TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2023-06-20, n. 202310430

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2023-06-20, n. 202310430
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202310430
Data del deposito : 20 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/06/2023

N. 10430/2023 REG.PROV.COLL.

N. 07246/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7246 del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato A F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

del provvedimento emesso dalla Questura di Roma, in data 13/04/2021 e notificato in data 13/05/2021, con il quale è stata dichiarata l’irricevibilità dell’istanza di rinnovo/conversione del permesso di soggiorno per casi speciali I14391528 in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo, presentata in data 01/09/2020.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 aprile 2023 il cons. Anna Maria Verlengia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso, notificato il 5 luglio 2021 e depositato il successivo 16 luglio, la cittadina nigeriana, -OMISSIS-, ha impugnato il provvedimento con il quale la Questura di Roma ha dichiarato irricevibile l’istanza di conversione del permesso di soggiorno per casi speciali in permesso per lavoro autonomo in quanto priva di un alloggio idoneo e di una residenza certa, mediante la quale viene altresì identificata la Questura competente per la trattazione della domanda.

Avverso il predetto provvedimento la ricorrente ha articolato i seguenti motivi di gravame:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 5, comma 5 e 26 del d.lgs. n. 286/1998 e s.m.i., degli artt. 15 e 39 del D.P.R. n. 394/1999 e s.m.i. (Regolamento di Attuazione del Testo Unico per l’Immigrazione) e dell’art. 11 del D.P.R. n. 223 del 30 maggio 1989 (Approvazione del nuovo Regolamento anagrafico della popolazione residente);
difetto di istruttoria, travisamento del presupposto storico della domanda;
vizio di motivazione, illogicità manifesta, in quanto, ad avviso della ricorrente, il provvedimento impugnato dovrebbe qualificarsi come ritiro del precedente titolo di soggiorno per ragioni umanitarie e conseguentemente considerare valida la residenza virtuale a via Modesta Valenti corrispondente all’indirizzo presente nel precedente titolo di soggiorno;

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2, comma 1 della legge n. 1228 del 24/12/1954, come modificata dalla L. n. 94/09, del D.P.R. nr. 223/89 (c.d. regolamento anagrafico), nonché degli artt. 5, commi 5 e 5-bis e 6, comma 7 del d.lgs. n. 286/1998 e s.m.i. e 9, 11, 13 e 14 del D.P.R. n. 394 del 1999 (Regolamento di attuazione del T.U.I.);
violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e s.m.i.;
eccesso di potere: travisamento del presupposto di fatto, difetto di istruttoria, in quanto non sarebbe prevista dall’ordinamento giuridico, quale presupposto per il rilascio e/o la conversione del permesso di soggiorno la residenza “in un indirizzo effettivo”;

3) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della Legge n. 241/1990 e s.m.i.;
carenza di motivazione e difetto di istruttoria, illogicità manifesta, nella parte in cui il provvedimento non avrebbe tenuto conto del diritto all’unità familiare e dei figli minori della ricorrente.

Il 31 agosto 2021 la ricorrente ha presentato reclamo avverso il diniego dell’ammissione al patrocinio a carico dello Stato disposto con decreto n. 323/2021 della Commissione istituita presso il Tar del Lazio.

Il 1° settembre 2021 si è costituito il Ministero dell’Interno con memoria formale.

Con ordinanza collegiale n.-OMISSIS- del 7 settembre 2021 il Tribunale ha disposto incombenti istruttori a carico del Ministero intimato.

Il Ministero ha ottemperato depositando il 6 novembre 2021 una relazione della Questura nella quale si rappresenta che:

- la Commissione Territoriale ha respinto la domanda di protezione internazionale alla ricorrente;

- la Questura rilasciava alla stessa un permesso di soggiorno per gravidanza rinnovato fino al 3 luglio 2017;

- in data 19 marzo 2018 la Commissione Territoriale riconosceva alla ricorrente i presupposti per l’ottenimento del permesso per motivi umanitari che le veniva rilasciato dalla Questura di Roma con validità fino al 9 ottobre 2020;

- in data 10 ottobre 2018 la ricorrente chiedeva la conversione del permesso per motivi umanitari in permesso per lavoro subordinato o autonomo;

- il 4 marzo 2021 veniva inviato un preavviso di rigetto con cui si chiedeva alla ricorrente di documentare la sussistenza di un alloggio certo, per evitare il rigetto della istanza, alla quale la cittadina straniera non ha dato riscontro.

Ciò premesso la Questura chiede il rigetto del gravame attesa la mancanza di un requisito indefettibile.

Il 29 novembre 2021 la ricorrente replica alla relazione dell’Amministrazione ed insiste nelle proprie argomentazioni.

Con ordinanza n. -OMISSIS- del 9 dicembre 2021 il Tribunale ha respinto la richiesta misura cautelare ribadendo l’orientamento del Collegio in materia di indefettibilità del requisito alloggiativo per i titoli di soggiorno di cui si tratta e ricordando le condivise pronunce del giudice d’appello secondo cui “è legittimo il provvedimento di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno che faccia espresso riferimento in motivazione degli accertamenti esperiti che hanno portato a verificare l'inesistenza del domicilio di cui alla documentazione presentata in occasione della domanda di rinnovo…” (cfr. Cons. Stato Sez. III, 18/06/2019, n. 4132;
idem, 15 giugno 2020, n. 3810;
idem, 7.10.2021, n. 6700).

Il 14 marzo 2023 la ricorrente ha depositato una memoria nella quale rappresenta che, a seguito dell’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato n. 1086/2022, l’Amministrazione ha riavviato il procedimento per il rilascio del titolo di soggiorno ed ha convocato la ricorrente per il giorno 3 marzo 2023.

Conclude chiedendo dichiararsi cessata la materia del contendere con condanna alle spese di lite secondo il principio della soccombenza virtuale, in quanto la ricorrente si sarebbe vista costretta a presentare una richiesta per un titolo di soggiorno per il quale non aveva i requisiti a seguito della abolizione del permesso umanitario ed atteso che non si sarebbe tenuto nel giusto conto la presenza di figli minori e dei principi a tutela dei medesimi.

Alla pubblica udienza del 26 aprile 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il Collegio, preso atto della sopravvenuta carenza di interesse alla pronuncia di merito espressa dalla ricorrente con la dichiarata cessazione della materia del contendere, dichiara il ricorso improcedibile.

Non risultando allegato il provvedimento finale e non potendo il giudice valutare la completa soddisfazione dell’interesse della ricorrente, una pronuncia in rito appare l’unica possibile.

Con riguardo al reclamo avverso il diniego dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, si rinvia la decisione ad una prossima Camera di Consiglio dovendosi acquisire le aggiornate dichiarazioni reddituali del nucleo familiare da riferirsi agli anni 2021 e 2022.

Quanto alle spese di lite il Collegio ritiene di non potere accogliere la richiesta di condanna per soccombenza virtuale dell’Amministrazione atteso che, come già anticipato nell’ordinanza cautelare e riportato nella presente sentenza, il requisito alloggiativo è presupposto necessario per l’adozione di un permesso per lavoro e considerato che quanto argomentato dal giudice d’appello in relazione alla occupazione abusiva di un immobile non risulta decisivo ai fini del superamento dei requisiti richiesti a tutti i richiedenti permessi di soggiorno per lavoro.

Per quanto osservato le spese di giudizio vanno compensate.

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