TAR Reggio Calabria, sez. I, sentenza 2009-02-27, n. 200900122
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N. 00122/2009 REG.SEN.
N. 00175/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Staccata di Reggio Calabria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 175 del 2006, proposto da:
-O-, rappresentato e difeso dall'avv. L G. C, con domicilio eletto presso L G. C Avv. in Reggio Calabria, via Apollo, 2;D L F, D L M F;
contro
Comune di Bagnara Calabra, rappresentato e difeso dall'avv. F S, con domicilio eletto presso F S Avv. in Reggio Calabria, via Capobianco, 2;
per ottenere il risarcimento danni da occupazione divenuta illegittima a causa della mancata conclusione di procedura espropriativa.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Bagnara Calabra;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28/01/2009 il dott. D Z e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Espongono in fatto le odierne ricorrenti che la sig. ra -O-(loro madre e dante causa) era proprietaria di un fondo della superficie complessiva di mq 19.894, sito in Pellegrina (frazione del comune di Reggio Calabria), catastalmente individuato dalle particelle 349,350,352,353,354,355, tutte relative al foglio di mappa 14.
Tale fondo, rientrante in zona F del PRG (per attrezzature ed impianti di interesse generale e collettivo), è stato interessato da una procedura espropriativa volta alla realizzazione di un campo sportivo.
La sua occupazione è avvenuta il 23.1.01, in virtù del decreto del responsabile dell’ufficio tecnico n. 16309 del 15.11.00, che ha fissato il termine finale della stessa in 5 anni dalla data di immissione in possesso.
Scaduti i termini per la conclusione della procedura espropriativa, non è stato emanato il decreto di esproprio, sicchè le odierne ricorrenti, eredi della originaria proprietaria, chiedono il risarcimento dei danni per equivalente, per quanto di ciascuna competenza, pari al valore venale del bene ormai trasformato dalla realizzazione dell’opera pubblica.
Il comune di Bagnara, abbandonata la originaria eccezione di difetto di giurisdizione, contesta l’ammontare del risarcimento richiesto (pari ad Euro 120/mq), ritenendolo esorbitante.
Il Collegio ha disposto VTU, alla quale è seguita una perizia di parte ricorrente.
All’udienza del 28.1.09 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il punto nodale della presente decisione risiede nella individuazione del quantum risarcitorio, essendo ormai incontestati sia la giurisdizione di questo Tar, sia i presupposti di fatto oggetto della vicenda sottoposta all’attenzione del Collegio.
Può, quindi, ritenersi pacifica sia la esistenza della procedura espropriativa relativa al bene indicato in premessa, sia la mancata conclusione della stessa attraverso il previsto atto autoritativo.
Merita, invece, opportuno approfondimento la determinazione del valore venale del bene.
La Commissione espropri, nel 2004, pendente ancora la procedura espropriativa, ha qualificato l’area come edificabile e attribuito alla stessa un valore pari ad Euro 25,00 / mq.
Il Comune ha allegato, con la memoria di costituzione, l’esistenza di una zona di inedificabilità determinata dalle fasce di rispetto stradale ed ha per ciò contestato la stessa natura edificatoria del terreno.
Ciò ha indotto il Collegio ha disporre VTU al fine di accertare:
1. la esatta natura del bene, tenendo conto delle possibilità legali ed effettive di edificazione,
2. il suo valore di mercato.
Le operazioni di verificazione meritano un parziale giudizio positivo, sia pure con le precisazioni che di seguito si riportano.
Il verificatore ha svolto un’analisi precisa della tipologia del suolo, accertandone la destinazione urbanistica (il suolo ricade tutto in zona F per attrezzature ed impianti collettivi), concludendo per la sua edificabilità (sia pure non a fine di edilizia residenziale privata, ma di impiantistica sportiva, parcheggi, strutture sanitarie etc.), con riguardo alle possibilità legali ed effettive.
In particolare, il perito ha tenuto conto del vincolo di inedificabilità per zona di rispetto stradale, congruamente motivando che, data la conformazione del suolo, la volumetria edificabile avrebbe potuto essere realizzata pressocchè per intero, posizionando il manufatto in modo tale da garantire la fascia di rispetto stradale.
Ne ha, per ciò, desunto che il vincolo di rispetto stradale incide non sulla edificabilità complessiva del suolo, ma sul valore, atteggiandosi quale limite conformativo del terreno.
Ha per ciò considerato unitariamente l’area, qualificandola come interamente edificabile sia pure a soli fini di impiantistica sportiva e strutture complementari (con ciò evidenziando l’incidenza di tale tipologia di edificabilità sul valore venale).
Va infatti, precisato che l'edificabilità non si identifica nè si esaurisce in quella residenziale abitativa, ma ricomprende tutte quelle forme di trasformazione del suolo - in via di principio non precluse (come nella specie) all'iniziativa privata - che siano riconducibili alla nozione tecnica di edificazione) e che siano, come tali, soggette al regime del permesso di costruire, ferma restando la rilevanza, ai fini della determinazione del valore dell'immobile nella fattispecie concreta, del diverso grado di commerciabilità e del diverso livello di apprezzabilità dello stesso in ragione della sua specifica destinazione (v. in tal senso Cass. nn. 9669, 8028-2000;4473-99;3708-77;SU 172/01 e Corte Cost. 261/97).
Ciò che il Collegio non condivide è la determinazione del valore venale del bene (quantificato in Euro 17,50 al mq, invece, che 25,00, come ritenuto dalla Commissione Espropri).
In primo luogo il tecnico ha erroneamente individuato la data a cui ancorare tale valutazione.
Producendo anche una relazione integrativa contenente gli “errata corrige”, ha ritenuto di ancorare il valore di Euro 17,50/mq alla data di occupazione del suolo, cioè al 23.1.01.
Sotto tale profilo le valutazioni peritali meritano un’opportuna correzione.
Va rilevato che il verificatore ha avuto come parametri di riferimento, rispetto ai quali ha operato la valutazione comparativa del terreno, due atti dispositivi relativi a terreni limitrofi, situati sempre nella frazione di Pellegrina.
1) Uno riguarda un suolo posto di fianco a quello delle odierne ricorrenti, anch’esso interessato da una procedura espropriativa, ma per la realizzazione di una casa famiglia. Alla data del 7.5.2004 la Commissione espropri ha valutato tale terreno ad Euro 30,00/mq.
2) L’altro riguarda un suolo destinato alla realizzazione di un impianto sportivo polifunzionale, anch’esso posto in zona F della frazione Pellegrina. Il valore venale di tale suolo è stato assunto ad Euro 25/mq, alla data del 29.12.06 (su tale valore è stato poi calcolato quello ex art. 5 bis d.l. 359/92, pari ad euro 17,97/ mq).
Ma se così è, non risulta congrua la individuazione della data a cui è stata ancorata la stima, essendo del tutto ingiustificato il riferimento al 2001, atteso che il valore di mercato con cui è stata effettuata la valutazione comparativa, riguarda terreni stimati nel biennio 2004-2006.
Dunque il valore del terreno, in base ai parametri di riferimento adottati, avrebbe dovuto essere considerato almeno al biennio 2004-2006.
A ciò si aggiunga che il perito di parte ricorrente, ha evidenziato un errore di calcolo del VTU che ha quantificato, per il suolo indicato sub 2), il valore del terreno in Euro 25,00 al mq.
I calcoli dell’ing. -O-(perito di parte), infatti individuano il valore di partenza, in relazione al quale si è calcolato il prezzo finale del bene, in ca. Euro 35,00 al mq.
Alla luce di tali considerazioni, emerge chiaramente che, per quanto siano condivisibili ed appropriate le valutazioni del VTU in ordine a:
1) la minore appetibilità del suolo (e dunque del valore venale) a causa della particolare conformazione di questo, tale da richiedere opere di urbanizzazione maggiori rispetto a quelle necessarie per fruire dei suoli contigui considerati per effettuare la comparazione;
2) l’incidenza della fascia di rispetto stradale sul valore venale del bene;
resta comunque esorbitante la riduzione del valore del suolo ad Euro 17,50, a fronte di una valutazione della Commissione espropri che, nel 2004 ha valutato il suolo edificabile e lo ha stimato ad Euro 25,00 al mq.
Tale valore, infatti, essendo inferiore rispetto a quello dei terreni limitrofi usati a fini comparativi, ben contempera tutti i parametri, anche riduttivi, del valore del terreno.
Il valore del suolo viene, per ciò stimato pari ad Euro 25,00 al mq alla data dell’11.5.04, per un totale, a quella data, di euro 497.350,00 (25,00 Euro x 19.894 mq)
Per calcolare il valore del bene all’attualità tale somma andrà rivalutata secondo indici istat da tale data fino a quella di pubblicazione della sentenza.
Su tale somma annualmente devalutata, secondo gli ordinari criteri civilistici, andranno computati gli interessi moratori a far data dal 23.1.06 (data in cui si è cessata l’occupazione legittima e si è verificato il fatto illecito).
In merito al momento da cui computare il decorso degli interessi moratori, ritiene il Collegio, in parziale rettifica della propria precedente giurisprudenza, che ragioni di uniformità di trattamento e di identità di ratio impongano di seguire il criterio previsto dall’art. 43 TU espr.
Il credito così determinato viene liquidato alla data di pubblicazione della sentenza.
Poiché, infine, con la sentenza si procede a liquidazione di ogni voce danno, dalla data di pubblicazione il debito di valore si trasforma in debito di valuta e sulla somma complessiva ottenuta dal calcolo delle voci di danno e dei relativi accessori, decorreranno gli interessi legali.
Il Collegio, infine, intende soffermarsi – a fini esplicativi degli effetti conformativi della pronuncia - sugli effetti della domanda risarcitoria sulla titolarità del bene.
Va ribadita la giurisprudenza di questo Tribunale (v. T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, n. 358/2005 e 688/07), ed ora anche del Consiglio di Stato (v. C.S., A.P. n. 2/2005 e IV n. 2582/2007), che ritiene le vigenti previsioni di legge incompatibili con la ricostruzione “pretoria” del fenomeno dell’occupazione appropriativa.
Esclusa l’occupazione appropriativa, il proprietario del fondo resta tale anche laddove questo venga irreversibilmente trasformato, potendone chiedere la restituzione ovvero alternativamente il risarcimento per la perdita della stesso.
Paiono, per ciò, condivisibili i principi affermati dalla giurisprudenza della Cassazione secondo cui, nel caso di occupazione usurpativa, l’amministrazione può acquistare il diritto per effetto dell’implicita abdicazione dalla sua titolarità da parte del privato proprietario, espressa con l’esercizio dell’azione risarcitoria, analogamente alle ipotesi previste dagli articoli 550, 1070 e 1104 cod. civ. (cfr. Cass., SS.UU., n. 6853/2003, cit.;T.A.R. Lecce, I, 8 luglio 2004, n. 4916).
Il principio deve ora trovare applicazione nella generalità delle occupazioni, con la conseguenza che la domanda risarcitoria avanzata dalle ricorrenti comporta la loro abdicazione implicita, a favore dell’amministrazione, della proprietà del fondo in questione (T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, n. 358/2005, cit.).
Infine, poiché come risulta dall’atto di ricorso – la circostanza non è stata mai contestata- la originaria proprietà è stata divisa tra le eredi odierne ricorrenti, il calcolo complessivo del valore del bene, con i relativi accessori, andrà suddiviso secondo il seguente criterio:
- a -O-, proprietaria esclusiva della particella 349, andrà corrisposto il risarcimento per il valore calcolato, secondo i parametri sopra indicati, rispetto alla superficie di mq 10.594 pari alla particella in questione;
- a -O- proprietarie in comunione delle restanti particelle, spetterà la restante parte, in solido.
La sentenza costituisce titolo idoneo per ottenere la trascrizione del passaggio di proprietà in capo al Comune resistente, nonché l’aggiornamento dei dati catastali.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.