TAR Venezia, sez. II, sentenza 2019-04-08, n. 201900430

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2019-04-08, n. 201900430
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201900430
Data del deposito : 8 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/04/2019

N. 00430/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01394/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale n. 1394 del 2001, proposto da
T di Montemerlo S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti F S, F L, G G, con domicilio eletto presso l’Avv. W F, con studio in Venezia, San Marco, 3472;

contro

Ente Parco Regionale dei Colli Euganei (Pd), Regione Veneto (Ve), non costituiti in giudizio;

nei confronti

Cave Pietra di Montemerlo S.r.l. non costituita in giudizio;

per l'annullamento

della delibera del Consiglio Regionale della Regione Veneto 9.3.2001, n. 11, pubblicata nel

BURV

24/4/2001, n. 37 ed avente ad oggetto: “Parco regionale dei Colli Euganei. Piano Ambientale: modifiche all’art. 20 delle norme di attuazione. Progetto tematico cave” nella parte in cui prevede per la “Cava n. 52 – T di Montemerlo…” l’estrazione di una quantità massima totale di 60.000 mc di materiale e di una quantità massima annua di 5.000 mc;

- di tutti gli altri atti precedenti e/o seguenti, comunque connessi e/o presupposti e, per quanto di ragione, della delibera del Consiglio dell’Ente Parco Colli 30 luglio 1997, n. 26 di adozione del cosiddetto “Progetto Cave” nella parte in cui per la Cava n. 52 – T di Montemerlo ha previsto che “le quantità massima totale e massima annua sono sostituite rispettivamente da 60.000 mc e da 5.000 mc”.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 2 aprile 2019 il dott. P N e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società T di Montemerlo srl (d’ora in poi T), in forza di delibera della Regione Veneto n. 104 del 10.1.1984 veniva autorizzata a svolgere attività estrattiva della “trachite” nella “Cava T di Montemerlo”, sita nel territorio del Comune di Cervarese S. Croce, per una quantità, originariamente, pari a 35.000,00 mc.

Successivamente, a seguito dell’entrata in vigore della l. r. Veneto 10/10/1989, n. 38, ai fini dell’attuazione del Piano Ambientale del Parco dei Colli Euganei, veniva istituita un’apposita Commissione Tecnica, alla quale veniva affidato l’incarico di predisporre un nuovo Piano Cave e alla quale T faceva pervenire una proposta di escavazione complessiva di mc. 150.000 di trachite.

All’esito dell’istruttoria, la Commissione incaricata formulava la propria relazione individuando per ogni singola cava i tipi di intervento e le quantità estrattive consentite.

In particolare, con riferimento alla Cava T di Montemerlo, veniva prevista, similmente alla vicina Cava Buso, inserita nello stesso contesto ambientale e territoriale, una quantità complessiva di 75.000 mc. di materiale e una quantità massima annua di 7.000 mc. da estrarre in un arco temporale massimo di 15 anni.

L’Ente Parco Colli Euganei, in sede di adozione del “Piano Cave”, con propria delibera datata 30.7.1997 n. 26 e successiva delibera di controdeduzioni datata 23 dicembre 1997, n. 34, con riferimento alla cava di Montemerlo non confermava quanto previsto dalla Commissione, limitando il quantitativo complessivo di trachite estraibile: in particolare, riduceva il quantitativo totale, da mc. 75.000 a mc. 60.000, e quello annuo, da mc 7.000 a mc. 5.000.

La Regione Veneto, quindi, approvava in via definitiva il Piano Cave con delibera consiliare 9 marzo 2001, n. 11, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Veneto 244/2001, n. 37, prevedendo, per quanto qui di interesse, la possibilità di estrazione in 15 anni di una quantità massima complessiva di trachite di 60.000 mc. e di una quantità massima annuale di 5.000 mc.

Con ricorso depositato in data 20.6.2001 T impugnava la delibera del Consiglio della Regione Veneto 9 marzo 2001, n. 11, sopra richiamata, nella parte in cui aveva previsto per la “CAVA n. 52 – T di Montemerlo” l’estrazione di una quantità massima totale di 60.000 mc. di materiale e di una quantità massima annua di 5.000 mc.;
nonché tutti gli altri atti precedenti e/o seguenti, comunque connessi e/o presupposti e, per quanto di ragione, la delibera di Consiglio dell’Ente Parco Colli 30 luglio 1997, n. 26 di adozione del cosiddetto “Progetto Cave” nella parte, in cui, per la Cava n. 52 – Montemerlo, aveva previsto che le quantità totale e massima annua erano costituite rispettivamente da 60.000 mc. e da 5.000 mc.

A fondamento dell’impugnazione T deduceva i seguenti motivi:

1) violazione dell’art. 3, l. 7.8.1990, n. 241;
eccesso di potere per carenza e/o insufficienza e, comunque, incongruità della motivazione;
violazione del principio di trasparenza dell’azione della Pubblica Amministrazione: secondo parte ricorrente i provvedimenti impugnati sarebbero illegittimi in quanto la motivazione sarebbe insufficiente e carente non avendo né l’ente Parco, né la Regione fatto alcun riferimento alla riduzione di volume estraibile rispetto a quanto proposto dalla Commissione incaricata;
inoltre, non sarebbe idoneo e corretto il riferimento all’asserita circostanza secondo la quale <<le quantità estratte nel quinquennio passato sono molto inferiori a quelle previste dal Progetto>>, trattandosi di circostanza che nulla rileverebbe ai fini dei criteri per determinare le quantità di materiale estraibile da ogni singola cava;

2) eccesso di potere per illogicità ed incongruità della scelta operata dalla Pubblica Amministrazione;
ingiustizia manifesta e disparità di trattamento: secondo parte ricorrente, i provvedimenti risulterebbero altresì illegittimi in quanto, nonostante l’approfondita relazione della Commissione avesse riconosciuto alla Cava Montemerlo e alla Cava Buso punteggi e quantità di materiale estraibile sostanzialmente identici, l’Ente Parco e la Regione avevano provveduto a modificare quanto indicato dalla Commissione solo con riferimento alla Cava Montemerlo, mantenendo la medesima quantità estraibile con riguardo alla Cava Buso.

Nonostante la regolarità della notifica nessuno si costituiva in giudizio per le Pubbliche amministrazioni resistenti, né per la controinteressata.

Parte ricorrente, quindi, in data 11 marzo 2011, depositava domanda di fissazione d’udienza.

Successivamente, in ottemperanza all’ordinanza presidenziale 14 novembre 2018, n. 759/2018, T dichiarava la permanenza dell’interesse alla decisione del ricorso.

In data 4.3.2019 parte ricorrente depositava memoria difensiva.

All’udienza del 2.4.2019 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. I motivi di impugnazione possono essere esaminati congiuntamente.

Ai sensi dell’art. 5, l. 10/10/1989, n. 38, applicabile ratione temporis , il “Piano Ambientale” relativo al Parco dei Colli Euganei, è adottato col voto favorevole della maggioranza dei componenti il Consiglio dell' Ente parco;
entro 8 giorni, esso è depositato presso la Segreteria dell' Ente parco e dei comuni di cui al comma 2 dell' articolo 1, per la durata di 30 giorni, durante i quali chiunque ha facoltà di prenderne visione, e nei 30 giorni successivi, di presentare le proprie osservazioni all'Ente parco;
scaduto il termine per la presentazione di osservazioni, entro 60 giorni, il Presidente dell' Ente Parco trasmette alla Regione il piano ambientale adottato, unitamente alle osservazioni pervenute e alle controdeduzioni dell'Ente Parco;
quindi, il Piano Ambientale, previo parere della Commissione tecnica regionale, integrata i sensi dell'articolo 10 della legge regionale 16 agosto 1984, n. 40, è approvato dal Consiglio regionale che può introdurvi le modifiche necessarie per la tutela degli interessi ambientali nonchè di ogni altro interesse regionale o statale.

L’art. 7 della medesima legge disciplina le “Varianti al piano ambientale” prevedendo che esse sono soggette alla stessa procedura del piano e hanno la medesima efficacia.

Il c.d. “Piano cave” oggetto della presente causa rientra tra le varianti e gli atti di pianificazione attuativi e specificativi del predetto “Piano ambientale”, avente comunque natura di “atto generale”.

Al riguardo, occorre rammentare che <<le scelte di pianificazione urbanistica sono caratterizzate da ampia discrezionalità e costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità e, in occasione della formazione di uno strumento urbanistico generale, le decisioni dell'amministrazione riguardo alla destinazione di singole aree non necessitano di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali — di ordine tecnico discrezionale — seguiti nell'impostazione del piano stesso>>
(C. Stato, sez. IV, 19/11/2018, n. 6483).

Nello specifico, con riferimento all’attività estrattiva di cava, questa <<… pur non essendo assoggettata al previo rilascio del permesso di costruire - coinvolge interessi super individuali e valori costituzionali (ambiente, paesaggio, territorio, salute, iniziativa economica), incidendo sul governo del territorio sia per il suo rilevante impatto ambientale che per le esigenze economiche proprie dell'impresa esercente connesse allo sfruttamento delle sempre più scarse risorse naturali disponibili, con la conseguenza che, al pari dell'attività edilizia, non è mai completamente libera ma deve inserirsi in un contesto di interventi pianificati;
dalla natura programmatica dell'intervento pubblicistico e dai valori costituzionali in gioco ne discende che in sede di approvazione del piano delle cave, in applicazione della norma sancita dall'art. 3, l. n. 241 del 1990 , le scelte riguardanti le singole aree non abbisognano di una specifica motivazione in considerazione dell'elevato numero di destinatari e dell'interdipendenza reciproca delle varie previsioni, specie se poste a tutela dell'ambiente e del paesaggio>>
(C. Stato, sez. V, 13/06/2018, n. 3625;
similmente, C. Stato, sez. V, 10/04/2018, n. 2164).

In questo senso, in sede di previsioni di zona di piano, la valutazione dell'idoneità delle aree a soddisfare, riguardo alle possibili destinazioni, specifici interessi, rientra nei limiti della discrezionalità pianificatoria, rispetto alla quale non è configurabile il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento riguardo alla destinazione impressa a immobili vicini (così la già citata sentenza C. Stato, sez. V, 10/04/2018, n. 2164).

Nel caso di specie, occorre considerare come l’Ente Parco nella risposta alle osservazioni presentate da parte ricorrente abbia motivato in ordine alla riduzione della quantità massima estraibile facendo riferimento, in particolare, anche alla ridotta quantità estratta negli anni precedenti.

L’utilizzo in via prevalente, se non esclusiva, del criterio fondato sulla quantità media di materiale estratto negli anni precedenti, oltre che essere sufficiente in virtù del limitato obbligo di motivazione sopra ricordato, non risulta nemmeno illogico in sede di pianificazione generale, perché volto a determinare i limiti di sfruttamento della cava in considerazione della effettiva capacità estrattiva della stessa.

In questo senso, pertanto, la delibera in contestazione non può essere censurata nè sotto il profilo della asserita disparità di trattamento rispetto alla gestione della “Cava Buso”, né in considerazione di un’asserita illogicità per contrasto con le valutazioni contenute nella relazione della Commissione: alla luce dei principi giurisprudenziali sopra ricordati e dell’utilizzo del criterio della quantità media estratta, l’autonomia e sufficienza di tale parametro e l’espressa indicazione in parte motiva dello stesso non consentono di ritenere fondate le dedotte doglianze.

Del resto, parte ricorrente si è limitata a contestare solo genericamente la correttezza della valutazione operata dall’Ente Parco in ordine alla esiguità della quantità media di trachite estratta negli anni precedenti. La ricorrente, cioè, avrebbe dovuto dedurre in modo specifico e dimostrare l’infondatezza in fatto della valutazione operata dall’Ente Parco, fornendo i dati relativi alla quantità di trachite estratta e provare, altresì, che sotto questo specifico profilo (ovvero del dato “storico” della quantità media estratta) vi era stata una disparità di trattamento rispetto alla “Cava Buso”: ma in proposito la ricorrente non ha fornito alcuna prova, né alcun principio di prova e, in particolare, nulla ha detto né in ordine ai propri dati estrattivi, né in ordine a quelli della “Cava Buso”.

Pertanto, alla luce di quanto sin qui detto, il ricorso deve essere respinto in quanto infondato.

2. Attesa la particolarità della fattispecie e la mancata costituzione in giudizio degli Enti resistenti, nulla deve essere disposto in punto spese di lite.

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