TAR Roma, sez. III, sentenza 2019-05-10, n. 201905842

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2019-05-10, n. 201905842
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201905842
Data del deposito : 10 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/05/2019

N. 05842/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00941/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 941 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
TIM S.p.a. (già Telecom Italia S.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Catricala', F C, F L e C E C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Antonio Catricalà in Roma, Vittoria Colonna n. 40;

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Altroconsumo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Maurizio Gualdieri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Angelo Brofferio 7;

e con l'intervento di

ad opponendum :
CODACONS - Coordinamento delle Associazioni e dei Comitati di Tutela dell'Ambiente e dei Diritti degli utenti e dei consumatori e Associazione degli Utenti per i Diritti Telefonici- A.U.S. Tel Onlus, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Carlo Rienzi e Gino Giuliano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dello stesso avv. Carlo Rienzi c/o Codacons in Roma, viale Giuseppe Mazzini n. 73;
Associazione Movimento Consumatori, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Corrado Pinna e Paolo Fiorio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

della delibera AGCom n. 499/17/CONS del 21 dicembre 2017, pubblicata sul sito web dell'Autorità il medesimo giorno, recante “Ordinanza ingiunzione nei confronti della società Tim S.p.a. per la violazione dell'art. 3, comma 10, della delibera n. 252/16/CONS come modificata dalla delibera n. 121/17/CONS (contestazione n. 8/17/DTC)”;

di ogni altro atto comunque connesso o coordinato, presupposto o conseguente, inclusa, ove occorrer possa, la delibera AGCom n. 495/17/CONS del 19 dicembre 2017, recante “Approvazione delle linee guida sull'attività di vigilanza da parte dell'Agcom a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 19-quinquiesdecies del decreto legge 16 ottobre 2017, n. 148 convertito con modificazioni dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172”;

- per quanto riguarda i (primi) motivi aggiunti presentati da Telecom Italia s.p.a. il 16 marzo 2018:

per l'annullamento, previa adozione delle più idonee misure cautelari anche ai sensi dell'art. 56 cpa, della delibera n. 112/18/Cons (doc. n. 17) notificata l'8 marzo 2018, con la quale Agcom ha revocato parzialmente la delibera n. 499/17/Cons, sostituendo l' intimazione a stornare i pagamenti a favore degli utenti con la diffida, indirizzata a TIM s.p.a. (marchio con cui Telecom opera in Italia nella telefonia fissa e mobile), a far venire meno, in sede di ripristino del ciclo di fatturazione mensile, gli effetti dell'illegittima anticipazione della decorrenza delle fatture, emesse successivamente alla data del 23 giugno 2017;

- per quanto riguarda i (secondi) motivi aggiunti presentati da TELECOM ITALIA SPA il 18\4\2018:

per l’annullamento della contestazione AGCom n. 02/18/DTC (di seguito, anche solo “Contestazione”, doc. 18), notificata il 27 febbraio 2018, con la quale la Direzione tutela dei consumatori dell'Autorità ha contestato la violazione dell'art. 3, comma 10, della delibera n. 252/16/CONS, come modificata dalla delibera n. 121/17/CONS (doc. 9), condotta ritenuta sanzionabile ai sensi dell'art. 98, comma 16, del D. Lgs. 1° agosto 2003, n. 259, recante “CCE delle Comunicazioni elettroniche” (di seguito, anche solo, “CCE”;
di ogni altro atto comunque connesso e coordinato, anteriore e conseguente;

- per quanto riguarda i (terzi) motivi aggiunti presentati da TELECOM ITALIA SPA il 8\5\2018 :

per l'annullamento delle delibere nn. 112/18/Cons e 187/18/Cons.

- per quanto riguarda i (quarti) motivi aggiunti presentati da TELECOM ITALIA SPA il 31\7\2018 :

per l’annullamento della delibera Agcom n. 269/18/CONS del 6 giugno 2018

- per quanto riguarda i (quinbti) motivi aggiunti presentati da TELECOM ITALIA SPA il 12\9\2018:

per l'annullamento della delibera Agcom n. 297/18/CONS del 27 giugno 2018.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e delle associazioni dei consumatori meglio identificate nell’epigrafe;

Viste le memorie difensive prodotte

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 novembre 2018 il dott. Claudio Vallorani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

1. - Con delibera n. 499/17/CONS del 19 dicembre 2017 l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (anche AGCOM o “Autorità”) ha sanzionato TIM S.p.a. ai sensi dell’art. 98, comma 16, decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259 (Codice della Comunicazioni Elettroniche, nel prosieguo anche CCE), per aver adottato una periodicità di fatturazione delle offerte di telefonia fissa pari a 28 giorni (4 settimane), anziché quella mensile che la stessa Autorità aveva imposto con l’art. 3 della delibera n. 252/16/CONS (come modificato dalla delibera n. 121/17/CONS). L’Autorità, con la stessa delibera n. 499, ha: - ordinato a Tim S.p.a. il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria di euro 1.160.000,00;
- diffidato la stessa società a provvedere alla storno degli importi corrispondenti al numero di giorni che, a partire dal 23 giungo 2017, non sono stati fruiti dagli utenti in termini di erogazione del servizio, a causa del disallineamento fra ciclo di fatturazione quadri-settimanale e ciclo di fatturazione mensile, con obbligo di precisare con adeguato risalto, nella prima fattura che sarebbe stata emessa con cadenza mensile, che lo storno è avvenuto in ottemperanza alla delibera n. 499/17;
- ingiunto a TIM il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria sopra menzionata.

La delibera impugnata, pertanto, trova presupposto e fondamento nella precedente delibera n. 121/17/CONS con la quale l’Autorità ha apportato alcune modifiche alla delibera n. 252/16/CONS, introducendo, in particolare, alcune misure “a tutela degli utenti per favorire la trasparenza e la comparazione delle condizioni economiche dell’offerta dei servizi di comunicazione elettronica”, al fine di armonizzare la cadenza delle fatturazioni e garantire “la tutela della trasparenza e comparabilità delle condizioni economiche dell’offerta”, con particolare riguardo alle disposizioni sulla “cadenza di fatturazione dei servizi di telefonia sia fissa che mobile”.

In particolare l’AGCOM, con la delibera 121/17/CONS, ha modificato la disciplina sulla trasparenza di cui all’art. 3 della delibera n. 252/16/CONS, introducendo il comma 10, il quale prevede che: “10. Per la telefonia fissa la cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione deve essere su base mensile o suoi multipli. Per la telefonia mobile la cadenza non può essere inferiore a quattro settimane. In caso di offerte convergenti con la telefonia fissa, prevale la cadenza relativa a quest’ultima”.

2. - In relazione a quanto precede, la TIM S.p.a., nel ricorso all’odierno esame (spedito a notifica il 23.1.2018 e depositato il successivo giorno 26), nell’impugnare la delibera n. 499/17 e gli altri provvedimenti in epigrafe indicati, espone che con la legge 4 dicembre 2017, n. 172, il Parlamento ha convertito con modificazioni il D.L. n. 16 ottobre 2017, n. 148 (c.d. decreto fiscale), aggiungendo, tramite l’art. 19 quinquiesdecies, all’art. 1 del D.L. 31 gennaio 2007, n. 7 (cd. “Decreto Bersani”) il comma 1-bis ai sensi del quale “I contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, prevedono la cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione dei servizi, […], su base mensile o di multipli del mese”. Al fine di adeguare la nuova cadenza di fatturazione, il legislatore ha anche previsto al comma 1-ter che gli operatori di telefonia avrebbero dovuto adeguarsi alle disposizioni di cui al comma 1-bis entro “il termine di 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

La violazione dei commi 1-bis e 1-ter può essere sanzionata dall’AGCOM in applicazione dell’art. 98, comma 16, del d.lgs. n. 259/2003 il quale prevede l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria “da euro 58.000,00 ad euro 1.160.000,00”;
in caso di violazione del comma 1-bis, è previsto (al comma 1-quinquies) che l’AGCOM possa ordinare agli operatori la cessazione della condotta e “il rimborso delle somme indebitamente percepite o comunque ingiustificatamente addebitate agli utenti, indicando il termine entro cui adempiere, in ogni caso non inferiore a trenta giorni”;
qualora si adotti uno standard di rinnovo o di fatturazione diverso da quello di cui al comma 1 bis, una volta scaduto il termine di 120 giorni di cui al comma 1 ter, è previsto un indennizzo forfettario pari a 50,00 euro in favore di ciascun utente;
in caso di mancata osservanza dell’ordine impartito da AGCOM nel termine da quest’ultima fissato ai sensi del comma 1-quinquies, il predetto indennizzo potrebbe essere maggiorato di 1 euro per ogni giorno di ritardo nell’ottemperanza e si potrebbe incorrere nella applicazione di sanzioni ai sensi dell’art. 98, comma 11, del d.lgs. n. 259/2003 il cui ammontare (anch’esso oggetto di modifica con l’emendamento in parola) varia “da euro 240.000,00 ad euro 5.000.000,00”.

3. - La società ricorrente - ritenendo in primo luogo che, per effetto della novella legislativa intervenuta (di cui alla citata legge 4 dicembre 2017, n. 172, di conversione con modificazioni del D.L. n. 16 ottobre 2017, n. 148) sia venuta meno la stessa base normativa in base alla quale l’Autorità ha accertato la violazione ed irrogato la sanzione pecuniaria - si affida, nel ricorso introduttivo, ai seguenti motivi di gravame:

1) Illegittimità derivata dalla nullità e/o illegittimità della delibera n. 121/17/CONS:

la delibera n. 499/17/CONS, sostiene parte ricorrente, sarebbe affetta da vizi di invalidità derivata, per effetto della stessa illegittimità che vizia la delibera “a monte” n. 121/17/CONS, anch’essa impugnata di fronte a questo TAR con separato ricorso (R.G. n. 4586/2017, definito, però, con esito avverso alla TIM con la sentenza di questa Sezione n. 5001 dell’8.5.2018), nel quale la stessa ricorrente ha contestato le illegittimità che di seguito si riassumono: imponendo una correlazione tra periodo tariffario e ciclo delle fatture (primo motivo), si incideva sullo “ius variandi” ovvero sull’autonomia negoziale degli operatori, in assenza di una disposizione di legge che ciò consentiva;
risultava violato il divieto di “gold plating” e quindi di introdurre livelli di regolazione ulteriori rispetto a quanto richiesto dalla normativa comunitaria, potendo intervenire sul punto solo la legge;
l’intervento dell’Autorità era sviante, dovendo la stessa limitarsi a correggere unicamente eventuali asimmetrie informative tra operatori e utenti;
non era motivato, in presenza di un motore di calcolo “ad hoc”, l’assunto secondo cui le offerte su basi temporali diverse erano difficilmente comparabili;
in subordine occorreva proporre questione interpretativa dinanzi alla Corte di Giustizia UE, ex art.267 del TFUE, degli artt.5, 49, 56 del TFUE, degli artt.20, 21 della Direttiva 2002/22/CE, dell’art.8 della Direttiva 2002/21/CE;
inoltre vi era un contrasto (secondo motivo) con la precedente delibera n.252 del 16 giugno 2016 dell’AGCOM;
le misure assunte erano comunque censurabili nei contenuti oltre che sproporzionate.

Riprendendo le argomentazioni già svolte nel giudizio sopra richiamato, TIM afferma che il potere regolatorio attribuito all’AGCOM dalla legge – “anche ammettendo per assurdo che la delibera 121/17 possa essere ritenuta valida anche dopo l’entrata in vigore della novella” - non le avrebbe comunque attribuito la potestà di determinare i contenuti dei contratti tra operatori ed utenti, potestà che non trova copertura neanche nel quadro europeo delle direttive settoriali di riferimento (cfr. 2002/21/CEE;
2002/19/CE;
2002/22/CE);
ove si ritenesse che la legge n. 172 del 2017 abbia agito in regime di “gold plating”, introducendo maggiori livelli di regolazione rispetto alle direttive, sarebbe palese la carenza di basi giuridiche per il pregresso intervento regolamentare dell’AGCOM (delibera 121 cit.), in quanto anteriore all’entrata in vigore della legge;
qualora si ritenesse invece che la legge abbia soltanto specificato e chiarito il quadro regolatorio già esistente, nascente dalla direttive europee nn. 21 e 22 del 2002 a tutela dell’utenza, si dovrebbe concludere che il legislatore, in realtà, non avrebbe potuto attuare materie che sono soggette alla “riserva di Autorità” ed incidere su materie esclusive devolute all’ANR.

L’intervento dell’Autorità avrebbe finito per imporre una limitazione del potere degli operatori economici di esercitare lo ius variandi (vedi art. 70, comma 4, CCE) in relazione al periodo di rinnovo delle offerte e di fatturazione dei consumi, in contrasto con il quadro normativo vigente. Inoltre, la nuova legge, non avendo portata retroattiva, neanche può avere creato, “ex post”, le basi giuridiche per l’adozione della precedente delibera n. 121 del 2017.

Quindi, a seguito dell’intervento legislativo, l’obbligo di adeguamento alle disposizioni della predetta delibera AGCom n. 121/17/CONS sarebbe venuto meno dal 5 dicembre 2017 e la Società dovrebbe rispettare unicamente quanto previsto dai commi 1-bis e 1-ter del d.l. n. 7 del 2007 introdotti con l. n. 172 del 2017, entro il relativo termine (non ancora scaduto al momento della presentazione del ricorso). Non sono rinvenibili neanche nel CCE (vedi artt. 13, 70 e 71) le norme che possano fondare il potere regolatorio dell’AGCOM, come di fatto estrinsecatosi nella delibera posta alla base del provvedimento sanzionatorio per cui è causa. Infine, nella Legge n. 481/1995 (art. 2, comma 16, letere h) e l), laddove individua i poteri dell’AGCOM, non è previsto alcun potere di imporre condizioni standardizzate minime per assicurare la compatibilità delle offerte a favore degli utenti (l’art. 70, comma 4. CCE, nel contempo, assegna agli operatori il diritto soggettivo di determinare i contenuti dei contratti di utenza);
vi sarebbe, poi, eccesso di potere per sproporzione in quanto il motore di calcolo di cui alla delibera n. 256/16 costituirebbe strumento efficace (e meno invasivo per gli operatori) per consentire agli utenti una rapida comparazione tra le rispettive offerte degli operatori presenti sul mercato, al pari della pubblicazione di informazioni puntuali sul sito del singolo operatore;
l’AGCOM, pertanto, dopo l’entrata in vigore della predetta disciplina legislativa, avrebbe dovuto arrestare l’iter sanzionatorio;

2) Sull’accertamento di illeciti amministrativi. Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 6, par. 1 CEDU, nonche’ 1 e 3 della legge n. 689/1981. Violazione dell’art.

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