TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2019-06-03, n. 201907131

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2019-06-03, n. 201907131
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201907131
Data del deposito : 3 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/06/2019

N. 07131/2019 REG.PROV.COLL.

N. 08597/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8597 del 2018, proposto dalle signore C R, L F, rappresentate e difese dagli avvocati C G, M L, D M, C A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio avv. C G in Roma, via dei Barbieri n.6;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia,

- della nota di risposta del Ministero della Giustizia P.U. 0133294, datata 19.04.2018 pervenuta tramite PEC alle ricorrenti in data 23.04.2018, avente ad oggetto “Trattamento pensionistico dirigenti penitenziari” con la quale è stata negata ai Dirigenti penitenziari l'applicazione della normativa in tema di collocamento a riposo prevista per i dirigenti della Polizia di Stato;

- di ogni altro atto o provvedimento presupposto, connesso o consequenziale, anche non conosciuto;

- nonché l'applicazione ai Dirigenti penitenziari dell'art. 13 d. lgs. n. 334 del 5.10.2000 sui limiti di età per il collocamento a riposo d'ufficio dei dipendenti della Polizia di Stato attraverso l'equiparazione operata dall'art. 48, comma 2, del d. lgs. n. 95/2017.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 marzo 2019 il Cons. M C e uditi per le parti i difensori presenti, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Le dott.sse Cesira Maria Rinaldi e L F - I^ Dirigenti della Polizia Penitenziaria rispettivamente presso la Casa di reclusione di Augusta e la Casa circondariale di Siracusa - riferiscono di aver inviato in data 9.4.2018, insieme ad altri colleghi, alle Amministrazioni competenti una richiesta di applicazione della disciplina prevista per la Polizia di Stato in tema di trattamento pensionistico, alla luce dell’equiparazione dei Dirigenti penitenziari con il personale della Polizia di Stato appartenente al ruolo di dirigente, ai sensi dell’art. 48, comma 2 d. lgs. n.95/2017.

Il Ministero della Giustizia, in data 23.4.2018 ha riscontrato l’istanza, precisando per i limiti di età per il collocamento a riposo d’ufficio riguardante i Dirigenti penitenziari l’applicabilità della disciplina contenuta nella normativa generale in tema di collocamento a riposo e trattamento pensionistico dei dipendenti civili dello Stato, in quanto da ritenere speciale ed eccezionale la normativa che prevede diversi limiti di età per il riposo d’ufficio del personale appartenente alle diverse qualifiche dei ruoli della Polizia di Stato.

1.1.Avverso il predetto provvedimento in epigrafe hanno proposto ricorso affidandolo ad un unico articolato motivo di impugnazione: 1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 48, comma 2, del d. lgs. n. 95/2017 e dell’art. 40 della legge n. 395/1990 - Eccesso di potere per manifesta illogicità e irragionevolezza - Difetto di motivazione – Falsa applicazione dell’art. 14 delle preleggi al c.c. - Mancata applicazione dell’art. 13 d. lgs. 334/2000 : le ricorrenti lamentano che, in base all’art. 48 c. 2 del d. lgs. n.95/2017 - il quale statuisce che al personale della carriera dirigenziale penitenziaria si applicano gli stessi istituti giuridici ed economici previsti dalla legislazione vigente per il personale dirigenziale della Polizia di Stato, fino alla entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica di recepimento degli accordi sindacali in materia ex art. 23 c. 5 d.lgs. n.63/2006 – le stesse avrebbero diritto all’equiparazione, per il trattamento pensionistico, ai dirigenti della P. S. . A fronte della mancata emanazione del d.P.R. richiamato dall’art. 48 cit. e della correlata assenza di una disciplina ad hoc per i dirigenti della Polizia Penitenziaria troverebbe applicazione la normativa prescritta per la dirigenza della Polizia di Stato. Il divieto di analogia delle norme eccezionali, quali il d.lgs. n.334 del 2000 applicabile ai dipendenti P.S., posto alla base della motivazione del diniego impugnato, non potrebbe trovare applicazione nella specie perché i Dirigenti penitenziari allo stato sarebbero privi di regolamentazione propria e il legislatore in attesa di una normativa specifica, avrebbe colmato il vuoto normativo stabilendo l’applicazione agli stessi degli istituti giuridici ed economici previsti per i Dirigenti P.S. Assumono altresì le ricorrenti che la disciplina vigente sui limiti di età per il collocamento a riposo d’ufficio prevista per i Dirigenti della Polizia di Stato, ex art. 13 d. lgs. n.334/2000 è di 60 anni e 7 mesi per i primi dirigenti;
63 anni e 7 mesi per i dirigenti superiori;
65 anni e 7 mesi per i dirigenti generali. Le stesse regole dovrebbero essere applicate anche ai Dirigenti penitenziari non già sulla scorta di un’interpretazione analogica della normativa prevista per i Dirigenti della Polizia di Stato bensì in virtù della predetta equiparazione per effetto dell’art. 48, comma 2 d. lgs. n. 95/2017, spettando tutti gli istituti giuridici ed economici previsti per il personale della Polizia di Stato, appartenente al ruolo dirigente, compresi i limiti di età per il collocamento in quiescenza e il relativo trattamento. Rilevano inoltre sul tema la posizione dell’Inps sul tema (messaggio n. 6434 del 2017 e n. 761 del 20.2.2018), con quest’ultimo ha ribadito che il d.lgs. n.95 del 2017, concernente il riordino delle forze di Polizia, ha previsto all’articolo 48, comma 2, che al personale della carriera dirigenziale penitenziaria si applicano gli stessi istituti giuridici ed economici previsti dalla legislazione vigente per il personale della Polizia di Stato appartenente al ruolo dirigente fino alla entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica di recepimento degli accordi sindacali. Con tale messaggio sarebbero state superate le indicazioni fornite con il messaggio n. 1134/2017 in merito alla valutazione dei sei scatti di stipendio sul trattamento di previdenza e di quiescenza nei confronti dei dirigenti civili dell’amministrazione penitenziaria accordando pertanto ai Dirigenti penitenziari gli stessi benefici riconosciuti alla Polizia di Stato. Concludono le ricorrenti per l’accoglimento del ricorso, previa sospensione dell’atto impugnato, con conseguente applicazione del trattamento giuridico pensionistico dei dipendenti della P.S. ai Dirigenti penitenziari.

1.2. Il Ministero della giustizia intimato si è costituito in giudizio in resistenza e con memoria difensiva, dopo aver ricostruito il quadro normativo applicabile, ha eccepito il difetto di giurisdizione del G.A., trattandosi di controversia riguardante il rapporto pensionistico delle ricorrenti con conseguente applicazione del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 13 e 62, secondo cui in materia di pensioni la giurisdizione esclusiva spetti in via esclusiva alla Corte dei Conti. In ogni caso il ricorso sarebbe infondato in quanto la normativa in materia riguardante il rapporto di lavoro e carriera dirigenziale penitenziaria (legge n. 154/2005 e d.lgs.n. 63/2006) non recherebbero specifiche disposizioni;
tra l’altro il rinvio agli istituti giuridici ed economici previsti dalla legislazione vigente per il personale della Polizia di Stato appartenente al ruolo dirigente operato dal d. lgs. n.95/2017, riguarderebbe esclusivamente le materie oggetto di contrattazione previste dall’art. 22 del più volte citato d.lgs.n.63/2006, laddove non sarebbe compreso il trattamento pensionistico. Conclude la resistente che in assenza di legislazione ad hoc per i Dirigenti penitenziari, essendo il regime pensionistico coperto da riserva di legge, le disposizioni applicabili sarebbero quelle generali sul pubblico impiego, ed in particolare le normative generali in tema di collocamento a riposo e trattamento pensionistico dei dipendenti civili dello Stato (d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092).

1.3. In prossimità dell’odierna udienza parte ricorrente ha depositato memoria, insistendo sulla propria posizione difensiva ed ha contestato l’eccezione di difetto di giurisdizione, trattandosi di giudizio riguardante la corretta interpretazione della normativa in tema di collocamento a riposo da applicare ai Dirigenti penitenziari e non avente oggetto l’accertamento dei presupposti giuridici e contributivi per l’accesso al trattamento pensionistico, di competenza invece della Corte dei Conti;
la controversia, concernente la materia del rapporto di lavoro di pubblico impiego di personale non contrattualizzato ex art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, rientrerebbe quindi nella giurisdizione esclusiva del G.A., ai sensi dell’art. 63, comma 4 del citato decreto legislativo, in qualità di giudice competente a conoscere del rapporto di lavoro. Insistono poi le ricorrenti sui motivi di ricorso atteso che l’equiparazione ex lege tra i dirigenti penitenziari e i dirigenti della Polizia di Stato dimostrerebbe la volontà del legislatore di voler sanare una lacuna nell’ordinamento con l’art. 48, comma 2, d. lgs. n.95/2017, statuendo una identità tra il personale dirigente penitenziario e le corrispondenti qualifiche della Polizia di Stato. L’asserita applicazione della normativa solo per gli aspetti di natura economica e non anche per quelli giuridici, con riferimento ai richiamati messaggi dell’Inps, secondo le ricorrenti, sarebbe infondata atteso che invece il messaggio n.761 del 2018 indicherebbe il riferimento all' art. 48, comma 2 del d.lgs.n.95/2017 e alla nota n. 0000354 del 18 gennaio 2018 del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, nei quali vi sarebbe il richiamo all'applicazione sia degli istituti giuridici che di quelli economici spettante ai Dirigenti penitenziari e non solo di quelli economici.

Alla Camera di consiglio dell’11.9.18, su richiesta congiunta delle parti, la decisione sulla domanda cautelare è stata rinviata alla successiva camera di consiglio del 16.10.18, indi concordemente rinviata alla trattazione del merito e fissata l’odierna udienza pubblica.

Con memoria conclusionale le ricorrenti hanno contestato con ulteriori argomentate considerazioni la infondatezza dell’eccezione del difetto di giurisdizione insistendo sulle censure avanzate.

Alla udienza pubblica del 5 marzo 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. In via preliminare il Collegio rileva la infondatezza della eccezione di difetto di giurisdizione in relazione alla causa in oggetto, non trattandosi di controversia attinente alla materia pensionistica devoluta alla giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti ai sensi degli artt.13 e 62 del R.D. n. 1214/1934.

In particolare, va rilevato che la controversia in esame non verte sull’accertamento del diritto delle ricorrenti a percepire il trattamento pensionistico ad esse spettante ossia sulla sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti (cfr. ex multis, Cass. civ. SS.UU. 27 febbraio 2013, n. 4853;
id. SS.UU. 20 aprile 2015, n. 7958). Il petitum sostanziale della controversia, come articolato nel ricorso, proposto avverso il diniego da parte dell’Amministrazione della richiesta formulata dalle ricorrenti Dirigenti penitenziarie della applicazione alla medesime del trattamento giuridico-pensionistico dei dipendenti della Polizia di Stato, riguarda l’interpretazione della normativa relativa all’equiparazione ex art. 40 della legge n. 395/1990 e ex art. 48, comma 2, d.lgs. n.95/2017 e all’applicazione alle ricorrenti dell’art. 13 d.lgs. n. 334 del 2000 sui limiti di età per il collocamento a riposo d’ufficio.

Condividendo quanto evidenziato da parte ricorrente va richiamato il costante orientamento giurisprudenziale secondo il quale la giurisdizione della Corte dei conti in tema di pensioni ha carattere esclusivo, essendo affidata al criterio di collegamento costituito dalla materia, sicchè in essa ricadono tutte le controversie in cui il rapporto pensionistico costituisce elemento identificativo del petitum sostanziale, in relazione alla contestazione del provvedimento sul trattamento previdenziale (cfr. da ultimo, Cass.civ. SS.UU.,16 gennaio 2018, n.896;
Tar Lazio, Roma, sez. II, 18 febbraio 2016, n.2152). Ne consegue che spetta alla giurisdizione del G.A.la controversia sulla illegittimità degli atti dell’Amministrazione ai fini pensionistici e riguardo all’accertamento della computabilità di determinati benefici/attribuzioni nella base del trattamento pensionistico in relazione al rapporto di pubblico impiego, pur se influenti sulla pensione, come nella specie (cfr.Tar Lombardia, Milano, sez. I, 29 aprile 2015, n.1052;
Tar Piemonte, sez. I, 20 marzo 2015, n.520).

Pertanto l’eccezione sollevata non va condivisa non essendovi ragione per discostarsi dai richiamati orientamenti della giurisprudenza al riguardo.

2.1. Passando all’esame della questione controversa si rileva che le ricorrenti, unitamente ad altri dipendenti, con specifica istanza inviata, tra gli altri, anche al D.A.P. Dir.Gen. Pers.e Risorse, hanno chiesto chiarimenti sulle modalità di accesso al trattamento di quiescenza del personale della carriera dirigenziale penitenziaria, con particolare riferimento all’applicazione del medesimo trattamento di previdenza e quiescenza spettante al personale dirigente e direttivo delle corrispondenti qualifiche della Polizia di Stato, riguardo alle stesse modalità di accesso al trattamento di quiescenza con applicazione dell'art. 13 d.lgs.n. 334/2000, ovvero dei limiti di età ordinamentali per la pensione di vecchiaia (60 aa.qualifiche inferiori /63 aa.dirigente superiore/65 aa.dirigente generale).

Con la nota impugnata il D.A.P. – Direzione Generale del Personale e delle Risorse ha rappresentato che “ per il trattamento pensionistico, in particolare per quanto riguarda i limiti di età per il collocamento a riposo d'ufficio applicabile ai dirigenti penitenziari, occorre fare riferimento alle normative generali in tema di collocamento a riposo e trattamento pensionistico dei dipendenti civili dello stato, decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092. Ciò, in quanto il decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, che prevede diversi limiti di età per il collocamento a riposo d'ufficio del personale appartenente alle diverse qualifiche dei ruoli della Polizia di Stato, è da considerarsi normativa speciale, con il conseguente divieto di analogia”.

2.2. Al riguardo occorre ricostruire il quadro normativo in materia.

Va rilevato innanzitutto che l’ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria è stato istituito con legge 27 luglio 2005, n. 154 ( Delega al Governo per la disciplina dell'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria ), e il relativo rapporto di lavoro è stato riconosciuto come rapporto di diritto pubblico (art.2, comma 1, legge n. 154/2005 e comma 1 bis inserito all’art.3 del d.lgs. n. 165 del 2001). La predetta legge delega n.154/2005 ha previsto (art. 1) l’adozione di successivi decreti legislativi per disciplinare l'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria e il trattamento giuridico ed economico della stessa;
con norma transitoria ha previsto che “nelle more dell'entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dall'articolo 1, comma 1, il rapporto di lavoro del personale nominato dirigente ai sensi del comma 1 del presente articolo e del personale già appartenente alle medesime qualifiche dirigenziali è regolato dalle disposizioni previste per il personale statale in regime di diritto pubblico ” (art. 4, comma 3).

In attuazione di tale delega è stato emanato il d.lgs. 15 febbraio 2006, n. 63 ( Ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria, a norma della L.27 luglio 2005, n. 154 ) che introduce disposizioni ordinamentali generali su detta carriera funzionale (Capo I) e quelle sul procedimento per la definizione degli aspetti giuridici ed economici del rapporto di impiego del personale della carriera dirigenziale penitenziaria oggetto di negoziazione (Capo II), senza prevedere specifiche norme applicabili in materia di trattamento pensionistico.

In particolare le materie di negoziazione sono espressamente indicate nell’art. 22 del d.lgs. n. 63 del 2006 e previste in casi tassativi (Formano oggetto del procedimento negoziale: a) il trattamento economico fondamentale ed accessorio, secondo parametri appositamente definiti in tale sede che ne assicurino, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili, sviluppi omogenei e proporzionati, rapportati alla figura apicale;
b) l'orario di lavoro;
c) il congedo ordinario e straordinario;
d) la reperibilità;
e) l'aspettativa per motivi di salute e di famiglia;
f) i permessi brevi per esigenze personali;
g) i distacchi, le aspettative e di permessi sindacali;
h) la copertura assicurativa del rischio di responsabilità civile connesso all'esercizio delle funzioni e dei compiti propri della carriera).

Per la disciplina degli istituti giuridici non contemplati delle predette materie di negoziazione è stabilita la emanazione di un d.P.R. sentite le organizzazioni sindacali rappresentative (4. Nei casi in cui le disposizioni generali sul pubblico impiego rinviano per il personale del comparto dei Ministeri alla contrattazione collettiva e si verte in materie diverse da quelle indicate nell'articolo 22 e non disciplinate per i funzionari da particolari disposizioni di legge, per lo stesso personale si provvede, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400) (art.20 comma 4 d.lgs. n. 63 del 2006).

Il d.lgs. 29 maggio 2017, n.95 ( Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche) , all’art. 48, comma 2, ha stabilito che “fino all’entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica di recepimento degli accordi sindacali, previsto dall'articolo 23, comma 5, del decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 63, al personale della carriera dirigenziale penitenziaria si applicano gli stessi istituti giuridici ed economici previsti dalla legislazione vigente per il personale dirigenziale della Polizia di Stato ”.

2.3. Dalla coordinata applicazione e ratio delle norme ne discende che per le materie rimesse alla procedura negoziale ex art.20 e ss del d.lgs. n. 63 del 2006 fino all’emanazione di un contratto di categoria al personale della carriera dirigenziale penitenziaria si applicano gli stessi istituti giuridici ed economici previsti dalla legislazione vigente per il personale dirigenziale P.S.;
dall’esame del citato art. 48 del d.lgs. n. 95 del 2017 è chiaro il rinvio esclusivo per le materie oggetto di contrattazione previste dall’art. 22 del d.lgs.n. 63 del 2006, agli istituti giuridici ed economici previsti dalla legislazione vigente per il personale della Polizia di Stato appartenente al ruolo di dirigente.

Risulta evidente che tra le suddette materie non è ricompreso il trattamento pensionistico, specifica materia quella pensionistica non oggetto di contrattazione, rimessa invece alla legge.

Ne consegue che, in assenza di specifica legislazione per i dirigenti penitenziari riguardo il regime pensionistico, occorre fare ricorso alle disposizioni generali sul pubblico impiego, ed in particolare alle normative generali in tema di collocamento a riposo e trattamento pensionistico dei dipendenti civili dello Stato ai sensi del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092.

In tal senso, si è espressa anche la Corte dei conti – Sez.giurisd.per la Regione Campania, sentenza n 694/2016 secondo cui in un sistema caratterizzato dal principio della riserva di legge in materia pensionistica ed in assenza di una norma che espressamente preveda l’equiparazione, a fini pensionistici, tra i dirigenti della carriera penitenziaria e i dirigenti della polizia di Stato, la posizione dei primi, a fini pensionistici, soggiace alle disposizioni concernenti la generalità dei dipendenti statali, in tema di collocamento a riposo e trattamento pensionistico (d.P.R. n. 1092/73).

Del resto il d.lgs. 5 ottobre 2000, n.334 (Riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato, a norma dell'articolo 5, comma 1, della L. 31 marzo 2000, n. 78) che reca la disciplina della carriera dei funzionari della Polizia di Stato che espletano funzioni di polizia espressamente ha previsto con specifica norma i limiti di età per il collocamento a riposo d'ufficio (art. 13);
analoga norma, come già evidenziato, non è prevista nella legge delega n. 154 del 2005 che ha istituito la carriera dirigenziale penitenziaria né tantomeno nel d.lgs. n. 63 del 2006 che in attuazione alla predetta legge delega ha disciplinato l’ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria.

2.4.Né varrebbe obiettare come sostiene parte ricorrente che, nelle more della introduzione della disciplina specifica, la equiparazione prevista ex lege tra i dirigenti penitenziari e i dipendenti della Polizia di Stato non si limiterebbe a riconoscere come applicabili esclusivamente gli aspetti economici del rapporto di lavoro bensì anche tutti gli istituti giuridici ed economici compatibili, ritenendo che l’elencazione delle materie applicabili non potrebbe essere da ostacolo all’individuazione degli istituti.

Tale argomentazione non è condivisibile alla luce della predetta normativa e tra l’altro perché non contrasta con considerazioni ed elementi adeguati l’asserita assenza di riserva di legge alla disciplina del trattamento pensionistico.

Parte avversa a sostegno delle proprie pretese rinvia anche ai messaggi INPS (n. 1134 del 13.3.2017 e n. 761 del 20.2.2018) ed alla nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (n. 0000354 del 18.1.2018) ma tali atti, come rilevato dalla difesa dell’Amministrazione, riguardano esclusivamente al riconoscimento dei sei scatti di stipendio sul trattamento di previdenza e di quiescenza per i dirigenti della carriera penitenziaria, ossia solo un riconoscimento avente natura esclusivamente economica, ma nulla definiscono sulla questione relativa all’acquisizione del diritto al pensionamento e alla decorrenza dello stesso;
ciò correttamente atteso che il regime pensionistico è disciplinato dalla legge.

2.5. Pertanto la nota impugnata non presenta i vizi dedotti e l’orientamento ivi indicato risulta più rispettoso della ratio legis perché la previsione normativa del limite di età per il collocamento d’ufficio è dettata esclusivamente per il personale della Polizia di Stato e analoga norma, come sopra evidenziato, non è stata prevista né nella legge delega n. 154 del 2005 né nel d.lgs. n. 63 del 2006, di attuazione, recante l’Ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria, tenuto conto tra l’altro che il riconoscimento di differenti qualifiche dirigenziali nell’ambito dei due ordinamenti esclude la possibilità di una effettiva equiparazione tra le stesse.

3. In definitiva il ricorso è infondato e va respinto.

La particolare natura della materia controversa giustifica la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

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