TAR Torino, sez. I, sentenza 2015-04-17, n. 201500663

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2015-04-17, n. 201500663
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 201500663
Data del deposito : 17 aprile 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01214/2011 REG.RIC.

N. 00663/2015 REG.PROV.COLL.

N. 01214/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1214 del 2011, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. A C, con domicilio eletto presso la medesima in Torino, corso Vinzaglio, 2;

contro

Ministero dell'Interno - in persona del Ministro pro tempore , Dipartimento della Pubblica Sicurezza, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Torino, corso Stati Uniti, 45;

per l'annullamento

- del decreto n. 2364/11M in data 22/04/2011, successivamente comunicato, del Direttore di divisione III del Ministero dell'Interno, dipartimento della pubblica sicurezza, direzione centrale delle risorse umane, servizio trattamento di pensione e previdenza, nella parte in cui "non si riconosce la dipendenza da causa di servizio per l'infermità n.2" (-OMISSIS-) e nella parte in cui sono conseguentemente respinte le istanze presentate dal ricorrente per ottenere la concessione dell'equo indennizzo, nonchè del parere allegato del Comitato di verifica per le cause di servizio pos. n. 32123/2007;

- di tutti gli atti presupposti, successivi, consequenziali, o comunque connessi con quelli impugnati.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 aprile 2015 il dott. G P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso in esame -OMISSIS- - Sovrintendente Capo della Polizia di Stato – ha chiesto l'annullamento del decreto n. 2364/11M del 22 aprile 2011 del Direttore di Divisione III del Ministero dell'Interno, nella parte in cui non riconosce “ la dipendenza di causa di servizio di infermità n. 3 " (-OMISSIS-) e, conseguentemente, respinge le istanze presentate dal ricorrente al fine di conseguire l'equo indennizzo.

2. Questi, arruolato nel 1978 e in servizio dal 1989 presso l'Ufficio l Zona Polizia di Frontiera in atto al Commissariato di -OMISSIS-, in data 26 agosto 2005, 27 novembre 2004, 28 luglio 2003 e 8 maggio 2003, aveva proposto istanze volte ad ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle seguenti infermità: I. -OMISSIS-, II. -OMISSIS-e III. -OMISSIS-.

La C.M.O. di Torino, con verbali n. ACOMM2058755, 706/2004, 2865 del 14 febbraio 2006, 29 marzo 2005, 4 novembre 2004, aveva giudicato le menomazioni relative alle suddette infermità ascrivibili, ai fini dell'equo indennizzo: quanto alla n. I a nessuna categoria e conoscibile all’8 aprile 2005;
quanto alla n. II a nessuna categoria e conoscibile al 3 giugno 2003;
quanto alla n. III alla Tabella "B" misura massima e conoscibile al 17 aprile 2003.

Il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, a sua volta, aveva espresso il parere n. 32123/2007 in data 1 agosto 2008, sulla base del quale il Ministero ha adottato il decreto qui impugnato, riconoscendo la dipendenza da causa di servizio per l'infermità n. II (Contusione capo collo) e non riconoscendola per le infermità di cui ai numeri I e III. Conseguentemente, le domande di equo indennizzo sono state respinte.

3. -OMISSIS-ha adito perciò questo T.A.R. per richiedere l'annullamento del citato provvedimento in ragione del quale gli è stata negata la dipendenza da causa di servizio per l'infermità di cui al precedente punto 3 (-OMISSIS-), con conseguente mancata concessione dell'equo indennizzo, deducendo all’uopo i seguenti motivi:

I) violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 68 T.U.n. 3/57 e 42 e ss. DPR 686/57 come integrati dal DPR n. 349/1994 e dal DPR n. 461/2001;

II) eccesso di potere erronea valutazione dei fatti e dei presupposti, illogicità manifesta, contraddittorietà, insufficienza di motivazione e falsità dei presupposti;

III) violazione di legge con riferimento all'art. 3, comma 1, della legge n. 241/90.

4. In sintesi, ad avviso del ricorrente, il provvedimento impugnato ha fondato la propria motivazione sul mero ed acritico recepimento del giudizio del Comitato di Verifica per le cause di servizio, il quale si era espresso con motivazione di mero “stile”, del tutto generica, astratta e avulsa dalla specificità del caso, con particolare riguardo al profilo dell'eziopatogenogenesi dell'infermità.

Viene censurata, in particolare, l'affermazione per cui il servizio prestato dal ricorrente non si sarebbe caratterizzato per " particolari e gravose condizioni di disagio "e, a tal fine, vengono richiamate le risultanze istruttorie poste a base del procedimento e dalle quali il Comitato si sarebbe discostato in maniera del tutto immotivata.

5. L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio confutando le deduzioni avversarie e chiedendone l’integrale reiezione.

6. La causa è pervenuta a decisione all’esito della discussione tenutasi all’udienza pubblica del 2 aprile 2015.

DIRITTO

1. Le censure di cui a ricorso non possono trovare accoglimento.

2. Occorre premettere - con riguardo al rapporto nel quale si pongono le funzioni della C.M.O. (Commissione medico ospedaliera) e del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio - che il D.P.R. n. 461/2001 assegna alla prima il compito di accertare la sussistenza della infermità lamentata, mentre al Comitato di verifica per le cause di servizio spetta il compito di accertare la possibile dipendenza di tale infermità dal servizio prestato dal pubblico dipendente.

Pertanto, il secondo esprime un giudizio conclusivo, che rappresenta il momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi dagli altri organi precedentemente intervenuti. Trattasi, in altre parole, di un parere di carattere più complesso, sia per la composizione dell'organo, essendo presenti nel Comitato soggetti con professionalità mediche, giuridiche ed amministrative;
sia per la più completa istruttoria esperita, non limitata soltanto agli aspetti medico-legali, che assorbe quindi i diversi pareri resi dagli organi intervenuti nel procedimento.

3. In ordine alla sindacabilità delle valutazioni di merito espresse dagli organi tecnici dell’amministrazione, occorre inoltre ricordare che nelle controversie aventi ad oggetto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità sofferte da pubblici dipendenti, anche ai fini della liquidazione dell'equo indennizzo, il sindacato che il giudice della legittimità è autorizzato a compiere sulle determinazioni assunte dagli organi tecnici, ai quali la normativa vigente attribuisce la competenza in materia, deve necessariamente intendersi limitato ai soli casi di travisamento dei fatti e di macroscopica illogicità, nonché alla verifica della regolarità del procedimento (cfr. Cons. St. sez. IV, 08 gennaio 2013, n. 31 e 8 giugno 2009 n. 3500;
Id., Sez. III, 18 aprile 2013, n. 2195). Tali limiti sono determinati dalla natura discrezionale delle valutazioni espresse dagli organi tecnici, in relazione alle conoscenze specialistiche richieste.

3.1 Per i motivi esposti, in sede di liquidazione dell'equo indennizzo l'amministrazione è tenuta tendenzialmente a recepire e a far proprio il parere espresso dal Comitato di verifica per le cause di servizio. Per la particolare competenza tecnica dei suoi componenti, tale organo esprime, infatti, un giudizio conclusivo sulla vicenda sottoposta al suo esame, con una valutazione che assorbe anche i giudizi espressi sulla questione da altri organi precedentemente intervenuti, quale la Commissione medica ospedaliera, e fornisce ogni auspicabile garanzia circa l'attendibilità della determinazione assunta. Pertanto, il parere del Comitato di verifica è (normalmente) vincolante per l'amministrazione che è tenuta a farlo proprio e ad assumerlo come motivazione unica della determinazione finale (Cons. St. Sez. III, 27 gennaio 2012, n. 404;
sez. VI, 19 marzo 2009, n. 1679).

3.2 Solo nel caso in cui l'amministrazione ritenga di non potervi aderire (per l'evidente mancata valutazione di elementi diversi di cui dispone o per evidenti omissioni o violazioni delle regole procedimentali) sorge un obbligo specifico di motivazione in capo alla stessa (Cons. St. Sez. VI, 23 febbraio 2011, n. 1115).

4 Ciò posto, il giudizio espresso nel caso di specie dal Comitato di verifica - se esaminato nel suo contenuto intrinseco - non pare rivelare quegli evidenti vizi logici o da travisamento dei fatti che soli ne consentirebbero il sindacato in sede giurisdizionale. In esso viene chiarito che la patologia accusata dal ricorrente (“-OMISSIS-”) non può ritenersi dipendente da causa di servizio, “ trattandosi di infermità dovuta a fatti dismetabolico-degenerativi a livello delle articolazioni, in correlazione con l'usura conseguente al progredire dell'età, sull'insorgenza e decorso della quale non può aver nocivamente influito, neppure sotto il profilo concausa/e efficiente e determinante, il servizio prestato, quale risultante agli atti e, comunque, non caratterizzato da particolari e gravose condizioni di disagio ”.

4.1 A fronte di questa valutazione, la descrizione delle mansioni fornita in ricorso - anche mediante richiamo alle note dei dirigenti allegate in atti - non pare fornire indicazioni risolutive in senso contrario a quello recepito nel decreto impugnato. L’illustrazione delle attività espletate dal ricorrente nel corso degli anni - talora in contesti ambientali e climatici avversi, oltre che in condizioni di stress nervoso e fisico - è resa infatti in termini del tutto generici e tali da non consentire compiutamente una precisa valutazione dei tempi e delle modalità di svolgimento delle stesse. Dalla suddetta rappresentazione non è possibile ricavare, pertanto, comprovati fattori eziologici valutabili in una relazione di dipendenza dall’attività lavorativa.

4.2 Sotto un secondo profilo, la riassuntiva esposizione di compiti e di modalità lavorative proposta dal ricorrente attiene a funzioni e mansioni che, almeno in misura occasionale o temporanea, possono reputarsi proprie del lavoro di qualsivoglia addetto delle forze dell’ordine. Le conclusioni cui è pervenuto il Comitato di Verifica devono dunque ritenersi corrette proprio in considerazione della nozione di concausa efficiente e determinante delle condizioni di servizio quale affermatasi in giurisprudenza, nella quale possono farsi rientrare soltanto i fatti ed eventi eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro, gravosi per intensità e durata, che vanno necessariamente e puntualmente documentati, con esclusione, quindi, delle circostanze e delle condizioni del tutto generiche, attinenti agli inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa (Cons. Stato, 11 maggio 2007, n. 2274;
T.A.R. Lazio, sez. I, 23 giugno 2003 n. 5513 e 3 aprile 2008, n. 2828;
TAR Toscana, 17 dicembre 2001, n. 1986).

4.3 Resta da aggiungere che le lesioni riportate dal ricorrente, richiamate a pag. 2 e 3 dell’atto introduttivo e riferite alla “contusione capo collo”, in quanto oggetto di specifica istanza di riconoscimento, sono state autonomamente valutate e riconosciute sì dipendenti da causa di servizio ma non ascrivibili a categoria: le stesse pertegono, quindi, ad infermità distinta da quella artrosica oggetto del decreto qui impugnato.

5. Alla stregua dei principi richiamati, non pare accoglibile, in conclusione, la doglianza circa la mancata valutazione dei fattori connessi al tipo di attività lavorativa prestata dal ricorrente, in quanto trattasi di evenienze non adeguatamente provate e comunque, per come allegate in atti, naturalmente connesse alla specifica tipologia di prestazione lavorativa svolta e non eccedenti il rischio ordinario alla stessa commisurato (cfr. T.A.R. Piemonte, Sez. I, 3 aprile 2014 n. 549 e 16 aprile 2014 n. 619).

6. Tenuto conto della natura della controversia, si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.

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