TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2022-06-16, n. 202208042
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Pubblicato il 16/06/2022
N. 08042/2022 REG.PROV.COLL.
N. 02132/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2132 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in -OMISSIS-, via Principessa Clotilde n. 2;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in -OMISSIS-, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
della delibera del Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria, -OMISSIS-, notificata al ricorrente a mezzo PEC il 20 febbraio 2020 con cui è stata disposta la sospensione facoltativa dell'incarico conferito al ricorrente di giudice tributario e del relativo compenso fisso;
- della delibera del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria-OMISSIS-con cui è stato avviato il procedimento di sospensione facoltativa dall'esercizio delle funzioni di giudice tributario del ricorrente;
- del provvedimento del Presidente della Commissione Tributaria Regionale -OMISSIS-con cui è stata chiesta l'attivazione del procedimento disciplinare e la sospensiva facoltativa dell'esercizio delle funzioni di Vice Presidente di Sezione;
- della nota -OMISSIS-. della Presidenza del Consiglio dei Ministri con cui è stata chiesta l'attivazione del procedimento disciplinare e la sospensiva facoltativa dell'esercizio delle funzioni di Vice Presidente di Sezione del ricorrente;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da -OMISSIS-
della delibera del Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria, -OMISSIS-, notificata al ricorrente il 9 agosto 2021 con cui il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria ha dichiarato “la responsabilità disciplinare del dott. -OMISSIS-…, per i fatti contestati nel presente procedimento disciplinare, e per l'effetto, infligge al medesimo la sanzione disciplinare della sospensione dalle funzioni di giudice tributario per il periodo di due anni”;
- della delibera del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria -OMISSIS-con cui è stato aperto il procedimento disciplinare con la contestazione ex art.16, comma 3, del d.lgs. n. 545/1992, della violazione di cui all'art. 15 stessa normativa, come modificato dall'art. 11 del d.lgs. n. 156 201…, “per avere posto in essere , al di fuori dell'esercizio delle funzioni di giudice tributario, comportamenti non conformai doveri o alla dignità del proprio ufficio, compromettendo, di conseguenza, il prestigio della giurisdizione tributaria e nello specifico, per i comportamenti così come riportati nella imputazione presente nel decreto che aveva disposto il giudizio nei suoi confronti (più altri) emesso dal G.U.P. in data 27 giugno 2017 nell'ambito del -OMISSIS-”;
- del provvedimento del Presidente della Commissione Tributaria Regionale -OMISSIS-con cui è stata chiesta l'attivazione del procedimento disciplinare e la sospensiva facoltativa dell'esercizio delle funzioni di Vice Presidente di Sezione della CTP di-OMISSIS-;
- della nota -OMISSIS-della Presidenza del Consiglio dei Ministri con cui è stata chiesta l'attivazione del procedimento disciplinare e la sospensiva facoltativa dell'esercizio delle funzioni di Vice Presidente di Sezione della CTP di-OMISSIS-;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 marzo 2022 il dott. G V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Con l’atto introduttivo del giudizio il ricorrente – premesso di aver esercitato la funzione di Avvocato dello Stato fino al collocamento in quiescenza in data 1.10.2018 e di ricoprire attualmente l’incarico di Vice Presidente di Sezione della Commissione Tributaria Provinciale -OMISSIS-– ha chiesto l’annullamento della delibera-OMISSIS-del Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria, con la quale è stata disposta, nei suoi confronti, la sospensione provvisoria dall’incarico di giudice tributario e dal relativo compenso fisso, nonché delle presupposte delibere in epigrafe indicate con le quali è stato avviato il procedimento di sospensione facoltativa e con cui è stata chiesta l’attivazione del procedimento disciplinare a suo carico.
Il ricorrente ha esposto in fatto:
- che, con decreto ex art. 429 c.p.p. emesso in data 27.6.2017, il G.U.P. -OMISSIS-ha disposto il suo rinvio a giudizio per rispondere del reato di falso ideologico in concorso ex artt. 110, 483 c.p. (in relazione all’art. 47 D.P.R. 445/2000), sul presupposto che l’istante avrebbe attestato la falsa circostanza dell’essere collaboratore del senatore -OMISSIS- in occasione di un accesso al carcere di -OMISSIS-;
- che in conseguenza di ciò il Consiglio di Presidenza, dopo aver affermato di avere “appreso la notizia da organi di stampa” e dopo aver svolto alcune attività istruttorie, su impulso del Presidente della Commissione Tributaria Regionale (-OMISSIS-), acquisita la richiesta di attivazione della procedura da parte delle Presidenza del Consiglio dei Ministri, con delibera -OMISSIS- ha avviato nei confronti dell’istante il procedimento disciplinare, contestandogli la violazione dell’art. 15 del d. lgs. n. 545/1992 “ per aver posto in essere, al di fuori delle funzioni di Giudice tributario, comportamenti non conformi ai doveri o alla dignità del proprio ufficio, compromettendo, di conseguenza, il prestigio della giurisdizione tributaria ” per i comportamenti così come riportati nell’imputazione presente nel decreto che dispone il giudizio nei suoi confronti emesso dal GUP in data 27.6.2017, che si intende qui integralmente riportata;in pari data, inoltre -OMISSIS-, disponeva l’avvio del procedimento di sospensione facoltativa, convocandolo per la seduta dell’11.2.2020 h. 12;
- che nell’ambito del procedimento disciplinare l’interessato depositava nei termini memoria difensiva, ad essa allegando pertinente documentazione e chiedendo l’archiviazione dei procedimenti;
- che in data 10 febbraio 2020 trasmetteva al Consiglio di Presidenza un certificato medico dell’8 febbraio 2020 debitamente sottoscritto, attestante lo stato febbrile in cui versava e, nel confermare di voler essere udito personalmente, chiedeva il rinvio della seduta;
- che il Consiglio di Presidenza, disattesa la richiesta di rinvio, ha adottato la prefata impugnata deliberazione -OMISSIS-, con la quale è stata disposta la misura cautelare della sospensione provvisoria dell’incolpato ai sensi dell’art. 13 del “ Regolamento per il procedimento disciplinare nei confronti dei componenti delle commissioni tributarie regionali e provinciali ” approvato con delibera del C.P.G.T. del-OMISSIS-
Avverso tale provvedimento cautelare, nonché gli atti ad esso presupposti sopra richiamati, ha quindi proposto ricorso l’interessato, articolando i seguenti motivi di diritto:
I)- “ Violazione dell’art. 13 del Regolamento per il procedimento disciplinare approvato con delibera-OMISSIS-Eccesso di potere per difetto di istruttoria e omesso esame della documentazione acquisita ”. Deduce il ricorrente l’insussistenza dei presupposti del provvedimento cautelare di sospensione adottato poichè:
- quanto al fumus boni iuris , l’imputazione penale e, conseguentemente, l’incolpazione sono infondate in quanto vi era un autentico rapporto di collaborazione tra l’odierno istante e il sen. -OMISSIS-, cui il ricorrente aveva fatto riferimento nell’attestazione rilasciata al momento dell’accesso al carcere di -OMISSIS-, pertanto la dichiarazione resa in occasione di tale ingresso era veritiera;
- l’insussistenza del periculum in mora , perché la notizia del rinvio a giudizio dell’incolpato sarebbe stata fornita da “giornali di certo non particolarmente diffusi che non hanno avuto, comunque, significativa ricaduta sull’opinione pubblica”, tanto è vero che gli organi territorialmente competenti non si erano autonomamente attivati.
II)- “ Violazione degli artt. 1 L. 241/1990 e 9, c. 3 del Regolamento per il procedimento disciplinare approvato con delibera 24 novembre 2015 -OMISSIS- ”.
Deduce la violazione delle regole poste a tutela del contraddittorio, perché le notizie di giornale su cui si è fondata l’attivazione del procedimento disciplinare e la sospensione provvisoria del ricorrente dall’esercizio delle funzioni di giudice tributario non sono state rese conoscibili all’interessato, non essendo presenti nel fascicolo, cui l’interessato ha avuto accesso;
III)- “ Violazione dell’art. 13, c. 1, del Regolamento per il procedimento disciplinare approvato con delibera 24 novembre 2015 -OMISSIS- ”.
Lamenta anche la violazione delle regole poste a tutela del contraddittorio sotto un profilo connesso ma distinto, ossia il mancato svolgimento dell’audizione, di cui l’interessato aveva chiesto il rinvio inoltrando un certificato medico, richiesta tuttavia respinta dal Consiglio di Presidenza.
2.- Con -OMISSIS-è stata rigettata l’istanza di misure monocratiche cautelari ex art. 56 CPA e sono stati disposti incombenti istruttori volti ad “acquisire dalla resistente Amministrazione documentati chiarimenti, in ordine alla fattispecie in esame, alla luce delle censure proposte.
Si sono costituiti in giudizio il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, che hanno chiesto il rigetto del ricorso, in quanto infondato.
3.- Con ordinanza pubblicata il 9.4.2020, il Collegio ha preso atto della rinuncia all’istanza cautelare, riservando la fissazione del merito a seguito di apposita istanza.
4.- Con memoria depositata il 4.5.2021, con riferimento agli allegati depositati il 23.4.2022, il ricorrente ha ribadito quanto sostenuto nella propria memoria di osservazioni al CPGT, e cioè che si dovesse ritenere documentato il rapporto di collaborazione intercorso con il Senatore in questione risalirebbe al 1993 (al riguardo adduce Decreto dell’Assessore alla Sanità della Regione con cui il Senatore gli conferiva formalmente un incarico di consulenza, asseritamente prorogato de facto anche nei decenni successivi solo perché il ricorrente aveva rinunciato al compenso per l’attività professionale svolta;rinuncia anch’essa non formalizzata;inoltre fa valere a suo favore le informazioni rese al difensore del ricorrente da una dirigente della Regione, la quale rappresentava di essere a conoscenza che tale rapporto informale di collaborazione continuava fino al 2017, nonché un’analoga dichiarazione del -OMISSIS-, di cui non viene precisata qualifica o posizione) e che, conseguentemente, l’incolpazione disciplinare si fondasse su addebiti privi di alcun riscontro probatorio;inoltre ha altresì evidenziato che con sentenza -OMISSIS-, divenuta definitiva il 16.10.2020, il Tribunale -OMISSIS-ha dichiarato il non doversi procedere nei confronti dell’odierno istante per intervenuta estinzione del reato per prescrizione;ha infine eccepito che gli incombenti istruttori disposti con Decreto Presidenziale-OMISSIS-erano rimasti inottemperati, invocando pertanto l’applicazione a suo favore del principio di non contestazione.
L’istante ha rappresentato, pertanto, di aver formulato istanza al Consiglio di Presidenza onde ottenere, ex art.23 D. Lgs 23.2.2006 n. 109, la reintegra “ a tutti gli effetti nella situazione giuridica anteriore ”.
5.- Con ordinanza istruttoria pubblicata il 16.07.2021, il Collegio, richiamando il DP sopra riportato, che era rimasto inottemperato nella parte relativa agli incombenti istruttori, ha disposto che “ è opportuno reiterare l’ordine istruttorio nella parte non eseguita, disponendo che l’Amministrazione intimata completi i documentati chiarimenti di cui al DP -OMISSIS-con particolare riguardo alle notizie di stampa in forza delle quali è allegato essere stato disposto l’avvio del procedimento (essendo irrilevante la circostanza, dedotta dall’Avvocatura, che si tratti di materiale non formato da P.A., posto che esso, in quanto risulta utilizzato a base di apprezzamenti sia pure discrezionali, è comunque confluito nel procedimento ”.
In data 23.9.2021 l’Amministrazione ha depositato articoli di stampa locale (Repubblica.it, -OMISSIS-) e di blog (-OMISSIS-).
6.- Con atto di motivi aggiunti, notificato e depositato in giudizio il 2.11.2021, il ricorrente, riepilogate le vicende relative al procedimento cautelare, conclusosi con il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo, illustra gli sviluppi del procedimento disciplinare.
Al riguardo espone che il Consiglio di Presidenza, dopo averne disposto la sospensione per pregiudiziale penale, ai sensi dell’art. 11 c. 5 lett. a) del Regolamento disciplinare, con delibera -OMISSIS-, lo ha riavviato, a seguito della conclusione del procedimento penale con sentenza del Tribunale -OMISSIS-del 15.7.2020, che ha dichiarato il non luogo a procedere per prescrizione nei confronti del ricorrente, con delibera del 23.3.2021.
Quanto alla completezza e rapidità dell’azione amministrativa, il ricorrente nella parte in fatto rappresenta la mancata trattazione delle istanze di reintegra dallo stesso presentate in data 5.10.2020 ed in data 3.11.2020, volta a far valere il suo diritto soggettivo perfetto alla reitegra a tutti gli effetti nella situazione giuridica anteriore ex art. 23 Dlgs 109/2006;l’aggravio del procedimento, data l’inutile richiesta di notizie al Tribunale -OMISSIS-formulata dal Consiglio di Presidenza, nonostante tale sentenza fosse divenuta irrevocabile in data 16.10.2020.
Il procedimento disciplinare s’è poi concluso con l’impugnata delibera del Consiglio di Presidenza -OMISSIS-, con la quale è stata dichiarata “ la responsabilità disciplinare (…) per i fatti contestati nel presente procedimento disciplinare e, per l’effetto, infligge al medesimo la sanzione disciplinare della sospensione dalle funzioni di giudice tributario per il periodo di due anni ”.
A fondamento del gravame ha dedotto i seguenti motivi:
I)- “ Violazione del principio di immutabilità dell’incolpazione e del diritto di difesa dell’incolpato ”;
II)- “ Violazione dell’art. 9, ult. c., delibera c.p.g.t. -OMISSIS-) ”;
III)- “ Violazione degli artt. 129, 2° c., e 530, 2° c., 533 c.p.p.;eccesso di potere per difetto di istruttoria e omesso esame della documentazione acquisita ”.
7.- Il ricorrente in data 20.12.2021 ha depositato le relative delibere del CPGT.
Le parti hanno depositato memorie di replica in vista della discussione (la resistente in data 5.11.2021 ed il ricorrente in data 15.2.2022) e, all’udienza pubblica del 18 marzo 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.- Preliminarmente, deve essere dichiara l’improcedibilità del ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse.
Infatti, l’impugnato provvedimento cautelare di sospensione provvisoria dalle funzioni, adottato ai sensi dell’art. 13 del menzionato Regolamento per il procedimento disciplinare nei confronti dei giudici tributari, è stato successivamente revocato con la delibera del CPGT -OMISSIS-e, soprattutto, è rimasto assorbito dalla medesima delibera -OMISSIS-- qui gravata con motivi aggiunti – che, a definizione del procedimento disciplinare, ha irrogato a carico dell’odierno ricorrente, dichiarato responsabile per i fatti contestati, la sanzione della sospensione dalle funzioni di giudice tributario per il periodo di due anni.
È, dunque, evidente che l’interesse all’annullamento del provvedimento cautelare di sospensione originariamente impugnato si sia “trasferito” all’annullamento del provvedimento disciplinare definitivo, nel quale la misura cautelare della sospensione provvisoria è rimasta integralmente assorbita.
Per completezza, comunque, il Collegio ritiene opportuno precisare che le doglianze dedotte sarebbero state disattese.
Per quanto riguarda l’omessa inclusione degli articoli di stampa nel fascicolo del procedimento, va condiviso il rilievo dell’Amministrazione che tale adempimento non era necessario, trattandosi di fatti materiali individuati ed identificabili, comunque acquisibili.
Per quanto riguarda il mancato rinvio dell’audizione, ugualmente, la posizione della resistente risulta giustificata dal fatto che la relativa richiesta non si fondava sulla documentazione prescritta (certificato redatto da medico operante presso una struttura sanitaria pubblica) necessaria a far fede dello stato di malattia.
2.- Tanto premesso e passando allo scrutinio dei motivi aggiunti, il Collegio osserva quanto segue.
Il ricorrente, nella sua qualità di giudice tributario, è stato sottoposto a procedimento disciplinare da parte del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria con la seguente incolpazione: “ avere posto in essere, al di fuori dell'esercizio delle funzioni di giudice tributario, comportamenti non conformi ai doveri o alla dignità del proprio ufficio, compromettendo, di conseguenza, il prestigio della giurisdizione tributaria;e nello specifico per i comportamenti così come riportati nella imputazione presente nel decreto che dispone il giudizio nei confronti dell'avv. -OMISSIS- (più altri), emesso dai G.U.P. in data 27 giugno 2017 nell'ambito del p.p. -OMISSIS-e che di seguito si trascrive per il reato di cui artt. 110, 479 in riferimento all’art. 476 c.c. perché agendo in concorso tra loro:
per il reato di cui agli artt. 110, 483 c.p. (in riferimento all’art. 47 DPR 445/2000), perché, dopo essersi presentato presso la Casa Circondariale -OMISSIS--OMISSIS- per accedere all’interno dell’istituto il -OMISSIS-previ accordi con il -OMISSIS- ( all’epoca Senatore della Repubblica ) compilava e sottoscriveva il modello predisposto dall’Istituto Penitenziario e lo consegnava ai fini dell’accesso in carcere ai pubblici ufficiali addetti al controllo, dichiarando di accompagnare nella visita all’Istituto l’On. -OMISSIS- -OMISSIS-in virtù di in rapporto di collaborazione professionale stabile e continuativo con lo stesso consistente in consulenza parlamentare, circostanza falsa della quale attestava la verità, in -OMISSIS- del 30.11.2001 ”.
L’Amministrazione resistente, sulla scorta dell’articolo 15 del d. lgs. n. 545/1992 che prevede la sottoposizione a procedimento disciplinare dei componenti delle commissioni tributarie per comportamenti non conformi ai doveri e alla dignità del proprio ufficio, ha ritenuto che il comportamento del ricorrente, di cui al capo di imputazione, si ponga in contrasto con la dignità dell’ufficio, in quanto lesiva del prestigio della giurisdizione tributaria.
Più in particolare, deve osservarsi che il fatto di reato contestato al ricorrente si inserisce nella più ampia vicenda penale nell’ambito della quale sono stati rinviati a giudizio 28 imputati, tra i quali l’odierno istante, per avere - secondo la prospettazione accusatoria - dichiarato falsamente, nei modelli predisposti dai pubblici ufficiali addetti al controllo dell’accesso nell’istituto penitenziario (quindi atti pubblici), di essere collaboratori del parlamentare con il quale si accompagnavano, parlamentare che faceva ingresso nell’istituto invocando l’art. 67 dell’Ordinamento Penitenziario, che appunto consente le visite in carcere, senza autorizzazione, da parte dei soggetti enumerati dalla norma (tra i quali i parlamentari e le persone che li accompagnano “per ragioni del loro ufficio”).
La tesi della Procura è che vi sarebbe stato un uso strumentale del menzionato art. 67, atteso che i parlamentari e i loro accompagnatori facevano ingresso in carcere non certo per verificare effettivamente lo stato e le condizioni della popolazione carceraria (essendo questa la ratio della norma), ma al precipuo e diverso fine di incontrare alcuni particolari detenuti di elevata caratura criminale onde creare canali di comunicazione verso l’esterno.
Nelle more dell’odierno giudizio è intervenuta la predetta sentenza -OMISSIS-del Tribunale penale di -OMISSIS-, divenuta definitiva, che, in relazione all’odierno ricorrente, ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta estinzione per prescrizione del reato ascrittogli.
Alla luce dei suddetti rilievi, il Consiglio di Presidenza ha adottato la prefata delibera, qui impugnata con atto di motivi aggiunti, ponendo a fondamento della sanzione disciplinare irrogata le seguenti ragioni:
- le argomentazioni difensive dell’istante, tutte volte a dimostrare la veridicità dell’attività di collaborazione con il parlamentare della Repubblica e, quindi, ad escludere la sussistenza del reato di falso ideologico ascrittogli, non introducono circostanze in grado di escludere la sua responsabilità disciplinare;
- la sentenza emessa dal Tribunale -OMISSIS-“ riveste la natura di vera e propria sentenza di condanna emessa a seguito di regolare dibattimento penale ”, atteso che, se avesse voluto, l’istante avrebbe potuto interporre appello per chiedere l’assoluzione nel merito, non accettando un proscioglimento per intervenuta prescrizione;
- l’organo giudicante ha scrutinato l’intero compendio istruttorio raccolto nel contraddittorio delle parti, concludendo per la natura fittizia del rapporto di collaborazione del ricorrente con il parlamentare italiano;
- sebbene l’istante si sia reso protagonista di un’unica visita in carcere, tuttavia la sanzione prescelta è proporzionata all’estrema gravità della condotta complessiva da egli tenuta, avendo sfruttato la veste di falso collaboratore del parlamentare per fare ingresso nell’istituto al fine di fare visita al detenuto -OMISSIS-, un tempo Presidente della Provincia -OMISSIS-e condannato per favoreggiamento personale con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, e aver “ impedito alla direzione penitenziaria di controllare i contenuti della conversazione intercorsa con il detenuto, non potendo escludere che si sia reso strumento di portatore al detenuto e nel contempo trasmettitore all’esterno, di informazioni anche di natura illecita ”;
- “ per le modalità poste in essere da soggetto, che rappresentava in quel momento un giudice della Repubblica e un avvocato dello Stato, essersi prestato a fare, per così dire il postino di un detenuto pericoloso per la sua caratura criminale, la sospensione dalle funzioni di giudice tributario per due anni appare proporzionata all’elevata gravità della condotta posta in essere ”.
3.- Ciò posto, i tre motivi del ricorso per motivi aggiunti (rubricati I. “ Violazione del principio di immutabilità dell’incolpazione e del diritto di difesa dell’incolpato ”;II. “ Violazione dell’art. 9, ult. c., delibera c.p.g.t. -OMISSIS-) ”;III. “ Violazione degli artt. 129, 2° c., e 530, 2° c., 533 c.p.p.;eccesso di potere per difetto di istruttoria e omesso esame della documentazione acquisita) vanno esaminati congiuntamente perché strettamente connessi.
3.1- Il ricorrente lamenta, anzitutto, la violazione del principio di immutabilità dell’incolpazione e del diritto di difesa dell’incolpato, in quanto l’Amministrazione resistente avrebbe “ abbandonato qualsiasi riferimento alla imputazione penale, concernente, come detto, un asserito reato di falso ”, per punire fatti ben diversi e mai contestati nel procedimento disciplinare.
Con il secondo motivo, inoltre, deduce che il Consiglio di Presidenza, ravvisati tali fatti nuovi o diversi da quelli originariamente addebitati all’istanti, avrebbe dovuto trasmettere gli atti ai titolari dell’azione disciplinare e non invece pronunciarsi sul merito di essere, in ossequio all’art. 9 ul. co. del citato Regolamento.
Le censura non sono suscettibili di positiva valutazione.
Invero, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, non appare configurabile alcuna “ mutatio libelli ”, con conseguente lesione del diritto di difesa e violazione delle norme del regolamento disciplinare che esigevano, in tali casi, il riavvio dell’iter con formulazione di nuove incolpazioni, in quanto il fatto storico contestato è rimasto sempre immutato e non sono stati ascritti all’incolpato nuovi o diversi fatti.
Ciò si può agevolmente evincere confrontando il testo dell’atto di avvio del procedimento disciplinare e del provvedimento conclusivo dello stesso, il fatto addebitato è stato compiutamente individuato, descritto nella sua consistenza e inquadrato nella sua qualificazione giuridica mediante il rinvio al decreto che dispone il giudizio;ed è rimasto, sotto tale profilo “fattuale” immutato. Legittimamente l’Amministrazione, in sede disciplinare, ha valutato autonomamente il disvalore della medesima condotta, sotto il profilo disciplinare, per stabilirne la rispondenza ad un modello astratto di comportamento esigibile da un componente dell’autorità giudiziaria tributaria, che costituisce il proprium del giudizio disciplinare.
Non può pertanto essere condivisa la tesi dell’istante ove sembra voler sostenere che l’Amministrazione avrebbe dovuto prendere in considerazione, in modo isolato, il reato ascritto di falso ideologico, senza poter compiere alcuna valutazione ulteriore.
A ben vedere, invece, considerata la pacifica autonomia e indipendenza che intercorre tra il procedimento penale e il procedimento disciplinare nonché la diversità dei piani di valutazione, che attengono ad esigenze e finalità differenti, l’organo di autogoverno ha operato un’autonoma e discrezionale ponderazione dei fatti addebitati all’incolpato, valorizzando circostanze che, anche se irrilevanti sul piano penalistico, ben possono assumere rilievo sul piano disciplinare in quanto concretizzanti condotte lesive del prestigio della magistratura tributaria.
In quest’ottica, non appare irragionevole o illogica la motivazione dell’Amministrazione laddove ha attribuito rilevanza sintomatica sia al decreto del GUP che ha disposto il giudizio – quindi ad un primo vaglio giurisdizionale consistente in una prognosi positiva sulla possibilità di successo dell’accusa nella fase dibattimentale - sia alla sentenza (non di assoluzione nel merito bensì) di proscioglimento per intervenuta estinzione del reato per prescrizione.
Infatti, sebbene il Consiglio di Presidenza abbia impropriamente equiparato la sentenza di proscioglimento per prescrizione ad una sentenza di condanna – come prontamente eccepito dal ricorrente nel terzo motivo -, nondimeno appare esente da censure la motivazione del provvedimento laddove si evidenzia che il giudice penale, in relazione alla posizione dell’odierno ricorrente, ha dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione ex art. 531 c.p.p., mentre, rispetto ad altri imputati, anch’essi collaboratori di parlamentari, ha pronunciato l’assoluzione nel merito per essere stata provata la loro estraneità ai fatti.
Si tratta di una circostanza che è stata logicamente valorizzata, tenuto conto che, a norma dell’art. 531 c.p.p., l’estinzione del reato non può essere dichiarata quando risulti evidente una causa di assoluzione nel merito in applicazione del principio della prevalenza del favor innocentiae sul favor rei .
Pertanto, il fatto che taluno dei predetti 28 imputati, nonostante l’intervenuta prescrizione del reato anche nei loro confronti, sia stato assolto con formula assolutoria piena “perché il fatto non sussiste”, mentre rispetto alla posizione del ricorrente (insieme a quella di altri) il giudice penale abbia statuito che “ non sussistono elementi positivi per affermare l’estraneità degli imputati (…) per quanto contestatogli ”, assume un’indubbia valenza sintomatica in ordine alla plausibile fondatezza dell’ipotesa accusatoria sopra descritta. Tanto più che la sentenza è stata pronunciata all’esito del dibattimento penale in cui l’intero compendio istruttorio è stato raccolto nel contraddittorio delle parti, sicchè tutte le prove addotte dalla difesa, a dimostrazione della asserita veridicità della dichiarazione con la quale si attestava la sussistenza del rapporto di collaborazione con il parlamentare, evidentemente non sono state ritenute sufficientemente persuasive.
3.2- Invero, l’argomentazione difensiva del ricorrente riposa essenzialmente sulla circostanza della dedotta esistenza di un rapporto di collaborazione tra l’incolpato e il senatore -OMISSIS- sorto sin dal 1993 e protrattosi con continuità nel tempo, il che varrebbe a dimostrare, in tesi, la veridicità dell’attività di collaborazione con il parlamentare della Repubblica e, quindi, ad escludere la sussistenza del reato di falso ideologico ascrittogli.
L’assunto difensivo non è stato ritenuto convincente né dal giudice penale né, soprattutto e per quanto qui rileva, dal Consiglio di Presidenza in sede disciplinare, e tale convincimento non risulta inficiato da difetto di istruttoria o travisamento né da irragionevolezza.
Già nella propria memoria di osservazioni al CPGT il ricorrente aveva sostenuto che si dovesse ritenere documentato che il rapporto di collaborazione intercorso con il Senatore in questione risalirebbe al 1993 e sarebbe stato prorogato ed ancora in corso alla data dei fatti addebitati, sicché l’incolpazione disciplinare si fonderebbe su addebiti privi di alcun riscontro probatorio. Al riguardo aveva allegato un Decreto dell’Assessore alla Sanità della Regione adottato dal Senatore in parola, che all’epoca rivestiva tale carica, con cui veniva conferito formalmente al ricorrente un incarico di consulenza, asseritamente prorogato solo de facto nei decenni successivi in quanto il ricorrente aveva rinunciato al compenso per l’attività professionale svolta. Inoltre fa valere a suo favore le informazioni rese al difensore del ricorrente da una dirigente della Regione, la quale rappresentava di essere a conoscenza che tale rapporto informale di collaborazione continuava fino al 2017, nonché un’analoga dichiarazione del -OMISSIS- (di cui non viene precisata qualifica o posizione).
Il Collegio osserva che il decreto di conferimento dell’incarico nel lontano 1993 per un periodo di tempo limitato non consente di ritenere il rapporto di collaborazione con esso instaurato in corso anche nei decenni successivi;l’organizzazione amministrativa è improntata al principio di formalità degli atti con cui vengono conferite le funzioni, attribuite le competenze e definite le posizioni di soggetti operanti nell’ambito della struttura, anche con funzioni di consulenza;e ciò a prescindere dalla rinuncia al compenso, che, a sua volta, va anch’essa formalizzata e di essa va dato atto nell’eventuale decreto di proroga dell’incarico a titolo gratuito (anche in considerazione delle conseguenze economiche del conferimento dell’incarico);peraltro, di tale rinuncia non vi è traccia nella documentazione depositata.
La rilevanza sul piano probatorio attribuita dal ricorrente alle dichiarazioni rese al suo difensore è diversificata a seconda che si debba raggiungere quel grado di certezza “oltre ogni ragionevole dubbio” necessaria per l’irrogazione di sanzioni penali, oppure che lo stesso fatto debba essere valutato al differente fine di tutelare l’immagine e la credibilità di un’Istituzione pubblica. In tale prospettiva funzionale, infatti, ciò che rileva non è la gravità del fatto in sé considerato, bensì il suo riflesso sulla percezione che la Collettività si forma sull’affidabilità dell’Autorità di cui il soggetto è componente (quindi il disvalore del fatto è considerato non in “assoluto”, bensì in “relazione” alle conseguenze sul piano funzionale e dell’immagine dell’Istituzione di appartenenza), che può persistere anche a distanza del tempo dalla commissione del fatto (come nel caso in esame, vista la risonanza mediatica nel 2016 e 2017 dei fatti del 2011, attestata dagli articoli non solo di stampa locale, ma anche di testate di rilevanza nazionale, depositati in giudizio dall’Amministrazione il 23.9.2021). Si ribadisce, infatti, che la valutazione dei fatti operata in sede di giudizio disciplinare è diversa rispetto a quella effettuata in sede penale, per la distinta natura e funzione dei processi e per la differenza dei beni giuridici tutelati, che giustifica la prospettiva funzionale adottata dall’Amministrazione, che, in un’ottica di tutela avanzata, ha tenuto legittimamente conto anche dell’interpretazione “strumentale” prospettata in sede penale.
Del resto, come correttamente osservato dalla difesa erariale, l’esistenza di un rapporto di collaborazione relativamente a una funzione non implica, per ciò solo, l’esistenza di un valido titolo giuridico per affermare l’esistenza di un rapporto di collaborazione relativamente ad un’altra funzione. La previsione del secondo comma del menzionato art. 67 dell’ord. pen., laddove prevede che “ l'autorizzazione non occorre nemmeno per coloro che accompagnano le persone di cui al comma precedente per ragioni del loro ufficio ” va, infatti, interpretato in modo restrittivo, considerato che le visite senza autorizzazione presso gli istituti penitenziari costituiscono, per intuibili ragioni di sicurezza e di tutela dell’ordine pubblico, una deroga alla regola generale che impone la previa autorizzazione.
Ne consegue, pertanto, che l’istante avrebbe dovuto dimostrare l’esistenza non già di un generico rapporto di collaborazione sorto nel tempo con il parlamentare, ma di un preciso e specifico rapporto instaurato a tali fini, prova evidentemente non raggiunta in sede penale e disciplinare.
Né tale considerazione, addotta dall’Avvocatura di Stato nella memoria difensiva, può qualificarsi come integrazione postuma della motivazione del provvedimento disciplinare, come lamenta il ricorrente. Si tratta, infatti, non già di un nuovo motivo posto a fondamento dell’atto impugnato, bensì di una mera specificazione dell’impianto motivazionale a sostegno del provvedimento disciplinare adottato.
3.3- L’organo di autogoverno, in ultima analisi, nell’esercizio del suo ampio potere discrezionale - sindacabile in questa sede con esclusivo riferimento alle figure sintomatiche dell'eccesso di potere che denotano una manifesta illogicità o irragionevolezza dell'atto punitivo pena una inammissibile invasione della sfera del merito – ha valutato globalmente tutte le circostanze del caso concreto, ivi compresa la gravità della vicenda penale che ha coinvolto 28 imputati rinviati a giudizio, la caratura criminale del detenuto al quale l’incolpato e il parlamentare erano andati a fare visita (circostanza non contestata) nonché il rilievo che l’odierno ricorrente sia stato soltanto prosciolto per prescrizione e non assolto nel merito, a differenza di altri.
All’esito di tale ponderato giudizio, il Consiglio di Presidenza ha ritenuto punibile, sul piano disciplinare, la condotta posta in essere dal ricorrente, in quanto lesiva dell’immagine e della credibilità della giustizia tributaria. Per l’effetto, ha quindi emanato il provvedimento disciplinare qui impugnato che, per tutte le considerazioni sinora esposte, appare adeguatamente motivato e immune dai vizi lamentati.
3.4- Quanto all’entità della sanzione comminata, valga osservare che il ricorrente si è limitato a dedurre che “ è assolutamente illegittima la gravissima sanzione disciplinare (peraltro applicata nella misura massima), la quale quanto a gravità è preceduta soltanto dalla rimozione dell’incarico ”.
La doglianza si appalesa generica e, in ogni caso, va disattesa.
La valutazione sulla gravità dei fatti addebitati ai fini dell’applicazione della sanzione disciplinare è contrassegnata da elevata discrezionalità e, pertanto, è sindacabile in sede di legittimità solo nei limiti dell’eccesso di potere nelle sue forme sintomatiche, non riscontrabili nella fattispecie concreta anche perché la sanzione irrogata della sospensione dalle funzioni non è neanche la più grave prevista dal richiamato Regolamento.
3.5- In conclusione, il ricorso introduttivo è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse e l’atto di motivi aggiunti è infondato.
4.- La natura della controversia e la complessità delle questioni trattate giustificano la compensazione integrale delle spese di lite tra le parti.