato che l’area confinante a quella di sua proprietà era interessata da intensa attività edilizia e veniva richiesto il rilascio dei pertinenti titoli edilizi in forza dei quali veniva svolta l’attività edificatoria;

- che, in data 4 agosto 2000, provvedeva a inoltrare al Comune atto di diffida con il quale denunciava la realizzazione di opere in difformità rispetto al rilasciato permesso di costruire invocando, a tal fine, un sollecito intervento repressivo;

- che, decorso inutilmente il termine di 30 giorni si formava il silenzio inadempimento che veniva impugnato con il ricorso introduttivo del giudizio unitamente al permesso di costruire con il quale era stata assentita la realizzazione del fabbricato da parte della ditta T/Midolo.

Avverso i provvedimenti in epigrafe, la P proponeva ricorso per i seguenti motivi che possono così sintetizzarsi.

Con il primo motivo di ricorso (rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art. 22 delle norme di attuazione del piano regolatore generale del comune di Giarre. violazione d.lgs. n. 99 del 29 marzo 2004” ), si sosteneva che le prescrizioni previste dalla disposizione normativa in rubrica sarebbero state violate. In particolare, veniva rilevato: - che entrambi i fronti del fabbricato avevano sviluppo maggiore di 20 ml;
- che il piazzale avrebbe un’estensione ingiustificata;
- che nessuna indicazione era stata fornita in relazione ai prodotti agricoli o zootecnici locali cui i manufatti sono destinati;
- che nessuna giustificazione veniva data in relazione della pertinenza del fabbricato con l’esercizio dell’attività agricola;
- l’assenza in capo agli interessati della qualifica di coltivatore diretto del fondo agricolo osterebbe al rilascio del permesso di costruire in ZTO “E”;
- che la superficie complessiva del fabbricato rurale si attestava a oltre 120 m² superando i limite previsto dalla disposizione normativa in parola.

Con il secondo motivo di ricorso (rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art. 22 delle norme di attuazione del piano regolatore generale del comune di Giarre sotto diverso profilo” ), si rappresentava che le prescrizioni previste dalla disposizione normativa in rubrica sarebbero state violate sia con riferimento ai limiti di cubatura che con riferimento ai limiti di altezza. In particolare, veniva rilevato che il c.d. volume interrato era stato realizzato in difformità al permesso di costruire posto che il c.d. muro di contenimento previsto in progetto per uno sviluppo in altezza di 1,5 ml era stato realizzato per un’altezza di oltre 2,5 ml. Secondo la prospettazione della ricorrente, sarebbe illegittimo il provvedimento di concessione posto che la realizzazione di un diverso piano artificiale, a una quota maggiore rispetto a quella naturale, comporterebbe una violazione delle norme sulle altezze degli edifici in zona “E” previste dall’art. 22 Nta dal momento che, i limiti alle altezze degli edifici, non possono dipendere dalle modifiche al piano di campagna naturale ma devono necessariamente dipendere da dati certi ed oggettivi desumibili dallo stato dei luoghi anteriore.

Con il terzo motivo di ricorso (rubricato “violazione dell’art. 5 norme attuazione dello strumento urbanistico del comune di Giarre” ), veniva dedotta l’illegittimità dell’impugnato permesso di costruire per violazione della disposizione normativa in rubrica (secondo cui “in queste aree, oltre alle limitazioni discendenti dalle relative normative che tutelano i vincoli, è vietata ogni alterazione dello stato di fatto dell’andamento del terreno e del quadro ambientale generale” ) atteso che le previste trasformazioni del piano di campagna naturale, che in concreto risultano anche difformi rispetto a quelle assentite, determinavani la violazione dell’invocata disposizione.

Con quarto motivo di ricorso (rubricato “violazione dell’art. 31 t. u. ed. omessa adozione dei provvedimenti repressivi” ), veniva dedotta l’illegittimità dell’impugnato permesso di costruire per omessa adozione dei provvedimenti repressivi sollecitati con atto del 4 agosto 2021.

Si costituiva in giudizio (atto depositato in data 26 ottobre 2021) il Comune di Giarre che (con memoria del 29 ottobre 2021) opponendosi all’accoglimento del ricorso rilevava: a) con riferimento al primo motivo di ricorso, che il Titolo rilasciato dal Comune prevedeva la facoltà di realizzare un “(…) fabbricato per civile abitazione con annesso magazzino agricolo e tettoia (…)” nel rispetto dell’indice di densità residenziale massimo assentibile e della complessiva cubatura ammessa per impianti e manufatti destinati alla lavorazione e trasformazione di prodotti agricoli, in ossequio a quanto previsto dal P.R.G. e dalle N.T.A. vigenti nel Comune di Giarre, nonché conformemente alla normativa di settore applicabile al caso di specie;
b) con riferimento al secondo motivo di ricorso, che il Comune - in data 13 ottobre 2021 - congiuntamente al Corpo Forestale, aveva effettuato un sopralluogo nell’area di cantiere di cui si discute per verificare l’effettivo stato d’avanzamento dei lavori e gli interventi concretamente realizzati ed era in fase di definitiva stesura la conseguente Relazione, da ciò eventualmente discendendone l’adozione di ogni più opportuno e successivo atto e/o provvedimento di competenza del Comune;
c) con riferimento al terzo motivo di ricorso, come espressamente riportato nel Permesso di costruire impugnato, era stato acquisito e prodotto il “(...) Nulla Osta reso … dalla Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Catania (…)” ;
che le norme in materia di conservazione geomorfologica dell’identità territoriale tipica della zona d’interesse possono trovare esclusiva applicazione alla porzione di terreno interessato dalle colture e non in quella (tra l’altro residuale) in cui realizzare gli immobili e le pertinenze dell’attività agricola;
d) con riferimento al quarto motivo di ricorso, che il Comune aveva compiutamente avviato il procedimento di verifica degli atti concessori in discussione e dell’effettivo stato dei luoghi;
l’Ufficio Tecnico Comunale, unitamente al personale appartenente al Corpo forestale, aveva effettuato un sopralluogo nell’area di cantiere per verificare l’effettivo stato d’avanzamento dei lavori ed ispezionare gli interventi concretamente realizzati;
e) che la conseguente Relazione era in fase di definitiva stesura e, una volta formalmente adottata, sarebbe stata notificata sia ai titolari del Permesso di costruire impugnato che all’odierna ricorrente.

Con memoria del 30 ottobre 2021, si costituivano in giudizio Midolo Daniele e T Maria che, opponendosi all’accoglimento del ricorso, rilevavano: a) l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, non essendo sufficiente la mera vicinitas, ma occorrendo un quid pluris consistente in uno specifico, concreto e dimostrato pregiudizio derivante dai titoli medesimi: ciò posto, evidenziavano come nel caso di specie - come attestato dalla Relazione Tecnica versta in atti - l’intervento edilizio non aveva valenza idonea ad incidere negativamente ed arrecare concreto pregiudizio al fondo agricolo della ricorrente e ciò per tre diverse ragioni: a1) il nuovo fabbricato in corso di costruzione sorgeva a una distanza più che significativa rispetto al fabbricato agricolo della ricorrente (che, come attesta la Relazione Tecnica, misura circa 70 metri);
a2) quanto alla presunta lesione del panorama, la stessa sarebbe del tutto inidonea ad incidere negativamente sulle caratteristiche del fondo agricolo della ricorrente dunque inidonea a radicare un interesse al ricorso;
b) l’inammissibilità anche nella parte in cui si impugna la SCIA o la Segnalazione Certificata di Inizio Attività presentata dai controinteressati il 4 settembre 2021 posto che la SCIA costituisce “.. un atto privo di natura provvedimentale e pacificamente non impugnabile ..”;
c) sul primo motivo di ricorso, evidenziavano che il nuovo fabbricato aveva tre fronti, ciascuno dei quali chiaramente inferiore a 20 metri lineari;
c1) che il fabbricato della ricorrente distava dalla zona di intervento oltre settanta metri;
c2) che con riferimento al piazzale, si trattava di una zona destinata a verde e realizzata in materiale drenante, con una estensione - come si evince prima facie dagli elaborati - pienamente giustificata e proporzionata al fabbricato;
c3) con riferimento alla censura secondo cui il fabbricato non sarebbe strumentale rispetto al terreno mancando nel progetto l’indicazione dei prodotti agricoli e/o zootecnici lavorati o conservati nel manufatto (e non essendo i controinteressati coltivatori diretti), che si trattava di una censura generica essendo menzionata da controparte alcuna norma a sostegno.;
c4) che il fabbricato rurale in corso di costruzione era compatibile e funzionale con le coltivazioni esistenti e con le ulteriori coltivazioni tipiche cui il fondo stesso sarà adibito;
c5) sulla violazione dell’art. 22 NTA che, in primo luogo, la norma, nel richiamare l’indice di edificabilità residenziale di 0,03 metri cubi per metro quadro, non prescrive alcun ulteriore requisito o condizione per l’utilizzo di tale limitato indice di edificabilità, e che, in secondo luogo, la norma dà, al quarto comma la possibilità di realizzare un’ulteriore superficie di carattere rurale e non residenziale “al servizio del fondo”, per un’estensione massima che varia in funzione della superficie complessiva del terreno;
ciò si ricava dalla previsione di chiusura contenuta al quinto comma dell’articolo 22 laddove, dopo aver regolamentato la volumetria non residenziale del deposito agricolo al servizio del fondo, prevede che “. .resta fermo il diritto allo sfruttamento dell’indice di edificabilità residenziale di mc 0,03/mq.. ”;
d) sul secondo motivo di ricorso (la presunta violazione dei limiti di cubatura ed altezza della zona), veniva controdedotta in primo luogo l’inammissibilità in quanto la difformità tra quanto assentito e quanto realizzato non assumeva alcuna rilevanza in questa sede, in secondo luogo perché trattandosi di aspetti disciplinati dalla segnalazione certificata di inizio attività, non costituivano provvedimento impugnabile e, in terzo luogo, perché i lavori realizzati sarebbero conformi a quanto assentito;
e) sul terzo motivo di ricorso, la censura sarebbe inammissibile in quanto la ricorrente aveva omesso di impugnare i provvedimenti del 20 maggio 2019 numero 9928/UO4 di protocollo e del 27 agosto 2021 numero 15650 di protocollo, con cui la Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali ha autorizzato il progetto;
infondata perché la norma contenuta all’articolo 5 delle Norme Tecniche di attuazione ha carattere generale e non può essere interpretata quale divieto assoluto di edificare o di rilasciare titoli abilitativi;
le norme di attuazione del piano paesaggistico opportunamente richiamate nei succitati pareri resi dalla Soprintendenza, hanno incluso la zona in un’area con “Livello di Tutela 1”;
f) sul quarto motivo di ricorso, gli interventi realizzati dai controinteressati sarebbero pienamente conformi ai titoli abilitativi impugnati, rinviandosi sul punto a quanto specificamente attestato nella relazione tecnica che si versa in atti.

Con provvedimento numero di protocollo 15650 del 27 agosto 2021, veniva autorizzata dal Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Soprintendenza BB.CC.AA di Catania “avendo accertato la sua compatibilità paesaggistica rilascia la relativa autorizzazione prevista dall’art. 146, comma 2, del Codice” la “variante per sistemazione area esterna e aggiornamento stato di fatto quota terrazzamento a seguito di rilievo dettagliato con strumento topografico dotato di gps.” .

Avverso tale provvedimento – ritenendolo illegittimo – la ricorrente, P Lidia proponeva ricorso per motivi aggiunti (notificati il 28 dicembre 2021 e depositati in data 11 gennaio 2022) deducendo la “illegittimità. violazione e falsa applicazione art. 31 contesto 11b, livello di tutela 1, violazione norme di attuazione piano paesaggistico, ambiti regionali 8, 11, 12, 13, 14, 16 e 17 ricadenti nella provincia di Catania” posto che la sopraelevazione del piano campagna, così come apportato in sede di realizzazione in difformità all’originario progetto, violava il dettato normativo;
nonché la “illegittimità. violazione art. 3 legge 241/90 e dell’art. 7 l. r. 7/2019. difetto di motivazione” atteso che il provvedimento impugnato non indicava le ragioni in ordine alla supposta deroga delle stringenti norme previste dal piano paesaggistico né emergevano gli esiti valutativi che avevano determinato la scelta compiuta dall’amministrazione né, tantomeno, le ragioni sottese che avevano indotto l’autorità ad esprimersi favorevolmente in merito all’alterazione considerevole di un terreno sottoposto a vincolo paesaggistico.

Si costituiva in giudizio (atto depositato in data 25 gennaio 2022) l’Assessorato regionale dei beni culturali e dell’identità siciliana - Soprintendenza dei beni culturali di Catania, che (con memoria del 5 luglio 2022) opponendosi all’accoglimento del ricorso rilevava: a) l’inammissibilità della chiamata in causa attuale dell’Amministrazione, posto che la stessa non risultava coinvolta nel giudizio originario, ma solo con i motivi aggiunti;
b) l’intervento di sistemazione del terreno in questione, lungi “(…) dall’alterare sostanzialmente le caratteristiche del paesaggio (…)” rappresentava un intervento che rendeva il Progetto, nel complesso, maggiormente integrato al contesto e tale da rappresentare un impatto visivo ed ambientale di entità minima;
c) l'Amministrazione, nell’esercizio del potere relativo ai Provvedimenti di cui all'art. 146 D. Lgs. 42 del 2004, disponeva di un'ampia discrezionalità tecnica, sindacabile dal Giudice Amministrativo solo per vizi sintomatici dell'eccesso di potere, quali la palese carenza di istruttoria e l'abnorme travisamento dei fatti, nonché la evidente illogicità ed incongruenza delle valutazioni espresse;
d) l'intervento (in variante al progetto, già assentito) consisteva in opere di "sistemazione area esterna e aggiornamento dello stato di fatto della quota terrazzamenti", che tale intervento era compatibile con gli obiettivi di tutela, previsti dal Piano paesaggistico, ha legittimamente autorizzato l’intervento in questione.

Con memorie (del 24 aprile 2023 e 4 maggio 2023), la ricorrente ribadiva le proprie richieste e in particolare rilevava che: a) le avversate opere, oltre ad avere irrimediabilmente pregiudicato la preesistente macchia mediterranea, arrecavano un grave pregiudizio al diritto dominicale dell’odierna ricorrente in ragione dell’aggravamento della servitù di scolo, ex art. 913 Cod. Civ, per effetto dell’intervenuta impermeabilizzazione di una vasta area a monte del terreno agricolo ed all’abitazione dei medesimi;
b) le acque meteoriche invece di essere assorbite dal terreno (agricolo) sovrastante di proprietà dei controinteressati e (per la parte non assorbita) procedere sugli ampi e dolcemente degradanti terrazzamenti preesistenti (tipici del paesaggio umano etneo) ruscellavano per finire rovinosamente sui terreni della ricorrente;
c) si trattava di una circostanza documentata nella relazione dell’Ing. Alessandro Paternò Raddusa, da ultimo depositata in data 14 aprile 2023, la quale evidenziava la discrasia tra le quote di progetto e quelle concretamente realizzate in difformità alle quote e le estensioni dei terrazzamenti preesistenti;
d) la nuova e maggiore altimetria del piano di campagna per effetto delle nuove opere aveva comportato una significativa impermeabilizzazione del terreno sovrastante a causa della considerevole superficie occupata dai fabbricati e dal pertinente piazzale;
e) tanto la descritta impermeabilizzazione del terreno, quanto la modifica sostanziale delle preesistenti altimetrie dello stesso, comportavano un considerevole incremento del deflusso delle acque sul fondo dell’odierna ricorrente con grave pregiudizio anche alla staticità del fabbricato di sua proprietà di risalente costruzione e, per siffatto motivo, sprovvisto di significative fondazioni;
f) assenza in capo agli interessati, sia della qualifica di coltivatore diretto e sia in merito alla mancata indicazione del rapporto di strumentalità e/o pertinenza del fabbricato con l’esercizio dell’attività agricola;
la totale mancanza di entrambi i requisiti, di per sé è idonea a palesare l’illegittimità del rilasciato permesso di costruire;
g) il fabbricato, anche a prescindere dalle discrasie tra il progetto e quanto realizzato, la sua estensione, la suddivisione dei locali e le sue caratteristiche sostanziali fanno emergere l’intento esclusivamente residenziale dello stesso e la chiara violazione dell’ art. 22 delle NTA del PRG del Comune di Giarre che, occorre ribadirlo, condiziona l’attività edificatoria in ZTO E ad una pluralità di precetti che non sono stati soddisfatti, né rispettati in alcun modo dalla realizzanda opera;
h) il noto piazzale di ingresso per le sue dimensioni in rapporto all’esiguità dell’intero fondo, appena 6000 mq, costituisce un chiaro indice sin-tomatico della reale destinazione d’uso dell’intero fabbricato;
i) dalla relazione tecnica da ultimo depositata si rileva l’intervenuta drastica trasformazione dell’originario assetto del territorio con conseguente pregiudizio ambientale e chiara violazione dell’indicata normativa.

Con riferimento ai motivi aggiunti, i controinteressati rilevavano l’inammissibilità e l’infondatezza: a) inammissibile, a1) poiché con esso vengono per la prima volta avanzate censure di carattere paesaggistico, che la ricorrente avrebbe dovuto rivolgere nei confronti del primo provvedimento paesaggistico reso dalla Soprintendenza il 20 maggio 2019;
a2) inammissibile nella parte in cui si censurano ancora una volta presunte difformità dei lavori eseguiti rispetto a quanto autorizzato – peraltro come si è ampiamente dimostrato del tutto inesistenti - già su un piano astratto, non possono trovare alcun ingresso in questa sede;
a3) Inammissibile nella parte in cui, ancora una volta, si censura il provvedimento reso dalla Soprintendenza il 27 agosto 2021 senza tuttavia aver i rimedi previsti dall’ordinamento, avverso la successiva Scia del 4 settembre 2021 avente ad oggetto i medesimi interventi;
b) nel merito, l’assunto secondo cui la Scia, e con essa il connesso provvedimento autorizzativo della Soprintendenza, avrebbe ad oggetto presunte “difformità realizzate in corso di costruzione già denunciate dalla ricorrente” è infondato atteso che con l’istanza presentata alla Soprintendenza e con la successiva Scia, i controinteressati a seguito di migliori e più approfonditi rilievi effettuati successivamente all’approvazione del permesso di costruire, si sono limitati a rettificare e ridefinire alcune quote (in porzioni del tutto periferiche e marginali del terreno) rispetto a quanto indicato negli elaborati di progetto (senza apportare alcuna variazione alle quote di progetto interessate dai lavori e tantomeno dal fabbricato);
c) quanto infine alla presunta violazione dell’articolo 31 delle norme di attuazione al piano paesistico, si tratta anche in tal caso di una censura inammissibile ed infondata: c1) inammissibile, in quanto con essa si richiede a Codesto On.le Tribunale di accertare una presunta incompatibilità dell’intervento rispetto ai caratteri naturali del paesaggio, censurando l’operato della Soprintendenza con riferimento a profili che rientrano nel merito tecnico, come noto sindacabili esclusivamente nelle ipotesi estreme di manifesta illogicità, irrazionalità, irragionevolezza, arbitrarietà (che nella specie non ricorrono);
c2) infondato, in quanto l’intervento, come si evince dagli elaborati progettuali, ha inteso proprio salvaguardare e mantenere le caratteristiche del contesto paesaggistico in cui ricade peraltro assoggettato al solo livello di tutela 1, integrandosi pienamente in esso.

All’udienza del 25 maggio 2023, sentite le parti, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il Collegio ritiene fondata l’eccezione di carenza di interesse al ricorso, sollevata dai controinteressati T/Midolo.

Secondo l’orientamento più recente della giurisprudenza – avallato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 22 del 2021 – il requisito della vicinitas , inteso quale stabile collegamento tra il ricorrente e l’area dove si trova il bene oggetto del titolo in contestazione, non è idoneo a fondare, contemporaneamente, sia la legittimazione ad agire che l’interesse al ricorso, quali necessarie condizioni dell’azione di annullamento di titoli edilizi altrui e dunque – analogamente – anche quali necessarie condizioni per impugnare il rigetto dell’istanza di sospensione dei lavori edilizi altrui (come avvenuto nel caso di specie).

La giurisprudenza, infatti, ha riaffermato la distinzione concettuale tra la legittimazione e l’interesse al ricorso e ha precisato che il criterio della vicinitas , quale elemento di individuazione della legittimazione, non può valere da solo, e in via automatica, a dimostrare anche la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato e che deve essere allegato dal ricorrente in modo specifico (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, 26 aprile 2023, n. 4173).

In particolare, è stato precisato che non è sufficiente la mera vicinitas , occorrendo un quid pluris consistente in uno specifico, concreto e dimostrato pregiudizio derivante dai titoli medesimi.

Nel caso di specie - come risulta dagli di causa - l’intervento edilizio non ha alcuna valenza idonea ad incidere negativamente ed arrecare concreto pregiudizio al fondo agricolo della ricorrente e ciò sia perché il nuovo fabbricato, in corso di costruzione, sorge a una distanza più che significativa rispetto al fabbricato agricolo della ricorrente (di circa 60 metri), che perché, con riferimento alla presunta lesione del panorama, trattandosi di un edificio a una sola elevazione, lo stesso non preclude la vista del cono del Vulcano e, dunque, risulta inidoneo a radicare un interesse al ricorso.

Né può farsi riferimento al denunciato aggravamento della servitù di scolo ex art. 913, c.c. per effetto dell’intervenuta impermeabilizzazione di una vasta area a monte del terreno sovrastante.

Prescindendo, invero, da ogni rilievo in ordine all’effettiva prova di tale aggravamento, deve, infatti, osservarsi che, ai sensi del menzionato art. 913 c.c., nell’ipotesi in cui la realizzazione di un manufatto modifichi direttamente o indirettamente il deflusso naturale delle acque, il proprietario del fondo inferiore è legittimato ad agire in sede civile per il ripristino della stato naturale dei luoghi (Cassazione Civile, II, ordinanza in data 20 novembre 2019, n. 30230;
Cassazione Civile, III, 1 agosto 200, n. 10039), con la conseguenza che, con riferimento alla realizzazione dell’intervento di cui si discute, già è contemplato - in forza di una espressa disposizione di legge immediatamente applicabile - l’obbligo dei controinteressati di apprestare tutte le misure necessarie ad evitare un aggravamento della servitù di scolo.

In conclusione, alla luce del citato consolidato orientamento giurisprudenziale, il presente ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Il Collegio in ragione della natura della pronuncia ritiene equo disporre la compensazione delle spese di giudizio.

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