TAR Venezia, sez. III, sentenza 2020-12-17, n. 202001264
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 17/12/2020
N. 01264/2020 REG.PROV.COLL.
N. 01649/2014 REG.RIC.
N. 00536/2017 REG.RIC.
N. 00477/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1649 del 2014, proposto da
A F, in qualità di titolare della farmacia rurale S. Marco, sita nel Comune di Pramaggiore, Celso G P in qualità di titolare della farmacia rurale del Comune di Cinto Caomaggiore, rappresentati e difesi dagli avvocati F S, V Z, con domicilio eletto presso lo studio V Z in Venezia, Dorsoduro, 3488/U - F.Ta Rio Novo;
contro
Azienda Ulss n. 10 Veneto Orientale (ora Azienda Ulss n. 4 Veneto Orientale), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato D S, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Acerboni in Mestre-Venezia, via Torino, 125;
Regione Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F B, C D, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale, in Venezia, Cannaregio 23, e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
sul ricorso numero di registro generale 536 del 2017, proposto da
N A, in qualità di direttore della farmacia rurale Alla Madonna, sita nel Comune di Annone Veneto, A F, in qualità di titolare della farmacia rurale S. Marco, sita nel Comune di Pramaggiore, Celso G P, in qualità di titolare della farmacia rurale Pancino, sita nel Comune di Cinto Caomaggiore, rappresentati e difesi dall'avvocato F S, con domicilio eletto presso lo studio V Z in Dorsoduro Venezia, Fondamenta Rio Novo 3488/U;
contro
Azienda Ulss n. 4 Veneto Orientale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato D S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Francesco Acerboni in Venezia - Mestre, via Torino 125;
Regione Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati C D, C Z, F B, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale, in Venezia, Cannaregio 23, e domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
sul ricorso numero di registro generale 477 del 2019, proposto da
N A, in qualità di direttore della farmacia rurale Alla Madonna, sita nel Comune di Annone Veneto, A F, in qualità di titolare della farmacia rurale S. Marco, sita nel Comune di Pramaggiore, V P, in qualità di titolare della farmacia rurale Pancino, sita nel Comune di Cinto Caomaggiore, rappresentati e difesi dagli avvocati F S, V Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio V Z in Dorsoduro Venezia, Fondamenta Rio Novo 3488/U;
contro
Azienda Ulss n. 4 Veneto Orientale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato D S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Francesco Acerboni in Venezia - Mestre, via Torino 125;
Regione Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati C D, C Z e F B, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale, in Venezia, Cannaregio 23, e domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 1649 del 2014:
- della deliberazione del direttore generale dell'Ulss n. 10 “Veneto orientale” n. 648 del 25 luglio 2014, avente ad oggetto il mancato riconoscimento dell'indennità disagiata di residenza alle farmacie ricorrenti;
- delle circolari della Regione Veneto prot. n. 81871 del 25 febbraio 2014 e prot. n. 94878 del 20 febbraio 2008;
quanto al ricorso n. 536 del 2017:
- della deliberazione del direttore generale della Ulss n.10 “Veneto orientale” n. 716 del 2 settembre 2016, avente ad oggetto il mancato riconoscimento dell'indennità disagiata di residenza alle farmacie ricorrenti;
- della deliberazione del direttore generale della Ulss n.10 “Veneto orientale” n. 931 del 18 novembre 2016, avente ad oggetto il mancato riconoscimento dell'indennità disagiata di residenza alle farmacie ricorrenti;
- delle circolari della Regione Veneto prot. 81871 del 25 febbraio 2014 e prot. 94878 del 20 febbraio 2008;
quanto al ricorso n. 477 del 2019:
- della delibera del direttore generale della Ulss n. 4 “Veneto orientale” n. 111 del 14 febbraio 2019, avente ad oggetto il mancato riconoscimento dell'indennità disagiata di residenza alle farmacie ricorrenti;
- delle circolari della Regione Veneto prot. n. 81871 del 25 febbraio 2014 e prot. n. 94878 del 20 febbraio 2008;
nonché
per la condanna dell’amministrazione all’attribuzione delle previste indennità.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Veneto e dell’Azienda Ulss n. 4 Veneto Orientale (ex Ulss n. 10 Veneto Orientale);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza del giorno 18 novembre 2020 la dott.ssa M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso r.g. n.1649 del 2014, il dott. A F, quale titolare della Farmacia rurale “S. Marco dott. Fedrizzi” ( di seguito “Farmacia Fedrizzi”) e il dott. Celso G P, quale titolare della Farmacia rurale “Pancino dr. Celso Giacomo” ( di seguito “Farmacia Pancino”), hanno impugnato la delibera del direttore generale della Ulss n. 10 “ Veneto Orientale” (ora Ulss n.4) n. 648 del 25 luglio 2014, nella parte in cui non ha riconosciuto alle suddette farmacie l’indennità di residenza disagiata prevista dall’art. 2 della legge n.221 del 1068, nonché gli atti presupposti e, in particolare, la circolare regionale del 2008 richiamata nella delibera in questione.
Con il ricorso r.g. n.536 del 2017, il dott. A F, quale titolare della Farmacia rurale “S. Marco dott. Fedrizzi” (di seguito “Farmacia Fedrizzi”);il dott. Celso G P, quale titolare della Farmacia rurale “Pancino dr. Celso Giacomo” ( di seguito “Farmacia Pancino”) e la dott.ssa N A, quale titolare della Farmacia rurale “Alla Madonna s.n.c.” ( di seguito “Farmacia alla Madonna”), hanno impugnato la delibera del direttore generale della Ulss n. 10 “Veneto orientale” (ora Ulss n.4) n. 716 del 2 settembre 2016 e quella n. 931 del 18 novembre 2016, nella parte in cui non è stato riconosciuto alle suddette farmacie l’indennità di residenza disagiata prevista dall’art. 2 della legge n.221 del 1068, nonché gli atti presupposti e, in particolare, la circolare regionale del 2008 richiamata nella delibera in questione.
Con il ricorso r.g. n. 477 del 2019, il dott. A F, quale titolare della Farmacia rurale “S. Marco dott. Fedrizzi” (di seguito “Farmacia Fedrizzi”);la dott.ssa V P, quale titolare della Farmacia rurale “Pancino della dottoressa V P” S.a.S ( di seguito “Farmacia Pancino”) e la dott.ssa N A, quale titolare della Farmacia rurale “Alla Madonna s.n.c.” (di seguito “Farmacia alla Madonna”), hanno impugnato la delibera del direttore generale della dell’Ulss n. 4 “Veneto orientale” (subentrata alla Ulss n.10 “ Veneto Orientale”) n. 111 del 14 febbraio 2019, nella parte in cui non ha riconosciuto alle suddette farmacie l’indennità di residenza disagiata prevista dall’art. 2 della legge n.221 del 1068, nonché gli atti presupposti e, in particolare, la circolare regionale del 2008 richiamata nella delibera in questione.
I ricorrenti lamentano l’illegittimità delle delibere impugnate e degli atti presupposti per violazione dell'art. 2 della legge n. 221/1968 e dell’art.1 della legge n. 40 del 1973, in quanto, in sostanza, secondo quanto previsto da tale norma di interpretazione autentica, per verificare il rispetto del limite dei 3000 abitanti, necessario per attribuire alla farmacia rurale la qualifica anche di “sussidiata”, andava considerato il parametro della popolazione residente nella sola località di ubicazione della farmacia, senza poter prendere in considerazione la rimanente parte della popolazione collocata nelle altre zone abitate del comune o della frazione, pur se formalmente ricomprese nella pianta organica della sede farmaceutica, e senza che potesse avere rilievo il fatto che le farmacie in questione erano le uniche dei rispettivi comuni.
La ULSS ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità dei ricorsi in quanto l’azione impugnatoria è stata proposta collettivamente da più soggetti che vanterebbero una posizione di fatto diversa tra loro (con particolare riferimento alla posizione della farmacia Fedrizzi rispetto alle altre) che rileverebbe in modo decisivo in relazione alla fondatezza del motivo proposto;e ha contrastato nel merito le avverse pretese.
La Regione Veneto ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità dei ricorsi in quanto collettivamente proposti e, in ogni caso, l’inammissibilità dell’impugnativa rivolta contro gli atti regionali in quanto questi non avrebbero valore condizionante rispetto all’operato della ULSS;e ha contrastato nel merito le avverse pretese.
Il difensore dei ricorrenti ha formulato istanza di riunione dei ricorsi per connessione.
In vista dell’udienza di merito fissata per i tre ricorsi alla data del 18 novembre 2020, le parti hanno depositato ulteriori memorie, insistendo nelle loro pretese, nonché istanza di discussione da remoto.
All’udienza del 18 novembre 2020, tenutasi in modalità telematica con la partecipazione dei difensori ex art. 25 del decreto-legge n. 28 ottobre 2020, n. 137, i ricorsi sono stati discussi e trattenuti in decisione.
Il collegio, in via preliminare, ritiene di disporre la riunione dei ricorsi in epigrafe per ragioni di connessione ex art. 70 c.p.a..
Sempre in via preliminare, il Collegio ritiene che vada disattesa l’eccezione di inammissibilità dei ricorsi sollevata dalla Regione Veneto con riferimento alla valenza della nota regionale del 2008 impugnata, posto che, come rilevato anche dal Cons. di Stato (cfr. sent. n. 805 del 2019), le delibere della ULSS impugnate menzionano la nota regionale del 2008 come preciso atto rilevante ai fini della loro adozione e presupposto delle stesse, e, in ogni caso, non si può escludere l’interesse della Regione alla conservazione della classificazione delle farmacie in questione come non sussidiate, quanto meno sotto il profilo della disciplina indennitaria che ne consegue.
Quanto all’eccezione di inammissibilità dei ricorsi per difetto dei requisiti per la proposizione del ricorso collettivo, il Collegio ritiene di poterne prescindere, attesa l’infondatezza nel merito dei ricorsi, secondo quanto segue.
l’art. 1 della legge 8 marzo 1968 n. 221 classifica le farmacie in due categorie (urbane e rurali) precisando che possono considerarsi rurali le farmacie ubicate in “comuni, frazioni o centri abitati con popolazione non superiore a 5.000 abitanti” e, in ogni caso, per espressa previsione di legge, qualora si sia in presenza di una frazione congiunta alla città senza discontinuità di abitati le due realtà devono considerarsi unitarie (“non sono classificate farmacie rurali quelle che si trovano nei quartieri periferici delle città congiunti a queste senza discontinuità di abitati”).
L'art. 2 della predetta legge prevede poi - l'accordo collettivo nazionale ivi indicato non è ancora stato stipulato, sicchè si applicano le norme preesistenti - in favore dei titolari delle farmacie rurali ubicate in località con popolazione inferiore a 3.000 abitanti una apposita indennità di residenza, fermo restando che:
- giusta la norma di interpretazione autentica di cui alla legge n. 40 del 5 marzo 1973 “si tiene conto della popolazione della località o agglomerato rurale in cui è ubicata la farmacia prescindendo dalla popolazione della sede farmaceutica prevista dalla pianta organica”;
- giusta la disposizione dell’articolo 5 della legge n. 221/1968, ai fini del riconoscimento dell’indennità ci si deve basare sui “dati ufficiali della popolazione residente in ciascun capoluogo, frazione o centro abitato pubblicati dall'Istituto centrale di statistica…”.
Il Consiglio di Stato ha, infatti, chiarito (cfr. sent. n. 3681 del 2013 e sentt. nn. 789 e 805 del 2019) che, ai fini dell’individuazione dei dati territoriali, bisogna far riferimento ai dati e alle classificazioni ISTAT, sottolineando che:
- l’art. 5 della legge n. 221/1968, stabilisce che la valutazione sul diritto all’indennità debba avvenire “in base ai dati ufficiali della popolazione residente in ciascun capoluogo, frazione, o centro abitato, pubblicati dall’Istituto centrale di statistica o in mancanza su attestazione della prefettura ed in base alla documentazione prodotta dal farmacista rurale …”;
- l’esigenza di basare detta valutazione su criteri certi ed univoci trova conferma nel rilievo che al Prefetto è attribuita la vigilanza sull’anagrafe della popolazione residente ex art. 12 della legge 1228/1954 e 52 e 54 del d.P.R. 223/1989 (alla regolare tenuta dell’anagrafe provvede il Sindaco quale Ufficiale di Governo, ex art. 4, della legge 1228/1954);funzione che riguarda sia la consistenza numerica della popolazione, sia la ripartizione del territorio attraverso la delimitazione delle località abitate;
- come risulta dagli artt. 38 e 39 del d.P.R. 223/1989, la delimitazione delle località abitate, compiuta in occasione del censimento generale della popolazione, deve rimanere invariata sino al successivo censimento, salvi gli aggiornamenti periodici che avvengono sempre secondo le istruzioni impartite dall’ISTAT;ai sensi dell’art. 9, della legge 1228/1954, i Comuni devono provvedere alla individuazione e delimitazione delle località abitate ed alla suddivisione del territorio in frazioni, ma il piano topografico che ne risulta deve essere esaminato ed approvato dall’ISTAT (nello stesso senso, l’art. 18 del d.P.R. 254/1991, recante il regolamento di esecuzione del 13° censimento generale della popolazione);
- dall’ordinamento delle anagrafi della popolazione residente, deve dunque rilevarsi che, in generale, i Comuni, nella delimitazione e nell’aggiornamento delle località abitate, compiti che rientrano nel servizio anagrafico, siano soggetti al potere conformativo ed alla supervisione dell’ISTAT;ciò per garantire continuità e coerenza (e quindi confrontabilità) tra i dati rilevati con cadenza periodica;
- del resto, il servizio anagrafico è funzione statale (cfr. Corte Cost. nn. 730/1988 e 12/1962) ed è oggetto di potestà legislativa esclusiva statale, come conferma oggi l’art. 117, secondo comma, lettera i), Cost.;
- pertanto, sia perché le disposizioni richiamano i dati ISTAT, sia per le esigenze operative legate alla circostanza che si tratta di delimitare ambiti territoriali non aventi caratteristiche oggettive, quindi assai incerti ed opinabili (accanto al capoluogo ed alle frazioni, i “centri abitati” ovvero le “località” o gli “agglomerati rurali”, diversi dalle “case sparse”), non si può fare a meno di riferirsi a dati omogenei e progressivi definiti in un contesto generale, quali appunto quelli stabiliti nell’articolazione territoriale predisposta in collaborazione con l’ISTAT, che è l’ente nazionale di riferimento.
D’altro canto, è evidente la ratio del collegamento effettuato dalla legge ai dati raccolti e pubblicati dall’Istituto di Statistica: tali dati, che rimangono invariati (salvi gli aggiornamenti periodici approvati sempre a cura dell’ISTAT medesimo), costituiscono un parametro di riferimento oggettivo ed omogeneo, non suscettibile di variazioni sulla base di altri elementi che, indubbiamente, potrebbero portare a valutazioni difformi da caso a caso (cfr. Tar Veneto, sent. n. 73 del 2019), e, in assenza di altre più specifiche disposizioni circa i requisiti da assumersi a riferimento per individuare “frazioni” e “centri abitati”, il riferimento ai dati ISTAT, appare in grado di assolvere efficacemente anche all’essenziale funzione di delimitare, entro parametri certi, predeterminati e oggettivi, l’attribuzione alle farmacie della qualifica di farmacia urbana o rurale (cfr. Tar Trieste, sent. n.159 del 2018;Tar Veneto, sent. n.73 del 2019).
Ebbene, applicando il quadro giuridico-normativo sopra delineato, il mancato riconoscimento alle farmacie ricorrenti dell’indennità di residenza prevista per le farmacie rurali c.d. sussidiate appare legittimo.
Infatti, per quanto riguarda la Farmacia Fedrizzi, la ULSS ha considerato, sulla base delle attestazioni del Comune di Pramaggiore, che la località in cui è ubicata la sede farmaceutica del dott. F A, in Pramaggiore via Callalta n. 54 (nel centro urbano di Pramaggiore) è collegata ad altri abitati del comune “con continuità di abitati” e che la popolazione del Comune viene rilevata complessivamente in sede ISTAT per le diverse aree del territorio ed è di circa 4.700 abitanti, per cui legittimamente la ULSS ha ritenuto che la suddetta farmacia, unica nel territorio comunale, non avesse diritto all’indennità per farmacia rurale sussidiata.
Per quanto riguarda la Farmacia Pancino, la ULSS ha valutato che, ai fini ISTAT, per il Comune di Cinto Caomaggiore si considera un unico centro abitato (non sono individuati nel territorio comunale ulteriori centri abitati o frazioni rilevanti a fini ISTAT) e che la popolazione residente, rilevata complessivamente in sede ISTAT per le diverse aree del territorio comunale, è di circa 3.300 abitanti, per cui legittimamente ha ritenuto che a tale farmacia, unica nel territorio comunale, non spettasse l’indennità per farmacia rurale sussidiata.
Anche per quanto riguarda la farmacia Alla Madonna, la ULSS ha valutato che, ai fini ISTAT, per il Comune di Annone Veneto si considera un unico centro abitato e che la popolazione residente, in base alla normativa ISTAT, viene rilevata complessivamente per le diverse aree del territorio comunale ed è di circa 4.000 abitanti, per cui legittimamente ha ritenuto che a tale farmacia, unica nel territorio comunale, non spettasse l’indennità per farmacia rurale sussidiata.
Considerato il complessivo tenore delle delibere impugnate, nelle cui premesse si fa espresso richiamo alla disciplina di cui all’art. 1 della legge n. 221 del 1968 e di cui alla legge n. 40 del 1973 nonché alla circolare regionale del 2008 che aveva evidenziato anche il criterio secondo cui bisogna tener conto delle classificazioni ISTAT, e considerata la natura vincolata dei provvedimenti in questione, in relazione ai quali, per quanto sopra esposto, è da ritenersi provato che l’esito non poteva essere diverso, non rileva quanto eccepito dal ricorrente con riferimento all’asserita inammissibile integrazione postuma della motivazione delle delibere impugnate (C.d.S., sentenza 1959 del 2019 e n. 1018 del 2014 , “…sebbene il divieto di motivazione postuma, costantemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa, meriti di essere confermato, rappresentando l'obbligo di motivazione il presidio essenziale del diritto di difesa, non può ritenersi che l'Amministrazione incorra nel vizio di difetto di motivazione quando le ragioni del provvedimento siano chiaramente intuibili sulla base della parte dispositiva del provvedimento impugnato o si verta in ipotesi di attività vincolata (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 27 agosto 2012, n. 4610 e sez. IV, 7 giugno 2012, n. 3376). Inoltre, ed in particolare, la facoltà dell'Amministrazione di dare l'effettiva dimostrazione dell'impossibilità di un diverso contenuto dispositivo dell'atto, nel caso di atti vincolati, esclude in sede processuale che l'argomentazione difensiva dell'Amministrazione, tesa ad assolvere all'onere della prova, possa essere qualificato come illegittima integrazione postuma della motivazione sostanziale, cioè come un'indebita integrazione in sede giustiziale della motivazione stessa ”).
Per quanto sopra, pertanto, i ricorsi riuniti vanno respinti.
Le spese di lite possono essere compensate in considerazione della problematicità delle questioni controverse.