TAR Bologna, sez. I, sentenza 2024-01-16, n. 202400042
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Testo completo
Pubblicato il 16/01/2024
N. 00042/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00787/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 787 del 2021, proposto da
F M, rappresentato e difeso dagli avvocati S F, F L e C C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
I.N.P.S. Direzione Provinciale Bologna, non costituito in giudizio;
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege in Bologna, via A. Testoni, 6;
Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato O M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
- del prospetto di liquidazione del trattamento di fine servizio elaborato dall’I.N.P.S., filiale di Trapani, (atto nr. 330610 del 25/05/2020) nella parte in cui non attribuisce allo stesso i sei scatti stipendiali ex art. 6 bis del d.l. 387 del 1987 e dell’art. 21 della legge n. 232 del 1990;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;
NONCHE’ PER L’ACCERTAMENTO
- del diritto del ricorrente ad ottenere il ricalcolo del trattamento di fine servizio con inclusione dei sei scatti stipendiali ex art. 6 bis del d.l. 387 del 1987 e dell’art. 21 della legge n. 232 del 1990, oltre interessi e rivalutazione sul dovuto sino all’effettivo soddisfo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2024 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’odierno ricorrente era Sovrintendente Capo della Polizia di Stato, sino al pensionamento, intervenuto in data 16 marzo 2020 a domanda, avendo lo stesso raggiunto 55 anni d’età e quarantadue anni di servizio.
Ritenendo che l’indennità di buonuscita spettantegli sia stata erroneamente calcolata senza computare i sei scatti stipendiali (ciascuno pari al 2,5 %) previsti dall’art. 6 bis del D.L. n. 387 del 1987 e dall’art. 21 della L. n. 232 del 1990, egli ha, dapprima segnalato tale errore. Quindi, constatato il silenzio dell’INPS sull’istanza di correzione, ha censurato la legittimità del prospetto di liquidazione così come elaborato dall’Istituto, deducendo proprio la violazione dell’art. 6 bis del d.l. n. 387 del 1987, come convertito nella legge 20 novembre 1987, n. 472 e dell’art. 21 della legge n. 232 del 1990.
Secondo il ricorrente, avendo lo stesso richiesto di essere collocato in quiescenza avendo raggiunto il cinquantacinquesimo anno d’età e quarantadue anni di contributi, sarebbe stato in possesso di tutti i requisiti richiesti per godere, ai fini del calcolo della liquidazione dell’indennità di buonuscita, di sei scatti, ciascuno del 2,50 per cento, da calcolarsi sull’ultimo stipendio. La legge 20 novembre 1987, n. 472, infatti, oltre ad aver ampliato la platea degli aventi diritto, estendendo l’applicazione della norma dai dirigenti militari al restante personale delle Forze Armate con la legge 20 novembre 1987, n. 472 e al personale appartenente alle qualifiche dirigenziali di ruolo del Ministero dell’interno, avrebbe anche previsto il riconoscimento del beneficio di legge anche a coloro che siano stati collocati in quiescenza a domanda, purché avessero raggiunto i cinquantacinque anni d’età e i trentacinque anni di contributi: ciò grazie alla previsione del secondo comma dell’art. 6 bis del D.L. 387 del 1987.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, chiedendo la propria estromissione per difetto di legittimazione passiva e comunque il rigetto del ricorso.
Anche l’INPS si è costituito in giudizio, sostenendo l’infondatezza di quanto dedotto in ricorso per due ordini di ragioni: in primo luogo la normativa sopravvenuta avrebbe abrogato la previsione del secondo comma dell’art. 6 bis la cui applicazione è invocata da parte ricorrente, limitando il beneficio dei sei scatti stipendiali solo al personale “cessato dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto”: ciò in ragione della sopravvenuta disciplina dettata dall’art. 4 del d.lgs. 165 del 1997.
Inoltre, la norma conterrebbe un termine perentorio per poter ottenere il beneficio di legge, in quanto prevede che “ la domanda di collocamento in quiescenza deve essere prodotta entro e non oltre il 30 giugno dell'anno nel quale sono maturate entrambe le predette anzianità ” e tale termine perentorio non sarebbe stato rispettato nel caso di specie.
In vista dell’udienza pubblica solo parte ricorrente ha depositato una memoria, nella quale si insiste per l’accoglimento del ricorso che, in effetti, merita positivo apprezzamento.
Preliminarmente deve essere accolta l’eccezione in rito volta ad ottenere l’estromissione dal giudizio del Ministero, in quanto, secondo una consolidata giurisprudenza ( ex multis , Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 22 febbraio 2019, n. 1231), l’unico soggetto obbligato a corrispondere il trattamento di fine rapporto è il competente Ente previdenziale, nei cui esclusivi confronti deve essere ritualmente instaurata la controversia. Dunque, come affermato nella sentenza del TRGA di Trento n. 114/2021, da cui non si ravvisa ragione di discostarsi, l’unico legittimato passivo è l’I.N.P.S. e non anche il Ministero, evocato in giudizio quale ex datore di lavoro del ricorrente.
Ciò chiarito, si può passare all’esame del merito della controversia, partendo dalla considerazione che la stessa difesa dell’INPS dà per presupposto che la disciplina applicabile nella fattispecie è quella di cui all’art. 6 bis del DPR 387 del 1987, ancor oggi in vigore, nella versione modificata dall’art. 21 della legge 232 del 1990, il quale così recita: “1 . Al personale della Polizia di Stato appartenente ai ruoli dei commissari, ispettori, sovrintendenti, assistenti e agenti, al personale appartenente ai corrispondenti ruoli professionali dei sanitari e del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica ed al personale delle forze di polizia con qualifiche equiparate, che cessa dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto, sono attribuiti ai fini del calcolo della base pensionabile e della liquidazione dell'indennità di buonuscita, e in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante, sei scatti ciascuno del 2,50 per cento da calcolarsi sull'ultimo stipendio ivi compresi la retribuzione individuale di anzianità e i benefìci stipendiali di cui agli articoli 30 e 44 della L. 10 ottobre 1986, n. 668, all'articolo 2, commi 5, 6 10 e all'articolo 3, commi 3 e 6 del presente decreto.