TAR Firenze, sez. II, sentenza 2014-12-11, n. 201402029
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N. 02029/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00537/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 537 del 2009, proposto da:
G G, rappresentato e difeso dall'avv. L P, con domicilio eletto presso L P in Firenze, Via del Ghirlandaio, 58;
contro
Questura di Arezzo in persona del Questore pro Tempore, Ministero dell'Interno in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Firenze, Via degli Arazzieri 4;
per l'annullamento
- del provvedimento emesso dalla Questura di Arezzo in data 23. 09.2008 n. cat. 6/FDiv. Amm.va2008 con cui veniva revocata la licenza di porto di fucile uso di caccia e contestualmente ritirato il libretto di porto di armi n. 079208M rilasciato dal Commissariato di Pubblica sicurezza di Montevarchi e di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Questura di Arezzo e di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 novembre 2014 il dott. Luigi Viola e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente era titolare di licenza di porto d’armi per uso venatorio, rilasciata in via sperimentale (per effetto di due procedimenti penali per truffa e falsa testimonianza, all’epoca del rilascio del titolo, ancora pendenti) in data 8 gennaio 2008.
Con decreto 23 settembre 2008 prot. Cat.6/F Div. Amm.va 2008 (notificato all’interessato il 13 gennaio 2009), il Prefetto di Arezzo disponeva la revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia intestata al ricorrente, sulla base della seguente motivazione: <<vista la comunicazione pervenuta in data 24.4.2008 dalla Questura di Firenze, del deferimento alla competente A.G. in data 23.2.2008 da parte del Comando Compagni Carabinieri di Figline Valdarno, nei confronti del predetto …..per i reati di spari pericolosi e omessa custodia d’armi (art. 703 c.p. e art. 20 bis L. 110/75);Preso atto che il predetto, a seguito i vari pregiudizi penali, era stata concessa licenza di porto di fucile per uso di caccia limitata ad un anno in via sperimentale;Considerato che per quanto sopra esposto il medesimo debba ritenersi non più in possesso dei requisiti richiesti per essere titolare di autorizzazioni in materia di armi>>.
Il provvedimento di revoca era impugnato dal ricorrente per: 1) violazione art. 3 l. 241 del 1990 e art. 97 Cost.;2) violazione e falsa applicazione artt. 11 e 43 del R.D. 773 del 1931;3) eccesso di potere per carenza di motivazione e difetto di istruttoria.
Si costituivano le Amministrazioni resistenti, controdeducendo sul merito del ricorso.
Il ricorso è infondato e deve pertanto essere rigettato.
A questo proposito, la giurisprudenza ha, infatti, più volte rilevato come in materia di rilascio (o di revoca) del porto d'armi, l’Amministrazione di p.s., <<dovendo perseguire la finalità di prevenire la commissione di reati e/o fatti lesivi dell'ordine pubblico, (abbia) un’ampia discrezionalità nel valutare l'affidabilità del soggetto di fare buon uso delle armi (e quindi anche nel valutare le circostanze che consiglino l'adozione di provvedimenti di sospensione o di revoca di licenze di porto d'armi già rilasciate), onde il provvedimento di rilascio del porto d'armi e l'autorizzazione a goderne in prosieguo richiedono che l'istante sia una persona “esente da mende e al disopra di ogni sospetto e/o indizio negativo e nei confronti della quale esista la completa sicurezza circa il corretto uso delle armi, in modo da scongiurare dubbi e perplessità sotto il profilo dell'ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività”>>(Consiglio Stato, sez. VI, 20 luglio 2006, n. 4604;sez. IV, 8 maggio 2003, n. 2424;30 luglio 2002, n. 4073;29 novembre 2000, n. 6347;più di recente, si vedano T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 7 dicembre 2011 n. 1944;T.A.R. Piemonte sez. II 4 novembre 2011 n. 1149;T.A.R. Umbria 4 luglio 2011 n. 193).
Del resto, in termini più decisamente sistematici, non bisogna dimenticare che <<il rapporto giuridico che scaturisce dal rilascio di detta autorizzazione di polizia resta pur sempre subordinato, in tutto il suo svolgimento, alla coincidenza con l'interesse pubblico, rimesso appunto alla valutazione discrezionale della P.A., il cui giudizio non può essere sindacato se non sotto il profilo del rispetto dei canoni di ragionevolezza e della coerenza>>(Consiglio Stato, sez. VI, 20 luglio 2006, n. 4604);sotto il profilo applicativo, il carattere accentuatamente discrezionale del giudizio in ordine all’affidabilità nell’uso delle armi importa poi la legittimità anche del ricorso a <<valutazioni della capacità di abuso fondate su considerazioni probabilistiche e su circostanze di fatto assistite da meri elementi di fumus, in quanto nella materia de qua l'espansione della sfera di libertà dell'individuo è, appunto, destinata a recedere di fronte al bene della sicurezza collettiva>>(Consiglio Stato, sez. VI, 20 luglio 2006, n. 4604;sez. IV, 8 maggio 2003, n. 2424;T.A.R. Umbria 4 luglio 2011, n. 193).
Nel caso di specie, le valutazioni compiute dalla Questura di Arezzo costituiscono appunto espressione di quella valutazione puramente probabilistica (e cautelativa) richiesta dalla giurisprudenza e non presentano certamente quegli aspetti di evidente illogicità o di travisamento dei fatti che potrebbero legittimarne l’annullamento giurisdizionale.
In particolare, assolutamente rilevante e decisivo, nella prospettiva del diniego del provvedimento autorizzatorio al porto di fucile, si presenta l’episodio del 17 febbraio 2008 che ha visto il deferimento del ricorrente all’Autorità giudiziaria per i reati di spari pericolosi e omessa custodia d’armi (artt. 703 c.p. e art. 20 bis L. 110/75);con tutta evidenza, si tratta, infatti, di un episodio che, al di là delle minimizzazioni contenute in ricorso (che non smentiscono sostanzialmente la materialità dell’episodio) evidenzia un comportamento (esplosioni di alcuni colpi in luogo aperto senza alcuna causa giustificativa e successivo abbandono del fucile in luogo facilmente raggiungibile da altri soggetti e non adeguatamente custodito) sicuramente incompatibile con quella valutazione prognostica in ordine al corretto uso delle armi che è alla base dell’istituto autorizzatorio.
Del tutto irrilevante è poi il fatto che si sia trattato di un comportamento, all’epoca dei fatti, non ancora definitivamente accertato da una sentenza penale.
Come già rilevato, infatti, la Questura di Arezzo ha operato un semplice giudizio prognostico sulla base del fatto storico che ha dato origine alla vicenda penale;siamo quindi in presenza di un giudizio di prognosi amministrativa che può semplicemente reggersi su una semplice denuncia di reato, purchè si tratti di un comportamento che evidenzi adeguatamente il possibile rischio di abuso delle armi da parte del richiedente (in questo senso, tra le tante: T.A.R., Lombardia, Milano, sez. III, 6 aprile 2010 n. 98;3 agosto 2011 n. 2086) che costituisce la ragione giustificativa della revoca.
Con riferimento alle ulteriori censure proposte da parte ricorrente, è poi sufficiente rilevare:
1) come non sussista alcuna incompatibilità logica tra i due reati di spari pericolosi e omessa custodia d’armi (artt. 703 c.p. e 20 bis L. 110/75) contestati al ricorrente;la comunicazione di notizia di reato 23 febbraio 2008 della Compagnia Carabinieri di Figline Valdarno depositata in giudizio dall’Amministrazione resistente evidenzia, infatti, come si tratti di comportamenti posti in essere in immediata successione e, quindi, logicamente compatibili;
2) come, nella fattispecie concreta, la necessità della revoca trovi ulteriore giustificazione e urgenza nel carattere sperimentale della licenza di porto di fucile concessa al ricorrente, già interessato da procedimenti penali per reati di rilevante entità (truffa e falsa testimonianza) e nel verificarsi dell’episodio contestato a poco più di un mese dal rilascio del titolo autorizzativo sperimentale.
In definitiva, il ricorso deve pertanto essere rigettato;le spese di giudizio delle Amministrazioni resistenti devono essere poste a carico del ricorrente e liquidate, in mancanza di nota spese, nella somma di € 3.000,00 (tremila/00).