TAR Roma, sez. II, sentenza 2015-10-13, n. 201511621
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N. 11621/2015 REG.PROV.COLL.
N. 08023/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8023 del 2012, proposto da:
Aviva Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. M S, A L e I G M, ed elettivamente domiciliata presso lo studio Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli &Partners, in Roma, Via delle Quattro Fontane, 20;
contro
IVASS - Istituto Vigilanza sulle Assicurazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati D A M Z, M B, A S e S S, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale dell’Istituto, in Roma, via Del Quirinale, 21;
nei confronti di
Soc. Consap Spa, Gestione Autonoma del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada;
per l'annullamento
- dell’ordinanza n. 2410/2012 del 19 giugno 2012, prot. n. 14 – 12 – 009661, ricevuta il 25 giugno 2012, (l’“Ordinanza”) con la quale l’Isvap ha ingiunto ad Aviva di pagare, quale sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 314, comma 2, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, la somma di euro 1.000.000,00, oltre ai diritti di notifica e spese del procedimento (pari a euro 23,40), per la violazione dell’art. 132, comma 1, del decreto legislativo n. 209/2005;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale, e, in particolare, dell’atto di contestazione n. 2331/11/VIGI/30 del 27 maggio 2011, prot. n. 17-11-002601 (l’“Atto di contestazione”) nel quale l’Isvap ha contestato ad Aviva la sussistenza della predetta violazione.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’I;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del giorno 17 giugno 2015 il Cons. Silvia Martino;
Uditi gli avv.ti, di cui al verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1. La società ricorrente è un’impresa di assicurazione, che opera, tra l’altro, nel settore r.c. auto.
Rappresenta che, in data 24 febbraio 2010, l’ISVAP inviava a tutte le imprese di assicurazione una comunicazione avente il seguente oggetto: “Indagine statistica riferita all’assicurazione di responsabilità civile autoveicoli”, con la quale richiedeva, per ciascuna delle province indicate, le tariffe che sarebbero state praticate dalle imprese stesse a partire al 1° aprile 2010 per determinate categorie di assicurati, denominate Tipo 1 (diciottenne di sesso maschile, assicurato per la prima volta, Bonus Malus, massimale minimo di legge, automobile 1300 cc, benzina), Tipo 2 (quarantenne di sesso maschile, classe di massimo sconto, bonus malus, massimale minimo di legge, automobile 1300 cc, benzina), Tipo 3 (diciottenne di sesso maschile, assicurato per la prima volta, Bonus Malus, massimale minimo di legge, ciclomotore 50 cc) e Tipo 4 (diciottenne di sesso maschile, assicurato per la prima volta, bonus malus, massimale minimo di legge, motociclo 250 cc).
In data 8 settembre 2010 l’Istituto inviava un’ulteriore comunicazione con la quale, in maniera speculare a quanto richiesto con la precedente comunicazione, chiedeva a tutte le imprese di assicurazione, per ciascuna delle province indicate, le tariffe che sarebbero state praticate dalle imprese a partire al 1° ottobre 2010.
A seguito delle risposte inviate dalla società ricorrente, in data 3 novembre 2010, l’Isvap chiedeva ad Aviva di fornire chiarimenti e documentazione in merito ad alcuni premi di tariffa in vigore al 1° ottobre 2010 applicati ad alcune categorie di assicurati ovvero in alcune zone territoriali, che sarebbero risultati significativamente elevati.
In particolare, l’Istituto rilevava che il premio di tariffa del settore I applicato per il profilo 1(diciottenne in classe di ingresso) aveva i seguenti valori: Napoli 5.130 euro, Roma e Reggio Calabria 3.716 euro, Bari, Bologna, Cagliari, Firenze e Genova 3.474 euro.
Con la medesima nota l’Isvap invitava Aviva a trasmettere le relazioni tecniche di cui all’art. 13, comma 2, del D.M. n. 99/2008, nonché elementi idonei a dimostrare la coerenza dei premi di tariffa alle proprie basi tecniche, ai sensi dell’art. 35, comma 1, del decreto legislativo n. 209/2005, il numero dei contratti ed il volume dei premi raccolti nell’esercizio 2009 nelle province considerate (Napoli, Roma, Reggio Calabria, Bari, Bologna, Cagliari, Firenze e Genova).
Con lettera del 6 dicembre 2010 Aviva forniva tutti i dati e le informazioni richieste.
Anche le ulteriori richieste di chiarimenti del 1° marzo 2011 e 27 aprile 2011, veniva riscontrate da Aviva.
Ciononostante, l’Istituto, con l’atto di contestazione di cui in epigrafe, imputava alla società la violazione dell’art. 132, comma 1, del codice delle assicurazioni private, che punisce l’elusione dell’obbligo a contrarre attuata con riferimento a determinate zone territoriali o a singole categorie di assicurati.
L’Isvap sottolineava che gli elementi forniti da Aviva evidenziavano “fattori di soggettività ed arbitrarietà per effetto dei quali la tariffa in vigore al 1° ottobre 2010 non risulta coerente con le basi tecniche di riferimento, determinando premi significativamente elevati, non giustificati, rispetto ad alcune categorie di assicurati o per determinate zone territoriali” (pag. 5 dell’atto di contestazione).
Rilevava, inoltre che “per effetto di tale condotta [...] l’impresa, per i profili oggetto di contestazione, negli anni 2009 e 2010, non ha stipulato alcun contratto;sull’intero territorio nazionale l’impresa ha stipulato per la categoria del diciottenne in classe di ingresso nel settore I, soltanto 14 contratti nel 2009 e 9 contratti nel 2010, aventi premi medi rispettivamente pari a 1.194 euro e 859 euro, significativamente inferiori a quelli oggetto di contestazione”.
Sotto il profilo tecnico – attuariale, sottolineava che “nella relazione tecnica di cui all’art. 13, comma 2, del D.M. 28 aprile 2008, n. 99 riferita alla tariffa in vigore al 1° ottobre 2010, redatta dall’attuario incaricato r.c. auto, non sono stati rinvenuti elementi atti a giustificare la correttezza dell’approccio metodologico applicato dall’impresa”(pag. 4, primo alinea dell’atto di contestazione).
In data 29 luglio 2011 Aviva rispondeva all’atto di contestazione, con una memoria (la “memoria procedimentale”).
In data 25 gennaio 2012 si teneva l’audizione presso l’Isvap, durante la quale Aviva rappresentava ulteriori argomentazioni difensive.
In data 25 giugno 2012, l’Isvap adottava il provvedimento impugnato, con il quale rigettava in toto le motivazioni addotte da Aviva a sostegno della propria posizione.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
1. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 34, COMMA 3, E 35, COMMA 1, DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 209/2005 E DELL’ART. 3 DELLA LEGGE N. 241/1990;ECCESSO DI POTERE IN TUTTE LE SUE FIGURE SINTOMATICHE E, IN PARTICOLARE, PER CONTRADDITTORIETÀ E ILLOGICITÀ MANIFESTA, DIFETTO DI ISTRUTTORIA, FALSITÀ DEI PRESUPPOSTI, TRAVISAMENTO DEI FATTI E DIFETTO DI MOTIVAZIONE.
La ricorrente - dopo aver ricostruito il quadro legislativo e regolamentare nel quale va ad inserirsi il potere esercitato dall’ISVAP, richiamando in particolare il principio di libertà tariffaria vigente in materia di assicurazioni e la disciplina posta dall’art. 34, comma 1, del decreto legislativo n. 209/2005, dall’art. 49, comma 3, del Regolamento Isvap n. 16/2008, dall’art. 14 del d.m. n. 99/2008 – evidenzia come all’attuario incaricato sia riservato l’onere professionale di verificare la coerenza delle tariffe con “i parametri di riferimento adottati”, in modo da fornire al mercato della domanda e allo stesso Isvap, garanzie di natura tecnica sulla stabilità della tariffa e sulla sua sostenibilità per l’impresa.
Fatto salvo quanto previsto dalle disposizioni testé richiamate, l’adozione dei modelli statistico attuariali per giungere alla elaborazione della tariffa non è oggetto di specifiche indicazioni normative , essendo gli stessi adottabili secondo la discrezionalità tecnica e l’esperienza del portafoglio dell’impresa e successivamente validati dall’attuano incaricato e, quindi, non esiste un riferimento unitario, prestabilito, che possa fornire un sicuro indice di riferimento per la valutazione di scostamenti oggettivi o di anomalie nella determinazione delle tariffe.
D’altro canto – prosegue la società - l’ISVAP non ha mai fornito indicazioni finalizzate a definire criteri univoci per la valutazione di questi scostamenti, lasciando ampia discrezionalità alle imprese nel definire le metodologie tecnico attuariali utilizzate nella determinazione della tariffa.
La legge consente alle imprese, entro il solo limite della coerenza, dettato dall’art. 35 del d.lgs. n. 209/2005, di strutturare le tariffe con i parametri e le profilazioni che ritiene più opportuni, anche per caratterizzare la loro offerta tipica.
Le indicazioni recate dal cit. art. 35 del d.lgs. n. 209/2005, sono dettate a garanzia della stabilità dell’impresa e della sua capacità di fare fronte adeguatamente ai sinistri attraverso una corretta tariffazione coerente con il fabbisogno del portafoglio.
Aviva precisa, altresì, che ai sensi del punto 3, lett.d) dell’allegato 2 al Regolamento Isvap n. 16/2008, anche se l’attuario non certifica gli elementi di natura commerciale adottati dall’impresa per la costruzione della tariffa, “qualora sussistano differenze significative tra i coefficienti di personalizzazione risultanti dalle analisi tecniche e quelli realmente applicati in tariffa”, deve comunque specificare nella relazione tecnica sulla tariffa “le motivazioni addotte dall’impresa ai fini dell’applicazione di questi ultimi”.
Nel caso di specie, l’attuario incaricato da Aviva non ha mai sollevato alcuna obiezione in merito alle tariffe nella propria relazione.
Gli unici limiti previsti dalla normativa applicabile sono contenuti nel cit. art. 35 del d.lgs. n. 209/2005, il quale prevede che, nella formazione delle tariffe, l’impresa debba calcolare i premi puri ed i caricamenti in coerenza con le proprie basi tecniche, sufficientemente ampie ed estese ad almeno cinque anni. Ove tali basi non siano disponibili, è previsto che l’impresa possa fare ricorso a rilevazioni statistiche di mercato.
Peraltro, da tali disposizioni non discende che la tariffa finale applicata debba essere necessariamente il frutto di un’applicazione pedissequa dei modelli statistico – attuariali.
E ciò a ragione dell’esistenza di un mercato concorrenziale, non più governato da tariffe amministrate e deliberate con provvedimento ministeriale, nel quale le imprese diversificano la propria offerta, ancorché nel rispetto delle esigenze di stabilità dell’impresa stessa e della tariffa.
Parte ricorrente ritiene che le ragioni addotte dall’Isvap nel provvedimento impugnato, siano in contrasto con il quadro normativo di riferimento e si risolvano in una illegittima ingerenza dell’Istituto nelle scelte gestionali dell’impresa e nella discrezionalità tecnica dell’attuario incaricato che le verifica.
Aviva denuncia, in particolare, l’illegittimità dell’approccio dell’ISVAP, che pretende di basare l’asserita elusione dell’obbligo a contrarre sull’analisi di un unico profilo di rischio e di un solo premio di tariffa, per di più ristretto unicamente a poche province, e di limitarsi alla constatazione dell’assenza di contratti di RCA per il solo profilo - diciottenni in classe di merito 14 – considerato.
Il concetto di coerenza con le basi tecniche, stabilito dall’art. 35 del Codice delle Assicurazioni deve essere interpretato quale sussistenza di un collegamento razionale e scientifico con la tariffa applicata e non nell’accezione imposta dall’ISVAP, di stretta attinenza ai risultati tecnici forniti dai modelli matematici utilizzati.
Aviva censura poi analiticamente le singole affermazioni del Servizio Vigilanza poste a fondamento del provvedimento impugnato, evidenziando per ciascuna di esse la presenza dei sintomi dell’eccesso di potere, nei termini di seguito indicati.
Riguardo al punto 1) della motivazione, l’Isvap asserisce che “la contestazione riguarda l’impiego di fattori di soggettività ed arbitrarietà che hanno reso incoerente l’impianto metodologico utilizzato ai fini della determinazione dei coefficienti di personalizzazione e, di conseguenza, l’applicazione di premi eccessivamente elevati, non giustificati, rispetto ad alcune categorie di assicurati [...].
Inoltre “il ricorso alla leva tariffaria, ai fini della selezione del portafoglio, può essere attuato solo ove sia prioritariamente rispettato il principio di coerenza della tariffa con le basi tecniche di riferimento, in base a quanto disposto dall’art. 35 del d.lgs. 209/2005, e la personalizzazione tariffaria non deve essere spinta al punto da far venire meno il principio mutualistico insito nel concetto di assicurazione”.
Aviva evidenzia, al riguardo, che l’Istituto è incorso in un palese vizio istruttorio.
La società, infatti, ritiene di avere dimostrato come i criteri di formulazione delle tariffe fossero rispettosi tanto del principio di coerenza, quanto del principio mutualistico.
Essa si è avvalsa dell’assistenza qualificata di esperti del settore, riconosciuti a livello internazionale (cfr. lettera Tower Watson del 29 luglio 2011, in allegato 1 alla Memoria procedimentale).
Le basi tecniche di riferimento sono espresse all’interno dei risultati dei modelli tariffari, i quali sono stati sviluppati in coerenza con il sistema CARD e impiegando per la prima volta la tecnica attuariale dei modelli lineari generalizzati.
Questi aspetti tecnici dell’approccio e la loro prima applicazione hanno portato all’individuazione di notevoli differenze esistenti tra la tariffa precedentemente utilizzata e le nuove evidenze.
Con ragionevolezza Aviva ha quindi deciso di intraprendere una variazione significativa, ma non integrale della tariffa, proprio nella direzione indicata dalle basi tecniche.
L’applicazione immediata ed integrale delle evidenze tecniche avrebbe creato variazioni molto elevate di premio sul portafoglio preesistente.
Le “manovre commerciali” stigmatizzate dal Servizio sono quindi frutto di decisioni coerenti con le basi tecniche e sono stata ampiamente documentate e giustificate da Aviva in sede procedimentale.
Essa aveva in particolare rilevato come i premi tecnici derivanti dai modelli sviluppati fossero tutti al di sopra dei premi commerciali (pag. 5 della Memoria procedimentale, paragrafo 3, 4° capoverso), ad eccezione del premio praticato a Bologna che risultava in linea con quello tecnico, e che pertanto Aviva, nonostante il valore assoluto alto dei suddetti premi, subiva un risultato economico in perdita, dal quale non era possibile desumere alcun intento elusivo.
L’Isvap non ha tenuto nel debito conto tali rilievi, con la conseguenza che il provvedimento impugnato evidenzia un palese difetto di istruttoria e un difetto di motivazione.
Nel secondo punto , l’Isvap rileva che “la criticità mossa nell’atto di contestazione in relazione ai processi di aggregazione delle variabili non riguardava solo la variabile sesso/età ma una problematica di carattere generale ovvero l’assenza di un’analisi effettuata a priori dalla società relativa ai processi di aggregazione in classi di rischio operati sulle modalità delle variabili per la tutela dell’affidabilità dei risultati ottenuti. Altrimenti verrebbe meno l’affidabilità di un sistema complesso, quale quello prescelto dall’impresa. E’ da confermare, infatti, che per il corretto funzionamento dei modelli GLM la suddivisione per classi deve essere appropriata già alla fonte, al fine di evitare elementi di alterazione e di distorsione dei risultati prodotti dal modello stesso. Aggiustamenti periodici alla tariffa preesistente, senza ripetizione dell’algoritmo di aggregazione delle variabili sono possibili solo su modelli più semplici. Il fatto di affermare che, per scelte commerciali, si è deciso di introdurre mutualità nelle classi – e in particolare per le classi più giovani – non è ovviamente una motivazione sufficiente per giustificare la totale assenza di un processo di aggregazione appropriato, sul piano tecnico” (Ordinanza, pag. 6).
In realtà, in sede procedimentale, Aviva aveva già comprovato come l’aggregazione dell’età nelle classi utilizzate fosse coerente con l’evoluzione del rischio (cfr. pagg. 8 e 9 della Memoria procedimentale).
Peraltro, se la presunta criticità dei processi di aggregazione delle variabili fosse una “problematica di carattere generale”, tale criticità sarebbe potenzialmente presente per tutti i fattori tariffari.
L’Isvap considera che ogni aggregazione di una variabile tariffaria in classi debba essere verificata prima di potere essere verificata, a tutela dell’affidabilità dei risultati ottenuti
Ma, a ben vedere, l’ipotizzata problematica di carattere generale invaliderebbe l’affidabilità di qualsiasi impianto tariffario.
Ad esempio, non risulta che le tariffe basate sul territorio provinciale siano state create per differenziare il rischio assicurativo e la stessa aggregazione dei comuni in province dovrebbe essere quindi oggetto di una verifica di coerenza prima di utilizzare le province come parametro di riferimento territoriale nelle tariffe.
Non risulta però che Isvap abbia mai condotto verifiche di questo tipo né, tantomeno, che abbia indicato una metodologia idonea per eseguire le stesse.
Peraltro, la criticità maggiore risiede non già in una aggregazione eccessiva, ma in una eccessiva differenziazione in classi di rischio, laddove l’esiguità dell’esperienza disponibile nelle singole classi non garantisce la stabilità delle basi tecniche e la correttezza delle indicazioni che ne derivano.
Il terzo punto riguarda le aggregazioni delle province .
In particolare, secondo Isvap “le zone territoriali definite da Aviva non sono [...] omogenee in termini di frequenza sinistri o costo medio, come evidenziato dagli esempi riportati nell’atto di contestazione. Sulla significativa sensibilità del modello territoriale in relazione al costo medio in caso di osservazioni limitate, è da rilevare che tale problematica avrebbe dovuto essere risolta a monte, ad esempio aggregando le province ritenute non significative, in modo da mantenere la coerenza dei premi per singole classi di rischio, subordinatamente alla significatività dei dati.
Non sono quindi condivisibili le giustificazioni dell’impresa che, a posteriori, ritiene non significativa la numerosità dei rischi anno e non realistici i conseguenti risultati procedendo ad aggiustamenti. Del resto la compagnia non ha operato, per sua stessa ammissione, in termini di omogeneità di frequenza e di costo medio ed il fatto che “ha considerato con molta attenzione le evidenze tecniche insieme ai coefficienti utilizzati, alle evidenze di mercato e alla redditività passata, come controllo di coerenza”, conferma che la stessa impresa non ha piena fiducia nei risultati del modello.
Con riguardo all’analisi univariata effettuata dall’Isvap ed i cui esiti sono riportati nell’atto di contestazione, è da sottolineare che essa costituisce uno strumento per valutare, a posteriori, le risultanze della metodologia impiegata per la determinazione di classi omogenee, qualunque essa sia;l’analisi univariata non è stata suggerita come criterio di aggregazione delle variabili”.
Aviva ritiene però di avere dimostrato sia la coerenza dell’approccio seguito nella determinazione delle classi territoriali, sia l’incoerenza dei modelli tariffari proposti ex adverso (pag. 9 della Memoria procedimentale).
In particolare, con riferimento alla corretta impostazione dei modelli GLM (modelli lineari generalizzati), non risulta sussistere alcuna regola di tecnica attuariale che confermi la necessità della separazione di frequenza e costo medio.
Tali modelli, secondo i loro sviluppi più recenti, possono operare direttamente sul premio puro in assoluta correttezza, utilizzando una distribuzione territoriale denominata “tweedie” che analizza simultaneamente la frequenza e il costo medio dei sinistri.
L’algoritmo di spostamento delle province nelle classi ha il preciso obiettivo di aggregare province più simili possibili, in termini di premio puro complessivo, nelle classi di rischio.
Riguardo alla sensitività dei modelli in caso di osservazioni limitate, si tratta di un punto fondamentale per trasformare la sola conoscenza teorica della tariffazione in una corretta tariffazione nel mondo reale. I risultati dei modelli devono essere sempre considerati insieme alla loro “credibilità”, espressa tecnicamente tramite intervalli di confidenza, che dipende dalla quantità di informazione disponibile nei vari profili di assicurati studiati.
L’Isvap consiglia, ad esempio, l’aggregazione delle province ritenute non significative (cioè di aggregare tutte le province in cui Aviva ha pochi assicurati attribuendo loro lo stesso coefficiente tariffario).
La società si chiede sulla base di quali parametri, secondo l’Isvap, possa essere verificata la coerenza di questa aggregazione.
L’Isvap, comunque, commette un errore metodologico che rende inaffidabili le sue valutazioni.
Gli esempi menzionati su varie province per dimostrare l’ipotizzata incoerenza dei modelli sviluppati dall’impresa, riportano dati univariati, confrontandoli con le evidenze territoriali di Aviva, frutto, all’opposto, di un approccio integrato con i modelli GLM.
Per le loro caratteristiche tali evidenze non sono confrontabili, perché il risultato dei modelli GLM neutralizza l’effetto, per ogni provincia, della diversa distribuzione della popolazione nelle altre caratteristiche tariffarie, mentre l’analisi univariata non lo consente.
Nel quarto punto , l’Isvap obietta che “in merito agli interventi commerciali si osserva che, in riferimento alla variabile zona territoriale (per la quale l’Autorità dispone di maggiori dettagli), questi non si limitano a casi sporadici. In particolare, i coefficienti commerciali che si discostano da quelli tecnici di una percentuale maggiore del 5% (di segno positivo o negativo) rappresentano circa il 40% del rischio anno. E anche considerando una soglia più elevata, pari al 10%, i ritocchi di natura commerciale ai coefficienti tecnici sono ancora in misura rilevante (nell’ordine del 25% dei casi).
Pertanto, anche se si considera ragionevole il fatto di non volere stravolgere la tariffa precedente, è da rilevare, comunque, che le manovre commerciali non possono essere tali da annullare, di fatto, i risultati di un modello tecnico di riferimento, poiché altrimenti la tariffa non può più considerarsi coerente con le basi tecniche [...]” (pag. 7 dell’Ordinanza).
Anche in relazione a tale profilo della motivazione, la società ritiene sussistere un palese difetto di istruttoria.
Aviva ha applicato per la prima volta i modelli GLM nella determinazione delle tariffe e ha richiesto l’assistenza di consulenti esterni qualificati per il loro sviluppo. Le evidenze tecniche derivate sono risultate nettamente diverse dalla tariffa precedentemente applicata. Per questo motivo, nonostante le indicazioni tecniche siano state pienamente considerate come direzione dell’intervento, non sono state integralmente applicate, al fine di assicurare una minima continuità con i prezzi precedentemente applicati.
Inoltre, le considerazioni di Aviva su potenziali anomalie statistiche sono state sempre riferite a casi di esperienza limitata, prendendo di conseguenza decisioni più prudenziali di variazioni tariffarie in attesa di riconsiderare la decisione nelle tariffe seguenti, con maggiore informazione raccolta.
Nel quinto punto , l’Isvap asserisce che “in relazione alle controdeduzioni specifiche dell’impresa sui coefficienti territoriali per le province indicate nell’atto di contestazione è da osservare, a titolo esemplificativo, che nonostante la volontà espressa da Aviva di non volere modificare il premio in maniera drastica rispetto alla tariffa precedente per non perdere il portafoglio esistente, per Napoli (zona urbana), Bari (zona urbana) e Reggio Calabria (zona urbana) tale principio non è stato rispettato in quanto la variazione risulta, rispettivamente, del + 35,1%, + 28,4% e + 15%. Per Pavia (zona urbana) invece, sebbene il modello avesse fornito un coefficiente tecnico elevato, quasi doppio rispetto alla tariffa uitlizzata in precedenza, è stato applicato un coefficiente più basso non solo di quello risultante dal modello tecnico ma anche rispetto a quello adottato per la tariffa precedente.
Anche in relazione alla richiamata esigenza di creare mutualità tra zona urbana ed extraurbana della stessa provincia, è da osservare che mentre per alcune province la notevole differenza dei coefficienti tecnici è stata considerata inaffidabile e si è applicato pressoché un coefficiente molto simile (ad esempio per Potenza e Pistoia), o addirittura coincidente (ad esempio per Pavia), in altre province, come ad esempio per Genova, ciò non è avvenuto. Infatti, per tale ultima provincia sono stati applicati esattamente i coefficienti tecnici senza alcuna correzione portando ad una tariffa applicata per la zona urbana superiore del 32% circa rispetto alla zona extraurbana.
Ulteriori analisi condotte dall’Autorità evidenziano notevoli differenze di comportamento da regione a regione;in particolare, gli aggravi di premo rispetto alla tariffa tecnica sono concentrati, in ordine decrescente, nelle regioni Emilia Romagna, Liguria, Campania, Lombardia e Lazio, mentre tutte le altre regioni usufruiscono di sconti”.
Si tratta di obiezioni che Aviva considera fuorvianti.
La esplicita volontà della società di non modificare il premio in maniera drastica è limitata ai casi in cui l’evidenza tecnica è moderatamente diversa dalla tariffa precedente oppure ai casi in cui l’esperienza limitata raccomanda di confermare l’evidenza tecnica in futuro prima di applicare la tariffa in modo più affermato.
Nei casi in cui l’esperienza è ampia e l’indicazione tecnica è di netto aumento dei coefficienti, Aviva ha sufficienti elementi per poter decidere un aumento deciso dei coefficiente, sempre nei limiti dell’indicazione derivante dai modelli.
Gli esempi menzionati non possono essere considerati senza il contesto di esperienza disponibile e senza considerare il processo decisionale descritto e documentato in sede procedimentale (pag. 12 e ss. Memoria).
L’Isvap non ha tenuto in alcun conto tale processo decisionale.
Anche in questo caso, perciò, la società ritiene il provvedimento viziato sotto il profilo istruttorio e motivazionale.
Nel sesto punto l’amministrazione sostiene che “le stime condotte da Aviva sulla base dei dati di mercato, fornite per provare di avere avuto in portafoglio un’esposizione e un numero effettivo di polizze del profilo oggetto di contestazione in linea o superiore alla corrispondente quota di mercato, sebbene rappresentino profili vicini ai casi contestati, non sono esattamente confrontabili con essi in quanto trascurano gli effetti di altre variabili (alimentazione, massimale, età del veicolo..” (pag. 8 dell’Ordinanza).
Aviva ritiene di avere dimostrato e documentato di avere in portafoglio assicurati simili al profilo contestato superiore alla sua quota di mercato, il che è sufficiente a dimostrare l’assenza di qualsiasi ipotetico effetto elusivo.
Nel settimo punto l’Isvap afferma che la società avrebbe operato sui risultati tecnici “aggiustamenti ad hoc” non giustificati tecnicamente, che non sarebbero accettabili, in quanto “gli aggiustamenti favorevoli ad alcun categorie di assicurati si sono tradotti inevitabilmente in un notevole aggravio di premio su altre categorie di assicurati”.
La società evidenzia però che se, relativamente ai profili contestati, avesse seguito maggiormente le indicazioni tecniche, le tariffe sarebbero state più elevate.
In conclusione, essa ritiene che l’impianto accusatorio sul quale l’Isvap ha fondato l’incoerenza delle tariffe con le basi tecniche sia del tutto fallace.
II. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 6, 29 E 39