TAR Bari, sez. III, sentenza 2021-10-28, n. 202101561

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. III, sentenza 2021-10-28, n. 202101561
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 202101561
Data del deposito : 28 ottobre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/10/2021

N. 01561/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00547/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 547 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
ditta Linea Verde di Dipierro Giacomo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati P B e M P M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato P B in Bari, via Melo, 114;

contro

Comune di Noicattaro, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati M L ed E T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento,

previa concessione di misure cautelari,

- del provvedimento del Dirigente del Settore Urbanistica del Comune di Noicattaro prot. n. 4948 del 13.3.2017, recante comminatoria della risoluzione delle convenzioni / atti di assegnazione del 20.11.2000 rep. n. 1447 e dell’1.8.2000 rep. n. 1403, relative rispettivamente ai lotti G/17 e G/18 del PIP di Noicattaro;

- di ogni altro atto, anche non noto, preordinato, presupposto, connesso e conseguente (inclusa, ove occorra, la comunicazione di avvio del procedimento prot. n. 25359 del 28.11.2016);

sul ricorso per motivi aggiunti depositato in data 7.5.2019, per l’annullamento

- della delibera di Giunta comunale n. 35 del 25.2.2019, per quanto d’interesse della ricorrente, recante convalida / ratifica del provvedimento dirigenziale di risoluzione delle convenzioni / atti di assegnazione del 20.11.2000 rep. n. 1447 e dell’1.8.2000 rep. n. 1403, relative rispettivamente ai lotti G/17 e G/18 del PIP di Noicattaro;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Noicattaro;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il dott. F C e uditi nell’udienza pubblica del giorno 29 settembre 2021 per le parti i difensori come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. - Con l’atto introduttivo del presente giudizio la ricorrente ditta Linea Verde di Dipierro Giacomo contestava il provvedimento del Dirigente del Settore Urbanistica del Comune di Noicattaro prot. n. 4948 del 13.3.2017 recante la comminatoria della risoluzione degli atti di assegnazione risalenti al 2000 di lotti siti in area PIP in favore della stessa istante.

Detto provvedimento si fonda sull’asserito inadempimento da parte della ditta interessata rispetto agli obblighi assunti con la convenzione sottoscritta ( i.e. non aver adempiuto a quanto necessario al rilascio del previsto permesso di costruire;
non aver prodotto la relativa documentazione;
non aver ottemperato all’obbligazione di portare a compimento nei termini prescritti il programma per il quale la ditta aveva ricevuto l’assegnazione del suolo;
aver omesso il pagamento del conguaglio interessi richiesto nel 2012).

Deduceva censure così sinteticamente riassumibili:

1) eccesso di potere per erronea considerazione dei presupposti;
contraddittorietà;
illogicità;

2) eccesso di potere per travisamento dei presupposti;

3) eccesso di potere per violazione dei principi in materia di giusto procedimento;
violazione di legge (art. 2 legge n. 241/1990);

4) eccesso di potere per travisamento dei presupposti;
violazione della lex specialis /convenzione;

5) incompetenza;

6) eccesso di potere per travisamento dei presupposti.

Successivamente la Giunta Comunale adottava la deliberazione n. 35 del 25.2.2019, recante convalida/ratifica del precedente provvedimento dirigenziale prot. n. 4948 del 13.3.2017 di risoluzione delle convenzioni/atti di assegnazione del 20.11.2000 rep. n. 1447 e dell’1.8.2000 rep. n. 1403, relative rispettivamente ai lotti G/17 e G/18 del PIP di Noicattaro.

Il contenuto della summenzionata delibera ripropone le medesime motivazioni sottese al provvedimento prot. n. 4948/2017, impugnato con il ricorso principale, essendosi l’Amministrazione con la citata delibera limitata a convalidare il provvedimento dirigenziale di risoluzione di convenzioni/assegnazioni di suoli PIP e a farlo ratificare dall’organo competente (Giunta Comunale).

Detta delibera n. 35/2019 veniva censurata con motivi aggiunti dalla ditta Linea Verde con le seguenti doglianze:

1) malgoverno dei presupposti;
omessa ed erronea considerazione dei fatti;
eccesso di potere;
difetto d’istruttoria;
violazione del giusto procedimento;
difetto di motivazione;
illogicità;
contraddittorietà;

2) eccesso di potere per erronea considerazione dei presupposti;
contraddittorietà;
illogicità;
invalidità propria e derivata dalla illegittimità del provvedimento impugnato con il ricorso principale;

3) eccesso di potere per travisamento dei presupposti;
invalidità propria e derivata dalla illegittimità del provvedimento impugnato con il ricorso principale;

4) eccesso di potere per violazione dei principi in materia di giusto procedimento;
violazione di legge: art. 2 legge n. 241/1990;
invalidità propria e derivata dalla illegittimità del provvedimento impugnato con il ricorso principale;

5) eccesso di potere per travisamento dei presupposti;
violazione della lex specialis /convenzione;
invalidità propria e derivata dalla illegittimità del provvedimento impugnato con il ricorso principale;

6) eccesso di potere per travisamento dei presupposti;
invalidità propria e derivata dalla illegittimità del provvedimento impugnato con il ricorso principale.

2. - Si costituiva il Comune di Noicattaro, resistendo al gravame.

3. - All’udienza pubblica del 29 settembre 2021 la causa passava in decisione.

4. - Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso introduttivo, integrato da motivi aggiunti, debba essere respinto, in quanto infondato, salvo il motivo di gravame sub 5) dell’atto introduttivo che deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto d’interesse.

4.1. - In ordine al ricorso introduttivo si rileva quanto segue.

4.1.1. - Con il primo motivo di gravame la ricorrente assume, in estrema sintesi, che la delibera di Giunta comunale n. 109/2014 (recante “Atto d’indirizzo per la rivitalizzazione della zona PIP”, con il quale veniva deciso di fornire i seguenti indirizzi al Dirigente del IV Settore Urbanistica, compatibilmente con il rispetto della normativa vigente: 1) concedere alle ditte assegnatarie un’ulteriore proroga di un anno per avviare il programma costruttivo;
2) predisporre, entro e non oltre 30 giorni dalla data di approvazione del medesimo atto d’indirizzo, la variante urbanistica per il recupero della volumetria residua della zona PIP;
3) predisporre il provvedimento amministrativo che disciplina la rimozione dei vincoli convenzionali di natura pattizia contenuti nell’art. 8 delle convenzioni di assegnazione per i lotti ricadenti nella zona PIP) abbia disposto l’azzeramento dell’attività amministrativa comunale ad essa precedente, dando corso ad un nuovo programma costruttivo, con nuove scadenze temporali per l’avvio dei lavori.

Per tale motivo il provvedimento di risoluzione sarebbe viziato - secondo la prospettazione di parte ricorrente - nella parte in cui il Comune avrebbe falsamente presupposto il permanere degli effetti delle diffide precedenti alla citata delibera di Giunta n. 109/2014.

Tuttavia, la ditta Linea Verde attribuisce alla delibera n. 109/2014 una portata che la stessa non possiede.

Il primo equivoco in cui incorre la ricorrente riguarda lo scopo che con tale delibera il Comune avrebbe inteso perseguire.

Dal testo della delibera in esame si rileva come la stessa sia stata adottata con il dichiarato intento di dare esecuzione al Piano Generale di Sviluppo approvato con delibera di Consiglio comunale n. 47/2012.

La ricorrente, pur dandone atto, limita lo scopo dichiarato di tale Piano con riferimento al PIP al supporto alle imprese che abbiano difficoltà ad avviare il programma costruttivo.

Viceversa, dall’esame della misura specifica (5.6.1) del Piano Generale di Sviluppo emerge che, con riferimento allo sviluppo del programma PIP, il Piano Generale di Sviluppo prevede innanzi tutto la sua rivitalizzazione e, in tale prospettiva, si propone, non solo di supportare l’avviamento delle imprese assegnatarie, ma anche la revoca delle assegnazioni alle ditte rinunciatarie e l’avvio delle procedure per le nuove assegnazioni.

Lo scopo del Piano è in altri termini quello di perseguire l’interesse pubblico al completamento del programma costruttivo del PIP e non quello delle singole imprese assegnatarie a mantenere, oltre ogni limite di tempo ragionevole, una posizione di vantaggio, rispetto al resto della platea di soggetti interessati.

Chiarito lo scopo reale della delibera n. 109/2014, alla quale la ricorrente attribuisce valore “azzerante” di tutto quanto ad essa precedente, se ne deve valutare l’effettiva portata relativamente al contesto oggetto di causa.

Tale esame consente di rilevare come nessuna delle sue previsioni divenga rilevante rispetto al provvedimento risolutivo adottato.

Certamente neutra è la disposizione di avviare un procedimento di variante per il recupero delle volumetrie esistenti, tanto che neanche la ricorrente è in grado di individuarne la rilevanza ai propri fini.

Altrettanto neutra è la previsione relativa all’eliminazione del regime vincolistico di cui all’art. 8 della convenzione, riguardante esclusivamente le ditte assegnatarie che abbiano completato il programma costruttivo.

Resta l’indirizzo dato dalla Giunta al Dirigente di concedere, compatibilmente con le previsioni di legge esistenti, un ulteriore anno di proroga ai termini previsti per l’avvio del programma costruttivo.

Lo scopo dell’atto d’indirizzo era evidentemente quello di consentire al Dirigente del Settore Urbanistica di concedere alle ditte assegnatarie che ne avessero fatto richiesta un anno di proroga ulteriore a quello di cui già avevano usufruito.

Anche con riferimento a tale previsione della delibera il motivo di ricorso è infondato per due concorrenti profili.

Il primo riguarda la possibilità stessa per la ricorrente di usufruire di tale proroga.

In effetti la Giunta attribuisce al Dirigente il potere di disporre la proroga “compatibilmente con il rispetto della normativa vigente”.

L’art. 2 del regolamento per l’assegnazione delle aree prevede due termini:

- il primo, di sei mesi, per la presentazione della documentazione necessaria al rilascio del permesso di costruire;

- il secondo, quello previsto dalla legislazione vigente, per l’ultimazione dei lavori.

Il medesimo art. 2 prevede ancora la possibilità di proroga esclusivamente con riferimento al secondo;
sicché si deve necessariamente ritenere che analoga possibilità si sia voluta implicitamente escludere per il primo.

Si aggiunga, inoltre, che il regolamento è stato approvato con delibera di Consiglio comunale e, pertanto, ogni sua modifica o deroga deve essere disposta con un provvedimento della medesima natura. Nel caso di specie la delibera di Giunta non è in grado di modificare o derogare le previsioni di un atto approvato con delibera di Consiglio.

Per tale motivo l’unica proroga che il Dirigente potrà accordare riguarderà quella richiesta dalle ditte, già in possesso di permesso di costruire e che abbiano iniziato i lavori, per ottenere un allungamento dei tempi per la loro ultimazione.

E del resto unicamente tale ipotesi è coerente con lo scopo del Piano Generale di Sviluppo di portare a termine il programma costruttivo del PIP, supportando le ditte che, con l’avvio dei lavori, abbiano in concreto dimostrato l’interesse alla conservazione dell’area assegnata.

Il secondo profilo di infondatezza invece consegue al fatto che la ricorrente, che pure ritiene di avere diritto ad ottenere una proroga di un anno, non ne ha mai fatto richiesta. Ciò in quanto tale richiesta le avrebbe imposto, nell’anno concesso, di avviare concretamente un programma costruttivo che evidentemente non aveva interesse ad iniziare.

Ciò chiarito, diviene conseguentemente evidente come l’adozione della delibera n. 109/2014 sia del tutto neutra rispetto alla posizione amministrativa della ricorrente, che ha subito un provvedimento di risoluzione per l’inadempimento persistito fin dai sei mesi successivi alla sottoscrizione della convenzione e comunque reiterato anche a fronte della richiesta di adempimento operata dal Comune con la nota di avvio del procedimento di risoluzione del 28.11.2016 successivamente all’adozione della delibera (asseritamente) “azzerante”.

4.1.2. - Con il secondo motivo di ricorso la ditta Linea Verde assume l’illegittimità del provvedimento risolutivo adottato in suo danno, in ordine al quale rileva: che non sia esplicitata la ragione dell’inadempimento;
che il mancato pagamento della somma richiesta a titolo di interessi passivi non potesse ritenersi una forma di inadempimento, potendo questa essere inserita come prescrizione nel permesso di costruire successivamente al suo rilascio.

La censura non è meritevole di positivo apprezzamento.

Il provvedimento di risoluzione è puntuale nell’indicare le ragioni dell’inadempimento della ricorrente che in particolare sono due:

- l’incompletezza della documentazione a corredo dell’istanza di permesso di costruire, la cui integrazione è stata richiesta sin dal 4.8.2003;

- il mancato pagamento della somma dovuta a titolo di interessi passivi richiesta sin dal 27.4.2012.

Con riferimento al primo profilo, dalla lettura contestuale della nota di avvio del procedimento e della nota dirigenziale di risoluzione del contratto emerge che:

- mancando del tutto della documentazione necessaria all’istruzione della pratica di permesso di costruire, in data 4.8.2003 il Comune richiedeva alla ricorrente la documentazione mancante e tale richiesta veniva reiterata il 24.12.2003;

- riscontrando tale richiesta la ditta inviava solo copia del versamento dei diritti, il modello ISTAT, i computi degli oneri concessori e gli atti di assegnazione dei lotti e chiedeva una proroga per la produzione della restante documentazione;

- solo in seguito alla diffida inviata dal Comune il 13.1.2010, in data 11.2.2010 la ditta inviava con nota prot. n. 3396 unicamente un non meglio identificato elaborato grafico integrativo, il progetto per l’impianto elettrico e un atto di notorietà relativo al D.M. 16.2.1982, non essendo l’attività soggetta a prevenzione incendi, e rimandava la consegna del progetto ex legge n. 10/1991 a prima dell’inizio dei lavori.

In esito a tale ultima produzione, dunque la domanda rimaneva comunque priva della documentazione indicata dall’art. 20 d.p.r. n. 380/2001 e dall’art. 26 legge n. 10/1991;
né del resto la stessa ditta interessata ne ha mai affermato la completezza (si rimanda al successivo punto 4.1.6 della motivazione).

Con riferimento al secondo profilo deve rimarcarsi da subito (il tema verrà approfondito al punto 4.1.6 in risposta al sesto motivo di ricorso) che l’art. 10 del regolamento per l’assegnazione delle aree dispone che i costi relativi agli interessi passivi siano corrisposti dalle ditte assegnatarie al Comune all’atto del rilascio del permesso di costruire (analogamente a quanto avviane per gli oneri di cui all’art. 16 d.p.r. n. 380/2001).

In tale prospettiva, pertanto, non può essere condivisa l’argomentazione sostenuta dalla ditta istante che ipotizza l’imposizione del versamento di tale somma tra le prescrizioni allegate al permesso di costruire, per un duplice e concorrente ordine di ragioni:

- il pagamento degli oneri concessori dovuti costituisce all’evidenza una condizione per il rilascio del titolo edilizio, sicché non può essere posta come prescrizione;

- le prescrizioni inserite nei titoli edilizi hanno natura tecnica e riguardano le modalità esecutive dell’opera e non gli aspetti propriamente finanziari del permesso di costruire.

Nell’ambito del procedimento, peraltro, la ricorrente, pur avendone avuto la possibilità in seguito alla comunicazione di avvio del procedimento, non solo non ha adempiuto ad alcuna delle richieste ribadite dal Comune, ma neanche ha dichiarato la propria disponibilità a farlo.

La stessa si è viceversa limitata, per un verso, a contestare genericamente e apoditticamente l’inadempimento attribuitole, relativamente al quale neanche si è assunta la responsabilità di affermare con nettezza l’adempimento, per altro verso, ad attribuire la responsabilità del mancato avvio del programma costruttivo al Comune reo di non aver rilasciato il permesso di costruire.

Ciò rilevato, più in particolare con riferimento al mancato rilascio del permesso di costruire da parte del Comune, si deve anche evidenziare come la ricorrente non abbia mai ritenuto di attivare i rimedi previsti dalla legge nel caso di silenzio della P.A., che le avrebbero consentito, laddove la domanda fosse stata ritenuta fondata, di ottenere il titolo e conseguentemente di completare il programma costruttivo.

4.1.3. - Con il terzo motivo di ricorso la ditta Linea Verde sostiene che il Comune ha disposto la risoluzione della convenzione in ragione del mancato deposito dei documenti e del mancato versamento degli oneri necessari al rilascio del permesso di costruire;
afferma, altresì, che già in precedenza il Comune aveva avviato il procedimento di risoluzione per i medesimi motivi senza poi darvi corso.

Tale circostanza determinerebbe l’illegittimità del procedimento, che, a dire della ditta istante, non potrebbe essere riavviato sulla base dei medesimi motivi di inadempimento contestati con i precedenti avvisi. In tale prospettiva, pertanto, la mancata definizione del procedimento precedentemente avviato avrebbe esaurito il potere del Comune di rilevare l’inadempimento della ditta.

Anche tale motivo è infondato.

In primo luogo, va rilevato che, anche a voler condividere la tesi della ricorrente, nel caso in esame l’esaurimento del potere del Comune di avviare il procedimento di risoluzione non si è verificato, quanto meno con riferimento alla richiesta di pagamento degli interessi passivi.

È vero, infatti, che in relazione a tale specifica fattispecie di inadempimento il Comune:

- con nota del 27.4.2012 ha provveduto a richiedere gli interessi passivi per la prima volta, con l’avviso che il mancato pagamento avrebbe determinato l’avvio del procedimento di risoluzione;

- con la successiva nota del 28.11.2016, preso atto del mancato versamento degli oneri richiesti, avviava il procedimento per la risoluzione, contestualmente diffidando la ditta ad adempiere;

- con la censurata nota conclusiva del procedimento del 13.3.2017, preso atto del persistere dell’inadempimento e della neanche dichiarata disponibilità ad eseguire il versamento, ha disposto la risoluzione.

Lo schema procedimentale appena illustrato è, pertanto, immune anche dai vizi ipotizzati dalla ricorrente, laddove la sua sequenza fornisce chiara evidenza di un procedimento unico, mai replicato secondo le fasi che seguono: richiesta di pagamento, con avviso di avvio del procedimento di risoluzione in caso di inadempimento;
avvio del procedimento di risoluzione;
provvedimento di risoluzione.

In ogni caso, il vizio ipotizzato dalla ricorrente nel caso di specie è del tutto insussistente.

Infatti, sebbene sia certamente vero che nelle precedenti occasioni in cui il Comune ha avviato il procedimento per la risoluzione della convenzione non lo abbia poi portato a conclusione, è altrettanto vero che, nell’ambito del procedimento oggetto del presente giudizio, il Comune ha dato espressamente atto dei precedenti procedimenti, ha espressamente valutato il permanere, da un lato, dell’inadempimento della ditta, dall’altro, delle ragioni di pubblico interesse e in particolare quello alla completa realizzazione del PIP ed ha conseguentemente adottato il provvedimento con tale interesse pubblico più coerente ( i.e. quello di risoluzione della convenzione di assegnazione) allo scopo di operarne una nuova a soggetto effettivamente interessato.

4.1.4. - Con la doglianza sub 4) la ricorrente assume che l’avviso di avvio del procedimento non contenesse la diffida ad adempiere espressamente prevista dall’art. 9 della convenzione.

Al riguardo, è agevole rilevare che la comunicazione del 28.11.2016 espressamente recita:

“… si contesta, tutto quanto sopra dedotto, comunicando, ai sensi degli articoli 7 della l. 241/1990 e 9 delle convenzioni rep n. 1447 del 20/11/2000 (Lotto G/17) e rep. n. 1403 del 01/08/2000 (Lotto G/18), l’avvio del procedimento volto alla pronuncia della risoluzione delle convenzioni in oggetto.”.

L’art. 9 della convenzione prevede espressamente che il provvedimento di risoluzione debba essere preceduto dalla diffida ad adempiere, sicché la comunicazione di avvio del procedimento che richiami tale norma convenzionale, non può che essere intesa alla stregua di una diffida espressa ad adempiere.

Ciò detto, va comunque rimarcato che, al di là del dato formale, nelle osservazioni proposte mai la ricorrente ha manifestato neanche la possibilità di prendere in considerazione l’eventuale adempimento alle richieste del Comune, allo scopo di manifestare un interesse concreto alla conservazione della assegnazione.

Si vuole cioè dire che, nel corso degli oltre 15 anni in cui si è sviluppata la vicenda in esame, la ditta Linea Verde non ha mai manifestato, con atti concreti, un interesse reale al completamento del programma costruttivo.

Emerge, infatti, che la stessa ha avuto in generale un comportamento omissivo e inerte e mai attivo, evidenziando unicamente l’interesse “statico” a conservare la propria posizione di assegnatario, senza tuttavia attivarsi, ad esempio, con la formale richiesta motivata di proroghe dei termini per il deposito dei documenti per il rilascio del permesso di costruire, ovvero, laddove avesse davvero ritenuto di averne completato il deposito, con la formale diffida al suo rilascio, ovvero ancora con la proposizione di un ricorso giurisdizionale volto a conseguire un provvedimento giudiziario che ne imponesse al Comune il rilascio.

Sicché appare singolare che oggi, solo in sede giurisdizionale e a risoluzione adottata, la ditta Linea Verde lamenti di non essere stata diffidata ad adempiere, quando in realtà - come visto - detta diffida vi è stata.

4.1.5. - In relazione al quinto motivo di ricorso (relativo all’asserita incompetenza del dirigente comunale ad adottare il provvedimento di risoluzione rimesso dall’art. 9 delle due convenzioni oggetto di causa alla competenza della Giunta comunale) deve essere dichiarata la sopravvenuta carenza d’interesse, avendo il Comune, successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo, adottato la delibera di Giunta comunale n. 35 del 25.2.2019, di convalida ai sensi dell’art. 21- nonies , comma 2 legge n. 241/1990 del provvedimento di risoluzione disposto dal Dirigente del Settore Urbanistica, successivamente impugnata dalla ricorrente con motivi aggiunti.

4.1.6. - Con il sesto motivo di ricorso la ditta deducente contesta il proprio inadempimento, affermando:

- con riferimento al mancato deposito dei documenti, di averli depositati in maniera completa, ad eccezione del progetto ex legge n. 10/1991, per il quale l’art. 28 della medesima legge ne consente il deposito anche dopo il rilascio del permesso di costruire;

- con riferimento al mancato pagamento degli interessi passivi, che l’ammontare della somma da pagare sarebbe ancora oscura e che comunque la sanzione sarebbe eccessiva anche a fronte della manifestata disponibilità a provvedere al pagamento.

Relativamente al primo profilo è agevole rilevare come la ditta istante, sebbene in extremis alla fine del proprio ricorso, sostenga il proprio adempimento all’obbligo previsto dalla convenzione e dal regolamento di depositare i documenti progettuali necessari al rilascio del permesso di costruire, non va oltre tale affermazione e non indica quali documenti anche progettuali avrebbe depositato e perché tale deposito soddisfi la previsione dell’art. 20 d.p.r. n. 380/2001 e consenta, quindi, di ritenere completa l’istruttoria e sussistente l’obbligo per il Comune di rilasciare il permesso di costruire.

Al precedente punto 4.1.2 si è avuto modo di chiarire che:

- mancando del tutto della documentazione necessaria all’istruzione della pratica di permesso di costruire, in data 4.8.2003 il Comune richiedeva alla ricorrente la documentazione mancante;

- riscontrando tale richiesta, la ditta inviava solo copia del versamento dei diritti, il modello ISTAT, i computi degli oneri concessori e gli atti di assegnazione dei lotti e chiedeva una proroga per la produzione della restante documentazione;

- solo in seguito alla diffida inviata dal Comune il 13.1.2010, in data 11.2.2010 la ditta inviava un non meglio identificato elaborato grafico integrativo, il progetto per l’impianto elettrico e un atto di notorietà relativo al D.M. 16.2.1982, non essendo l’attività soggetta a prevenzione incendi, e rimandava la consegna del progetto ex legge n. 10/1991 a prima dell’inizio dei lavori.

Dall’esame della documentazione inviata emerge la mancanza quanto meno della “dichiarazione del progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, alle norme relative all’efficienza energetica” prevista, unitamente alla documentazione a supporto, come essenziale dall’art. 20, comma 1 d.p.r. n. 380/2001.

In mancanza di tale fondamentale documento progettuale mai il Comune avrebbe potuto rilasciare il permesso di costruire, così che detta omissione della ricorrente determina il grave inadempimento che ha legittimamente condotto la P.A. alla risoluzione.

In ordine al secondo profilo è agevole rilevare come le affermazioni della ricorrente non trovino conferma nella documentazione in atti.

La somma di cui si richiede il pagamento, infatti, non è per nulla oscura, ma è determinata puntualmente nel suo ammontare (€ 21.817,80) e puntualmente chiarita nei suoi criteri di calcolo dalla delibera commissariale n. 33/2011 e dalla delibera di Giunta comunale n. 15/2012.

Inoltre, tale somma non è mai stata contestata dalla ricorrente né nell’ an , né nel quantum , né giudizialmente, né stragiudizialmente, cosicché a tale comportamento non può che attribuirsi la volontà di farvi acquiescenza.

Pertanto, la ricorrente non può assumre l’ambiguità e l’oscurità della somma contestata, senza peraltro formulare uno specifico motivo di gravame (che comunque sarebbe inevitabilmente tardivo).

Neanche emerge dagli atti che la ditta abbia mai mostrato la sua disponibilità al pagamento di tale somma. Viceversa, risulta, che, a fronte delle numerose richieste, la stessa non abbia mai preso in considerazione l’ipotesi di pagarla.

Quanto alla sproporzione della sanzione rispetto all’inadempimento, la ditta deducente omette di considerare che il pagamento degli oneri relativi agli interessi passivi non costituisce solo un obbligazione contrattuale, ma anche una condizione per il rilascio del permesso di costruire, sicché il loro mancato pagamento è da considerarsi alla stregua del mancato deposito di un documento essenziale che non rende possibile la definizione della pratica nel termine previsto dalla convenzione e dal regolamento.

Si è, infatti, avuto modo di chiarire in precedenza che, ai sensi di quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 3 del regolamento di assegnazione delle aree e 4 della convenzione di assegnazione, la ditta assegnataria è tenuta al pagamento degli interessi passivi relativi ai mutui accesi per l’acquisizione delle aree e la realizzazione delle opere di urbanizzazione.

Facendo applicazione di tali norme (e a prescindere dalle considerazioni in ordine al completamento della documentazione progettuale) il Dirigente del Settore Urbanistica, con nota del 27.4.2012, ha richiesto alla ricorrente il pagamento della predetta somma, con l’avviso che il suo mancato versamento avrebbe determinato l’avvio del procedimento, previsto dall’art. 9 della convenzione, per la risoluzione della stessa.

Ciò in quanto l’art. 10 del regolamento, nel prevedere le modalità di pagamento del costo di acquisizione dell’area, dispone che:

- un acconto del 20% vada versato al momento della delibera di assegnazione;

- il saldo dell’80% vada versato al rogito;

- la quota relativa agli interessi passivi vada versata al momento del rilascio del permesso di costruire.

In altri termini, il pagamento della somma per interessi passivi è inteso dal regolamento quale condizione per il rilascio del permesso di costruire.

Tale pagamento non è mai avvenuto e, quindi, con la disposta risoluzione il Comune si è limitato a far valere una puntuale previsione convenzionale in forza della quale l’inerzia della parte assegnataria oltre il termine indicato è sanzionata con la risoluzione della convenzione e la conseguente perdita dell’assegnazione.

4.2. - Con riferimento ai motivi aggiunti si osserva quanto segue.

4.2.1. - La ricorrente contesta anche la delibera di Giunta comunale n. 35/2019 di convalida / ratifica del provvedimento di risoluzione adottato dal Dirigente del Settore Urbanistica allo scopo di sanarne l’ipotizzato vizio di incompetenza (dedotto nel motivo di gravame sub 5) dell’atto introduttivo).

La ditta Linea Verde assume che tale provvedimento sarebbe illegittimo perché non ne sussisterebbero i presupposti previsti dall’art. 21 nonies , comma 2 legge n. 241/1990 e cioè non sarebbe stato adottato in esito ad un’autonoma istruttoria che abbia nuovamente valutato l’interesse pubblico alla sua adozione, né la ragionevolezza del tempo trascorso.

La lettura della gravata delibera consente di rilevare l’infondatezza della censura.

Quanto all’interesse pubblico, la Giunta ha espressamente evidenziato che:

- la completa realizzazione del PIP costituisce uno degli scopi dell’Autorità comunale e questa non è compatibile con il persistere di assegnazioni di fatto mai rese attive dai soggetti assegnatari;

- la risoluzione delle convenzioni relative a tali assegnazioni è il presupposto necessario per l’adozione degli atti successivi, funzionali alla nuova assegnazione delle aree;

- dovendo disporre ulteriori provvedimenti di risoluzione e ritenendo di dover procedere ai sensi dell’art. 9 delle convenzioni (secondo cui tali provvedimenti sono adottati dalla Giunta comunale), allo scopo di uniformare i relativi procedimenti e le proprie manifestazioni di volontà, è necessario adottare il provvedimento di convalida di quelli già adottati dal Dirigente.

In altre parole, dal testo della delibera emerge che, fermi i fatti relativi allo stato di attuazione del PIP che nel frattempo non sono mutati, la Giunta ha operato un’autonoma istruttoria che è consistita:

- nell’autonoma valutazione dello stato di (mancata) attuazione del PIP;

- nella conferma dell’interesse pubblico alla sua completa realizzazione;

- nel considerare che tale realizzazione può avvenire solo a valle della risoluzione delle assegnazioni inattive e del conseguente nuovo affidamento delle aree a soggetti effettivamente interessati;

- nella valutazione dell’opportunità di uniformare i procedimenti di risoluzione già completati a quelli che ancora non lo sono a quanto previsto dall’art. 9 delle convenzioni.

Quanto viceversa alla valutazione circa la ragionevolezza del tempo trascorso, la ricorrente tenta di parametrarlo alla data di sottoscrizione della convenzione.

Detto tentativo non è condivisibile in ragione del fatto che nel caso in esame si controverte di un provvedimento di convalida ex art. 21- nonies , comma 2 legge n. 241/1990, sicché il tempo che deve essere considerato non può che essere quello trascorso dal provvedimento oggetto di convalida.

E tale è stata la valutazione operata dalla Giunta che, avuto riguardo (appunto) al tempo trascorso per l’adozione del provvedimento di convalida rispetto a quello convalidato, lo ha ritenuto ragionevole in considerazione di due fatti oggettivi:

- il confronto con la data delle convenzioni, risalenti all’anno 2000;

- l’inadempienza delle ditte assegnatarie, che si protrae anch’essa dall’anno 2000.

Alla stregua di quanto appena esposto, dunque, alcuno dei vizi lamentati dalla ditta Linea Verde è ravvisabile in capo alla delibera della Giunta comunale impugnata con i motivi aggiunti che è viceversa legittima e testimonia la volontà della P.A. di agire in buona fede nell’interesse pubblico, garantendo a tutti i soggetti interessati parità di trattamento.

4.2.2. - Con riferimento alle altre doglianze contenute nei motivi aggiunti l’impresa interessata ripropone, in relazione alla delibera di Giunta n. 35/2019 i medesimi motivi di ricorso già articolati nell’atto introduttivo del presente giudizio avverso la nota del Dirigente del Settore Urbanistica del 13.3.2017, che prima della Giunta aveva disposto la risoluzione della convenzione.

Anche tali motivi sono infondati per le medesime ragioni di diritto esposte al punto 4.1 della presente motivazione.

5. - In conclusione, da quanto premesso discende la declaratoria d’improcedibilità del ricorso introduttivo per quanto concerne il motivo di gravame sub 5) e la reiezione per il resto dello stesso ricorso introduttivo e del ricorso per motivi aggiunti.

6. - In considerazione e complessità della peculiarità della presente controversia sussistono giuste ragioni di equità per compensare le spese di lite.

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