TAR Latina, sez. I, sentenza 2020-08-06, n. 202000322

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Latina, sez. I, sentenza 2020-08-06, n. 202000322
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Latina
Numero : 202000322
Data del deposito : 6 agosto 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/08/2020

N. 00322/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00430/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 430 del 2019, proposto dal ten. C B, rappresentato e difeso dall’avv. F M, con domicilio eletto presso il suo studio in Latina, vico I Santorre di Santarosa 7;

contro

Ministero della difesa e Comando generale dell’Arma dei carabinieri, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;

per l’annullamento

1) della determinazione del Comandante generale dell’Arma dei carabinieri n. 28/221-2-2001 di prot. “R” del 6 aprile 2019, notificata il successivo giorno 18, con la quale si dichiara l’inammissibilità del ricorso gerarchico proposto dal ricorrente il 31 gennaio 2019 avverso l’atto di richiamo in servizio in qualità di ufficiale della riserva selezionata notificatogli il 7 giugno 2018, con il quale si chiede “ la conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato ” ed il reintegro presso l’ufficio di ultima assegnazione nel medesimo ruolo ed incarico;

2) di ogni atto presupposto e conseguente e in particolare dell’atto di richiamo in servizio notificato il 7 giugno 2018, nella parte in cui stabilisce la cessazione dal servizio stesso al 31 dicembre 2018.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa e del Comando generale dell’Arma dei carabinieri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 luglio 2020 il dott. V T e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5, d.l. 17 marzo 2020 n. 18, conv. nella l. 24 aprile 2020 n. 27;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Il ten. C B è un ufficiale della riserva selezionata dei Carabinieri che, all’esito della frequenza del corso di aggiornamento svoltosi dal 6 maggio 2018 al 7 giugno 2018 presso la Scuola ufficiali di Roma, è stato trattenuto in servizio con atto di richiamo a firma del Comandante generale dell’Arma ex art. 987, d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66, notificato il 7 giugno 2018, per essere assegnato a un ufficio del Comando generale di Roma a decorrere dall’8 giugno 2018 sino al 31 dicembre 2018.

In data 31 gennaio 2019 il ten. Barone ha proposto ricorso gerarchico al Comandante generale dell’Arma dei carabinieri per ottenere la conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a indeterminato e il reintegro presso l’ufficio di ultima assegnazione nel medesimo ruolo dell’incarico, deducendo di aver prestato oltre 36 mesi di servizio complessivo. Detto ricorso è stato dichiarato inammissibile con determinazione del Comandante generale dell’Arma dei carabinieri n. 28/221-2-2001 di prot. “R” del 6 aprile 2019, notificata il successivo giorno 18, ravvisandosi, da un lato, la natura di atto definitivo del provvedimento impugnato e, dall’altro, la tardività rispetto al provvedimento di richiamo, che è stato notificato al ten. Barone il 7 giugno 2018, giusti gli artt. 1 e 2, d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199.

2. – Con il ricorso all’esame, notificato il 17 giugno 2019 e depositato il successivo giorno 28, il ten. Barone ha impugnato gli atti indicati in epigrafe e, senza articolare alcuno specifico motivo di gravame, ne ha chiesto l’annullamento, con contestuale declaratoria della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, per superamento dei 36 mesi di servizio complessivo, e dell’obbligo di reintegro nella funzione nel ruolo nel servizio al momento del congedo al 31 dicembre 2018, ai sensi dell’art. 4- bis , d.lgs. 6 settembre 2001 n. 368, di recepimento della dir. n. 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999 dall’UNICE, dal CEEP e dal CES.

3. – Con memoria di puro stile depositata il 3 luglio 2019 si sono costituiti per resistere al ricorso il Ministero della difesa e il Comando generale dell’Arma dei carabinieri, che hanno controdedotto nel merito con successiva memoria depositata il 30 settembre 2019.

4. – All’udienza pubblica del 20 luglio 2020 la causa è stata trattenuta per la decisione.

5. – Il ricorso è infondato.

5.1 In primo luogo, appare corretta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso gerarchico adottata dal Comandante generale dell’Arma dei carabinieri, sulla base del fatto che il provvedimento impugnato in sede amministrativa ha senz’altro natura di atto definitivo, come tale non suscettibile di ricorso gerarchico ex art. 1, d.P.R. n. 1199 del 1971, essendo stato adottato dalla più alta autorità della suddetta Forza armata. Inoltre, l’atto di richiamo è stato notificato al ten. Barone il 7 giugno 2018, laddove il ricorso amministrativo è stato proposto soltanto il 31 gennaio 2019, cioè ben oltre il termine di 30 giorni prescritto dall’art. 2, d.P.R. n. 1199 cit., essendo irrilevante che gli specifici profili di lesività dell’atto siano stati individuati nell’apposizione di un termine al periodo di richiamo.

5.2 Nel merito è, poi, priva di fondamento anche la pretesa sostanziale alla conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato e indeterminato proposta dall’odierno ricorrente.

A tal fine, occorre premettere che la presente controversia rientra nella giurisdizione amministrativa esclusiva relativa “ ai rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico ” di cui agli artt. 7, comma 5, e 133, comma 1, lett. i), cod. proc. amm., tale essendo il personale militare a termini dell’art. 3, comma 1, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165;
pertanto, la cognizione di questo Tribunale si estende anche ai diritti soggettivi, qual è quello alla conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato e indeterminato, che il ten. Barone chiede sia accertato.

Tanto premesso, si osserva che nel pubblico impiego alla pretesa volta ad ottenere una pronuncia giudiziale dichiarativa del diritto alla conversione del rapporto di lavoro a termine intrattenuto con l’Amministrazione in un rapporto a tempo indeterminato osta il principio generale stabilito dall’art.97 Cost., per cui agli impieghi presso le pubbliche amministrazioni si accede per concorso, salvo i casi previsti dalla legge ( ex multis : Cass. civ., sez. un., 15 marzo 2016 n. 5072;
sez. un., 14 marzo 2016 n. 4912;
sez. lav., 2 aprile 2019 n. 9114;
sez. VI, 2 agosto 2016 n. 16095;
Cons. Stato, sez. IV, 29 maggio 2018 n. 3190;
sez. V, 14 aprile 2008 n. 1645).

Sul punto, l’art. 36, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, chiarisce che: “ In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative ”. Tale disposizione, pur dettata per il personale pubblico in regime di c.d. privatizzazione del rapporto di lavoro, è “ pacificamente applicabile all’intero settore del pubblico impiego ”, incluso quello non contrattualizzato (tra cui gli appartenenti alle Forze armate), costituendo una pietra angolare del sistema e un diretto precipitato dell’art. 97 Cost. (Cons. Stato, sez. IV, 29 maggio 2018 n. 3190;
sez. IV, 1° giugno 2016 n. 2318).

In definitiva, il meccanismo della conversione in contratto a tempo indeterminato prevista per il caso di abusivo utilizzo di contratti a termine dall’art. 4- bis , d.lgs. n. 368 del 2001, abrogato dagli artt. 21 e 55, comma 1, lett. b), d.lgs. 15 giugno 2015 n. 81, è inapplicabile al rapporto di lavoro pubblico, anche in regime di diritto pubblico, per il quale vige, in caso di violazione di norme imperative in materia, uno specifico regime sanzionatorio contenuto nell’art. 36, comma 5, d.lgs. n. 165 cit., costituito dal diritto del lavoratore al risarcimento del danno;
diritto che nella specie non è stato azionato dal ten. Barone.

La legittimità di tale sistema di tutela differenziata in ragione della natura pubblica o privata del datore di lavoro è stata confermata dalla giurisprudenza euro-unitaria, la quale ha chiarito che la clausola 5, punto 2, del prefato accordo quadro sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999, allegato alla dir. n. 1999/70/CE, non istituisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato (Corte giust. 7 marzo 2018, causa C-494/16;
7 settembre 2006, causa C-53/04).

6. – Stanti le peculiarità del caso, sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.

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