TAR Veneto, sez. III, sentenza 14/03/2003, n. 1836
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A norma dell'art.9, comma 7, del DLG n.507/1993, modificato dall'art.145, comma 55, della legge n.388/2000, i canoni di locazione dovuti per l'esposizione di messaggi pubblicitari su impianti fissi devono essere commisurati all'effettiva occupazione del suolo pubblico del mezzo pubblicitario e cio' comporta che l'ambito di discrezionalita' dell'Amministrazione comunale si estende all'individuazione delle diverse zone e dei diversi beni demaniali comunali sui quali puo' essere installato il mezzo pubblicitario, ma non all'individuazione dell'oggetto del canone, che e' commisurato unicamente all'effettiva occupazione del suolo pubblico, senza alcun riferimento alla superficie del mezzo pubblicitario. *Massima redatta dal Servizio di documentazione Economica e Tributaria.
Sul provvedimento
Testo completo
F A T T O e D I R I T T O
1. Le ditte ricorrenti operano nel settore della pubblicita' visiva
attraverso l'esposizione di messaggi pubblicitari su impianti fissi,
localizzati talvolta su suolo stradale, di solito di proprieta' demaniale
comunale, e contestano la delibera comunale avente a oggetto la nuova
disciplina dei canoni di concessione precaria di aree di proprieta' comunale
sulle quali vengono installati impianti pubblicitari, riproducendo
sostanzialmente le censure che avevano rivolto nei confronti della
precedente delibera comunale con ricorso definito con sentenza del Consiglio
di Stato numero 3614 del 29.2.2000, con cui il ricorso era stato dichiarato
irricevibile per tardivita'.
Sostengono in particolare l'illegittimita' della previsione volta a
commisurare l'entita' del canone non alla materiale occupazione di suolo
pubblico, intesa come proiezione su suolo del cartellone pubblicitario, come
del resto era previsto nella delibera consiliare 28 maggio 1976 n. 515 bis,
recante il precedente regolamento, bensi' alla superficie complessiva del
cartellone stesso portante il messaggio pubblicitario, ditalche' il canone
risulta raddoppiato nel caso in cui sulle due facce del cartellone vi siano
esposizioni pubblicitarie diverse.
La delibera impugnata poi conterrebbe un'ulteriore sfavorevole modifica
laddove stabilisce l'importo del canone per metro quadro di superficie
espositiva penalizzando le ditte esercenti la pubblicita' per conto terzi,
per le quali e' fissato un importo maggiore rispetto a quello per le ditte
in proprio.
Si e' costituita l'amministrazione comunale, eccependo l'inammissibilita'
del ricorso in quanto i ricorrenti si limiterebbero a riproporre censure
gia' esaminate dal Tribunale amministrativo nei confronti della precedente
delibera del 1990;
d'altro lato, sul presupposto che i ricorrenti non siano
tuttavia i medesimi, nei confronti della ditta Bonello si eccepisce
l'inammissibilita' di domanda nuova, perche' avrebbe dovuto essere proposta
nel primo ricorso, inammissibilita' che viene estesa anche alla ditta
xxx che, viceversa, avrebbe dovuto proporre ricorso allora.
L'inammissibilita' poi sarebbe dovuta anche al contenuto meramente
confermativo e non novativo della delibera, la quale si sarebbe limitata a
aggiornare gli importi corrispettivi, e non i criteri determinativi del
presupposto impositivo, vale a dire del canone.
Nel corso di causa l'avvocato originariamente costituito per i ricorrenti ha
rinunciato al mandato;
con memoria depositata prima dell'udienza il nuovo
procuratore ha fatto proprie le censure contenute nel ricorso originario,
aggiungendo come lo ius superveniens abbia confermato le tesi dei ricorrenti.
All'odierna udienza, dopo discussione, la causa e' passata in decisione.
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta l'illegittimita' del criterio
di determinazione del canone per violazione dell'articolo 8 del regio
decreto 8 dicembre 1933 n. 1740, poi trasfuso dall'articolo 27 del codice
della strada, in quanto nel caso in cui il bene sul quale viene installato
l'impianto pubblicitario sia una strada appartenente al comune lo stesso
sarebbe obbligato a uniformare la sua volonta' alle regole particolari che
riguardano il bene strada e quindi alla norma relativa, secondo la quale
nello stabilire la misura del canone si deve avere riguardo anche al valore
economico della concessione, valore che, nella prospettazione dei
ricorrenti, consisterebbe nello spazio effettivamente occupato, a
prescindere dalla particolare destinazione, in quanto la concessione avrebbe
per oggetto unicamente l'occupazione del suolo stradale e non l'esercizio
della pubblicita'.
In ogni caso una regolamentazione corretta, ad avviso dei ricorrenti,
avrebbe dovuto contenere sia una disposizione in caso di assenza del mezzo
pubblicitario, sia una differenziazione dei canoni in rapporto ai siti e
alla tipologia degli impianti, sia infine una equiparazione fra le ditte
esercenti la pubblicita' in proprio e quelle per conto terzi.
Con la seconda censura viene