TAR Milano, sez. I, sentenza 2023-05-23, n. 202301236

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. I, sentenza 2023-05-23, n. 202301236
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202301236
Data del deposito : 23 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/05/2023

N. 01236/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00437/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 437 del 2020, proposto da
Gp Infrastrutture S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati M Z e L P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio degli stessi in Milano, via Dante, 16;

contro

A - Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato, con domicilio ex lege nei suoi uffici in Milano, via Freguglia, 1;

nei confronti

P B, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- della deliberazione del 27 dicembre 2019, n. 570/2019/R/Gas, avente ad oggetto la “Regolazione tariffaria dei servizi di distribuzione e misura del gas per il periodo di regolazione 2020-2025” e del relativo allegato A, Parte II, del “Testo Unico delle disposizioni della regolazione della qualità e delle tariffe dei servizi di distribuzione e misura del gas per il periodo di regolazione 2020-2025”;

- di ogni atto antecedente, conseguente e connesso, ivi inclusi:

a) il Documento di Consultazione n. 410/2019/R/Gas;

b) il Documento di Consultazione n. 170/2019/R/Gas;

c) la deliberazione 23 ottobre 2018, n. 529/2018/R/Gas, di avvio del procedimento;

d) la “Nota informativa su determinazione corrispettivi unitari a copertura dei costi operativi” del 14 febbraio 2020.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di A - Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente;

Visti tutti gli atti della causa;

Viste le memorie delle parti;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 aprile 2022 la dott.ssa Rosanna Perilli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1) GP Infrastrutture a r.l. gestisce, per conto di vari Comuni, il servizio di distribuzione del gas naturale ed appartiene alla categoria delle imprese di medie dimensioni, con un numero di punti di riconsegna (PDR) compreso tra 50.000 e 300.000.

Con ricorso notificato il 24 febbraio 2020, depositato il 28 febbraio 2020, la società ha domandato l’annullamento della deliberazione del 27 dicembre 2019 n. 570/2019/R/gas, con la quale l’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (d’ora in avanti solo ARERA) ha adottato la disciplina tariffaria dei servizi di distribuzione e di misura del gas per il quinto periodo regolatorio (2020-2025), nonché degli atti ad essa presupposti, connessi e conseguenti.

Premessa una sintetica descrizione del contesto di riferimento e l’enunciazione dei profili di criticità che, a parere della ricorrente, connotano la deliberazione impugnata, il ricorso espone le censure seguenti:

i) nonostante l’autovincolo derivante dalla disciplina di cui ARERA si è dotata in materia di analisi di impatto della regolazione, che impone l’obbligo di adozione di detto strumento per le delibere di regolazione tariffaria, nessuna relazione AIR è stata predisposta e allegata alla delibera 570. Tale omissione configura un autonomo motivo di illegittimità e al contempo un indice sintomatico della carenza di istruttoria che ha determinato le criticità denunciate con i motivi seguenti (primo motivo);

ii) al fine di determinare i costi unitari del servizio, da assumere a parametro per il relativo riconoscimento in tariffa, ARERA ha identificato nove categorie di operatori, differenziando i valori unitari in base alla dimensione dell’impresa (numero clienti serviti) e alla densità di clientela (numero pdr per metro di condotta). In base a tale impostazione, ARERA riconosce che, a pari densità, il costo unitario si riduce al crescere delle dimensioni delle imprese per i maggiori risparmi derivanti da economie di scala;
tuttavia, a dispetto di tale evidenza, la delibera impone tassi di efficientamento inversamente proporzionali alle dimensioni delle imprese, con previsione di tassi crescenti al ridursi delle dimensioni, favorendo contraddittoriamente le imprese maggiori, assunte irragionevolmente a parametro di maggiore efficienza e penalizzando le PMI, immaginando una loro irrealistica maggiore capacità di recupero della produttività, con effetti distorsivi della concorrenza e in totale assenza di specifiche analisi sull’effettiva capacità delle PMI di raggiungere gli obiettivi di efficientamento fissati dalla delibera (secondo motivo);

iii) in violazione del principio – più volte ribadito dalla giurisprudenza amministrativa – secondo cui il tasso di recupero della produttività dev’essere decrescente nel tempo (c.d. decalage ), la delibera ha fissato l’ x-factor per il servizio di distribuzione, in misura fissa e non decrescente nel corso del periodo regolatorio (terzo motivo);

iv) nel passaggio dal quarto al quinto periodo regolatorio, il tasso di recupero della produttività, anziché ridursi, come sarebbe lecito attendersi per la notoria decrescita nel tempo dei margini di recupero della produttività, subisce una irragionevole impennata, passando, per le medie imprese, dal 2,5% al 4,79%. Tale irragionevolezza è ulteriormente aggravata dalla riduzione dei livelli iniziali dei costi ammessi a copertura tariffaria, assunti a parametro di riferimento per il calcolo dell’ x factor da applicare nel nuovo periodo regolatorio (quarto motivo);

v) ARERA ha imposto una insostenibile contrazione dei costi operativi, nella misura del 42% per le piccole imprese, 39% per le medie e 37% per le grandi imprese, senza alcuna analisi sulla effettiva capacità delle PMI di raggiungere siffatti recuperi di efficienza. L’impianto tariffario delineato da ARERA è falsato, perché fondato sulla supposizione che i costi operativi delle grandi imprese si siano ridotti, senza considerare che tale riduzione è solo apparente ed è l’effetto di un’operazione puramente contabile consistita nel trattare i costi operativi come capitalizzazioni, ossia nel trasferire le relative voci dalla componente Opex alla componente Capex, remunerata in tariffa “a piè di lista”. La distorsione dei livelli di x factor fissati dall’Autorità deriva anche dall’inattendibilità delle analisi condotte su un campione sbilanciato sulle grandi imprese e non rappresentativo delle piccole (quinto motivo);

vi) la decisione di ARERA di intervenire solo sulla voce tariffaria dei costi operativi, senza un riequilibrio sulle altre componenti tariffarie, genera disparità di trattamento, perché penalizza le PMI, che espongono un forte disallineamento nei valori di RAB riconosciuti agli esercenti e non beneficiano dei risparmi nella componente Tcot derivanti dalle economie di scala proprie dei grandi operatori (sesto motivo);

vii) in contrasto con le misure proconcorrenziali previste nel “Decreto gare”, che ammettono le PMI alle gare per l’affidamento dei nuovi ambiti territoriali in base alla loro capacità di competere, l’impostazione seguita da ARERA nell’approvare la nuova regolazione tariffaria tradisce l’intento sviato di espellere dal mercato le PMI, forzandone l’aggregazione (settimo motivo);

viii) in relazione alla determinazione del tasso di remunerazione del capitale investito, ARERA – a differenza di quanto previsto nei precedenti periodi regolatori - ha ridotto il coefficiente Beta per il servizio di misura da 0,502 a 0,439, allineandolo a quello previsto per il servizio di distribuzione (rimasto invariato rispetto al precedente periodo regolatorio), sulla base dell’assunto che il rischio sistemico per i due servizi risulterebbe omogeneo. Tale scenario, tuttavia, è riferibile unicamente alle imprese di grandi dimensioni che, per obblighi regolatori, erano tenute ad installare almeno il 50% dei nuovi misuratori entro il 2019, ma non per le imprese di minori dimensioni, per le quali gli obblighi di sostituzione prevedono tempistiche dilatate fino al 2023, con il risultato di subire una remunerazione minore rispetto a quella fruita dai grandi operatori (ottavo motivo);

ix) l’importo della componente Trac , relativa all’attività di raccolta, validazione e registrazione dei dati di misura, benché riconosciuto in aumento rispetto ai valori precedenti, non è sufficiente ad assorbire i maggiori costi che la ricorrente sostiene per l’estrazione e la trasmissione dei dati di misura che hanno una quotazione unitaria di € 3,60 pari al triplo dell’importo riconosciuto per tale voce (nono motivo).

Ha resistito al ricorso ARERA, con articolate memorie difensive.

Con memoria finale la ricorrente ha chiesto che, non essendo stata disposta una specifica Verificazione nell’ambito del presente giudizio, sia acquisita la Verificazione effettuata in giudizio proposto da altra impresa di medie dimensioni e, quanto alla determinazione dei costi operativi effettivi per l’anno 2018, anche la Verificazione depositata nei giudizi relativi ad imprese di medie dimensioni.

Nella memoria di replica, anche ARERA ha chiesto, in via istruttoria e quale prova atipica, l’acquisizione al giudizio della relazione finale dei Verificatori depositata nell’ambito di giudizio analogo (487/2020).

Alla pubblica udienza del 21 aprile 2022 la causa è stata discussa e trattenuta in decisione.

2) In via preliminare, per la rilevanza che potrà assumere ai fini della decisione, il Tribunale ritiene di aderire alla richiesta congiunta delle parti di acquisire al presente giudizio la relazione finale dei Verificatori depositata in data 31 marzo 2022, in analoghi giudizi.

Vale osservare che il ricorso qui in esame è stato trattato in connessione con altri analoghi chiamati all’udienza odierna, in quanto aventi tutti ad oggetto la domanda di annullamento della deliberazione anche qui impugnata per profili di censura in larga parte attinenti ai medesimi aspetti regolatori.

Al contempo, alcuni dei quesiti posti dal Tribunale ai Verificatori investono profili regolatori comuni alle singole posizioni con indubbia valenza generale e, pertanto, le risultanze della pertinente istruttoria possono essere assunte quale utile ausilio tecnico anche nel presente giudizio, per ragioni di celerità e sintesi processuale.

Come noto, l’ammissibilità della prova formata in un processo diverso dipende dal rispetto delle regole sul contraddittorio che debbono essere applicate al processo nel quale si vuole introdurre tale prova. O, A ha partecipato a tutte le fasi del procedimento istruttorio di verificazione e, in tale ambito, ha esercitato pienamente le proprie prerogative difensive, mediante l’esposizione di osservazioni riferite ai singoli quesiti;
per altro verso, è la società ricorrente, benché non partecipe alla fase istruttoria, che chiede l’acquisizione della Verificazione effettuata nell’ambito di un giudizio proposto da altra Società avente le medesime caratteristiche di impresa di media dimensione.

In tale quadro, connotato da assenza di contestazioni sul punto e anzi dalla esplicita richiesta delle parti, il Tribunale ritiene che le analisi dei Verificatori sul funzionamento del mercato e sui parametri generali di sistema siano rilevanti anche per la soluzione della presente controversia e che se ne possa pertanto disporre la rituale acquisizione nel presente giudizio quale prova atipica, nei limiti della pertinenza rispetto ai profili di censura esposti nel ricorso.

Del resto, la possibilità di avvalersi degli “ approfondimenti istruttori disposti tramite verificazione negli analoghi gravami, da acquisire nel presente giudizio in termini di prova atipica” è stata già ammessa, in situazione affatto analoga a quella in esame, proprio in controversie promosse contro provvedimenti generali di ARERA (cfr., tra le altre, Cons. St. 5889/2020;
id. 4914/2021;
3712/2022;
9057/2022).

Tanto premesso, ai fini della soluzione di alcune delle questioni controversie, il Tribunale assume a riferimento la verificazione depositata nell’ambito del giudizio avente RG n.478/2020.

3) Con il secondo motivo di ricorso si assume l’irragionevolezza della misura adottata da ARERA con l’articolo 16 dell’Allegato A alla deliberazione impugnata, che impone tassi di efficientamento dei costi operativi inversamente proporzionali alle dimensioni delle imprese, con previsione di tassi crescenti al ridursi delle dimensioni, favorendo contraddittoriamente le imprese maggiori, assunte irragionevolmente a parametro di maggiore efficienza e penalizzando le PMI, immaginando una loro irrealistica maggiore capacità di recupero della produttività, con effetti distorsivi della concorrenza e in totale assenza di specifiche analisi sull’effettiva capacità delle PMI di raggiungere gli obiettivi di efficientamento fissati dalla delibera. Così operando, ARERA avrebbe imposto alle piccole e alle medie imprese del settore della distribuzione del gas un enorme sforzo di efficientamento, senza aver condotto un’analisi sulla loro potenzialità di recupero dell’efficienza e nonostante le PMI non godano dei vantaggi derivanti dalle economie di scala.

3.1) Il motivo è infondato.

Nel delineare gli interventi regolatori per il quinto periodo tariffario, ARERA ha innanzitutto assunto, tra gli obiettivi primari della propria azione, l’esigenza di certezza e stabilità della regolazione e si è quindi orientata a consolidare misure regolatorie già assunte nel periodo precedente.

Con la delibera n. 573/2013/R/Gas avente ad oggetto la regolazione tariffaria per il periodo 2014-2019, ARERA aveva già diversificato gli obiettivi di efficienza a seconda delle dimensioni degli operatori, mediante percentuali di x-factor inferiori per le grandi imprese le quali avevano già raggiunto gli obiettivi di efficientamento esigibili, mentre per le piccole e medie imprese ha fissato percentuali maggiori di efficienza in un’ottica di graduale riallineamento nei costi riconosciuti per classi di imprese.

Proseguendo in questa direzione, il regolatore ha confermato nel nuovo periodo la diversificazione percentuale del tasso di recupero della produttività in ragione delle dimensioni delle imprese distributrici, con la precisazione indicata al punto 6.7 del DCO 170/2019/R/GAS che la fissazione dell’X-factor sia effettuata con l’obiettivo di estrarre completamente i recuperi di produttività conseguiti nel quarto periodo regolatorio dalle imprese di maggiore dimensione e con l’obiettivo di riallineare i riconoscimenti relativi alle imprese medie e piccole ai livelli delle imprese di maggiore dimensione entro la fine del periodo di regolazione.

Più in particolare, l’Autorità ha previsto, per le imprese di grandi dimensioni, che la fissazione dell’ x-factor sia effettuata con l’obiettivo di trasferire ai clienti finali, entro la fine del quinto periodo regolatorio, i recuperi di produttività conseguiti nel periodo regolatorio precedente e, per le imprese di medie e ridotte dimensioni, allo scopo di favorire l’efficienza produttiva nella fornitura del servizio, mediante un processo di graduale assorbimento della differenziazione nei costi riconosciuti per classi di imprese.

A tali finalità è dunque preordinato l’articolo 16 dell’Allegato A alla deliberazione ARERA n. 570/2019/R/gas che fissa il tasso di riduzione annuale dei costi unitari, riconosciuti a copertura dei costi operativi, in misura pari:

a) al 6,59% per le imprese distributrici di piccole dimensioni;

b) al 4,79% per le imprese distributrici di medie dimensioni;

c) al 3,53% per le imprese distributrici di grandi dimensioni.

Con la modulazione di tassi di x-factor differenziati ARERA ha inteso raggiungere, da un lato, la redistribuzione tra l’utenza finale dei margini di efficienza già conseguiti dalle imprese di maggiori dimensioni nei pregressi periodi regolatori, dall’altro, un ulteriore incentivo dei piccoli e dei medi distributori a proseguire nel percorso di riduzione dei costi operativi già intrapreso.

Al processo di graduale assorbimento delle differenze di costi riconosciuti per classe di imprese, con tendenziale convergenza dei costi operativi riconosciuti alle PMI verso i livelli di efficienza propri delle imprese maggiori, ARERA consegna l’obiettivo di “favorire l’efficienza produttiva nella fornitura del servizio”

Nell’ottica del regolatore, lo sviluppo efficiente del settore postula il graduale riallineamento dei costi di produzione e costituisce la finalità cui è diretta l’impostazione dell’ x-factor diversificato per classi dimensionali delle imprese, in ragione del livello di efficientamento da ciascuna categoria già raggiunto e di quello ragionevolmente raggiungibile, rispetto ai maggiori costi ancora registrati per le imprese di minori dimensioni.

In tale contesto, non presenta i denunciati profili di irragionevolezza prevedere un tasso di recupero di produttività minore per le imprese di grandi dimensioni, in quanto volto non ad ulteriori riduzioni dei costi operativi, ma a riassorbire, e trasferire gradualmente ai clienti finali entro il 2025, i maggiori recuperi di produttività già conseguiti nel precedente periodo regolatorio ed invece maggiore per gli operatori minori, al fine di conseguire un ulteriore efficientamento della gestione, mediante la riduzione di costi operativi ancora elevati.

Come è stato già osservato per dare conto dell’infondatezza delle corrispondenti censure dedotte dall’odierna ricorrente per contestare l’analoga scelta regolatoria compiuta da ARERA per il precedente periodo di regolazione tariffaria 2014-2019, la diversità degli obiettivi conseguiti comporta una differenziazione delle fattispecie concrete da regolare, con conseguente ragionevolezza del diverso trattamento giuridico operato dall’Autorità con la modulazione dell’ x - factor differenziato in ragione del requisito dimensionale delle imprese distributrici (cfr. Cons. St.. VI sez., n. 341 del 2021).

L’attendibilità delle valutazioni tecniche sottese alla misura regolatoria non è invalidata dalle censure della ricorrente, che non ha comprovato l’affermata impossibilità di contrarre i propri costi e di sostenere il recupero di produttività nella misura prevista da ARERA.

4) Con il terzo motivo del ricorso introduttivo l’esponente ha contestato la ragionevolezza tecnica dell’utilizzo di un tasso di recupero della produttività ( x factor ) costante per l’intero periodo regolatorio.

Secondo la prospettazione della parte ricorrente, ARERA non avrebbe spiegato le ragioni sottese alla scelta di fissare un x factor costante e non decrescente per l’intera durata del quinto periodo regolatorio, misura in contrasto con la fisiologica contrazione, nel tempo, dei recuperi della produttività.

A sostegno di tali censure, la società ricorrente ha evocato i precedenti giurisprudenziali di questo Tribunale e del Consiglio di Stato, i quali, con riferimento ad un precedente periodo regolatorio, hanno ritenuto che la previsione di un tasso di recupero della produttività costante debba essere sorretta da un’adeguata istruttoria e da una sufficiente motivazione, volte a dimostrare che gli obiettivi di efficientamento perseguibili con la previsione di un tasso di recupero della produttività costante, soggetto a revisione triennale, non sarebbero parimenti perseguibili con la previsione di un tasso di recupero della produttività decrescente nel corso del triennio (da ultimo, TAR Lombardia, Sezione II, 18 aprile 2019, n. 881, confermata da Cons. St., Sezione VI, 11 gennaio 2021, n. 341).

ARERA sostiene invece che tale scelta sarebbe stata determinata dall’obbligo di applicare il metodo incentivante del price cap , cui rinvia la legge 481/95 e dall’unanime letteratura economica, che annette all’invarianza nel tempo del tasso di recupero la garanzia di un sistema tariffario certo e stabile.

4.1) Le censure della società ricorrente non sono idonee a dimostrare l’irragionevolezza tecnica della scelta di fissare un tasso di recupero costante della produttività per ciascun anno del periodo regolatorio.

La scelta regolatoria è innanzitutto ammessa sul piano normativo, in quanto l’articolo 2, comma 18, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481, dispone che il tasso annuale di produttività deve essere “ prefissato per un periodo almeno triennale ”, senza ulteriori vincoli (in misura fissa o in misura variabile per il triennio) ed è, in astratto, compatibile, al pari del tasso decrescente, con il meccanismo del price cap , Il che non consente di poter considerare di per sé illegittima la definizione di un tasso di recupero di produttività costante nel tempo (cfr., ancora, Cons. St. VI, 341/2021).

Il Collegio ritiene inoltre che la scelta tecnica di fissare un tasso di produttività costante all’interno del periodo regolatorio sia stata sufficientemente ponderata e motivata nella delibera 570, con la precisazione che l’applicazione di un x factor costante è coerente con le prassi internazionali di applicazione del meccanismo del price cap e vale a dare continuità ad un’opzione già adottata nei precedenti periodi regolatori .

Quest’ultima annotazione non si sostanzia in un richiamo a prassi che si immaginano immutabili, perché la continuità metodologica dei criteri adottati nei diversi periodi regolatori riduce il c.d. rischio regolatorio per le imprese e vale ad assicurare certezza sulle modalità di riconoscimento dei costi e sulle logiche di aggiornamento dei medesimi.

La scelta è inoltre funzionale a garantire agli operatori livelli iniziali dei COR 2020 maggiori rispetto a quelli che si determinerebbero nell’ipotesi di x factor degressivo, la cui applicazione implica necessariamente il riconoscimento di minori costi nei primi anni del periodo regolato.

Le ragioni poste alla base della scelta tecnica sono coerenti con le valutazioni emergenti dal documento di consultazione 415/2021/R/gas (che non a caso richiama la delibera 570 per ribadire la continuità dell’opzione prescelta).

Con tale documento ARERA ha inteso delineare i possibili effetti, in termini di ricavi riconosciuti, derivanti dall’adozione di un tasso di recupero di produttività in misura fissa ovvero decrescente, muovendo dall’assunto dell’invarianza dei livelli iniziali e dei livelli obiettivo previsti dalla relativa regolazione tariffaria.

Sono state vagliate le due opzioni possibili, quella del tasso di recupero della produttività costante e quella del tasso di recupero della produttività decrescente ed è stato osservato che la prima opzione è quella che apporta maggiori benefici alle imprese efficienti. Queste, infatti, sono incentivate alla riduzione dei costi effettivi in misura superiore al livello medio fissato, per maturare e trattenere più a lungo gli extra profitti derivanti dai migliori recuperi di efficienza generati all’inizio del periodo regolatorio, prima che possano trasferirsi a beneficio degli utenti.

Si tratta, quindi, di un sistema che non penalizza le imprese efficienti, stimolandole a porre in essere con immediatezza strategie di contenimento dei costi, in misura superiore al tasso fisso di riduzione annuale.

5) Con il quarto e il quinto motivo la ricorrente espone profili di censura per irragionevolezza, difetto di motivazione e di istruttoria, che investono la misura del tasso di incremento delle percentuali di recupero e la riduzione dei livelli iniziali dei costi ammessi a copertura tariffaria. Difetterebbe ogni analisi diretta a giustificare la contrazione e i valori imposti.

Le censure sono fondate nei sensi di seguito precisati.

5.1) In primo luogo, dalla lettura degli atti impugnati non risultano comprensibili i criteri utilizzati per determinare il costo effettivo (COE) 2018 assunto a parametro per la definizione del costo riconosciuto (COR) 2020, né le modalità di elaborazione dei dati forniti dagli operatori, né il valore della maggiore efficienza generata dal sistema nel corso del precedente periodo regolatorio.

Nel documento di consultazione n. 410/2019/R/gas sono stati indicati esclusivamente gli obiettivi generali già individuati nella deliberazione n. 529/2018/R/gas, di avvio del procedimento per la formazione di provvedimenti in materia di tariffe e qualità dei servizi di distribuzione e misura del gas per il quinto periodo di regolazione, quali la promozione dell’adeguatezza, dell’efficienza e della sicurezza delle infrastrutture, dell’efficienza produttiva nella fornitura del servizio, della diffusione dei gas rinnovabili e delle nuove tecnologie, dell’efficienza e dell’efficacia del servizio di misura, della concorrenza, della semplificazione ed altri, ma non sono stati esplicitati nel dettaglio gli elementi informativi necessari a consentire una consapevole e fattiva partecipazione degli operatori alla fase di consultazione.

In particolare, il deficit informativo ha riguardato i criteri di determinazione dei COR, i valori dei COE medi aggregati e differenziati per dimensione e densità, la metodologia e la formula di calcolo per la determinazione dei livelli iniziali dei costi e dell’ x factor .

La delibera impugnata sconta quindi un palese difetto di motivazione e di istruttoria, che la rende illegittima per i profili considerati.

La discovery dei dati informativi è avvenuta soltanto successivamente all’adozione della delibera, attraverso la Relazione tecnica pubblicata da ARERA il 6 maggio 2020 e nel corso della verificazione che il Tribunale ha disposto, stabilendo le cautele necessarie a garantire la riservatezza delle informazioni.

I dati resi disponibili hanno consentito ai Verificatori di accertare, senza ricevere contestazioni sul punto, che il valore della media ponderata dei COE del 2018 delle imprese di medie dimensioni è viziato da un errore di calcolo che ne ha determinato uno scarto positivo: esso è stato infatti calcolato da ARERA nella misura di €/pdr 31,67, inferiore rispetto a quella reale, pari ad €/pdr 31,83. Ne è derivato un impatto negativo per i minori costi riconosciuti alla ricorrente.

Ciò in quanto l’erronea determinazione del valore di partenza, dato dalla media ponderata dei COE del 2018, ha inficiato la determinazione del livello iniziale dei COR 2020, che dovrà essere ricalcolato in misura maggiore.

5.2) L’errore spiega riflessi anche sulla quantificazione dell’ x factor , data dalla differenza tra i valori COR 2018 e COE 2018.

A tale riguardo la misura del 4,79% assunta quale percentuale annua di calo dei COR per le medie imprese risulta viziata ab origine dall’errata determinazione del valore dei COE del 2018, posto a base di partenza per il calcolo del nuovo x factor , rendendo inattendibile la misura della maggiore efficienza estratta nel periodo regolatorio antecedente e di conseguenza la quantificazione del tasso di recupero della produttività annuale applicabile ai COR del quinto periodo regolatorio.

Difatti, ammessa la correttezza della formula utilizzata da ARERA per l’adeguamento annuale delle componenti a copertura dei costi operativi, va tuttavia osservato che l’erronea determinazione del fattore dato dal valore della media ponderata dei COE del 2018 produce l’effetto di generare un tasso di recupero di efficienza maggiore di quello esigibile.

Ferma, pertanto, la metodologia di calcolo, in sede conformativa, ARERA è dunque tenuta a rideterminare in aumento il valore del COR 2020 e in diminuzione quello dell’ x factor, assumendo quale valore iniziale del COE 2018 l’importo di €/PDR 31,83 e sviluppando i calcoli conseguenti.

6) Il sesto motivo contesta la misura riduttiva disposta da ARERA sul riconoscimento tariffario dei soli costi operativi, in assenza di adeguate misure compensative volte a riallineare le voci tariffarie per i valori di RAB della componente CAPEX e per la componente Tcot dei costi centralizzati. Si assume che la decisione di intervenire solo sulla componente OPEX, con il mancato bilanciamento sulle altre componenti tariffarie, penalizza le imprese di minori dimensioni, con effetti distorsivi della concorrenza e sul mercato delle future gare. La ricorrente sostiene che l’impianto tariffario così delineato da ARERA è falsato, perché fondato sulla supposizione che i costi operativi delle grandi imprese si siano ridotti, senza considerare che tale riduzione è solo apparente ed è l’effetto di un’operazione puramente contabile consistita nel trattare i costi operativi come capitalizzazioni, ossia nel trasferire le relative voci dalla componente Opex alla componente Capex, remunerata in tariffa “a piè di lista”.

6.1) I rilievi della ricorrente non sono riferibili alla deliberazione impugnata.

Questa si iscrive all’interno del regime regolatorio vigente che considera separatamente i costi operativi c.d. Opex, ammessi a riconoscimento differenziato per dimensioni delle imprese con applicazione del criterio del price cap , e i costi per gli investimenti c.d. Capex, ammessi a riconoscimento integrale e indifferenziato.

Su tale regime, stabilito da provvedimenti non fatti oggetto di impugnazione, fonda il legittimo affidamento degli operatori, ai quali deve essere garantita certezza sulle modalità di riconoscimento dei costi e sulle logiche di aggiornamento dei medesimi.

La ricorrente sostiene che il regime “ibrido” di riconoscimento dei costi si presta, di fatto, a possibili distorsioni perché può indurre gli operatori a condotte opportunistiche di cost padding , mediante la capitalizzazione dei costi operativi, ossia a favorire soluzioni basate sull’investimento di capitale rispetto ad altre basate su spese operative anche in casi in cui tale soluzione non sia ottimale (cd. capex bias ).

Si tratta di comportamenti astrattamente praticabili da tutte le imprese a prescindere dalla loro dimensione, ma è palese che ne possono derivare effetti più marcati per le grandi imprese che presentano tassi di capitalizzazione maggiori.

Il fenomeno è ben noto ad ARERA, che ne offre evidenza nella deliberazione 271/2021/R/COM e nel DCO 615/2021/R/COM, mediante i quali ha dato avvio al processo di revisione dei modelli di regolazione verso il progressivo e graduale superamento del sistema differenziato “di tipo rate of return per i costi di capitale e di tipo price cap per i costi operativi”, a favore di un nuovo metodo integrato di riconoscimento dei costi, basato su logiche di spesa totale.

Nondimeno l’assetto regolatorio differenziato tra costi operativi e costi di capitale è quello in corso all’atto di adozione della delibera per il quinto periodo e non è dubbio che le misure tariffarie debbano iscriversi all’interno della cornice vigente, il cui superamento postula la previa definizione di un nuovo quadro di regolazione.

L’esigenza di superare in modo progressivo e graduale l’attuale assetto di riconoscimento dei costi, differenziato tra costi operativi e costi di capitale, richiede tuttavia l’apertura di uno specifico procedimento che sottoponga ad analisi di impatto e a consultazione il nuovo quadro strategico, adempimenti questi necessari in ragione del radicale cambio di prospettiva in direzione di un regime integrato e unitario di riconoscimento dei costi operativi e di capitale.

Il relativo percorso è stato già avviato da ARERA e condurrà ad esiti allo stato non prevedibili e, di certo, non previamente sindacabili (art. 34, secondo comma, c.p.a.).

All’interno dello stesso potranno trovare collocazione i criteri di riconoscimento dei costi di capitale relativi a cespiti centralizzati e l’invocato riallineamento degli obiettivi di efficienza non più focalizzati sui soli costi operativi, con le tempistiche e le modalità per darvi attuazione, ma non è dubbio che fino all’adozione dei nuovi elementi di regolazione, la delibera di aggiornamento tariffaria debba conformarsi alle regole attualmente vigenti, che prevedono regimi differenziati di riconoscimento dei costi.

Ne deriva l’inammissibilità della censura.

7) Con il settimo motivo la ricorrente sostiene che la regolazione tariffaria approvata con la delibera impugnata è affetta da irragionevolezza e da sviamento, in quanto ARERA attraverso un uso improprio della leva tariffaria persegue la finalità primaria di spingere il mercato di riferimento a forzate aggregazioni degli operatori medio-piccoli. Tale scelta si porrebbe anche in contrasto con l’impostazione del “decreto gare” che mediante la suddivisione degli ATEM, anche al fine di tutelare le PMI, ammette gli operatori minori alle procedure di affidamento dei nuovi ambiti territoriali, nonché con la ripartizione degli appalti in lotti di cui all’art. 51 del Codice contratti pubblici.

La censura è infondata.

Il settore della distribuzione gas è caratterizzato dall’assoluta prevalenza di imprese con numero di pdr serviti inferiore a 50.000. L’eccessiva frammentazione nella gestione dell’attività di distribuzione del gas naturale presenta indubbi riflessi negativi sull’efficienza produttiva del settore, perché ostacola i possibili recuperi di efficienza legati al conseguimento di economie di scala, con impatto sull’interesse ultimo dei clienti finali utilizzatori del servizio.

In tale contesto, gli interventi del Regolatore si sono orientati a favorire la crescita dimensionale delle imprese, in particolare quelle di dimensione piccola o media, al fine di accrescere il conseguimento di economie di scala nel settore della distribuzione del gas naturale e accelerare il processo di convergenza verso livelli efficienti dei costi unitari riconosciuti.

Il perseguimento degli obiettivi di efficienza dei costi corrisponde al proprium della funzione che la legge assegna al regolatore energetico. Una modalità attraverso cui raggiungere il risultato è prevista all’art. 23, quarto comma, d.lgs. 93 del 2011, il quale espressamente stabilisce che “L'Autorità per l’energia elettrica e il gas può adottare misure, anche tariffarie, per promuovere l'aggregazione dei distributori di gas naturale con meno di 50.000 clienti”.

La norma conferisce all’Autorità la facoltà discrezionale di attivare incentivi volti a favorire forme di raggruppamento delle imprese che prevedano la stabile aggregazione degli operatori minori in compagini di maggiore dimensione e forza competitiva. L’effettiva portata della norma consiste nel consentire l’uso della modalità tariffaria per la promozione di processi di integrazione tra imprese di dimensioni ridotte, ma non certo di imporre obblighi di aggregazione in nome dell’efficienza produttiva. La norma è certamente funzionale al perseguimento di questo obiettivo, ma essa non autorizza un uso improprio della leva tariffaria con la finalità di indurre a forzate aggregazioni gli operatori minori ed intermedi, perché un tale effetto si porrebbe in conflitto con la libertà di impresa e con il regime di tutela assicurato alle PMI, alterando, in definitiva, le dinamiche concorrenziali che dovranno svilupparsi nelle gare d’ambito.

ARERA ha inteso orientare la regolazione tariffaria in senso conforme alla previsione legislativa, come si desume dal DCO 410/2019, nel quale ha prefigurato l’introduzione di incentivi mirati a promuovere le aggregazioni di imprese medio-piccole mediante la previsione di un tasso di maggiorazione sui costi operativi e, quanto ai costi di capitale, di riconoscimenti anticipati del VIR o, in subordine, di un più celere adeguamento delle RAB depresse.

Di seguito, anche in ragione delle osservazioni formulate in sede di consultazione, ha poi giudicato non mature le tempistiche per l’adozione di meccanismi premiali per le aggregazioni e ha ritenuto necessari ulteriori approfondimenti sul tema, riservandosi l’adozione di pertinenti misure, “per valutare i profili concorrenziali segnalati” dagli operatori che avevano evidenziato la necessità di non ridurre la possibilità per le imprese minori di competere e partecipare alle gare d’ambito.

Tanto si evince dal quarto “ritenuto” del testo della delibera impugnata, che da un lato non contiene prescrizioni specifiche volte a dare applicazione alla norma in esame e dall’altro prefigura la futura adozione di forme incentivanti compatibili con l’equilibrio concorrenziale del settore, volte a non deprimere la capacità competitiva degli operatori minori.

Al riguardo, vale comunque osservare che la necessità di una gestione “ efficiente ” dei servizi di pubblica utilità è sancita dall’art. 1 della legge n. 481/1995 e trova ulteriore conferma per gli ambiti territoriali nell’art.

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