TAR Venezia, sez. II, sentenza 2021-01-14, n. 202100042

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2021-01-14, n. 202100042
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202100042
Data del deposito : 14 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/01/2021

N. 00042/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00475/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 475 del 2014, proposto da
E S, rappresentata e difesa dall'avvocato A P, con domicilio eletto presso il suo studio in Venezia-Mestre, corso del Popolo, 151 Scala B;

contro

Comune di Mira, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato F L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria ex lege , con sede in Venezia, San Marco, 63;

nei confronti

Crial S.r.l., Antonio Foscari Widmann Rezzonico non costituita in giudizio;

per l'annullamento

- delibera del Consiglio Comunale di Mira n. 58 del 26/06/2013;
della nota 21/8/2013, prot. 24996 del Comune di Mira — Settore Urbanistica ed edilizia Privata — Servizio Urbanistico;
della deliberazione della Giunta del Comune di Mira n.144 del 17/6/2013;
del diniego espresso dal Ministero per i Beni e le attività Culturali;
del parere reso dalla Soprintendenza dei Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e della Laguna dl 28/11/2012 prot. 16607;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Mira e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e Laguna;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2020 la dottoressa M A e trattenuta la causa in decisione, ai sensi dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente era proprietaria di aree ricomprese all’interno del comparto C2/N1 sito nella zona di espansione del Comune di Mira. Nel 2008 le aree sono state cedute alla società CRIAL s.r.l., la quale ha chiesto ed ottenuto l’approvazione di un Piano di lottizzazione per l’edificazione dell’area.

La ricorrente deduce di essere venuta a conoscenza dell’esistenza di un vincolo indiretto, apposto con D.M. 22 novembre 1974 e comportante l’inedificabilità dell’area, per la sua collocazione a sud della villa Foscari (villa palladiana, nota come la “Malcontenta”) soltanto nel momento in cui veniva convenuta innanzi al Tribunale di Venezia dalla CRIAL s.r.l. per la risoluzione del contratto di compravendita.

Prima che fosse stipulata la convenzione attuativa, il Comune inviava comunicazione di avvio del procedimento di annullamento d’ufficio del piano a CRIAL s.r.l., al progettista del piano attuativo ed alla Soprintendenza, ma non alla ricorrente.

Il Comune, dopo aver ricevuto conferma dell’esistenza del vincolo dalla Soprintendenza, chiedeva al Ministero di esprimersi sulla perdurante sussistenza dei presupposti di assoggettamento al vincolo, ai sensi dell’art. 128 D.Lgs. 42/2004.

La ricorrente interveniva nel procedimento con proprie memorie.

Con provvedimento prot. 8277 del 9 maggio 2013 il Ministero dichiarava la perdurante sussistenza dei presupposti per l’assoggettamento a vincolo indiretto dell’area. Conseguentemente il Comune di Mira concludeva il procedimento con l’annullamento del piano attuativo, mediante la delibera di Consiglio comunale del Comune di Mira n. 58 del 26 giugno 2013.

La ricorrente impugna entrambi i provvedimenti formulando le seguenti censure:

1. Violazione articolo 7 L. 241/90;

2. Violazione art. 20 L.R. 11/2004 e dell’articolo 21-nonies L. 241/90, eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione del principio del contrarius actus;

3. Eccesso di potere per illogicità manifesta, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, violazione dell’articolo 128 D.Lgs. 42/2004;

4. Violazione dell’articolo 2 L. 241/90.

5. Illegittimità derivata della delibera di annullamento per i vizi dell’atto presupposto.

Si sono costituiti il Ministero per i beni e le attività culturali e il Comune di Mira.

Entrambe le resistenti hanno controdedotto nel merito, eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva e difetto di interesse.

Si è costituito, in data 18 novembre 2020, il fallimento della società CRIAL s.r.l.

DIRITTO

1. Può prescindersi dall’esame delle questioni preliminari, essendo il ricorso infondato nel merito.

2. Il primo motivo è infondato.

2.1 Al momento in cui il Comune di Mira ha avviato il procedimento di autotutela, la ricorrente aveva già ceduto l’area alla CRIAL s.r.l., proponente il piano attuativo. Il provvedimento, pertanto, non avrebbe prodotto effetti diretti nei suoi confronti. Neppure sussisteva l’obbligo del Comune di inviarle la comunicazione di avvio del procedimento ai sensi del secondo periodo dell’articolo 7 L. 241/90.

Secondo autorevole giurisprudenza (Cons. Stato Sez. VI, 15/10/2019, n. 7017) “il pregiudizio considerato dalla seconda parte della norma di cui all'art. 7 comma della L. n. 241 del 1990, prima ancora di porsi la questione della possibilità di individuare gli interessati, deve essere un pregiudizio giuridicamente rilevante e in qualche misura certo, non soltanto ipotetico ed eventuale.”. La risoluzione del contratto di compravendita è stata chiesta in ragione dell’esistenza del vincolo di inedificabilità e non del piano attuativo, pertanto, nessun pregiudizio giuridicamente rilevante rispetto all’annullamento del piano era configurabile. Peraltro, la ricorrente afferma di aver partecipato al procedimento ex art. 128 D.Lgs. 42/2004, avviato dal Comune e, pertanto, nessuna lesione alle prerogative partecipative può ritenersi configurabile in concreto.

2.2 Neppure è configurabile la dedotta violazione del principio del contrarius actus nell’esercizio dell’autotutela, in quanto l’annullamento del piano attuativo è stato adottato con delibera di Giunta comunale, organo che, ai sensi dell’articolo 5, comma 16, lett. b) della Legge n. 116/2011, è competente all’approvazione dei piani attuativi conformi allo strumento urbanistico generale. Inoltre, il provvedimento è stato sottoposto anche all’approvazione del Consiglio comunale. Non è necessario, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, ripercorrere l’intero iter di approvazione previsto dall’articolo 20 L.R. 11/2004, essendo la scansione procedimentale ivi prevista dettata da finalità pubblicitarie connesse all’uso del territorio che, nel caso dell’annullamento di piano approvato, non ricorrono.

2. 3 Neppure sussistono i profili di illegittimità per violazione dell’articolo 21-nonies L. 241/90. Nell’adottare il provvedimento non era richiesta la valutazione dell’interesse anche della ricorrente che, all’epoca, non era più proprietaria delle aree oggetto del piano attuativo, mentre sono state chiaramente ed esaustivamente esposte le ragioni di pubblico interesse sottese al piano. Inoltre l’autotutela appare essere stata esercitata entro un termine ragionevole, tenuto conto dell’epoca in cui è stato scoperto il vizio e dell’iter resosi necessario per accertare se non fossero venute meno, nelle more, le ragioni di tutela dell’area.

3. È infondato anche il secondo motivo.

Dalla documentazione prodotta risulta la presenza sull’area, già all’atto dell’apposizione del vincolo, di una serie di iniziative edificatorie, per contrastare le quali, il Ministero dei Beni e delle Attività culturali, anche su impulso del proprietario della villa (cfr. nota del Ministero dell’Istruzione prot. 5028 del 14.5.1974), ha avviato e concluso il procedimento per l’apposizione del vincolo indiretto sull’area.

Difatti, con il D.M. 24.11.1974, è stata prescritta l’inedificabilità “sulle zone libere” dell’area di cui al fg. 5, mappali 37, 38, 39 e 229 in quanto “il complesso forma nel suo insieme un contesto di eccezionale bellezza e potrebbe ricevere grave danno qualora sorgessero nove costruzioni sulle aree vicine che disturberebbero la prospettiva e la luce e turberebbero le condizioni di ambiente e di decoro del citato complesso monumentale”.

Successivamente, nonostante l’apposizione del vincolo, l’area ha subito ulteriori interventi di urbanizzazione che hanno, in parte, modificato lo stato dei luoghi, ponendo, tra la villa e l’area oggetto del piano di lottizzazione, una cortina di quattro edifici e un filare di alberi.

Tuttavia questo mutato stato dei luoghi, ad avviso del Ministero, non ha determinato il venir meno delle esigenze di tutela e ciò in quanto: “il sopralluogo effettuato ha permesso di constatare - nel contesto delle aree che si collocano in prosecuzione di quelle più prossime al monumento e delle marcate delimitazioni che le sostengono – il mantenimento del carattere preminente dello spazio aperto, risultando libere da edificazioni aggiuntive, in presenza di requisiti essenziali per la fruizione e la percezione dei luoghi, qualità da ritenersi all’origine dell’attività di programmazione negoziata di cui trattasi.”.

Risulta dal carteggio prodotto in atti intervenuto tra la Soprintendenza ai Monumenti di Venezia e il Comune di Mira, da un lato, e il Ministero della Pubblica Istruzione dall’altro, che la tutela indiretta del bene culturale è stata perseguita non soltanto mediante la salvaguardia della visuale prospettica sulla villa, ma anche garantendo il decoro del contesto.

Nella nota del 14 maggio 1974 si legge, infatti, che il Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti aveva proposto di estendere il vincolo secondo i seguenti criteri: “a) divieto di costruzioni ai limiti meridionali del complesso palladiano nell’area compresa tra il cimitero ed alcune fitte costruzioni”, osservando, altresì, che “In alternativa alle previsioni del P.D.F. su detta area dovrebbero prevedersi sistemazioni a verde pubblico senza costruzioni e, solo in una fascia più arretrata rispetto alla villa, un’attrezzatura per impianti sportivi”.

Il vincolo, pertanto, già teneva conto dell’esistente edificazione e mirava ad evitare un’urbanizzazione più intensa dell’area, mediante la salvaguardia delle aree scoperte esistenti.

La successiva edificazione di alcune villette non è, pertanto, stata ritenuta sufficiente a far venir meno le originarie ragioni di tutela, residuando aree “aperte” non edificate, il cui mantenimento è stato ritenuto, non irragionevolmente, compatibile con le modalità di tutela originariamente predisposte.

Va richiamato, in proposito, il costante orientamento secondo cui, in materia di tutela dei beni paesaggistici e culturali, l'avvenuta edificazione di un'area o le sue condizioni di degrado non costituiscono ragione sufficiente per recedere dall'intento di proteggere i valori estetici o paesaggistici ad essa legati, poiché l'imposizione del vincolo costituisce il presupposto per l'adozione delle cautele e delle opere necessarie alla conservazione del bene e per la cessazione degli usi incompatibili con la conservazione dell'integrità dello stesso (cfr. Consiglio di Stato, VI, 11.6.2012, n. 3401;
Consiglio di Stato, VI, 15.6.2011, n. 3644).

Né sufficiente a preservare le ragioni di tutela può ritenersi la realizzazione del filare di alberi sul margine sud della villa, atteso che, come si è detto, non è solo la visione prospettica da e verso la villa ad essere oggetto di tutela, ma il decoro e, più in generale, le condizioni ambientali in cui il monumento si trova.

Neppure risulta provato il vizio di eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione, atteso che il provvedimento dà conto di un sopralluogo intervenuto sull’area ed illustra gli usi di interesse pubblico alternativi all’edificazione che, in base all’istruttoria svoltasi in occasione dell’apposizione del vincolo, appaiono compatibili con le ragioni di tutela indiretta del monumento.

4. È pure infondato il terzo motivo. Né il provvedimento finale, né la comunicazione ex art. 10-bis L. 241/90 avrebbero dovuto essere comunicati alla ricorrente, atteso che il procedimento ex art. 128 D.Lgs. 42/2004 è stato avviato dal Comune di Mira e non dalla ricorrente, la quale, comunque, ha partecipato al procedimento depositando due memorie. Non sussiste, pertanto, né la violazione dei parametri normativi richiamati, né delle esigenze difensive sottese agli istituti ivi disciplinati.

5. Il ricorso, pertanto, è infondato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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