TAR Roma, sez. IV, sentenza 2022-02-17, n. 202201935

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. IV, sentenza 2022-02-17, n. 202201935
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202201935
Data del deposito : 17 febbraio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/02/2022

N. 01935/2022 REG.PROV.COLL.

N. 07793/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7793 del 2019, proposto da L N e A M, rappresentate e difese dall’avvocato F G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

- Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale;
- Consolato Generale d’Italia a Casablanca;
rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

- del provvedimento n. 1334 emesso dal Consolato Generale d’Italia in Casablanca in data 07 marzo 2019, avente ad oggetto il diniego del visto d’ingresso richiesto dalla ricorrente, Nyazi Leghzal, a seguito di lettera d’invito della figlia, Maouhoub Aziza;

- di tutti gli atti antecedenti e susseguenti, presupposti, preordinati, connessi e/o conseguenziali;

nonché per la condanna

al risarcimento dei danni conseguenti all’esecuzione del provvedimento impugnato.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e del Consolato Generale d’Italia a Casablanca;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2022 il dott. Giuseppe Bianchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Con il presente ricorso le ricorrenti hanno impugnato il provvedimento di diniego emesso dal Consolato Generale d’Italia a Casablanca il giorno 7 marzo 2019 deducendo, a fondamento del gravame, la sussistenza dei presupposti per l’ottenimento del visto d’ingresso tanto per ricongiungimento familiare dell’istante con la figlia ai sensi del d.vo 6 febbraio 2007, n. 30, quanto per motivi turistici a norma del Reg. CE 810/2009.

Le ricorrenti hanno articolato i seguenti argomenti di censura:

I. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 14 del Regolamento (CE) del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 810 del 13/07/2009, dell’art. 2, c. 1, lett. b, punto 4) ed art. 3, comma 1, del D. Lgs. 30/2007, nonché violazione dell’art. 3 della Legge n. 241/1990 in relazione all’art. 3, c. 3, del D.Lgs. 30/2007. Eccesso di potere per difetto di motivazione, in quanto parziale, generica ed insufficiente, nonché per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto posti a base della domanda di rilascio del visto ”;

II. Violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 1, lett. c) del Regolamento (CE) n. 562/2006, dell’art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 286/1998, dell’art. 5, c. 6, del D.P.R. n. 394/1999, nonché dell’art. 58 del D.Lgs. n. 71/2011 e dell’art. 4 D.I. Ministero degli Affari Esteri n. 850/2011. Eccesso di potere per omissione e/o difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, sviamento per mancato rilascio del visto nonostante la presenza di tutti i requisiti di legge e pur non sussistendo motivi per il diniego, nonché per manifesta infondatezza, arbitrarietà ed illegittimità della motivazione ”;

III. Violazione dell’art. 5, c. 8, D.P.R. n. 394/1999, così come modificato dal D.P.R. n. 334/2004 ”.

L’Amministrazione, costituitasi in giudizio, ha eccepito la carenza di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo “ in merito ai motivi di doglianza relativi a far valere il diritto al ricongiungimento familiare nei confronti della madre ”, chiedendo la reiezione nel merito delle restanti censure.

Tanto premesso, il Collegio osserva che l’eccezione di carenza parziale di giurisdizione risulta fondata sulla base dell’orientamento in materia maturato presso questo Tribunale (cfr. Sez. III-ter, 6 febbraio 2020, n. 1629 e 27 aprile 2021, n. 4852), secondo cui “ dalla formulazione dell’art. 30, comma 6, del d.lgs. n. 286/1998 – secondo cui “contro il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonché contro gli altri provvedimenti dell’autorità amministrativa in materia di diritto all’unità familiare, l’interessato può proporre opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria. L’opposizione è disciplinata dall’ articolo 20 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150” – si desume che ogni controversia inerente il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno o di altri provvedimenti per motivi familiari è sottratta alla giurisdizione del giudice amministrativo ”;
con la conseguenza che “ l’impugnazione spiegata avverso il diniego del visto d’ingresso ai fini del ricongiungimento per motivi familiari (assimilabile al divieto di nulla osta al ricongiungimento familiare) non appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo ”.

Occorre, pertanto, dichiarare il presente gravame inammissibile nella parte in cui l’istante pretende di ottenere il visto ai sensi del d.vo 6 febbraio 2007, n. 30, in qualità di ascendente diretta a carico della figlia in Italia, rientrando la cognizione sulla domanda proposta nella giurisdizione del giudice ordinario, davanti al quale la causa potrà essere riproposta in parte qua nei termini e con gli effetti previsti dall’art. 11, comma 2, c.p.a..

Ciò posto, il Collegio rileva che i profili di contestazione concernenti il diniego di visto di ingresso per motivi turistici non risultano fondati.

La richiedente, infatti, non solo non ha fornito, a norma dell’art. 14, lettera d), del Reg. CE 810/2009 (codice dei visti), “ informazioni che consentano di valutare l’intenzione … di lasciare il territorio degli Stati membri prima della scadenza del visto richiesto ” - come evidenziato nel provvedimento impugnato -, bensì ha anche allegato elementi che lasciano presumere l’intendimento contrario, ossia il proposito di stabilirsi in Italia.

In particolare, la vivenza della richiedente a carico della figlia invitante - allegata dalle ricorrenti per ottenere il visto ai sensi del d.vo 6 febbraio 2007, n. 30 - rappresenta un chiaro indice dell’assenza dell’intenzione di far rientro in patria alla fine del periodo di viaggio (essendo prevedibile che la richiedente continuerà a vivere in Italia con la figlia dalla quale è economicamente mantenuta), tanto più se si considera che, come affermato nel ricorso, la medesima richiedente, nel paese di origine, risulta priva di lavoro e non percepisce alcun reddito, elementi che costituiscono ulteriori sintomi della mancanza di interesse a fare rientro in Marocco.

Risulta, altresì, infondata la doglianza con la quale si denuncia la violazione dei termini per il rilascio del visto d’ingresso, atteso che - per consolidato orientamento - i termini del procedimento debbono essere ritenuti ordinatori, se non sono espressamente qualificati perentori, come nel caso in esame, dalla legge o da un provvedimento dell’autorità giudiziaria.

La domanda di annullamento del provvedimento gravato deve, quindi, essere respinta.

La reiezione della domanda di annullamento del provvedimento che si assume quale fonte del danno comporta il rigetto della domanda risarcitoria.

Sussistono, alla luce del complessivo esito del giudizio, i presupposti per compensare le spese di lite tra le parti.

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