TAR Trento, sez. I, sentenza 2019-05-16, n. 201900083
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 16/05/2019
N. 00083/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00158/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento
(Sezione Unica)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
nel giudizio introdotto con il ricorso principale, integrato da motivi aggiunti depositati il 30 ottobre 2018 e il 15 febbraio 2019, numero di registro generale 158 del 2018, conseguente alla trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario al Capo dello Stato, proposto da:
P O, C C e L L, rappresentati e difesi dagli avvocati S M e M K, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Trento, piazza Mostra, n. 15, presso lo studio dell’avvocato S M;
contro
Comune di Ledro, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato L B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Trento, vicolo del Liceo, n. 1, presso lo studio del predetto avvocato;
nei confronti
Azienda agricola Tiboni Davide, in persona del titolare Davide Tiboni, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Tita e Piero Costantini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Trento, via Lunelli, n. 48, presso lo studio Antonio Tita e associati;
per l’annullamento
quanto al ricorso principale:
- del permesso di costruire n. 75/2017 di data 30 novembre 2017, avente ad oggetto “Realizzazione di stalla per caprini e fienile di pertinenza in deroga alle norme di attuazione del P.R.G. sulla/e particella/e pp.ff. 797, 798/1, 798/2 C.C: B – Località Santa Lucia”, rilasciata dal Responsabile del Settore Tecnico, Servizio edilizia privata del Comune di Ledro;
- della deliberazione del Consiglio Comunale del Comune di Ledro n. 38 di data 31 ottobre 2017, avente ad oggetto “Autorizzazione in merito alla richiesta di realizzazione in deroga ai sensi dell’art. 98 della L.P. 4 agosto 2015 n. 15, da parte del Sig. Tiboni Davide per i lavori di “Realizzazione di stalla per caprini e fienile di pertinenza sulle pp.ff. 798/1, 798/2, 799 C.C. B””, nonché di tutti gli atti ed elaborati progettuali, dalla medesima approvati, che ne costituiscono parte integrante e sostanziale;
- di ogni atto presupposto, conseguente o comunque connesso;
quanto al ricorso per motivi aggiunti depositati il 30 ottobre 2018:
- in parte qua della deliberazione del Consiglio comunale del Comune di Ledro 30 luglio 2018, n. 20, con la quale è stato disposto di “adottare in via preliminare, ai sensi dell’art. 37 della L.P. 4 agosto 2015 n. 15, la Variante non sostanziale al P.R.G. di Ledro ai sensi dell’art. 39 comma 2 della L.P. 15/2015”, nonché degli elaborati predisposti dal tecnico incaricato in data giugno 2018, che costituiscono parte integrante e sostanziale della predetta deliberazione, nella parte in cui, all’interno dell’iter di adozione della variante vengono inserite alcune “rettifiche per errore materiale” e, nello specifico, sub “rettifiche di carattere grafico” si prevede quanto segue: “In C.C. B si provvede a stralciare l’errata rappresentazione di una viabilità locale esistente che interessava la p.f. 1663 trattandosi nella realtà di un semplice accesso ai fondi agricoli di proprietà privata”;nonché nella parte in cui alle realità di titolarità dei ricorrenti sub p.ed. 454, pp.ff. 734/2, 741 e 1663 C.C. B, ed alle realità di titolarità dell’Azienda Agricola Tiboni Davide sub pp.ff. 797, 798/1 e 798/2 C.C. B, risulta impressa la nuova destinazione di zona “Aree agricole individuate dal Piano urbanistico provinciale”, di cui all’art. 35 N.T.A. Unificate del P.R.G. del Comune di Ledro;
- di ogni atto presupposto, conseguente o comunque connesso
quanto al ricorso per motivi aggiunti depositati il 15 febbraio 2019:
- in parte qua della deliberazione del Consiglio comunale del Comune di Ledro 26 novembre 2018, n. 55 con la quale è stato disposto di “adottare in via definitiva, ai sensi dell’art. 37 della L.P. 4 agosto 2015 n. 15, la Variante non sostanziale al P.R.G. di Ledro ai sensi dell’art. 39 comma 2 della L.P. 15/2015”, nonché degli elaborati predisposti dal tecnico incaricato in data novembre 2018, che costituiscono parte integrante e sostanziale della predetta deliberazione;
- di ogni atto presupposto, conseguente o comunque connesso.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti depositati il 30 ottobre 2018, i motivi aggiunti depositati il 15 febbraio 2019 e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria del Comune di Ledro;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria della Azienda agricola Tiboni Davide;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella udienza pubblica del giorno 9 maggio 2019 il consigliere A T e uditi per i ricorrenti l’avvocato M K, per il Comune di Ledro l’avvocato L B e per la controinteressata l’avvocato Piero Costantini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Gli odierni ricorrenti rappresentano nell’atto introduttivo, qui trasposto a seguito di opposizione dell’Azienda agricola Tiboni Davide dalla sede giustiziale straordinaria originariamente prescelta, di essere proprietari di immobili nel Comune di Ledro in località Dalena - Santa Lucia;uno di loro è, inoltre, il referente del comitato di cittadini costituito per la tutela di tale località ritenuta di particolare pregio ambientale, culturale e storico poiché nella zona suddetta sarebbe presente un biotopo, si trova un parco pubblico attrezzato (denominato “Don Renzo”), si è svolta la battaglia di B del 1866 e sorge la chiesa, risalente al XIV secolo, di S. Lucia in pratis (p.ed. 184 in C.C. B). L’Azienda agricola Tiboni Davide, odierna controinteressata, proprietaria nella medesima località del compendio costituito dalle particelle fondiarie 797, 798/1 e 798/2 in C.C. B, ha presentato domanda di concessione edilizia in deroga (in particolare quanto alle distanze minime di rispetto), ai sensi dell’art. 98 della legge provinciale 4 agosto 2015, n. 15, al fine di realizzare sulle particelle anzidette, una stalla per caprini e il fienile di pertinenza. La deroga si riferisce a quanto prescrivono le vigenti norme tecniche di attuazione unificate del piano regolatore generale del Comune di Ledro (art. 37, comma 4, lett. a.i), che ammettono nelle aree agricole locali i ricoveri per animali e le stalle purché localizzati su aree distanti almeno 200 m dalle zone individuate per insediamenti a prevalenza residenziale, per attrezzature e servizi pubblici, a verde e per attrezzature turistiche. Per contrastare la domanda di concessione è stata presentata una petizione popolare, ex art. 5, comma 2, lett. b) dello statuto comunale, nonché, in particolare, una richiesta di indizione di un referendum propositivo, ai sensi degli artt. 8 e ss. del medesimo statuto, circa la realizzazione della stalla. Il consiglio comunale in un primo momento ha sospeso la trattazione della deroga urbanistica in attesa delle determinazioni in ordine all’ammissibilità dei quesiti referendari da parte del comitato dei garanti e, successivamente, con la deliberazione n. 38 del 31 ottobre 2017, ha approvato la deroga urbanistica pur in assenza di una decisione di tale organo non espressosi a causa della mancata adozione della disciplina regolamentare afferente la procedura referendaria. I membri del comitato promotore del referendum hanno, quindi, proposto ricorso ex art. 700 c.p.c.;il Tribunale ordinario con ordinanza del 2 febbraio 2018 ha dichiarato il diritto dei ricorrenti ad ottenere una decisione da parte del comitato dei garanti, pur senza pronunciare alcuna inibitoria nei confronti del Comune circa l’avvio di iniziative edilizie in contrasto con le proposte referendarie. Il Tribunale ordinario ha infatti affermato che solo successivamente all’ammissione del referendum propositivo sussiste un divieto di assumere delibere riguardanti le questioni oggetto del referendum, mentre nella fattispecie l’ammissione non è intervenuta. Nel frattempo il Comune, il 30 novembre 2017, aveva rilasciato alla controinteressata il permesso di costruire in deroga n. 75. Il provvedimento di deroga e il permesso di costruire sono stati gravati da un primo ricorso (rubricato sub r.g. n.70/2018) proposto da soggetti proprietari di immobili adiacenti alla edificanda particella e riconducibili al comitato costituito per la tutela della località Dalena - Santa Lucia e respinto da questo Tribunale con sentenza n. 171 del 13.7.2018 poi impugnata e attualmente in attesa di definizione nel merito da parte del Giudice di appello che con ordinanza della sez. IV n. 52 dell’11 gennaio 2019 ha respinto la domanda cautelare proposta. Avverso la deroga e il permesso di costruire, altri soggetti proprietari e riconducibili al comitato hanno avanzato ricorso straordinario al Capo dello Stato, notificato il 5 aprile 2018, cui si è opposta, ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. 24.11.1971, n. 1199, l’Azienda agricola Tiboni Davide con la richiesta di trasferimento in sede giurisdizionale del 14 maggio 2018. I ricorrenti si sono, quindi, costituiti in giudizio innanzi a questo Tribunale con atto regolarmente notificato all’Azienda agricola il 25 maggio 2018. Il ricorso ora in esame è affidato ai seguenti nove motivi che, peraltro, dal primo al settimo ripropongono le censure già introdotte con il precedente ricorso e respinte con la richiamata sentenza n. 171/2018:
1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 83, l. p. 4 agosto 2015, n. 15;Violazione e falsa applicazione dell’art. 37, p.ti 7 e 7.1, delle N.T.A. unificate del P.R.G. del Comune di Ledro;Eccesso di potere per travisamento di circostanze di fatto e di diritto, difetto d’istruttoria, omessa valutazione di presupposti, contraddittorietà intrinseca ed illogicità;Eccesso di potere per motivazione carente e contraddittoria
Secondo il punto 7.1 dell’art. 37 delle norme tecniche di attuazione unificate del piano regolatore generale del Comune di Ledro gli interventi edificatori devono, tra l’altro, rispettare, quanto alla superficie fondiaria minima dell’azienda agricola, il parametro di mq 10.000 riferito alle sole aree agricole primarie. Peraltro non solo la superficie fondiaria di cui al lotto di intervento della nuova stalla (pp.ff. 797, 798/1 e 798/2) ricade, integralmente, in area agricola secondaria, ma, anche volendo considerare l’intera consistenza aziendale dell’Azienda agricola Tiboni Davide, le uniche realità ricadenti in aree agricole primarie non raggiungono neppure i 5.000 mq (pp.ff. 509/2, 511, 512, 513/1, 798/1 e 1657). Non sussiste, pertanto, il requisito della superficie fondiaria minima dell’azienda, la quale avrebbe dovuto essere necessariamente costituita da una superficie minima di 10.000 mq di sole aree agricole primarie.
2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 83 e 98, l. p. 4 agosto 2015, n. 15;Violazione e falsa applicazione dell’art. 37, comma 4, delle N.T.A. unificate del P.R.G. del Comune di Ledro;Violazione e falsa applicazione degli artt. 27 e 71 del regolamento edilizio comunale del Comune di Ledro;Illegittimità derivata;Eccesso di potere per travisamento di circostanze di fatto e di diritto, difetto d’istruttoria, omessa valutazione di presupposti, contraddittorietà intrinseca ed illogicità;Eccesso di potere per motivazione carente e contraddittoria.
Nonostante la deroga di cui alla deliberazione del Consiglio comunale di Ledro n. 38 del 31 ottobre 2017 il permesso di costruire contrasta, comunque, con le previsioni del piano regolatore generale e del regolamento edilizio quanto alle distanze minime da rispettare per la realizzazione delle stalle. Infatti mentre il permesso di costruire riguarda le particelle 797, 798/1, 798/2, la deroga si riferisce invece alle particelle 798/1, 798/2, 799. Inoltre la deroga è stata disposta con riferimento alla sola zona a verde pubblico esistente, essendo state considerate solo le distanze rispetto al parco pubblico. La deroga ha del tutto trascurato le distanze con le “zone a verde privato”, di proprietà della signora E C (p.f. 745/1) e di proprietà del signor G P (p.f. 777), le quali risultano parimenti ubicate a distanza inferiore a 200 metri dalla localizzazione della stalla (rispettivamente la prima a circa 190 metri dalla stalla ed a 175 metri dall’area della stalla e la seconda a circa 180 metri dalla stalla ed a 165 metri dall’area della stalla) con conseguente illegittimità anche del permesso di costruire per contrasto con l’art. 37, comma 4, lett. a.1) delle norme tecniche di attuazione unificate del piano regolatore generale. La deliberazione di deroga è viziata anche con riferimento alla distanza della zona a verde pubblico poiché ha preso in considerazione, erroneamente interpretando il richiamato art. 37, comma 4, lett. a.1) (“…le stalle dovranno essere localizzate su aree distanti almeno 200 m. dalle zone individuate per insediamenti a prevalenza residenziale, per attrezzature e servizi pubblici, a verde, ad attrezzature turistiche”) , la distanza tra la zona a verde pubblico e la stalla (il sedime di tale costruzione ) e non la distanza tra la zona a verde pubblico e l’area (la particella) di localizzazione della stalla. E l’area di localizzazione della stalla ricade a soli 40 metri dal verde pubblico, e non a 95 metri, come è stato erroneamente ritenuto. Quanto alla distanza con la zona a verde pubblico, il provvedimento di deroga non opera alcun cenno all’art. 71 del regolamento edilizio comunale che stabilisce che le nuove stalle devono distare almeno metri 100 dalle aree a verde pubblico e parchi urbani. Nella fattispecie in esame la stalla è situata a distanza inferiore di metri 100 dalla zona a verde pubblico. L’errata interpretazione del consiglio comunale nel considerare la distanza tra zone e stalla anziché tra zone ed aree, ha comportato che non sia stata valutato il fatto che a distanza inferiore di 200 metri dall’area di localizzazione della stalla si trova la p.f. 827 in C.C. B, zona a verde privato di proprietà del signor P C.
3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 98, l. p. 4 agosto 2015, n. 15;Violazione e falsa applicazione dell’art. 51, comma 3, d.P.P. 19 maggio 2017, n. 8-61/Leg;Violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 3, d.P.P. 13 luglio 2010, n. 18-50/Leg;Eccesso di potere per travisamento di circostanze di fatto e di diritto, difetto d’istruttoria, omessa valutazione di presupposti, contraddittorietà intrinseca ed illogicità;Eccesso di potere per motivazione carente e contraddittoria;Eccesso di potere per sviamento
In violazione delle disposizioni del regolamento urbanistico-edilizio provinciale il provvedimento di deroga non contiene una congrua e puntuale motivazione a riguardo sia della sussistenza di uno specifico interesse pubblico e della rilevanza dell'intervento giustificante l'esercizio del potere di deroga, sia della prevalenza di tale interesse rispetto all'interesse pubblico perseguito globalmente dalla pianificazione urbanistico-edilizia. La deroga, infatti, oltre ai pareri della commissione urbanistica provinciale e della soprintendenza ai beni culturali, riporta unicamente i contenuti della relazione tecnica che correda il progetto illustrando le finalità con esso perseguite dall’azienda agricola. Il Consiglio comunale ha sottovalutato la rilevanza delle distanze di cui al richiamato art. 37, comma 4, lett. a.1) e ha male inteso la richiesta referendaria, avendo ritenuto che quest’ultima fosse tesa (solo) all’introduzione di un vincolo puntuale di carattere urbanistico atto ad impedire la realizzazione sull’area in parola della stalla. Inoltre, contraddittoriamente il Consiglio comunale, dopo aver in un primo momento sospeso la trattazione della deroga urbanistica in attesa della decisione del comitato dei garanti sull’ammissibilità dei quesiti referendari, ha successivamente adottato la deroga pur in assenza della suddetta decisione (come se il comitato avesse rigettato la domanda referendaria, ovvero come se spettasse al Consiglio detto compito). Il Consiglio inoltre, con evidente sviamento della funzione, ha adombrato la possibilità di richieste di risarcimento in mancanza dell’adozione di detta deroga.
4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 83, l. p. 4 agosto 2015, n. 15;Violazione e falsa applicazione del D.M. 14 gennaio 2008, recante “Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni”;Eccesso di potere per travisamento di circostanze di fatto e di diritto, difetto d’istruttoria, omessa valutazione di presupposti, contraddittorietà intrinseca ed illogicità;Eccesso di potere per motivazione carente e contraddittoria
Il progetto assentito con i provvedimenti impugnati è errato e carente sotto l’aspetto geologico e geotecnico, come emerge dalle relative relazioni, con conseguenti rischi sotto il profilo statico e strutturale dell’opera. In particolare non è stata effettuata un’indagine diretta dello stato dei luoghi e con riferimento al pericolo sismico i terreni sono stati qualificati come appartenenti alla categoria dei suoli di fondazione di tipo "B" anziché, come sarebbe stato corretto, alla categoria di tipo “D”. Si riscontrano, inoltre, carenze ed erroneità in punto di caratterizzazione dei luoghi con particolare riguardo all’inquadramento geologico (stratigrafico in particolare) ed idrogeologico del sito, alla definizione del livello stratigrafico nel quale si attesteranno le opere fondazionali di progetto, alla definizione dei valori caratteristici dei terreni di fondazione, alla definizione delle caratteristiche idrogeologiche locali, alla definizione della locale soggiacenza di eventuali falde e delle relative oscillazioni stagionali e alla verifica della stabilità nei confronti del fenomeno della c.d. “liquefazione dei terreni di fondazione”. Il tutto in violazione delle disposizioni di cui al D.M. 14 gennaio 2008 (c.d. norme tecniche per le costruzioni). Infine, è errato anche il dimensionamento esecutivo dei pozzetti di dispersione delle acque meteoriche delle superfici di progetto.
5. Violazione e falsa applicazione dell’art. 83, l. p. 4 agosto 2015, n. 15;Violazione e falsa applicazione dell’art. 4, legge 26 luglio 1965, n. 966, del D.M. 16 febbraio 1982, nonché del d.P.R. 1° agosto 2011, n. 151 “Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell'articolo 49, comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122”;Eccesso di potere per travisamento di circostanze di fatto e di diritto, difetto d’istruttoria, omessa valutazione di presupposti, contraddittorietà intrinseca ed illogicità;Eccesso di potere per motivazione carente e contraddittoria
I provvedimenti impugnati contrastano anche con la disciplina in materia di prevenzione degli incendi: l’art. 3 del d.P.R. n. 151/2011dispone che gli enti ed i privati responsabili delle attività di cui all'Allegato I, categorie B e C, richiedano al Comando l'esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni per l’accertamento della conformità alla normativa ed ai criteri tecnici di prevenzione incendi. L’intervento edilizio progettato rientra in un’attività di cui all'Allegato I, categoria B (attività n. 36 “Depositi di legnami da costruzione e da lavorazione, di legna da ardere, di paglia, di fieno, di canne, di fascine, di carbone vegetale e minerale, di carbonella, di sughero e di altri prodotti affini con quantitativi in massa superiori a 50.000 kg con esclusione dei depositi all'aperto con distanze di sicurezza esterne superiori a 100 m” ) poiché il previsto fienile, secondo la relazione tecnica del progetto, è idoneo ad ospitare oltre 100.000 kg di fieno (dai 90.000 Kg iniziali ai 135.000 kg a regime) e, d’altra parte, la capacità produttiva dell’azienda agricola è pari a 64.035 Kg di fieno, ma non è stato sottoposto al prescritto controllo, avendo la controinteressata, dichiarato che “l’utilizzo e le attività connesse all’edificio da erigersi sulla p.f. 797 e 798/2 in C.C. B non rientrano nell’elenco di quelle soggette al controllo di prevenzione incendi …in quanto l’attività di stoccaggio deposito fieno prevede una quantità massima cumulata, in funzione della gestione di alimentazione animale, inferiore ai 500 qli (rif. Attività 50.000 kg attività n. 36 allegato I)” e che “non sarà mai stoccato tutto il fieno contemporaneamente”
6. Violazione e falsa applicazione degli artt. 61 e 83, l. p. 4 agosto 2015, n. 15;Violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 6, 42 e 44, N.T.A. unificate del P.R.G. del Comune di Ledro;Violazione e falsa applicazione del testo coordinato dell'allegato parte integrante della deliberazione della Giunta provinciale n. 909 di data 3 febbraio 1995 e ss. mm., recante “Determinazioni in ordine alle dimensioni delle strade ed alle distanze di rispetto stradali e dei tracciati ferroviari di progetto”;Violazione e falsa applicazione del testo coordinato dell'allegato 2 alla deliberazione della Giunta provinciale n. 2023 di data 3 settembre 2010 e ss. mm., recante “Disposizioni provinciali in materia di distanze”;Eccesso di potere per travisamento di circostanze di fatto e di diritto, difetto d’istruttoria, omessa valutazione di presupposti, contraddittorietà intrinseca ed illogicità;Eccesso di potere per motivazione carente e contraddittoria
Il lotto edificatorio su cui è stata assentita la realizzazione della nuova stalla confina a sud-est con la p.f. 1663 in C.C. B, la quale risulta identificata sin dal P.R.G. 2008 del Comune di Ledro come strada locale esistente. L’art. 44, comma 4, delle norme tecniche di attuazione unificate del piano regolatore generale del Comune di Ledro (che richiama il testo coordinato dell’allegato parte integrante della deliberazione della Giunta provinciale n. 909 di data 3 febbraio 1995 e ss. mm.) prevede che all’interno delle fasce di rispetto delle strade è vietata qualsiasi nuova edificazione. La fascia di rispetto è pari a 10 m, misurabile dal limite della sede stradale (cfr. art. 6 e relativa tabella B del citato testo coordinato nonchè tabella B delle norme tecniche), mentre secondo il progetto il nuovo edificio verrà realizzato ad una distanza di 5 metri dal confine. Il progetto prevede la realizzazione di uno scavo a confine con la predetta strada nonchè la realizzazione di una rampa a confine, di altezza superiore a 1,5 m;considerato il fronte di intervento, nonché la necessità di non pregiudicare il sedime stradale, l’opera non rientra tra quelle realizzabili in fascia di rispetto stradale, in quanto equiparabile ad “edificazione”. In ogni caso è violato l’art. 10, comma 1, del testo coordinato dell'allegato 2 alla deliberazione della Giunta provinciale n. 2023 di data 3 settembre 2010 e ss. mm., recante “Disposizioni provinciali in materia di distanze”, applicabile in forza dell’art. 6 delle N.T.A unificate, poiché i terrapieni artificiali devono essere interamente inscritti alla linea a 45° avente origine dalla intersezione della quota del terreno naturale con il confine di proprietà e non risulta dimostrato il rispetto della suddetta pendenza. Infine la realizzazione della rampa a confine necessita del consenso mai richiesto della proprietà confinante;la p.f. 1663 ha, infatti, natura di consortalità, di cui sono “titolari” anche i signori P O e C C, i quali non hanno mai prestato consenso alcuno.
7. Violazione e falsa applicazione dell’art. 83, l p. 4 agosto 2015, n. 15;Violazione e falsa applicazione dell’art. 5, N.T.A. unificate del P.R.G. del Comune di Ledro;Eccesso di potere per travisamento di circostanze di fatto e di diritto, difetto d’istruttoria, omessa valutazione di presupposti, contraddittorietà intrinseca ed illogicità;Eccesso di potere per motivazione carente e contraddittoria
Il progetto assentito prevede la realizzazione di un “nuovo piano di spiccato”, ricavato sbancando un quantitativo di terreno di oltre 1.500 mc, realizzato a quota inferiore rispetto al piano di campagna, sul quale verranno realizzati gli edifici di progetto (stalla e fienile). Peraltro la pratica edilizia in esame, pur riferita ad un progetto che determina la variazione del piano di campagna, non solo non documenta, come prescritto, il rilievo planialtimetrico del profilo naturale, ma risulta priva della “richiesta di modifica del piano di campagna” nonché di uno specifico progetto contenente le motivazioni e le giustificazioni dell’intervento, come prescrive l’art. 5, comma 3 punto 3.3. delle N.T.A. unificate.
8. Violazione e falsa applicazione dell’art. 83, l. p. 4 agosto 2015, n. 15;Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e ss. del d.P.G.P. 26 gennaio 1987, n. 1-41/Legisl;Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 delle Norme di Attuazione del Piano Provinciale di risanamento delle acque, di cui alla deliberazione G.P. 12 giugno 1985, n. 5460;Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 8, 16 e 17 del Regolamento per il servizio di fognatura comunale del Comune di Ledro;Violazione e falsa applicazione delle disposizioni del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e ss.mm; Violazione e falsa applicazione degli artt. 71 e 72 del Regolamento edilizio del Comune di Ledro;Eccesso di potere per difetto d’istruttoria, omessa valutazione di presupposti.
La costruzione della stalla è stata assentita in violazione delle prescrizioni stabilite per l’autorizzazione allo scarico nel sistema fognario comunale da parte di nuovi insediamenti produttivi. Infatti, secondo la disciplina provinciale (art. 14, d.P.G.P. 26 gennaio 1987, n. 1-41/legisl) e comunale (art. 3, Regolamento per il servizio di fognatura comunale), l’edificazione che origina “scarichi derivanti da allevamenti zootecnici con meno di 5 capi suini, 30 capi grossi bovini od equivalenti in base al valore medio dei BOD5” rientra tra i cosiddetti “insediamenti civili”, mentre per valori superiori l’edificazione che ospita l’allevamento zootecnico configura, invece, un “insediamento produttivo”. Nella fattispecie la stalla, destinata ad ospitare ben 150 capi caprini, ossia un valore che, in base al valore medio BOD52, è superiore a quello di 30 capi grossi bovini, integra un “insediamento produttivo”. Quanto agli insediamenti produttivi il “Regolamento per il servizio di fognatura comunale” del Comune di Ledro stabilisce precise prescrizioni per l’immissione nei condotti di fognatura delle acque reflue richiedendo una puntuale documentazione al riguardo (relazione tecnica dettagliata del ciclo produttivo, con particolare riferimento alle materie prime impiegate ed all'uso dell'acqua ed alle caratteristiche dell'impianto di depurazione e del rendimento depurativo e dichiarazione del progettista in merito alle caratteristiche delle acque reflue ed alla portata degli scarichi). Nella pratica edilizia in questione rispetto alla progettazione degli scarichi fognari viene previsto che le condutture delle acque reflue siano allacciate regolarmente al ramale fognario, previa installazione di uno sgrassatore collegato al collettore pubblico e la Tavola M02si limita a rappresentare il “collegamento alla rete acque nere - linea degrassatore” ed il “collegamento alla rete acque nere - linea scarico civile”. Tuttavia la previsione di uno sgrassatore non è sufficiente per il trattamento completo di tutte le sostanze che vengono prodotte dall’allevamento zootecnico, e che devono rispettare, in primis, tutti i valori della Tabella G, allegata al Testo Unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti (D.P.G.P: 26 gennaio 1987, n. 1-41/legisl). Il progetto degli scarichi della stalla non rispetta le prescrizioni riferite agli “insediamenti produttivi” ma quelle relative agli “insediamenti civili”. Difetta pertanto un indefettibile presupposto progettuale/autorizzativo ai fini del rilascio del titolo edilizio.
9. Violazione e falsa applicazione dell’art. 83, l. p. 4 agosto 2015, n. 15;Violazione e falsa applicazione dell’art. 57 ter delle N.T.A. Unificate del P.R.G. del Comune di Ledro;Violazione e falsa applicazione delle disposizioni della l. p. 18 marzo 1991, n. 6 e ss.mm. e del d.P.G.P. 4 agosto 1992, n. 12-65/Leg e ss.mm;Violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e ss. della legge 26 ottobre 1995, n. 447 e ss. mm. e delle disposizioni del d.P.C.M. 5 dicembre 1997 e ss.mm.;Eccesso di potere per difetto d’istruttoria, omessa valutazione di presupposti.
I provvedimenti impugnati violano la disciplina in materia di tutela dall’inquinamento acustico. L’art. 57 ter delle N.T.A unificate del P.R.G. del Comune di Ledro richiamando la legge quadro n. 447/95 e ss.mm., stabilisce che la documentazione allegata alla domanda dei titoli abilitativi per la realizzazione di opere comportanti la trasformazione urbanistica o edilizia del territorio sia completata da uno studio del clima acustico (per la realizzazione di edifici in prossimità di sorgenti di rumore) o di impatto acustico (per le nuove potenziali sorgenti di rumore). Nella fattispecie, riferita alla realizzazione di un’attività produttiva (allevamento zootecnico), doveva essere presentata la documentazione di previsione di impatto acustico. Viceversa nella pratica edilizia in questione risulta unicamente un’autodichiarazione che esclude l’assoggettabilità dell’intervento alla (sola) valutazione previsionale del clima acustico dato che vengono richiamate le tabelle A e B del d.P.C.M. del 5 dicembre 1997, le quali sono riferite, appunto, alle ipotesi nelle quali vige l’obbligo di presentare la valutazione previsionale del clima acustico.
I ricorrenti concludono per l’annullamento dei provvedimenti impugnati.
Il Comune di Ledro e la controinteressata Azienda agricola Tiboni Davide, costituitisi in giudizio, hanno contestato diffusamente la fondatezza delle sopra viste censure.
In via preliminare la controinteressata ha, inoltre, eccepito l’inammissibilità del ricorso per violazione della regola dell’alternatività del ricorso straordinario rispetto a quello giurisdizionale. Tale regola, che conserva validità anche in ipotesi di trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale, nella fattispecie risulterebbe disattesa poiché non solo coincidono il petitum e la causa petendi ma, a ben vedere, sono sostanzialmente identici anche i soggetti che hanno introdotto il primo ricorso (rubricato sub r.g. n.70/2018 e respinto da questo Tribunale con sentenza n. 171 del 13.7.2018) e il secondo ricorso al Presidente della Repubblica ora trasposto in sede giurisdizionale.
Nel corso del giudizio il Comune di Ledro con deliberazione del Consiglio del 30 luglio 2018, n. 20 ha adottato, in via preliminare, la c.d. “Variante non sostanziale al P.R.G. di Ledro ai sensi dell’art. 39 comma 2 della L.P. 15/2015” che è intervenuta con alcune modifiche normative e cartografiche del suddetto strumento di pianificazione. In particolare all’art. 37 delle N.T.A. unificate, è stato eliminato nella rubrica dell’articolo il riferimento alle aree ex primarie e secondarie nonché al comma 7° punto 7.1 l’inciso “solo aree agricole primarie” riferito al parametro della superficie fondiaria minima dell’azienda di mq. 10.000 richiesto alle aziende per gli interventi edificatori nelle aree agricole locali. Inoltre è stata stralciata cartograficamente l’errata rappresentazione di una viabilità locale esistente che interessava la p.f. 1663 CC B. La cartografia di supporto della variante interessa, poi, realità, di titolarità dei ricorrenti P O e C C (p.ed. 454, pp.ff. 734/2, 741 e 1663 C.C. B) e della controinteressata Azienda Agricola Tiboni Davide (pp.ff. 797, 798/1 e 798/2 C.C. B), imprimendo alle stesse, secondo la tesi prospettata dai deducenti, la nuova qualificazione di “Aree agricole individuate dal Piano urbanistico provinciale”, disciplinata dall’art. 35, N.T.A. unificate del P.R.G. del Comune di Ledro. L’identificazione della p.f. 1663 quale strada locale esistente costituisce oggetto del sesto motivo di ricorso mentre la qualificazione delle aree di proprietà dei ricorrenti e della controinteressata attiene al primo e al secondo motivo di gravame. I ricorrenti, assumendo il grave pregiudizio recato dalla variante in quanto intervenuta su profili che attengono al thema decidendum del ricorso in esame hanno, quindi, impugnato la medesima con ricorso per motivi aggiunti depositato il 30 ottobre 2018 deducendo:
I. Violazione e falsa applicazione degli artt. 37, 38, 39 e 44, della legge provinciale 4 agosto 2015, n. 15. Eccesso di potere per travisamento di circostanze di fatto e di diritto, difetto d’istruttoria, omessa valutazione di presupposti, contraddittorietà intrinseca ed illogicità. Violazione del principio del contrarius actus. Eccesso di potere per motivazione carente e contraddittoria.
Lo “stralcio” dal P.R.G. dell’identificazione della p.f. 1663 C.C. B come viabilità locale esistente è stato disposto ritenendo la suddetta identificazione riconducibile alla “errata rappresentazione di una viabilità esistente che interessava la p.f. 1663 trattandosi nella realtà di un semplice accesso ai fondi agricoli di proprietà privata”. Sulla base di tale presupposto, al fine di emendare l’asserito errore materiale, il Comune ha adottato la procedura di variante di P.R.G. “non sostanziale”, ex art. 39, commi 2 e 3, della legge provinciale 4 agosto 2015 n. 15. Tuttavia non solo la“rettifica” di errori materiali non risulta compresa nell’elencazione, tassativa, di cui al comma 2, dell’art. 39 citato ma negli elaborati della variante non emerge che l’originaria previsione viabilistica sia stata il frutto di un errore materiale emendabile mediante mera “rettifica”;la strada, infatti, esiste da tempo immemorabile ed è stata espressamente prevista nella cartografia del P.R.G., appunto, affinché risulti sottoposta insieme alle aree circostanti alla disciplina per le strade esistenti. In particolare l’individuazione della strada di cui alla p.f. 1663 C.C. B a “viabilità locale esistente” è riconducibile all’approvazione del P.R.G. dell’ex Comune di B (deliberazione Giunta provinciale 14 settembre 2001, n. 2341);la medesima individuazione era certamente presente all’esito della prima variante generale al P.R.G. di B, disposta con procedimento ordinario, ai sensi degli artt. 40 e ss. dell’allora vigente legge provinciale 5 settembre 1991, n. 22 (deliberazione Giunta provinciale 26 settembre 2008, n. 2421). Il procedimento semplificato con cui l’amministrazione ha preteso di disporre lo “stralcio” dell’individuazione della p.f. 1663 C.C. B dalla “viabilità locale esistente” viola, quindi, anche il principio del contrarius actus.
II. Violazione e falsa applicazione degli artt. 37, 38, 39 e 44, della legge provinciale 4 agosto 2015, n. 15. Eccesso di potere per travisamento di circostanze di fatto e di diritto, difetto d’istruttoria, omessa valutazione di presupposti, contraddittorietà intrinseca ed illogicità. Violazione del principio del contrarius actus. Eccesso di potere per motivazione carente e contraddittoria.
La nuova qualificazione di “Aree agricole individuate dal Piano urbanistico provinciale”, disciplinata dall’art. 35, N.T.A. unificate del P.R.G. del Comune di Ledro, impressa alle proprietà dei ricorrenti e della controinteressata nonché alla p.f. 1663 con l’elaborato cartografico denominato “B.3R – Varianti puntuali per Opera Pubblica – Rettifica errori materiali” della adottata variante al PRG, risulta pregiudizievole per i ricorrenti dato il venir meno del divieto di edificazione a distanza di 200 metri previsto dall’originaria qualificazione di aree a verde privato nonché del possesso per l’edificazione di almeno 10.000 mq di superficie di sole aree agricole primarie di cui ai primi due motivi del presente ricorso. Peraltro nella fattispecie non vi sono elementi per ritenere che si tratti di errore materiale ed, inoltre, anche la vigente destinazione di Piano risale all’approvazione del P.R.G. dell’ex Comune di B (deliberazione Giunta provinciale 14 settembre 2001, n. 2341) e quindi la rettifica per mezzo di un procedimento semplificato, quale è la procedura di cui all’art. 39, commi 2 e 3, della l.p. n. 15/2015 viola il principio del contrarius actus, e, comunque, la procedura di variante semplificata di cui al comma 2, dell’art. 39 citato dato che quest’ultima norma non elenca l’errore materiale tra le ipotesi in cui è possibile ricorrere a tale iter.
III. Violazione e falsa applicazione degli artt. 37, 38, 39 e 44, della legge provinciale 4 agosto 2015, n. 15. Eccesso di potere per sviamento e falsità della causa.
Il procedimento di variante, avviato nel giugno del 2018 quando ancora questo Tribunale non si era pronunziato neppure nel giudizio sub R.G. n. 70/2018, è stato diretto, in realtà, a “superare”, e depotenziare, i plurimi vizi, sollevati anche in questo giudizio. Con la variante impugnata sono state introdotte le condizioni per rendere possibile, o comunque più agevole, l’edificazione contestata anche a prescindere dall’esito del giudizio.
I ricorrenti hanno inoltre chiesto, in via istruttoria, di ordinare al Comune l’esibizione di tutta la documentazione in originale concernente i provvedimenti impugnati.
In relazione al deposito dei precedenti motivi aggiunti la trattazione del ricorso già fissata alla data del 22 novembre 2018 è stata differita all’udienza pubblica del 21 febbraio 2019 in vista della quale la controinteressata, in particolare osservando che i motivi primo, secondo e sesto, rispetto ai quali la variante impugnata assumerebbe rilievo, risultano infondati per le ragioni contenute nella sentenza n. 171/2018 di questo Tribunale (il relativo ricorso n. 70/2018 conteneva, infatti, corrispondenti censure) confermata, seppur all’esito della fase cautelare, dal Consiglio di Stato, ha insistito per l’inammissibilità di detti motivi aggiunti.
Nel frattempo il Comune di Ledro con deliberazione del Consiglio del 26 novembre 2018, n. 55 ha adottato definitivamente la variante non sostanziale al P.R.G. la quale è stata impugnata dai ricorrenti con ulteriore ricorso per motivi aggiunti depositato il 15 febbraio 2019 mediante il quale viene dedotta l’illegittimità derivata del provvedimento per l’illegittimità della variante in prima adozione. La variante definitiva avrebbe inoltre introdotto ulteriori previsioni pregiudizievoli modificando anche il primo comma dell’art. 37 delle N.T.A. unificate (eliminando l’inciso “di interesse primario e secondario” riferito alle zone agricole) e stabilendo che “le varianti sono di tipo puntuale e si applicano esclusivamente per le aree individuate con specifica numerazione”.
Alla luce del deposito dei secondi motivi aggiunti la trattazione è stata rinviata all’udienza del 9 maggio 2019 all’esito della quale la causa è passata in decisione.
DIRITTO
I) Occorre preliminarmente esaminare l'eccezione di inammissibilità del ricorso principale sollevata dalla difesa della controinteressata, per violazione del principio di alternatività di cui all'art. 8 comma 2, del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 essendo in tesi riconducibili allo “stesso interessato” i ricorrenti del primo ricorso giurisdizionale e del secondo ricorso al Capo dello Stato, qui trasposto.
L'eccezione è infondata.
In termini generali vale considerare che, stante l'esigenza di non comprimere la tutela giurisdizionale in violazione degli artt. 24 e 113 Costituzione, (T.A.R. Liguria, sez. II, n. 344/2009) la regola dell’alternatività, dato il suo carattere limitativo del diritto d’azione, non è suscettibile di applicazione analogica od estensiva. In particolare, poi, nella fattispecie di cui è causa va rilevato che con il ricorso in esame vengano sollevate questioni non totalmente coincidenti con quelle che ebbero a formare oggetto dell'altro ricorso, essendo dedotti due ulteriori motivi. Tale aspetto comporterebbe eventualmente un’inammissibilità circoscritta ai primi sette motivi del presente gravame. Tuttavia, in disparte l’anzidetta circostanza, la tesi interpretativa “sostanzialistica” proposta dalla controinteressata a riguardo del profilo soggettivo di cui all’art. 8, comma 2, del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, non è comunque condivisibile. Invero gli odierni ricorrenti e i soggetti che hanno proposto il primo ricorso giurisdizionale, pur essendo mossi dal medesimo scopo sostanziale (circostanza confermata dalla sottoscrizione della petizione popolare e del referendum propositivo da parte di pressoché tutti i soggetti, tra l’altro facenti parte del medesimo comitato per la tutela dell’area), sono, tuttavia, formalmente distinti portatori di (e che mantengono) un interesse proprio e in parte diversamente caratterizzato. Alcuni tra tali soggetti agiscono in quanto proprietari di particelle nell’area in cui è prevista la realizzazione della stalla, altri (il signor L L) nella veste di referente del comitato. Deriva da quanto precede che i ricorrenti non possono essere considerati alla stregua di un soggetto unitario: non risultano quindi riconducibili nell’ambito della nozione di “stesso interessato”, che attiverebbe la regola dell’alternatività dei rimedi giurisdizionali ed amministrativi.
L’eccezione di inammissibilità del ricorso principale deve, quindi, essere respinta.
II) Merita, altresì, di essere puntualizzato che, diversamente dagli altri ricorrenti, signora P O e signor C C, gli atti di causa non evidenziano la titolarità di realità immobiliari in località Dalena - Santa Lucia in capo al signor L L, genericamente indicato nella esposizione del ricorso quale referente del comitato di cittadini costituito per la tutela di tale località. Peraltro, l’infondatezza, per le ragioni che seguono, del ricorso consente di prescindere dall’esaminare l’ulteriore profilo preliminare della legittimazione ad agire, in proprio o in veste di referente del comitato, del signor L L.
Appare anche opportuno rilevare come le censure che riguardano le distanze della stalla non interessano direttamente le proprietà (p.ed. 454 e pp.ff. 734/2 e 741) degli odierni ricorrenti e significativamente siano svolte, quali indici di illegittimità, con riferimento alle particelle di proprietà dei signori E C, P C, G P ricorrenti nel primo giudizio introdotto.
III) Quanto al merito del ricorso, appare utile rammentare che la vicenda che torna all’esame di questo Tribunale riguarda il permesso, rilasciato in deroga alle distanze minime di rispetto, a un imprenditore agricolo della zona ledrense al fine di costruire una stalla per caprini con fienile di pertinenza. L’iniziativa imprenditoriale, che il Comune, attesa la rilevanza ai fini della valorizzazione del territorio e dell’attività agricola della Val di Ledro, nonché del conseguente incremento del valore dell’offerta agrituristica, ha ritenuto preminente rispetto all’assetto determinato dalla pianificazione urbanistica e quindi tale da giustificare l’esercizio del potere di deroga, viene, di contro, osteggiata dal comitato costituito per tutelare la località Dalena - Santa Lucia, ove è prevista la costruzione della stalla. Il comitato ritiene sostanzialmente che tale località, di particolare pregio ambientale, culturale e storico per la presenza un biotopo, di un parco pubblico attrezzato, della chiesa di S. Lucia in pratis del XIV secolo e per esservisi svolta la battaglia di B, sia incompatibile con l’edificazione di una stalla per caprini. Avverso la realizzazione della stalla sono, quindi, scaturite dapprima azioni civiche da parte del comitato (petizione popolare e richiesta di indizione di referendum propositivo) e poi azioni giudiziarie intraprese da soggetti perlopiù facenti parte del comitato e proprietari di particelle nell’area agricola Dalena - Santa Lucia.
IV) Giova, poi, in generale sottolineare, quanto alle censure che deducono l’illegittimità della deroga in ragione della localizzazione della edificanda stalla, qui contenute in particolare nei motivi 2 e 3 del ricorso, che della presenza nella località Dalena - Santa Lucia di un biotopo, nel senso di area formalmente riconosciuta di interesse provinciale per rilevanza della flora della fauna e dell’ecosistema, non viene fornita prova, che sulla chiesa di S. Lucia in pratis non gravano vincoli di tutela indiretta e prescrizioni limitative sui beni circostanti e che lo svolgimento in loco della battaglia di B non ha determinato la soggezione dell’area ad alcun vincolo.
V) Ciò posto, i motivi dal primo al settimo del ricorso in esame scontano in ogni caso gli esiti di cui al precedente gravame, recante identiche censure, rubricato sub r.g. n.70/2018 e respinto con la sentenza n. 171 del 13 luglio 2018 di questo Tribunale, che ha riscontrato l’infondatezza dei (sette) motivi dedotti e la legittimità dei provvedimenti impugnati.
VI) Quanto al merito del ricorso in esame, il primo motivo non è fondato.
Giova, infatti, evidenziare che, nonostante il punto 7.1 dell’art. 37 delle norme tecniche di attuazione (N.T.A.) unificate del piano regolatore generale del Comune di Ledro rechi tuttora il riferimento alle aree agricole primarie, quanto al parametro, stabilito per gli interventi edificatori, della superficie fondiaria minima dell’azienda pari a 10.000 mq, la distinzione tra aree primarie e secondarie è, allo stato attuale, superata, come si evince anche dalla rubrica dell’art. 37 stesso che riporta la dizione “ex” primarie e secondarie a riguardo delle aree agricole locali. Infatti il sovraordinato piano urbanistico provinciale, approvato con la legge provinciale 27 maggio 2008, n. 5, ha suddiviso, individuandole in cartografia, le aree agricole in aree di pregio e non di pregio, riconducendo le aree agricole primarie e secondarie nella categoria delle aree (non di pregio) agricole locali. Mentre le aree di pregio sono disciplinate dall’art. 36 delle citate norme tecniche, quelle (non di pregio) agricole locali e, quindi, le ex primarie e secondarie, sono regolate dal richiamato art. 37, che, nella rubrica, si riferisce alle “ex primarie e secondarie”. Le aree interessate dall’intervento edificatorio in esame, secondo la cartografia del piano urbanistico provinciale, rientrano nella categoria delle aree non di pregio e, quindi, nelle aree agricole locali. Quanto precede evidenzia l’irrilevanza del riferimento alle aree agricole primarie contenuto nel punto 7.1 dell’art. 37 delle N.T.A. unificate;va, poi, soprattutto considerato che la (sola) superficie fondiaria di cui al lotto di intervento della nuova stalla (pp.ff. 797, 798/1 e 798/2) risulta pari a mq 11.414, mentre la superficie fondiaria complessiva dell’azienda è pari a 76.686 mq e, quindi, supera il parametro prescritto dal più volte citato art. 37 delle norme tecniche di attuazione ai fini degli interventi edificatori. Risulta, pertanto, integrato il presupposto della superficie fondiaria minima prescritto ai fini degli interventi edificatori.
VII) Neppure il secondo motivo ha pregio.
Il primo profilo di censura, con il quale viene rilevato che il provvedimento di deroga si riferisce alle particelle 798/1, 798/2 e 799 in C.C. B, mentre il permesso di costruire riguarda le particelle 798/1, 798/2 e 797, non è idoneo ad invalidare il titolo rilasciato per mancanza di copertura autorizzativa quanto alla particella 797. Ancorché l’oggetto e il dispositivo della deliberazione consiliare di deroga n. 38 del 31 ottobre 2017 rechino l’inesatto riferimento alla particella 799, la circostanza appare frutto di mero errore materiale, poiché l’individuazione corretta delle superfici interessate alla deroga compare in altre parti del testo ed è evincibile chiaramente dal corredo documentale richiamato nel provvedimento e per lo più parte integrante del medesimo (cfr., tra gli altri: richiesta di permesso di costruire prot. n. 2315 del 22 febbraio 2017, individuazione del lotto di intervento contenuta nella relazione tecnica, verbale della commissione edilizia comunale del 28.3.2017, verbale della commissione consiliare urbanistica del 4.4.2017, verbale della commissione per la pianificazione territoriale e il paesaggio del 10.2.2017). Ne consegue che il permesso di costruire non contrasta, sotto questo profilo, con gli strumenti urbanistici e con il provvedimento di deroga.
Con riferimento alla omessa considerazione, nel provvedimento di deroga, delle distanze della stalla dalle “zone a verde privato”, vale evidenziare quanto segue. Secondo l’art. 37, comma 4, lett. a.1) delle norme tecniche di attuazione unificate del piano regolatore generale del Comune di Ledro le stalle nelle aree agricole locali sono ammesse purchè “localizzate su aree distanti almeno 200 m dalle zone individuate per insediamenti a prevalenza residenziale, per attrezzature e servizi pubblici, a verde, per attrezzature turistiche”. La locuzione “a verde”, utilizzata dalla disposizione per individuare uno dei parametri, deve essere interpretata sistematicamente anche alla luce dell’art. 71 del regolamento edilizio comunale che, per quanto qui interessa, si riferisce a distanze delle nuove stalle da aree a “verde pubblico e parchi urbani”. Il combinato disposto delle richiamate norme (art. 37 comma 4, lett. a.1) delle N.T.A e art. 71 del regolamento edilizio) impedisce, quindi, di comprendere nella dizione “a verde” anche “zone a verde privato”. Le zone a verde privato potrebbero eventualmente rientrare, sussistendone le caratteristiche, nelle zone per insediamenti a prevalenza residenziale;peraltro, nella fattispecie in esame, gli edifici a destinazione abitativa dei ricorrenti sono situati in area agricola: trova conseguentemente applicazione il comma 4, lett. a.2) dell’art. 37 delle N.T.A che prevede una distanza, rispettata, di non meno di 50 m dalle stalle. Perciò, la mancata considerazione delle particelle fondiarie 745/1 e 777 di proprietà privata, in particolare delle distanze tra queste e la stalla inferiori a 200 metri (distanze all’incirca pari a metri 190 quanto alla p.f. 745/1 e a metri 180 quanto alla p.f. 777), così come della p.f. 827 situata oltre la strada comunale, non inficia il provvedimento di deroga né, conseguentemente, il permesso di costruire.
Quanto alla terza censura in cui si articola il motivo, che prospetta un vizio del provvedimento di deroga per aver considerato, in violazione dell’art. 37 comma 4, lett. a.1) delle N.T.A, la distanza tra la zona a verde pubblico e la stalla e non la distanza tra la zona a verde pubblico e l’area di localizzazione della stalla, ne va riscontrata l’infondatezza. Ancora una volta l’interpretazione sostenuta dai ricorrenti cozza con una lettura, comunque rispettosa del dato letterale, che tiene conto della ratio, volta a garantire aspetti igienico-sanitari, della disposizione di cui all’art. 37 comma 4, lett. a.1) delle N.T.A. Tale disposizione, quanto all’area di localizzazione della stalla, non si riferisce alla “particella”, dato che riprende semplicemente l’art. 71 del regolamento edilizio comunale riguardante il rispetto della distanza tra stalla (intesa come edificio e sedime) ed aree a verde pubblico. D’altra parte, la deroga in punto di distanze dal parco pubblico, disposta con l’impugnato provvedimento n. 38/2017, ha valenza indipendentemente dall’entità di distanza derogata per cui il diverso calcolo preteso non rileva. E anche l’omesso riferimento, nel provvedimento di deroga, all’art. 71 del regolamento edilizio comunale non costituisce motivo di illegittimità del suddetto provvedimento (né del successivo permesso di costruire), dal momento che la deroga ha tenuto conto della più restrittiva distanza di 200 m di cui all’art. 37, comma 4, lett. a.1) delle N.T.A. A riguardo, infine, della distanza dalla p.f. 827 C.C. B di proprietà privata, non trova applicazione, come si è detto, l’art. 37 comma 4, lett. a.1) delle N.T.A e non assume quindi rilevanza la diversa modalità di calcolo delle distanze proposta dai ricorrenti.
Comunque, è appena il caso di rilevare che tra il nuovo insediamento rurale e il parco pubblico si interpongono non solo altre particelle, ma anche la strada comunale, circostanza che scolora la dimensione della distanza inferiore autorizzata.
Quanto alla tutela paesaggistico-ambientale dell’area di localizzazione dell’intervento, va osservato che il progetto iniziale è stato modificato arretrandolo rispetto alla strada principale, con un inserimento più marginale, in modo da evitare interferenze visuali anche con la chiesa di S. Lucia (p.ed. 184 C.C. B) in quanto bene architettonico di interesse culturale costituente elemento dell’insieme paesistico. Tale soluzione, ritenuta coerente con gli obiettivi di inserimento paesaggistico e congrua rispetto alla destinazione agricola dell’area dalla sottocommissione urbanistica provinciale, è stata autorizzata anche dalla commissione per la pianificazione territoriale ed il paesaggio della Comunità Alto Garda e Ledro (cfr. verbale di deliberazione n. 41 del 10 febbraio 2017), che ha reputato la conformità delle opere alle norme provinciali di tutela paesaggistico-ambientale, in particolare alla carta del paesaggio e alle linee guida del piano urbanistico provinciale. Infine, per quanto riguarda nello specifico il rapporto tra la nuova realizzazione e la chiesa di S. Lucia, sottoposta a vincoli di tutela diretta ai sensi degli artt. 10 e 12 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, la soprintendenza per i beni culturali (cfr. nota prot. n. S120/2017/371400/25.6/CD del 4.7.2017) non ha ritenuto di imporre sul bene anche una tutela indiretta e non ha, quindi, previsto alcuna prescrizione limitativa su beni diversi in relazione spaziale con il bene tutelato. In particolare, la soprintendenza, osservando che l’integrità del contesto appare già compromessa dal limitrofo insediamento industriale (l’area agricola confina, infatti, con la zona artigianale) e dal parziale isolamento della chiesa determinato dallo sviluppo del reticolo viario, ha valorizzato il mantenimento delle condizioni di “luce” e “prospettiva” del bene tutelato e la compatibilità, per distanza, destinazione funzionale e caratteri costruttivi, del nuovo insediamento rurale con i caratteri di “ambiente” e di “decoro” della chiesa di S. Lucia e dei relativi prati.
VIII) Neppure il terzo mezzo è condivisibile.
E’ infondata la censura che pretende il difetto di motivazione del provvedimento di deroga e, in via derivata, del permesso di costruire. La realizzazione di opere in deroga alle disposizioni urbanistiche trova la propria disciplina nel capo VI della legge provinciale 4 agosto 2015, n. 15 (in particolare negli artt. 97 e 98) e nel regolamento urbanistico-edilizio provinciale approvato con decreto del Presidente della Provincia 19 maggio 2017, n. 8-61/Leg. (in particolare negli artt. 51 e 53). Inoltre, l’art. 3, comma 3 delle N.T.A unificate stabilisce che la deroga può riguardare solo la realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico. Giova, altresì, sottolineare che le opere d'interesse pubblico che possono beneficiare dell'istituto della deroga urbanistica sono individuate in via tassativa nell'elenco di cui all'allegato C del suddetto regolamento.
Dato che la deroga costituisce esercizio di un potere eccezionale, i provvedimenti che autorizzano la realizzazione di opere in deroga devono essere sorretti da una congrua e puntuale motivazione, che deve riguardare non solo la sussistenza di uno specifico interesse pubblico e la rilevanza dell'intervento giustificante l'esercizio del potere di deroga, ma anche la prevalenza di tale interesse rispetto all'interesse pubblico perseguito globalmente dalla pianificazione (cfr. art. 51, comma 3 del regolamento). Tali condizioni sono ravvisabili nella fattispecie in esame, in cui il provvedimento di deroga ha, in primo luogo, dato conto dei presupposti necessari secondo l’art. 98 l.p. n. 15/2015 (“1. Le ipotesi di deroga previste dalle norme di attuazione degli strumenti di pianificazione territoriale, sia in vigore che adottati, o dal regolamento edilizio comunale possono essere esercitate, nel rispetto del PUP e delle disposizioni di legge o di regolamento, per realizzare opere di interesse pubblico individuate dal regolamento urbanistico-edilizio provinciale.” ), e così dell’art. 3, comma 3 delle N.T.A unificate (“3. Il Sindaco ha facoltà di derogare alle disposizioni delle presenti Norme di Attuazione unificate, solo per quanto concerne la realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico, secondo le procedure previste dalle disposizioni in vigore.”) e del punto B n. 6) dell’allegato C del regolamento (“6) opere riguardanti aziende agricole gestite da imprese iscritte alla sezione prima dell’archivio provinciale delle imprese agricole di cui alla legge provinciale 4 settembre 2000, n. 11 e successive modificazioni. La deroga per nuovi insediamenti agricoli, zootecnici ed agrituristici non è ammessa nel caso in cui i relativi interventi interessino aree che il PRG vincola specificamente alla protezione paesaggistica. La deroga per interventi riguardanti la realizzazione di fabbricati ad uso abitativo può essere rilasciata purché siano rispettate le condizioni stabilite da questo regolamento;”) ritenendo opere di interesse pubblico rientranti nel suddetto punto B n. 6) quelle per cui era stato chiesto il permesso di costruire. In secondo luogo, inquadrata puntualmente sotto il profilo urbanistico l’area di intervento (art. 112 l.p. n. 15/2015 e art. 37 delle N.T.A unificate), il provvedimento dà conto della puntuale istruttoria esperita con il coinvolgimento degli organismi consultivi competenti (sottocommissione CUP, soprintendenza beni culturali, servizio provinciale urbanistica e tutela del paesaggio, servizio provinciale agricoltura, commissione per la pianificazione territoriale e il paesaggio della comunità Alto Garda e Ledro oltreché commissione edilizia comunale e commissione consiliare urbanistica). Infine, e soprattutto, diversamente da quanto sostengono i ricorrenti, la deroga risulta sorretta dalla congrua e puntuale motivazione richiesta dall’art. 51 comma 3 del regolamento, atteso che in più passaggi emerge, anche con richiami per relationem , la rilevanza dell'intervento e la prevalenza dell’interesse alla sua realizzazione rispetto all'interesse pubblico perseguito globalmente dalla pianificazione e, quindi, al mero rigido ossequio alle disposizioni in materia di distanze. Le sottolineature contenute nel provvedimento circa l’importanza della valorizzazione del territorio locale conseguente a una produzione quasi interamente ledrense, nonché del consolidamento della conoscenza del territorio, delle produzioni, della storia e della vita rurale e dell’aumento del valore dell’offerta turistica ed agrituristica della Val di Ledro costituiscono valide ragioni giustificative dell’interesse perseguito. Tali ragioni risultano vieppiù adeguate, tenuto conto che l’intervento, secondo i pareri espressi dagli organi competenti, è stato legittimamente ritenuto compatibile, sotto il profilo ambientale paesaggistico culturale e storico, con i caratteri del contesto circostante.
La vicenda del referendum propositivo frazionale di B e il suo rapporto con il provvedimento di deroga, va inquadrata alla luce dell’art. 11 dello statuto comunale, che esclude l’assunzione di deliberazioni sulle specifiche questioni oggetto del referendum fino all’espletamento della consultazione, nei casi in cui il referendum sia ammesso.