TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2018-06-20, n. 201806906

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2018-06-20, n. 201806906
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201806906
Data del deposito : 20 giugno 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/06/2018

N. 06906/2018 REG.PROV.COLL.

N. 07454/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7454 del 2016, proposto da:
Società Pfp Biofuels S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati F M, A B, F S, con domicilio eletto presso lo studio F S in Roma, Lungotevere delle Navi, 30;

contro

Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del decreto ministeriale n. 5046 del 25.02.2016 recante "criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue di cui all'art. 113 del d.lgs. n. 152/06 nonché per la produzione e l'utilizzazione agronomica del digestato di cui all'art. 52 co 2-bis del d.l.n. 83/12 convertito in L. n. 134/12", con particolare riguardo agli artt. 22, 24 e 29 ed all’Allegato IX.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Ministero dello Sviluppo Economico e di Ministero della Salute;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2018 la dott.ssa Maria Laura Maddalena e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe, la società ricorrente, impresa produttrice di biodiesel, impugna il decreto n. 5046 del 25 febbraio 2016, con particolare riferimento agli artt. 22, 24 e 29 e allegato IX, laddove esso, non inserendo la glicerina grezza in nessuna delle categorie di materiali individuate dall’art.22 (recante l’elenco dei materiali con cui può essere prodotto il digestato a destinazione agronomica), impedisce sostanzialmente alla ricorrente di vendere la glicerina (sottoprodotto del processo di produzione del biodiesel) alle imprese produttrici di biogas.

Infatti, l’art. 24 del DM impugnato prevede che per poter qualificare il digestato come sottoprodotto (e non come rifiuto) esso deve essere originato esclusivamente da materiali e sostanze di cui all’art. 22.

Rileva in primo luogo la ricorrente che la produzione di biodiesel genera come sottoprodotto la glicerina grezza in misura pari a circa il 15/20 % per biodiesel prodotto.

L’unico possibile impiego della glicerina grezza è l’alimentazione degli impianti di produzione di biogas, essendo per ogni altra forma di utilizzazione necessario un processo di raffinazione. Inoltre, il mercato dei cosmetici e della farmaceutica, cui è destinata la glicerina raffinata, sono pressoché saturi e non assorbirebbero comunque la produzione di glicerina grezza.

Sostiene inoltre la ricorrente che il mancato utilizzo della glicerina grezza nel processo di produzione del digestato comporterebbe anche un grave danno per l’ambiente, perché la glicerina grezza non potrebbe essere altrimenti venduta e dovrebbe essere smaltita come rifiuto presso gli impianti di trattamento.

In secondo luogo, la ricorrente ha menzionato la normativa europea e nazionale concernente la regolamentazione dei sottoprodotti e dei rifiuti e ha sottolineato che il decreto impugnato è stato emanato ai sensi dell’art. 52, comma bis del c.d. decreto sviluppo (d.l. n. 83/2012, convertito in l. n. 134/2012), il quale prevede: “ Ai sensi dell'articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è considerato sottoprodotto il digestato ottenuto in impianti aziendali o interaziendali dalla digestione anaerobica, eventualmente associata anche ad altri trattamenti di tipo fisico-meccanico, di effluenti di allevamento o residui di origine vegetale o residui delle trasformazioni o delle valorizzazioni delle produzioni vegetali effettuate dall'agro-industria, conferiti come sottoprodotti, anche se miscelati fra loro, e utilizzato ai fini agronomici. Con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono definite le caratteristiche e le modalità di impiego del digestato equiparabile, per quanto attiene agli effetti fertilizzanti e all'efficienza di uso, ai concimi di origine chimica, nonché le modalità di classificazione delle operazioni di disidratazione, sedimentazione, chiarificazione, centrifugazione ed essiccatura .”

Il ricorso è articolato nei seguenti motivi:

1) violazione della direttiva 2009/28/CE e del principio dell’effetto utile del diritto UE;
dell’art. 33 del d.lgs. n. 28/2011, dell’art. 2 quater del DL 2/2006, nonché dell’art. 30 sexies del DL n. 91/2014.

L’allegato IX della direttiva 2009/28/CE, la quale sarebbe applicabile al caso di specie in quanto avente ad oggetto la promozione della produzione e impiego dei biocarburanti, prevede la glicerina tra i materiali che possono essere utilizzati per la produzione di biocarburanti avanzati;
invece, l’art. 22 del DM impugnato non contempla la glicerina tra i materiali con i quali può essere alimentato il biodigestore, ai fini della produzione di digestato, affinché esso possa essere qualificato come sottoprodotto e utilizzato come ammendante in agricoltura. In tal modo, verrebbe ad essere indirettamente disincentivato l’impiego di tali materiali per la produzione del biocarburante, in violazione della direttiva 2009/28/CE che invece favorisce e promuove tale utilizzo della glicerina;

Inoltre, il decreto impugnato ostacolerebbe anche l’utilizzazione agronomica del digestato agro-industriale, perché all’art. 29 ha previsto il divieto, per le imprese che non siano titolari di un proprio impianto di digestione, di cedere materiali dalle stesse prodotti ai biogestori.

In sostanza, il DM impugnato obbliga le imprese che non siano agricole o agroalimentari, titolari di un digestore, a smaltire in discarica il digestato e in tal modo finisce per disincentivare l’uso dei biocarburanti.

2) violazione art. 34 e ss. TFUE e del principio dell’effetto utile del diritto UE .

Le disposizioni restrittive contenute nel decreto impugnato limitano l’utilizzo di sottoprodotti provenienti da altri Stati membri, sottoponendola alla duplice condizione che non sia utilizzata la glicerina nell’impianto di produzione del digestato e che il materiale in ingresso del biogestore sia originato da un processo di produzione agricola o agroalimentare, il tutto in assenza di ragioni imperative di interesse pubblico che possano giustificare tale restrizione.

3) violazione direttiva 2009/28/CE e del principio dell’effetto utile. Violazione dell’art. 184 bis del d.lgs. 152 del 2006 nonché dell’art. 52, comma 2 bis, del D.l. n. 83/2012 e del d.lgs. n. 75 del 2010.

Nel diritto europeo la prevenzione della produzione di rifiuti è fondamentale. A tal fine è stata disciplinata la categoria del sottoprodotto (recepita nel nostro ordinamento all’art. 184 bis d.lgs. n. 152/2006). Invece il decreto impugnato ritiene che il digestato possa essere qualificato sottoprodotto solo se i materiali utilizzati nell’impianto sono quelli indicati nell’art. 22 e provengono da attività agricole o agroalimentari svolte dal medesimo soggetto titolare dell’impianto di produzione di biogas, imponendo così ingiustificate restrizioni e determinando l’aumento di produzione di rifiuti da smaltire in discarica.

4) violazione dell’art. 52, comma 2 bis, del d.l. n. 83/2012 nonché dell’art. 184 bis del d.lgs. n. 152/2006.

Le condizioni previste dall’art. 52, comma 2 bis, del d. l. n. 83/2012 sono molto meno restrittive di quelle previste dal decreto impugnato, il quale ne avrebbe ingiustificatamente limitato il campo di applicazione. La glicerina, infatti, sarebbe qualificabile come “residuo vegetale” o comunque come “residuo delle trasformazioni o delle valorizzazioni delle produzioni vegetali effettuate dall'agro-industria”, e rientrerebbe quindi tra le ipotesi indicate dal citato art. 52, comma 2 bis.

5) Eccesso di potere: disparità di trattamento e violazione della proporzionalità .

La norma favorirebbe le imprese agricole o agroalimentari a danno delle imprese agroindustriali, e ciò senza che vi siano ragioni di tutela ambientale o di garanzia di particolari caratteristiche qualitative del digestato così prodotto. Vi sarebbe pertanto sia la violazione del principio di proporzionalità che di parità di trattamento.

Le amministrazioni intimate si sono costituite e hanno depositato, in data 29 luglio 2016, una prima memoria per chiedere il rigetto del ricorso. Ha precisato, in particolare, l’avvocatura dello Stato che l’elaborazione del DM impugnato ha visto la partecipazione di tutte le regioni, in particolare di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna;
che sullo schema di decreto è stata acquisita l’intesa della Conferenza Stato-Regioni;
che la bozza di provvedimento è stata trasmessa come “norma tecnica” alla Commissione europea, ai sensi della direttiva 98/34/CE, la quale ha emesso un parere circostanziato ai sensi dell’art. 6, paragrafo 2 della Direttiva UE n. 2015/1535 del 9 settembre 2015. Esso pertanto è stato adottato dopo una lunga e approfondita istruttoria.

Nel merito, la difesa erariale ha sostanzialmente escluso che il decreto impugnato influisca sulla produzione di energie rinnovabili e, nello specifico, di biocarburanti cosicché la normativa richiamata da parte ricorrente in materia di fonti rinnovabili sarebbe da ritenere non rilevante per la fattispecie in esame. Ha inoltre rilevato che il decreto non incide sull’utilizzo di sottoprodotti da parte di altri Stati membri e che esso non impone limitazioni ulteriori rispetto a quelle contenute nella normativa europea di riferimento.

L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza n. 4648/2016 all’udienza camerale del 2 agosto 2016.

Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 5436/2016, ha accolto l’appello della società ricorrente limitatamente alla sollecita definizione del merito della controversia.

Con atto notificato in data 21 novembre 2016 è intervenuta ad adiuvandum nel presente giudizio l’associazione Assobiodiesel.

E’ stata quindi fissata per la trattazione nel merito della causa, l’udienza del 4 luglio 2017.

In vista dell’udienza di discussione, parte ricorrente ha depositato una memoria, insistendo e ulteriormente esponendo le proprie precedenti difese e l’avvocatura dello Stato ha prodotto una seconda memoria, argomentando ancora sulla infondatezza del ricorso.

Parte ricorrente ha quindi prodotto una memoria di replica, nella quale ha sottolineato che l’unico possibile uso del digestato è il suo utilizzo a fini agronomici.

La causa, dopo un’ampia discussione, è stata trattenuta in decisione.

Il Collegio, introitata la causa per la decisione, con ordinanza n. 11089/2017, ha chiesto al MIPAAF una articolata e dettagliata relazione recante documentati chiarimenti, anche di natura tecnica, sui seguenti quesiti:

1) quali siano le ragioni, anche di natura tecnica, per le quali è stato introdotto il divieto di alimentare gli impianti di digestione con glicerina grezza, al fine di qualificare il digestato come sottoprodotto utilizzabile in ambito agronomico;

2 ) se siano stati riscontrati rischi per la salute umana o per l’ambiente derivanti dall’uso di digestato come fertilizzate qualora esso sia stato prodotto con inserimento della glicerina negli impianti di digestione e sulla base di quali studi, ricerche, esperimenti tali rischi siano stati eventualmente acclarati;

3) se la glicerina, quale residuo dell’attività di produzione del biodiesel, possa essere qualificata come “residuo vegetale” o comunque come “residuo delle trasformazioni o delle valorizzazioni delle produzioni vegetali effettuate dall'agro-industria” e se essa rientri tra le ipotesi indicate dall’art. 52, comma 2 bis, del d.l. n. 83/2012 convertito nella legge n. 134/2012;

4) quali siano le ragioni, anche di natura tecnica, per le quali l’art. 29 dell’impugnato decreto ha previsto che i materiali di cui all’art. 22 lett. d), e) e g) (ovvero rispettivamente: le acque reflue, i residui dell’attività agroalimentare;
i sottoprodotti di origine animale) debbano provenire unicamente da attività agricole o agroalimentari;
nonché le ragioni della introduzione del divieto, per le imprese che non siano titolari di un proprio impianto di digestione, di cedere materiali dalle stesse prodotti ai biogestori;

5) se il «digestato di qualità», definito dall’art. 183 lett. ff) del codice dell’ambiente come “prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;” corrisponda o meno, da punto di vista tecnico, al digestato oggetto di regolamentazione da parte del decreto impugnato;

6) se la glicerina, quale residuo della produzione del biodiesel, possa essere qualificata come biomassa residuale, ai sensi del DM13.10.2016, n. 264, recante Criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica delle biomasse "residuali" come sottoprodotti e non come rifiuti - Articolo 184-bis comma 2, D. lgs n. 152/2006.

Il ministero ha depositato, in data 19.12.2017, una memoria nella quale la difesa erariale ha riferito i chiarimenti forniti degli uffici preposti.

In particolare, l’amministrazione ha specificato che:

il Decreto Ministeriale non disciplina in alcun modo la produzione di bioenergia, già normata dal DM 6 luglio 2012, bensì l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e del digestato;

esso prevede unicamente l’utilizzo dei materiali provenienti dall’agricoltura e dall’industria agroalimentare in considerazione del fatto che il digestato, che viene fuori dall’impianto di digestione anaerobica, viene successivamente utilizzato agronomicamente;

la glicerina grezza, essendo il sottoprodotto principale della trasformazione dell'olio in biodiesel, non è un sottoprodotto né di un’azienda agricola, né di un azienda agroindustriale.

l’emanazione del provvedimento impugnato non avrebbe cagionato alla società Biofuels S.r.l. alcuna impossibilità nel cedere ai biodigestori la glicerina grezza risultante dal processo di produzione di biodiesel, in quanto essa potrebbe continuare comunque a cedere la glicerina ad impianti per la produzione di biogas in tutte quelle fattispecie che non rientrano nel campo di applicazione del provvedimento stesso;

le glicerine e sottoprodotti similari, quando derivati da semi/oli vegetali e/o da grassi animali, sono generati da processi che non prevedono l’aggiunta di sostanze dannose per la salute e per l’ambiente;

l’uso della glicerina grezza non è previsto come fertilizzante ai sensi del D.Lgs. n. 75/2010 recante "Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma dell'articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88";

il Decreto Ministeriale n. 5046 del 25 febbraio 2016 è stato emanato in attuazione dell’articolo 52, comma 2 bis, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, che definisce il sottoprodotto come segue: " è considerato sottoprodotto ai sensi dell'art. 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il digestato ottenuto in impianti aziendali o interaziendali dalla digestione anaerobica, eventualmente associata anche ad altri trattamenti di tipo fisicomeccanico, di effluenti di allevamento o residui di origine vegetale o residui delle trasformazioni o delle valorizzazioni delle produzioni vegetali effettuate dall'agro-industria, conferiti come sottoprodotti, anche se miscelati fra loro, e utilizzato ai fini agronomici ";

il citato provvedimento regolamenta unicamente i sottoprodotti provenienti da attività agricole ed agroindustriali;
la glicerina, al contrario, viene ottenuta industrialmente come sottoprodotto della saponificazione e della preparazione degli acidi grassi utilizzando oli vegetali come materiale di partenza, quindi può essere considerata una biomassa residuale ovvero un sottoprodotto dell’attività industriale ai sensi dell’allegato I del DM 13.10.2016 n. 264 e non un residuo vegetale. Ne consegue, che i residui delle attività industriali non rientrano nella definizione di “residui dell'attività agroalimentare”, che sono i residui di produzione derivanti da trasformazioni o valorizzazioni di prodotti agricoli, effettuate da imprese agricole di cui all’art. 2135 del codice civile o da altre imprese agroindustriali;

l’articolo 29 del D.M. n. 5046/2016 prevede l’utilizzazione di materiali provenienti da attività agricole o agroalimentari, che sono originati da un processo di produzione agricola o agroalimentare, in quanto poi il digestato deve essere utilizzato agronomicamente;

la decisione di normare la materia dei digestati (provenienti dalla stessa azienda che li

produce o da aziende consorziate) risiede nel fatto di poter tracciare ogni movimentazione di questi ultimi, per evitare possibili frodi e/o eventuali scambi di natura illegale;

il digestato di qualità, così come definito dall’art. 183 lett. ff) del codice ambiente “prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con decreto del Ministero dell’ambiente e delle tutele del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle politiche agricole e forestali”, non corrisponde assolutamente al digestato oggetto di regolamentazione del decreto impugnato.

Parte ricorrente ha prodotto una memoria a mezzo della quale contesta le deduzioni avversarie e sottolinea l’assenza di pericoli per la salute umana e per l’ambiente derivante dall’uso della glicerina nei biodigestori.

In particolare, essa ha rilevato che la questione oggetto del presente giudizio non attiene all’utilizzo diretto della glicerina come fertilizzante, bensì alla possibilità di utilizzare la glicerina come alimento per biodigestori e di impiegare il digestato che ne risulta per fini agronomici.

Infatti, quando viene utilizzata la glicerina come alimento dei biodigestori, il digestato che risulta dai processi di biodigestione non contiene la glicerina originaria, bensì i residui biodegradati della stessa, essendo la glicerina perfettamente biodegradabile: la produzione di energia avviene proprio tramite il processo di digestione delle biomasse (e, nel caso che ci interessa, della glicerina). Quindi, il fatto che il D.Lgs. n. 75/2010 non menzioni la glicerina tra i fertilizzanti sarebbe circostanza del tutto irrilevante.

Sostine, inoltre, parte ricorrente che la glicerina possa considerarsi (i) «residuo vegetale o, comunque, (ii) «residu[o] delle trasformazioni o delle valorizzazioni delle produzioni vegetali effettuate dall’agroindustria».

Evidenzia, infine, che lo stesso Ministero ha confermato come la glicerina possa essere destinata « all’impiego per la produzione di biogas ». Tuttavia, se da un lato la glicerina può essere legittimamente utilizzata come alimento per biodigestori, dall’altro lato, però, a causa delle illegittime prescrizioni del D.M. 5046/2016, se viene utilizzata la glicerina (o qualunque altro materiale non contemplato dal D.M. 5046/2016), il digestato che ne risulta deve essere considerato rifiuto e non può essere utilizzato per fini agronomici.

L’udienza, originariamente fissata alla data del 14 febbraio 2018, è stata rinviata su richiesta delle parti per poter acquisire delucidazioni da parte del ministero della salute.

In vista dell’odierna udienza, parte ricorrente ha depositato una nota tecnica sulla glicerina, i suoi usi, la sua non pericolosità tanto per la salute che per l’ambiente, redatta da un professore di chimica dell’università di Genova.

La causa, quindi, udite le parti presenti alla pubblica udienza del 20 aprile 2018, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Rileva preliminarmente il Collegio che, come già osservato nella ordinanza collegiale n. 11089/2017:

- l’art. 22 del DM impugnato chiaramente prevede che perché il digestato possa avere una utilizzazione agronomica occorre che esso sia prodotto da impianti aziendali o interaziendali alimentati da specifici materiali, con esclusione della glicerina grezza;

- l’art. 29 del DM prevede inoltre che, perché il digestato possa avere una utilizzazione agronomica, è ugualmente necessario che i materiali di cui all’art. 22 lett. d), e) e g) (ovvero rispettivamente: le acque reflue, i residui dell’attività agroalimentare;
i sottoprodotti di origine animale) provengano da attività agricole o agroalimentari;

- lo stesso art. 29 specifica ancora che deve trattarsi di attività svolte dalla medesima impresa agricola che ha la gestione o la proprietà dell’impianto di digestione o da imprese con essa consorziate ovvero, infine, legate da un contratto pluriennale;

- l’art. 24 del DM léga la qualifica di digestato come sottoprodotto, ai sensi dell’art. 184 bis d.lgs. n. 152 del 2006, alla circostanza che esso sia prodotto in impianti di digestione alimentati unicamente con i materiali di cui all’art. 22 e abbia una sicura utilizzazione agronomica. Negli altri casi, esso dovrà essere qualificato come un rifiuto.

L’allegato n. IX indica quali sono i residui dell’agroindustria che possono essere impiegati per la produzione del digestato agroindustriale. Tra essi non vi sono i sottoprodotti della produzione di biocarburanti né è menzionata la glicerina grezza.

La normativa in esame, dunque, sicuramente ha come effetto che la glicerina grezza (in quanto residuo di produzione degli impianti di biogas) non è utilizzabile nel processo di digestione per la produzione di digestato che possa avere usi agronomici;
infatti, se essa viene ad essere inserita nell’impianto di digestione, il digestato che viene così prodotto non può essere più qualificato come sottoprodotto ai sensi dell’art. 184 bis del codice dell’ambiente ma deve essere qualificato come rifiuto.

Si tratta sicuramente di una innovazione rispetto al precedente quadro normativo in cui tali limitazioni non erano previste, anche perché l’aspetto della utilizzazione agronomica del digestato non era in precedenza normato.

Il DM 7 aprile 2006, recante “Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, di cui all'articolo 38 del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152”, citato dalla difesa erariale, infatti, si occupa unicamente degli effluenti di allevamento.

La glicerina grezza, tuttavia, può continuare ad essere utilizzata come materia prima per la produzione di biocarburanti, come espressamente prevede la direttiva 2009/28/CE, citata appunto da parte ricorrente;
ma, in applicazione del decreto impugnato, il digestato che ne risulti non potrà essere utilizzato a fini agronomici (si veda inoltre il decreto 10 ottobre 2014 del Ministero dello Sviluppo Economico, recante “Aggiornamento delle condizioni, dei criteri e delle modalità di attuazione dell’obbligo di immissione in consumo di biocarburanti compresi quelli avanzati.”).

Tanto premesso, è possibile passare all’esame delle doglianze di ricorso.

Con il primo motivo, parte ricorrente denuncia la violazione dell’allegato IX della direttiva 2009/28/CE, il quale menziona la glicerina tra i materiali che possono essere utilizzati per la produzione di biocarburanti avanzati;
invece, l’art. 22 del DM impugnato non contemplando la glicerina tra i materiali con i quali può alimentato il digestore, ai fini della produzione di digestato, utilizzabile come ammendante in agricoltura, avrebbe come effetto (indiretto) quello di disincentivare l’impiego di tali materiali per la produzione del biocarburante.

Rileva sul punto il Collegio che, come sottolineato dalla difesa erariale, l’uso della glicerina tra i materiali che possono essere utilizzati per la produzione dei carburanti avanzati non è stato vietato in via generalizzata dal provvedimento in esame, ma solo al fine dell’ulteriore profilo di consentire l’utilizzazione a fini agronomici del digestato prodotto da impianti di produzione di biogas. Solo qualora i titolari dei suddetti impianti intendessero fare uso come fertilizzante del digestato che viene prodotto, essi dovrebbero esimersi dall’inserire la glicerina grezza nell’impianto. Viceversa, se essi ritenessero di voler unicamente produrre biogas, potrebbero usare ugualmente la glicerina, ma dovrebbero poi smaltire in discarica il digestato.

E, tuttavia, altrettanto vero che l’uso prevalente del digestato è quello agronomico e che pertanto i titolari dei biodigestori, al fine di poter continuare a vendere il digestato come sottoprodotto anziché doverlo smaltire in discarica, saranno certamente indotti a non introdurvi glicerina grezza.

La contestata disposizione di cui all’art. 22 del decreto impugnato, pertanto, rende di fatto meno competitiva la produzione di biodiesel a causa delle diminuite possibilità di vendita della glicerina grezza ai biodigestori ed inoltre disincentiva l’uso della glicerina come alimento dei biodigestori, in quanto la conseguenza di tale uso è la non utlizzabilità a fini agronomici del digestato dagli stessi prodotto.

Deduce, inoltre, parte ricorrente, sempre nel primo motivo, che il DM impugnato ostacolerebbe anche l’utilizzazione agronomica del digestato agro-industriale, perché all’art. 29 ha previsto il divieto, per le imprese che non siano titolari di un proprio impianto di digestione, di cedere materiali dalle stesse prodotti ai biogestori.

L’art. 29 del DM impugnato prevede in effetti che i materiali di cui all’art. 22 lett. d), e) e g) (ovvero rispettivamente: le acque reflue, i residui dell’attività agroalimentare;
i sottoprodotti di origine animale), utilizzabili ai fini della produzione di digestato agroindustriale compatibile con usi agronomici, provengano da attività agricole o agroalimentari;
lo stesso art. 29 specifica inoltre che deve trattarsi di attività svolte dalla medesima impresa agricola che ha la gestione o la proprietà dell’impianto di digestione o da imprese con essa consorziate ovvero infine legate da un contratto pluriennale.

Osserva sul punto il Collegio che, la limitazione ai prodotti della medesima impresa agricola che ha la gestione o la proprietà dell’impianto di digestione ovvero da imprese sicuramente individuabili perché ad essa legata da contratti pluriennali o consorziale è, da un lato, plausibilmente finalizzata a garantire il maggior controllo possibile sui prodotti usati per l’alimentazione dei biodigestori ed evitare fenomeni di illecito smaltimento rifiuti;
dall’altro, coerente con le previsioni di cui all’art. 22 volte appunto a legare l’uso a fini agronomici del digestato all’utilizzo di materiali provenienti dalle attività agricole o dell’industria agroalimentare oltre che dall’allevamento, con esclusione appunto dei prodotti (quali appunto la glicerina) derivanti dal processo di produzione di energie rinnovabili in impianti ad esso preposti, come nel caso della ricorrente.

Le censure di cui al primo motivo di ricorso, per ragioni di connessione, devono essere esaminate congiuntamente al terzo e quarto motivo di ricorso, con cui la ricorrente rispettivamente lamenta la violazione dell’art. 184 bis del d.lgs. n. 152 del 2006 e la violazione dell’art. 52, comma 2 bis, del d.l. n. 83/2012, convertito nella l. 7 agosto 2012, n. 134, in quanto le condizioni da esso previste sarebbero molto meno restrittive di quelle dettate dal DM impugnato.

Il citato art. 52, comma 2 bis, prevede infatti – come si è detto – che: “ è considerato sottoprodotto ai sensi dell'art. 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il digestato ottenuto in impianti aziendali o interaziendali dalla digestione anaerobica, eventualmente associata anche ad altri trattamenti di tipo fisicomeccanico, di effluenti di allevamento o residui di origine vegetale o residui delle trasformazioni o delle valorizzazioni delle produzioni vegetali effettuate dall'agro-industria, conferiti come sottoprodotti, anche se miscelati fra loro, e utilizzato ai fini agronomici ".

Secondo parte ricorrente, infatti, tale norma primaria non precluderebbe l’uso della glicerina prodotta negli impianti di biodiesel per l’alimentazione dei biodigestori, trattandosi di “residuo vegetale” in quanto il processo di produzione del biodiesel del ricorrente viene realizzato con materiale vegetale, o comunque di: “residuo delle trasformazioni o valorizzazioni delle produzioni vegetali effettuate dall’agroindustria”.

Sostiene, inoltre, parte ricorrente che il DM impugnato, nel ritenere che il digestato possa essere qualificato sottoprodotto solo se i materiali utilizzati nell’impianto sono quelli indicati nell’art. 22 e provengono da attività agricole o agroalimentari svolte dal medesimo soggetto titolare dell’impianto di produzione di biogas, impone ingiustificate restrizioni e determina l’aumento di produzione di rifiuti da smaltire in discarica.

Le censure sono fondate nei termini che si diranno.

Osserva, in primo luogo, il Collegio che la definizione della nozione di “agroindustria” non si rinviene in alcuna fonte normativa.

Essa, pertanto, anche alla luce della lettera del citato comma 2 bis, dell’art. 52 d.l. n. 83/2012 può essere interpretata tanto in senso restrittivo, ovvero come limitata alle attività di trasformazione industriale dei prodotti vegetali e corrispondente in sostanza al settore agroalimentare, quanto in senso più ampio, come comprensiva di ogni forma di “valorizzazione di produzioni vegetali” e pertanto anche degli impianti di produzione di energia dalle biomasse, qualora essi siano alimentati unicamente con materie prime di origine vegetale.

Ed è quel che avviene nel caso dell’impianto di biodiesel della società ricorrente, alimentato – secondo quanto si legge in ricorso – unicamente con “residui di origine esclusivamente vegetale”.

Peraltro, sempre secondo quanto affermato nel ricorso e non contraddetto in atti, l’impianto della ricorrente non usa materie prime provenienti da coltivazioni dedicate ma risorse che sono già state utilizzate in altri processi produttivi o comunque per altri scopi, cosicché essa neppure sottrae risorse destinate all’uso alimentare umano o di nutrimento per gli animali.

Sostiene invece il ministero che la nozione di agroindustria debba essere limitata a quella di industria agroalimentare.

Secondo il Ministero, la glicerina viene ottenuta industrialmente come sottoprodotto della saponificazione e della preparazione degli acidi grassi, utilizzando oli vegetali come materiale di partenza;
essa, pertanto, può essere considerata una biomassa residuale ovvero un sottoprodotto dell’attività industriale ai sensi dell’allegato I del DM 13.10.2016 n. 264 e non un residuo vegetale ai sensi dell’art. 52, comma 2 bis DL n. 83/2012. Ne consegue, che i residui delle attività industriali non rientrerebbero nella definizione di “residui dell'attività agroindustriali”, che sarebbero invece solo i residui di produzione derivanti da trasformazioni o valorizzazioni di prodotti agricoli, effettuate da imprese agricole di cui all’art. 2135 del codice civile o da altre imprese agroindustriali.

L’opzione interpretativa patrocinata dall’Amministrazione non è persuasiva.

Il citato DM 13.10.2016, n. 264 reca, infatti norme per agevolare la qualificazione dei residui di produzione come sottoprodotto e non come rifiuto. Esso, a tal fine, elenca all’allegato 1) le biomasse destinate alla produzione di energia ma non si occupa espressamente della glicerina, bensì unicamente dei sottoprodotti da attività industriale, tra cui i sottoprodotti della lavorazione e raffinazione di oli vegetali.

Tale riferimento normativo non appare, per la sua genericità (si parla genericamente di attività industriale) e per essere contenuto in una fonte finalizzata ad altri obiettivi (la qualificazione come sottoprodotti di biomasse residuali), idoneo a confortare la tesi fatta propria dal Ministero resistente della non riconducibilità della produzione del biodiesel alla nozione di “agroindustria”.

Va soggiunto che, anche il riferimento alla nozione di impresa agricola dettata dal codice civile, sostenuta in tesi dal ministero, non appare conferente al fine di identificare la nozione di “agroindustria”.

L’attività dell’industria agroalimentare, invero, può essere svolta anche da chi non è imprenditore agricolo. Ciò che conta, infatti, non è la qualifica soggettiva dell’imprenditore bensì l’oggetto della attività di trasformazione di prodotti agricoli per uso alimentare.

Analogamente, dunque, anche la c.d. agroindustria deve poter essere svolta da soggetti che non siano imprenditori agricoli.

Peraltro, lo stesso Ministero nella sua relazione sottolinea che l’attività di valorizzazione di prodotto agricoli può avvenire anche ad opera di altre imprese agroindustriali.

Il quadro normativo, relativo alla definizione/nozione di “agroindustria” certamente appare - sulla scorta di quanto sin qui esposto - lacunoso e incerto.

Tuttavia, proprio per queste ragioni, deve preferirsi una interpretazione normativa comunitariamente orientata, che sia idonea a realizzare le finalità perseguite in ambito UE di riduzione al minimo dei rifiuti e di favorire ove possibile il riutilizzo, riciclaggio e recupero di residui della produzione.

Sennonché, la disciplina in esame, nel prescegliere una lettura restrittiva della nozione di “agroindustria” come corrispondente in sostanza alla sola “industria agroalimentare”, finisce suo malgrado per limitare l’uso di un sottoprodotto (la glicerina) come combustibile per i biodigestori e ha come effetto la qualifica come rifiuto del digestato da essi prodotto, ove sia introdotta la glicerina. Tali effetti non risultano giustificati da ragioni di tutela ambientale o di salute umana.

Infatti, secondo il Ministero, il DM impugnato prevede unicamente l’utilizzo dei materiali provenienti dall’agricoltura e dall’industria agroalimentare solo in considerazione del fatto che il digestato, che viene prodotto dall’impianto di digestione anaerobica, viene successivamente utilizzato agronomicamente.

Nel corso della istruttoria svolta, tuttavia, nonostante le reiterate richieste del Collegio in tal senso, non è emersa alcuna ragione di tutela dell’ambiente o della salute umana che giustifichi una tale restrizione rispetto all’inserimento della glicerina grezza nei biodigestori.

Anzi, lo stesso Ministero ha rappresentato che le glicerine e sottoprodotti similari, quando derivati da semi/oli vegetali e/o da grassi animali, sono generati da processi che non prevedono l’aggiunta di sostanze dannose per la salute e per l’ambiente.

Tanto vero che in varie fonti normative, a livello UE e nazionale, si favorisce l’uso della glicerina come materia prima o come combustibile per la produzione di biocarburanti avanzati.

La glicerina grezza è, infatti, espressamente menzionata nell’allegato IX della direttiva 28/2008/CE, come modificata dalla direttiva UE 2015/1513, il quale contiene le materie prime e i combustibili per la produzione dei biocarburanti avanzati.

Essa è inoltre menzionata dal DM 10 ottobre 2014 tra le materie prime e carburanti che danno origine a biocarburanti contabilizzabili come avanzati.

Le previsioni contenute nel DM impugnato, laddove esse vietano l’uso della glicerina come carburante per gli impianti di biodigestione destinati alla produzione di digestato per uso agronomico, si pongono, pertanto, in contrasto con le indicazioni normative di rango superiore e sviano rispetto a queste poiché finiscono per disincentivarne l’utilizzo, senza che sia stata dimostrata l’esistenza di alcuna ragione di tutela ambientale o sanitaria a sostegno della scelta;
ragioni di contro escluse dalla articolata ed approfondita perizia di parte non altrimenti confutata.

In questo quadro, le doglianze di cui al primo e quarto motivo di ricorso devono essere accolte.

Per le ragioni sopra spese deve essere accolto anche il quinto motivo, con cui la ricorrente deduce una ingiustificata disparità di trattamento nonché e la violazione del principio di proporzionalità laddove la norma favorirebbe le imprese agricole o agroalimentari a danno delle imprese agroindustriali;
e questo sempre senza che vi ostino ragioni di tutela ambientale o di garanzia di particolari caratteristiche qualitative del digestato così prodotto.

Ed infatti, come sopra appena chiarito, in nessuna allegazione o difesa del ministero è emerso che vi siano ragioni inerenti la tutela della salute o dell’ambiente a sostegno della scelta di escludere la glicerina dai materiali con cui può essere alimentato un biodigestore, essendosi limitata l’intimata Amministrazione ad insistere sulle ragioni giuridiche incentrando la difesa sulla interpretazione della nozione di “agroindustria” menzionata dalla normativa primaria (art. 52, comma 2 bis, del d.l. n. 83/2012).

Va invece dichiarato inammissibile, per carenza di interesse, il secondo motivo di impugnazione con il quale parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 34 e ss. TFUE e del principio dell’effetto utile del diritto UE.

La società ricorrente è infatti un operatore del mercato italiano e pertanto non ha interesse a censurare la normativa de qua in relazione alla asserita violazione

In conclusione, il ricorso deve essere accolto. Per l’effetto, il DM impugnato deve essere dichiarato illegittimo limitatamente agli agli artt. 22 e 29 ed allegato IX, unicamente laddove essi precludono l’uso agronomico del digestato prodotto in biodigestori alimentati con glicerina grezza prodotta da impianti di biodiesel alimentati esclusivamente da residui di origine vegetale.

Per quanto riguarda, in particolare, l’art. 29, volto a limitare alle sole produzioni aziendali o interaziendali la possibilità conferire prodotti per l’alimentazione del digestato, ritiene il Collegio che le finalità di controllo e di prevenzione di illeciti poste a fondamento della norma potranno essere ugualmente perseguite mediante la stipula di contratti pluriennali tra le imprese produttrici di glicerina e quelle titolari dell’impianto di biodigestione.

Al fine assicurare l’attuazione del giudicato a tale sentenza, il Collegio precisa, ai sensi dell’art. 34, lett. e) c.p.a., che i Ministeri resistenti dovranno procedere a modificare il testo del decreto impugnato nei sensi indicati dalla motivazione, previa acquisizione di tutti i prescritti pareri.

Le spese vanno compensate tra tutte le parti in considerazione della novità e complessità della questione esaminata.

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