TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2012-09-06, n. 201207601

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2012-09-06, n. 201207601
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201207601
Data del deposito : 6 settembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10337/2010 REG.RIC.

N. 07601/2012 REG.PROV.COLL.

N. 10337/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10337 del 2010, proposto da:
Soc Eurocopter, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. C V, S L, G M, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, Macchi di Cellere Gangemi in Roma, via Giuseppe Cuboni, 12;

contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro pro tempore, e il Comando Generale delle Capitanerie di Porto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Soc Augusta Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Vittorio Angiolini, Marco Cuniberti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Paolo Vaiano in Roma, Lungotevere Marzio, 3;

per l'annullamento

del decreto n. 819/2008 del 24 settembre 2008 con cui il Comandante Generale del corpo delle Capitanerie di porto ha approvato l'acquisto di un elicottero Agusta AW 139 allestito e configurato guardia costiera;

del decreto n. 908/2008 del 14 ottobre 2008 con cui il Comandante generale ha approvato l’atto aggiuntivo – repertorio 238/2008 – stipulato in data 10 ottobre 2008 per la fornitura di un elicottero Agusta AW 139 allestito e configurato guardia costiera;

e per

la dichiarazione di inefficacia dei relativi contratti ed il risarcimento dei danni.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Comando Generale delle Capitanerie di Porto e di Soc Augusta Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 maggio 2012 il dott. G L P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente, premesso di essere una società con sede in Francia specializzata e attiva nella progettazione, sviluppo e produzione di elicotteri per uso civile e militare, espone di essere venuta a conoscenza, a seguito di accesso agli atti esercitato in data 20 agosto 2010, dell’acquisto , da parte dell’Amministrazione intimata, di quattro elicotteri Agusta AW 139, preposti allo svolgimento da parte della Guardia Costiera di operazione di salvataggio e sorveglianza della costa, a trattativa privata e senza pubblicazione di un bando di gara.

Con il ricorso in epigrafe impugna quindi, ai fini dell’annullamento e della conseguente dichiarazione di inefficacia dei relativi contratti, gli ultimi due acquisti e, in particolare, quelli disposti con i decreti nn. 819 e 908 del 2008, ritenuti illegittimi per violazione delle norme sull’evidenza pubblica di cui alla direttiva 2004/18/CE, articoli 2,28, 31 e 35, e del d. lgs. n. 163/2006, articoli 2 e 57.

Assume in particolare la ricorrente che non sussistevano i presupposti per la deroga, invocata dall’amministrazione, e di cui all’art. 57 comma 2 lett. b) del d. lgs. 163/2006 e all’art. 31 della direttiva citata, non avendo l’amministrazione esplicitato adeguatamente le ragioni per le quali l’utilizzazione di elicotteri diversi dal modello Agusta acquistato potesse comportare incompatibilità o difficoltà tecniche di uso o di manutenzione sproporzionate;
al contrario, anche in ragione della standardizzazione delle caratteristiche tecniche dei velivoli adibiti all’elisoccorso, ben avrebbe potuto l’amministrazione reperire sul mercato, attraverso un confronto concorrenziale fra le imprese produttrici, secondo le regole generali dell’evidenza pubblica, altri modelli parimenti rispondenti alle esigenze perseguite.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata ed ha chiesto il rigetto del gravame, facendo rilevare, fra l’altro, che l’acquisto a trattativa privata contestato è stato preceduto dalla verifica dell’assoluta assenza di concorrenza sui principali mercati, essendo risultato l’elicottero AW 139 l’unico in grado di rispondere, nell’ambito del segmento prestazionale ed economico di riferimento, ai requisiti tecnici e di sicurezza individuati con specifico provvedimento elaborato dal reparto Piani e Operazioni in data 15 settembre 2003.

Si è costituita altresì la società Agusta ed ha eccepito, in via preliminare, l’irricevibilità del ricorso per tardività, ai sensi dell’art. 120 del codice del processo amministrativo, sia rispetto al termine di cui al n. 2 che rispetto a quello del n. 5, perché notificato dopo sei mesi dalla stipulazione dei contratti e dopo trenta giorni dalla data di conoscenza degli atti impugnati.

Alla pubblica udienza del giorno 10 maggio 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione nel merito.

DIRITTO

Il ricorso è irricevibile.

Osserva in via preliminare il Collegio che la società ricorrente, per sua stessa ammissione, ha avuto piena conoscenza degli atti impugnati soltanto in data 20 agosto 2010, in esito all’esercizio del diritto di accesso e che, pertanto, non è applicabile alla fattispecie la disposizione di cui all’art. 120 n. 5 del codice del processo, entrato in vigore in data 16 settembre 2010, quando il termine per l’impugnazione degli atti in questione, decorrente dalla data della conoscenza, era già pendente.

Infatti, come correttamente sostenuto dalla stessa ricorrente, l’introduzione di un termine processuale non può operare in maniera retroattiva rispetto all’impugnazione di atti pregressi e per l’impugnazione dei quali era già pendente il termine previsto dalla disciplina previgente.

Nel caso di specie, dunque, la disciplina dei termini per l’impugnazione va rinvenuta, a parere del Collegio, nella norma di cui all'art. 8, comma 2 quinquies, del d.lgs. n. 53 del 2010 che ha modificato l'art. 245, comma 2quinquies, lett. a), del d.lgs. n. 163 del 2006, disponendo la riduzione a trenta giorni del termine ordinario di decadenza dei sessanta giorni per l’impugnazione degli atti di affidamento di commesse pubbliche.

Non può infatti essere condiviso l’assunto di parte ricorrente secondo il quale, essendo stati adottati gli atti impugnati con il ricorso in trattazione prima dell’entrata in vigore della stessa disciplina introdotta dal d. lgs. n. 53/2010, dovrebbe trovare applicazione alla fattispecie il termine ordinario di sessanta giorni di cui all’art. 21 della legge 1034/1971.

Ed infatti, secondo il principio sopra segnalato, la nuova disciplina di cui al d.lgs. 20 marzo 2010 n. 53 non può trovare applicazione per l’impugnazione di atti i cui termini, al sopravvenire della nuova disciplina, fossero già iniziati a decorrere in conformità alla disciplina previgente, in quanto una contrazione retroattiva degli stessi risulterebbe in contrasto con le garanzie della tutela giurisdizionale di cui agli artt. 24 e 111 Cost. ( cfr. fra le altre Cons. Stato V, 22.3.2012 n. 1641);
ma trova sicuramente applicazione nel caso di impugnazione di atti il cui termine di ricorso non sia ancora iniziato a decorrere al momento dell’entrata in vigore della nuova disciplina.

La decorrenza del termine di impugnazione , nel processo amministrativo, non è legata al momento dell’adozione dell’atto ma al momento della sua conoscenza da parte dei destinatari legittimati all’impugnazione nelle forme previste dalla legge;
ed è a quel momento che va quindi riferita la disciplina processuale applicabile anche con riguardo al termine decadenziale.

Nel caso di specie la ricorrente, per sua stessa ammissione, non essendo stata destinataria di comunicazioni relative all’adozione degli atti impugnati, ne ha avuto piena conoscenza soltanto in seguito all’esercizio del diritto di accesso, e quindi in data 20 agosto 2010, successivamente all’entrata in vigore della disciplina introdotta dal d. lgs. n. 53 del 2010.

Né può essere condiviso l’assunto, pure sostenuto da parte ricorrente, per cui il nuovo termine di trenta giorni, di cui al decreto legislativo n. 53, possa trovare applicazione soltanto ai casi in cui il ricorrente avesse ricevuto le comunicazioni di cui all’art. 79 del codice dei contratti argomentando a contrario dal fatto che soltanto l’art. 120 del successivo codice del processo amministrativo contiene esplicito riferimento, con formula di chiusura, alla decorrenza del termine abbreviato anche dalla conoscenza dell’atto avuto attraverso mezzi diversi ( “ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto” ).

Come recentemente chiarito dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, infatti, l'art. 79 d.lgs. 12 aprile 2006. n. 163 è stato novellato dal d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53 al fine di garantire piena conoscenza e certezza della data di conoscenza in relazione agli atti di gara, segnatamente esclusioni e aggiudicazioni, e sono state pertanto previste forme puntuali di comunicazione;
e, tuttavia la norma da un lato non prevede le forme di comunicazione come "esclusive" e "tassative", dall'altro lato non incide sulle regole processuali generali del processo amministrativo, in tema di decorrenza dei termini di impugnazione dalla data di notificazione, comunicazione o comunque piena conoscenza dell'atto ( cfr. Consiglio di Stato  sez. VI,  13 dicembre 2011  n. 6531).

Sicché, l'art. 79 lascia in vita la possibilità che la piena conoscenza dell'atto, al fine del decorso del termine di impugnazione, sia acquisita con altre forme, ovviamente con onere della prova a carico di chi eccepisce la avvenuta piena conoscenza con forme diverse da quelle di cui all'art. 79 medesimo;
questo implica che se la comunicazione non avviene con le forme previste dalla citata norma, il termine decorre dalla piena conoscenza altrimenti acquisita.

Diversamente argomentando, e ritenendo secondo la prospettazione della ricorrente, che il termine abbreviato introdotto dal d. lgs. 53/2010 sia applicabile solo per l’impugnazione degli atti comunicati nelle forme dell’art. 79 del codice dei contratti, si finirebbe con l’introdurre un inammissibile vulnus alla regola generale per la quale il termine di impugnazione del provvedimento amministrativo decorre dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell'atto.

Alla luce di quanto sopra, il ricorso va ritenuto tardivo perché notificato soltanto in data 16 novembre 2010, a fronte di una conoscenza degli atti impugnati sicuramente riferibile alla data del 20 agosto 2010, quando il termine di trenta giorni di cui di cui all'art. 8, comma 2 quinquies, del d.lgs. n. 53 del 2010 che ha modificato l'art. 245, comma 2quinquies, lett. a), del d.lgs. n. 163 del 2006, era già decorso.

Il ricorso è quindi irricevibile. Analogamente irricevibile è quindi la richiesta di dichiarazione di inefficacia dei contratti.

La ricorrente ha poi, in via subordinata, proposto domanda di risarcimento dei danni subiti a causa della mancata indizione di una gara pubblica per l’affidamento della fornitura.

La domanda va rigettata nel merito per difetto del presupposto, ex art. 2043 c.c., del nesso di causalità.

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 2011, intervenendo sulla questione dei rapporti fra domanda di annullamento e domanda di risarcimento del danno, con riferimento all’ipotesi in cui la domanda di annullamento dell’atto lesivo sia dichiarata irricevibile per tardività, ha chiarito come la domanda di risarcimento danni debba essere esaminata dal giudice amministrativo anche se l'azione per l' annullamento dell'atto lesivo sia stata da lui dichiarata irricevibile;
ciò anche nei giudizi iniziati prima dell’entrata in vigore del nuovo codice del processo amministrativo che, all’art. 30, ha espressamente previsto l’autonomia dell’azione risarcitoria nel processo amministrativo rispetto a quella di annullamento, superando definitivamente la questione della c.d. pregiudizialità amministrativa.

E tuttavia, nella verifica della sussistenza dei presupposti di fondatezza della pretesa risarcitoria, ex art. 2043 c.c., la mancata impugnazione dell’atto lesivo ( come anche l’impugnazione irricevibile o inammissibile) assume specifico rilievo ai fini della configurazione del nesso di causalità fra fatto lesivo e danno risarcibile.

Assume rilievo, in particolare, il più volte citato disposto dell'art. 1227, comma 2, del codice civile - norma applicabile anche in materia aquiliana per effetto del rinvio operato dall'art. 2056 - che, dando seguito ad un principio già affermato dalla dottrina francese ottocentesca, considera non risarcibili i danni evitabili con un comportamento diligente del danneggiato.

L'Adunanza, riprendendo le indicazioni già in precedenza fornite, reputa infatti che la regola della non risarcibilità dei danni evitabili con l'impugnazione del provvedimento e con la diligente utilizzazione e degli altri strumenti di tutela previsti dall'ordinamento, oggi sancita dall'art. 30, comma 3, del codice del processo amministrativo, sia ricognitiva di principi già evincibili alla stregua di un' interpretazione evolutiva del capoverso dell'articolo 1227 cit. e, in quanto tale, applicabile anche ai giudizi soggetti alla disciplina previgente.

La norma, secondo la Plenaria, introduce un giudizio basato sulla cd. causalità ipotetica, in forza del quale non deve essere risarcito il danno che il creditore non avrebbe subito se avesse serbato il comportamento collaborativo cui è tenuto, secondo correttezza e, sul piano teleologico, costituisce espressione del più generale principio di correttezza nei rapporti bilaterali, mirando a prevenire comportamenti opportunistici che intendano trarre occasione di lucro da situazioni che hanno leso in modo marginale gli interessi dei destinatari tanto da non averli indotti ad attivarsi in modo adeguato onde prevenire o controllare l'evolversi degli eventi

Nel novero dei comportamenti esigibili dal destinatario di un provvedimento lesivo, secondo la Plenaria, è sussumibile, ai sensi dell'art. 1227, comma 2, c.c., anche la formulazione, nel termine di decadenza, della domanda di annullamento, quante volte l'utilizzazione tempestiva di siffatto rimedio sarebbe stata idonea, secondo il ricordato paradigma della causalità ipotetica basata sul giudizio probabilistico, ad evitare, in tutto o in parte, il pregiudizio.

Ora, nel caso di specie, applicando le regole prima esposte che presiedono al giudizio di causalità ipotetica in materia risarcitoria, il Collegio ritiene di poter concludere che i danni lamentati dalla ricorrente avrebbero potuto essere evitati se l'impresa si fosse tempestivamente avvalsa degli strumenti di tutela predisposti all'uopo dall'ordinamento ed avesse posto in essere le ulteriori iniziative esigibili ex bona fide.

In primo luogo, la tardività del ricorso ha comportato l’impossibilità di conseguire la dichiarazione di inefficacia dei contratti che hanno avuto integrale esecuzione.

Inoltre assume rilevanza anche la circostanza che la ricorrente non solo non abbia proposto domanda di misure provvisorie in corso di causa, ma non abbia neanche sperimentato la via dei ricorsi amministrativi, così come non abbia compiuto atti volti a stimolare l'autotutela al pari di atti di iniziativa finalizzati a richiedere l’applicazione delle regole dell’evidenza pubblica e la partecipazione alle procedure selettive..

La tempestiva utilizzazione dei rimedi processuali e amministrativi avrebbe consentito di ottenere una tutela specifica dell'interesse leso. Si deve allora convenire che il comportamento della ricorrente ha assunto un ruolo eziologico decisivo nella produzione di un pregiudizio che il corretto utilizzo dei rimedi rammentati, inquadrato nella condotta complessiva esigibile, avrebbe plausibilmente consentito di evitare, alla luce dei vizi denunciati, della gravità del pregiudizio lamentato e del tasso di effettività della tutela che i mezzi non sperimentati o tardivamente utilizzati avrebbero consentito di ottenere.

Conclusivamente la domanda di risarcimento del danno va quindi rigettata.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi euro 4000,00 ( euro quattromila).

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