TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2024-02-28, n. 202403917

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2024-02-28, n. 202403917
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202403917
Data del deposito : 28 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/02/2024

N. 03917/2024 REG.PROV.COLL.

N. 06529/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6529 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto dai sig.ri O T e W T, rappresentati e difesi dall’Avvocato L F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Roma Capitale, in persona del suo Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

per l’annullamento

PER QUANTO RIGUARDA IL RICORSO INTRODUTTIVO

- della Determinazione Dirigenziale di Roma Capitale n. 1336 del 7.4.2017, prot. n. 60196 (doc. a), comunicata in data 26.4.2017, avente ad oggetto “ingiunzione di pagamento della sanzione pecuniaria amministrativa conseguente alla realizzazione degli interventi abusivi in VIA ANGELO BRUNETTI n. 48, Piano ultimo”, con cui in seguito alla sostituzione della copertura del locale posto sul terrazzo dell’abitazione degli odierni ricorrenti, precedentemente consistente in una lamiera ondulata in eternit e successivamente sostituita con finte tegole, è stato determinato di applicare la sanzione di riduzione in pristino dello stato dei luoghi, ai sensi dell’art. 19 della l.r. Lazio n. 15/2008 ed ingiunta ai medesimi ricorrenti la rimozione o demolizione di tutte le opere abusivamente realizzate, entro 30 giorni dalla notifica del suddetto provvedimento;

- nonchè di tutti gli atti ad essa presupposti, consequenziali e, comunque, connessi, ivi compresi, ove occorrer possa, la D.D. di sospensione dei lavori n. 1205 del 4.7.2012, la richiesta di parere alla Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma prot. n. CA/53672 del 26.6.2012, il conseguente parere emesso dalla predetta Autorità prot. n. CA/88050 del 5.6.2015 e l’esito dell’accertamento tecnico concernente l’esistenza dell’abuso edilizio prot. n. CA/38186 del 3.3.2017, citati nella motivazione del suddetto provvedimento gravato, mai comunicati e pertanto non conosciuti.

PER QUANTO RIGUARDA I MOTIVI AGGIUNTI:

- degli stessi atti impugnati con il ricorso introduttivo;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 2 febbraio 2024 il dott. M T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. In data 11 novembre 2011, veniva effettuato un sopralluogo presso l’immobile di proprietà della sig.ra W T (una dei due originari ricorrenti) e nella detenzione del sig. T (secondo ricorrente), sito in Roma Via A. Brunetti n. 48, a seguito del quale veniva constatata la realizzazione di interventi edilizi in assenza di titolo;
veniva in particolare rilevato che sull’edificio in questione si era proceduto ad una sostituzione della copertura in eternit del tetto con finte tegole (onde evitare infiltrazioni d’acqua dalla precedente copertura in amianto).

2. Successivamente, l’Amministrazione capitolina – qualificato l’intervento in questione alla stregua di una manutenzione straordinaria per cui sarebbe stata necessaria la (piccola) SCIA ex art. 22 c. 1 e 2 del DPR n. 380 del 2001, nonché rilevato che detto intervento insiste su una zona omogenea A ex art. 2 del DM 2 aprile 1968 n. 1444 (con conseguente applicabilità dell’art. 37 c. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, a tenore del quale “ Qualora gli interventi di cui al comma 2 sono eseguiti su immobili, anche non vincolati, compresi nelle zone indicate nella lettera A dell'articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede al Ministero per i beni e le attività culturali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al comma 1. Se il parere non viene reso entro sessanta giorni dalla richiesta, il dirigente o il responsabile dell’ufficio provvede autonomamente. In tali casi non trova applicazione la sanzione pecuniaria da 516 a 10329 euro di cui al comma 2 ”) – chiedeva alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per il Comune di Roma (cfr. nota prot. CA/53672 del 28/6/2012) il parere circa la possibilità di procedere alla riduzione in pristino oppure all’irrogazione della sola sanzione pecuniaria, attesa l’esistenza di una manutenzione straordinaria abusiva in zona omogenea A.

3. La Soprintendenza si esprimeva con nota prot. 11777/12, con cui riteneva necessaria la “ rimessione in pristino ”, atteso che “ le opere eseguite non risultano compatibili con i caratteri storico-architettonici e tipologici dell’edificio ”.

4. Successivamente, in data 4 luglio 2012, l’Amministrazione comunale adottava la Determinazione n. 1205 di immediata sospensione dei lavori, con la quale veniva dato avvio al procedimento sanzionatorio.

5. Con susseguente D.D. n. 1336 del 7 aprile 2017, l’Amministrazione comunale ingiungeva la sanzione della riduzione in pristino dello stato dei luoghi ex art. 19 della L.R. 15/08 (come indicato nel parere della Soprintendenza).

6. Tale ingiunzione poggia sul seguente iter motivazionale:

(i) l’intervento è abusivo in quanto realizzato in assenza del titolo edilizio richiesto (ciò sull’implicito presupposto che detto intervento ricadrebbe nella categoria della “ manutenzione straordinaria ” per la quale sarebbe richiesta la SCIA ex art. 22 commi 1 e 2 del d.P.R. n. 380 del 2001);

(ii) l’intervento è stato realizzato senza richiedere il preventivo parere della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio del Comune di Roma ai sensi delle vigenti NTA del PRG del Comune di Roma;

(iii) l’immobile su cui è stato realizzato l’abuso contestato insiste in zona omogenea A di cui al DM 2 aprile 1968 n. 1444;

(iv) a fronte della richiesta di parere sull’applicabilità di una sanzione pecuniaria o demolitoria, la competente Soprintendenza del Ministero dei Beni Culturali si è espressa (ai sensi dell’art. 37 c. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001) nel senso della riduzione in pristino.

7. Gli originari ricorrenti sono insorti avverso il provvedimento impugnato denunziandone l’illegittimità perché:

(a) l’intervento in questione non ricadrebbe nel perimetro della manutenzione straordinaria (per la quale occorrerebbe la SCIA ex art. 22 commi 1 e 2 del d.P.R. n. 380 del 2001), bensì in quello della manutenzione ordinaria, sicchè la SCIA non sarebbe stata necessaria trattandosi di mera sostituzione di finiture esterne che non impattano sulle parti strutturali dell’edificio, come invece richiesto per la manutenzione straordinaria;

(b) il preventivo parere della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio del Comune di Roma (la cui assenza è stata stigmatizzata dal provvedimento impugnato) è un parere meramente consultivo, come risulta chiaramente dall’art. 24 delle NTA del PRG del Comune di Roma.

8. È seguita la costituzione in giudizio di Roma Capitale e del Ministero dei Beni Culturali.

L’Amministrazione capitolina si è difesa rilevando che:

a) “ Come noto, si qualificano “manutenzione ordinaria”, come anche evidenziato dai ricorrenti, gli interventi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici (art. 3 D.P.R. 380/01). Vice versa, si inquadrano nella “manutenzione straordinaria” le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti, anche strutturali, degli edifici. Ebbene, nel caso di specie, l’intervento eseguito da controparte è stato correttamente ricondotto alla seconda categoria dal momento che non si è risolto in una semplice sostituzione dei materiali di copertura del locale. Il lavoro, infatti, si sostanziava nella realizzazione di una nuova copertura in finte tegole al posto della precedente in lamiera ondulata. La differenza delle caratteristiche tecniche delle due coperture è di immediata percezione. Invero, il posizionamento delle tegole ha reso necessaria la creazione preliminare di una struttura di sostegno ed è indubbio che un simile intervento, avendo riguardato un elemento strutturale dell’edificio, rientri nella manutenzione straordinaria. Non è possibile considerare l’opera come una mera sostituzione o una semplice riparazione eseguibile in assenza del titolo abilitativo, essendosi sostanziata in un lavoro più complesso su un elemento strutturale dell’immobile che ha comportato la realizzazione di una nuova struttura, non preesistente, a sostegno della copertura di tegole ” (cfr. memoria Roma Capitale);

b) il preventivo parere soprintendizio della cui assenza viene dato atto con il provvedimento impugnato sarebbe quello di cui all’art. 37, c. 3, d.P.R. n. 380 del 2001, ed esso ha natura espressamente vincolante;

c) non sarebbe applicabile al caso di specie alcuna sanzione pecuniaria, stante il parere della Soprintendenza che ha rilevato la necessità della riduzione in pristino ai sensi dell’art. 37 c. 3 d.P.R. n. 380 del 2001;

d) il fatto che la sostituzione della copertura in eternit fosse dettata da esigenze di urgenza non basterebbe a legittimare un intervento per sua natura abusivo.

9. A valle della costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate, la parte ricorrente veniva a conoscenza del contenuto del parere della Soprintendenza del Ministero dei Beni Culturali (con cui quest’ultima si era espressa – ex art. 37 c. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001 – nel senso della riduzione in pristino), nonché degli altri atti endo-procedimentali ed istruttori da cui è sfociato l’atto impugnato con il ricorso introduttivo.

10. Seguiva, quindi, la notifica in data 21 settembre 2023 di motivi aggiunti avverso gli atti indicati sub punto n. 9 che precede. Con detti motivi aggiunti i ricorrenti hanno sollevato le seguenti doglianze:

- “ Dal contenuto dei fatti di causa e della documentazione recentemente prodotta in giudizio, si evince chiaramente che l’ordine di rimessione in pristino dei luoghi impartito con la determinazione dirigenziale impugnata, è derivato esclusivamente dalla corrispondente determinazione assunta dalla Soprintendenza in sede di rilascio del parere preventivo. Con tale parere, la Soprintendenza, (esclusivamente) sulla scorta della considerazione secondo cui “le opere eseguite non risultano compatibili con i caratteri storico-architettonici e tipologici dell’edificio”, ha ritenuto ordinare la rimessione in pristino, ai sensi di quanto prescritto dall’art. 160, comma 1, del Codice dei beni culturali e del paesaggio (“Codice”). … A tale riguardo, occorre anzitutto premettere che l’art. 160, comma 1 del Codice prevede che “Se per effetto della violazione degli obblighi di protezione e conservazione stabiliti dalle disposizioni del Capo III del Titolo I della Parte seconda il bene culturale subisce un danno, il Ministero ordina al responsabile l’esecuzione a sue spese delle opere necessarie alla reintegrazione”. Ebbene, nel caso di specie non è dato comprendere quale danno avrebbe subito l’immobile di cui si tratta, considerato che l’intervento in contestazione ha semplicemente avuto ad oggetto la sostituzione di una lamiera ondulata in eternit (già) danneggiata ed ammalorata, con un pannello di finte tegole di coppo, ovvero con una finitura dettata dallo strumento programmatico comunale ”;

- “ Ma ciò che rileva maggiormente è la mancata considerazione da parte della Soprintendenza della prescrizione dettata dal 4° comma dell’art. 160, secondo cui “Quando la reintegrazione non sia possibile il responsabile è tenuto a corrispondere allo Stato una somma pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione di valore subita dalla cosa”. Secondo tale disposizione, nel caso in cui la rimessione in pristino non sia possibile, la competenza della Soprintendenza a pronunciarsi in merito alla scelta della sanzione da adottare (ripristino o sanzione pecuniaria) risulta evidentemente sterilizzata dall’adozione dell’unica scelta possibile, ovvero di una sanzione pecuniaria pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione di valore subita dalla cosa. Ebbene, con riferimento al caso di specie, occorre ribadire che il ripristino della copertura allo status quo ante risultava del tutto impossibile, imponendo la reinstallazione della lamiera ondulata in eternit già smaltita ed il cui eventuale utilizzo risultava ovviamente precluso dalla disciplina dettata dalla l. n. 257/1992, con cui, come noto, è stata bandita la commercializzazione e l’utilizzo di prodotti a base di amianto ”;

- “ Con il presente atto di motivi aggiunti occorre altresì contestare quanto asserito nella relazione sui fatti di causa del Municipio I del 7.7.2017 (di cui al doc. n. 1 del deposito documentale di parte resistente del 6.7.2023), in merito alla pretesa qualificazione dell’intervento eseguito quale manutenzione straordinaria. Ciò con particolare rifermento all’asserzione secondo cui lo stesso “non poteva risolversi in una mera sostituzione di materiali di copertura stante le diverse caratteristiche tecniche della lamiera ondulata rispetto ad una copertura in finte tegole. Togliendo la lamiera infatti al fine di posizionare la copertura in finte tegole si rende incontrovertibilmente necessaria la creazione di una architettura di sostegno la quale, intervenendo sul tetto in qualità di elemento strutturale, ha determinato la riconducibilità dell’opera alla categoria della Manutenzione Straordinaria”. Ed invero, nel ribadire che l’intervento di cui si tratta, poiché consistito nella mera sostituzione della copertura del locale e, quindi, di una finitura dell’edificio, rientra chiaramente nell’ambito della manutenzione ordinaria ai sensi di quanto previsto dall’art. 3, comma 1, lett. a) del D.P.R. n. 380/01 (per i motivi meglio rappresentati nel primo motivo del ricorso introduttivo, a cui ci si riporta), occorre altresì contestare la predetta descrizione dell’opera, poiché del tutto erronea, oltre che non provata. II.2 Difatti, in realtà, l’intervento di cui è causa ha avuto ad oggetto la semplice sostituzione della lamiera ondulata in eternit con un pannello di eguali dimensioni di finte tegole in coppo, già dotato di una struttura di supporto, così come risultante dalla documentazione fotografica che si allega (doc. 3), oltre che dal contenuto della relativa scheda tecnica (doc. 4). Il tutto senza l’asserita esecuzione di alcuna architettura di sostegno sul tetto da poter ricondurre ad elemento strutturale e, quindi, ad un intervento di manutenzione straordinaria ”.

11. Successivamente, all’udienza straordinaria fissata in data 22 settembre 2023, il Collegio disponeva l’interruzione del giudizio sulla scorta delle seguenti considerazioni:

- “ il difensore dei due ricorrenti - nel comunicare con memoria depositata in data 20 luglio 2023 il decesso di uno dei due assistiti (sig.ra Tamburi) - fa istanza ex art. 79 c.p.a. di interruzione soltanto parziale del processo (limitatamente alla posizione della sig.ra Tamburi), insistendo invece per una definizione parziale del merito con sentenza sulla sola posizione del suo secondo assistito (sig. T) ”;

- “ ai sensi del summenzionato art. 79, comma 2, c.p.a. (che rinvia alle pertinenti disposizioni del c.p.c.), il sopravvenuto decesso di una parte in causa comporta l’obbligo per il giudicante di dichiarare l’interruzione del processo a far tempo dalla data in cui il procuratore, a mezzo del quale la parte si era costituita, ha reso la relativa dichiarazione (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 19 giugno 2014, n. 3110) e pertanto nel caso di specie a far tempo dal 20 luglio 2023 ”;

- “ il legislatore ha previsto che la morte della parte o del suo rappresentante legale, la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti o del rappresentante legale e la cessazione di tale rappresentanza, la morte, radiazione o sospensione del difensore costituiscono eventi che incidono in modo determinante sull’effettività del contraddittorio e che, quindi, al verificarsi di uno di tali fatti la parte non è più nella possibilità di difendersi adeguatamente ”;

- “ la morte di uno dei ricorrenti produce un effetto interruttivo esteso anche agli altri ricorrenti, qualora le posizioni dedotte in giudizio siano inscindibili, come nel caso di specie in cui i ricorrenti agiscono per la tutela, evidentemente non frazionabile, dello stesso immobile a fronte dell’asserita illegittimità dell’ordinanza demolitoria che forma oggetto di impugnazione (Cons. St., Sez. IV, 24 aprile 2019 n. 2651;
T.A.R. Brescia, sez. II, 9/11/2020, n.777)”;

- “ non resta al Collegio che dare atto della interruzione dell’intero processo (in relazione quindi ad entrambe le posizioni dei due ricorrenti), ai sensi dell’art. 79, co. 2, cod. proc. amm. e degli artt. 299 e ss. cod. proc. amm., con effetto dalla data di dichiarazione del decesso di uno dei due ricorrenti (20 luglio 2023), come da avviso già dato alle parti all’udienza straordinaria del 22 settembre 2023 ”.

12. Con successiva istanza depositata in data 12 ottobre 2023, il sig. T provvedeva alla riassunzione della causa.

13. Seguiva poi in data 19 ottobre 2023 la rinotifica (e il successivo deposito) dello stesso ricorso per motivi aggiunti notificato in data 21 settembre 2023.

14. All’udienza straordinaria del 2 febbraio 2024 il Collegio ha introiettato la causa in decisione.

DIRITTO

15. Il provvedimento impugnato consiste nell’ordine di riduzione in pristino di un abuso che l’Amministrazione qualifica come “ manutenzione straordinaria ” soggetta a DIA (ora SCIA) ex art. 22, commi 1 e 2, d.P.R. n. 380 del 2001.

In base alla normativa edilizia applicabile, gli interventi soggetti a SCIA ex art. 22, commi 1 e 2, d.P.R. n. 380 del 2001 (tra i quali le manutenzioni straordinarie) – ove eseguiti in assenza di SCIA – soggiacciono alla sanzione pecuniaria ex art. 37 c. 1 d.P.R. n. 380 del 2001, così stabilendo quest’ultima disposizione.

Cionondimeno, l’art. 37 c. 3 d.P.R. n. 380 del 2001 prevede che se detti interventi – ove realizzati per finalità di restauro o risanamento conservativo – “ sono eseguiti su immobili, anche non vincolati, compresi nelle zone indicate nella lettera A dell’articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede al Ministero per i beni e le attività culturali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al comma 1. Se il parere non viene reso entro sessanta giorni dalla richiesta, il dirigente o il responsabile dell’ufficio provvede autonomamente. In tali casi non trova applicazione la sanzione pecuniaria da 516 a 10329 euro di cui al comma 2 ”.

In sintesi, se l’intervento soggetto a SCIA ex art. 22, commi 1 e 2, d.P.R. n. 380 del 2001, come per l’appunto la manutenzione straordinaria, assolve a finalità di risanamento conservativo ed impatta su immobili compresi nelle zone indicate nella lettera A dell’articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, il Comune competente deve chiedere al Ministero per i beni e le attività culturali un parere vincolante circa la possibilità di procedere con la riduzione in pristino.

16. Detto parere vincolante è stato richiesto ed ottenuto nel caso di specie dall’Amministrazione Capitolina, avendo essa conseguito il parere della Soprintendenza ministeriale favorevole alla riduzione in pristino.

La legittimità di tale modus procedendi riposa, tuttavia, sulla possibilità di qualificare l’abuso de quo alla stregua di una manutenzione straordinaria . Orbene, l’art. 22 del d.P.R. n. 380 del 2001 qualifica gli interventi di manutenzione straordinaria come quegli interventi che incidono sulle parti strutturali dell’edificio.

Consapevole di ciò, la difesa di Roma Capitale afferma (soltanto nell’odierno giudizio) che “ il posizionamento delle tegole ha reso necessaria la creazione preliminare di una struttura di sostegno ed è indubbio che un simile intervento, avendo riguardato un elemento strutturale dell’edificio, rientri nella manutenzione straordinaria ”.

Orbene, il Collegio rileva che tale circostanza ( id est la creazione di una nuova struttura di sostegno sulla quale poggiare le tegole) non risulta affatto accertata da Roma Capitale nel corso dell’istruttoria procedimentale, in base a quanto risulta dagli atti di causa.

Ciò disvela, pertanto, un chiaro difetto di istruttoria del provvedimento impugnato, non essendoci evidenza del fatto che l’Amministrazione capitolina abbia compiutamente accertato – nel corso dell’istruttoria procedimentale – se il posizionamento delle tegole in questione abbia comportato un intervento sulle parti strutturali dell’edificio, dando quindi luogo ad un’effettiva manutenzione straordinaria (anziché ad una semplice sostituzione delle finiture esterne).

17. A ciò si aggiunga che l’ulteriore parere della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio del Comune di Roma (richiesto dalle vigenti NTA del PRG del Comune di Roma e diverso rispetto a quello prima richiamato) – della cui carenza si duole l’Amministrazione capitolina all’atto di ordinare la riduzione in pristino – non ha affatto carattere vincolante bensì soltanto consultivo, come si ricava de plano dalla lettura delle NTA.

Inconferente sul punto è la difesa di Roma Capitale, la quale non si sofferma (come invece avrebbe dovuto) sul parere della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio del Comune di Roma di cui alle NTA del PRG del Comune di Roma, bensì sul già richiamato parere della Soprintendenza ministeriale ex art. 37 del d.P.R. n. 380 del 2001 (che è però cosa diversa rispetto al parere della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio del Comune di Roma di cui alle NTA).

Quanto precede obliterando il fatto che l’atto impugnato oppone la carenza del previo parere (consultivo) della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio del Comune di Roma di cui alle NTA, e non del parere della Soprintendenza ministeriale ex art. 37 del d.P.R. n. 380 del 2001 (che è stato ritualmente acquisito da Roma Capitale prima di adottare l’ordine demolitorio ora impugnato).

18. Va inoltre rilevato che il parere della Soprintendenza ministeriale su cui poggia l’ordine demolitorio impugnato, reca una motivazione (“ le opere eseguite non risultano compatibili con i caratteri storico-architettonici e tipologici dell’edificio ”) meramente apodittica ed assertiva, nella quale non v’è alcuna puntuale indicazione argomentativa delle ragioni per cui la copertura in tegole pregiudicherebbe il contesto architettonico dell’immobile in questione.

Ciò disvelando, quindi, un chiaro difetto di motivazione, reso ancor più significativo dal fatto che la copertura in tegole è stata posizionata allo scopo di sostituire una precedente copertura in amianto.

19. Per tutto quanto sopra esposto, pertanto, il ricorso introduttivo e i successivi motivi aggiunti vanno accolti, con conseguente annullamento dell’ordine di ripristino impugnato e dei relativi atti presupposti (ivi incluso il parere censurato) per difetto di motivazione, salvo il potere dell’Amministrazione di rideterminarsi sull’istanza, impregiudicata la possibilità di disporre (ove ne sussistano i presupposti) la sanzione pecuniaria.

20. Attesa la peculiarità della controversia, il Collegio ritiene che sussistano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.

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