TAR Roma, sez. III, sentenza 2017-06-26, n. 201707394

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2017-06-26, n. 201707394
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201707394
Data del deposito : 26 giugno 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/06/2017

N. 07394/2017 REG.PROV.COLL.

N. 07124/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7124 del 2016, proposto dai signori:
V C, F F, D C B, M A, T A, M M, B G, S P, G A, F M, R G, S R, C G, S G, M P, R P, R M, R S, D G P, L L, L I A, C M, C A, U P R F, N G, D R, M A, M M, P A, O P G, rappresentati e difesi dagli avvocati L S, F F, domiciliati ex art. 25 cpa presso Tar Lazio - Segreteria in Roma, via Flaminia, 189;

contro

Ente Strumentale alla Croce Rossa Italiana, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia

dei distinti provvedimenti assunti in data 3 maggio 2016 nei confronti di ciascuno dei ricorrenti in epigrafe e separatamente comunicati, con i quali l’Ente Strumentale alla Croce Rossa Italiana ha provveduto ad avviare il recupero delle somme indebitamente erogate ai ricorrenti, di cui all’O.C. n. 336 del 2008;

nonché di ogni altro provvedimento comunque connesso o preordinato contrario agli interessi dei ricorrenti e, in particolare, dell’O.P 30 giungo 2008, n. 336 emessa dal Presidente della CRI, con la quale era disposto l’annullamento in autotutela delle ordinanze commissariali nn. 1382, 1383 e 1384 del 2003, con le quali lo stesso Presidente della CRI era stato autorizzato alla stipula di atti transattivi con il personale militare;
nonché delle comunicazioni individuali del 7 luglio 2008, non meglio conosciute e richiamate nei provvedimenti impugnati, con le quali l’ente avrebbe portato a conoscenza dei singoli ricorrenti la pretesa al recupero delle somme già oggetto di transazione nell’anno 2003;

nonché per la condanna

dell’Ente Strumentale alla Croce Rossa Italiana alla restituzione in favore dei ricorrenti delle somme indebitamente recuperate in forza dei provvedimenti in questa sede impugnati, previo accertamento negativo del diritto al recupero vantato dall’Amministrazione resistente ne confronti dei singoli ricorrenti


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Ente Strumentale alla Croce Rossa Italiana;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2017 il dott. Claudio Vallorani e uditi per le parti i difensori: Avv. F F e Avv. L S, per i ricorrenti e l'Avvocato dello Stato V C per la C.R.I;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con ricorso notificato alla Croce Rossa Italiana (di seguito anche “CRI”) in data 13.6.2016 e depositato in data 20.6.2016, i ricorrenti, rispettivamente inquadrati nel ruolo del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana con diversi gradi di Maresciallo, hanno chiesto l'annullamento dei distinti provvedimenti, tutti emessi in data 3.5.2016 (vedi produzione documentale del 6.7.2016), con cui il Corpo di appartenenza, per effetto dell’ordinanza commissariale n. 336 del 30.6.2008 (anch’essa impugnata), ha avviato il piano di recupero, mediante apposite trattenute in busta paga, delle somme indebitamente erogate nel passato, in diversa misura, a ciascuno dei ricorrenti.

L’azione di recupero dell’indebito deriva dalla citata ordinanza presidenziale n. 336 del 30.6.2008 (impugnata), che aveva disposto l’annullamento delle Ordinanze Commissariali (di seguito “OO.CC.”) nn. 1382, 1383 e 1384 del 2003, in attuazione delle quali erano stati a suo tempo stipulati specifici atti di transazione tra l’allora CRI (oggi Ente Strumentale alla CRI) e il personale del Corpo Militare.

La vicenda, risalente piuttosto e complessa, che ha portato all’adozione degli atti in questa sede impugnati - anche sulla base di quanto allegato e documentato dall’Ente resistente (con atto prot. n. 46116 del 30.9.2016), in esecuzione delle richieste di questa Sezione di cui all’ordinanza istruttoria n. 3848 del 2016 - può essere sinteticamente ricostruita, nei termini che seguono.

La (allora) C.R.I., a seguito dei rilievi contenuti nella relazione del MEF all’esito di una prolungata attività ispettiva e per effetto dell’ordinanza commissariale n. 394/2012 (doc. 43 Rel. CRI in atti), annullava d’ufficio tutte le promozioni (ivi compresa quelle di pertinenza dei ricorrenti), a suo tempo disposte dall’Ente in forza delle Ordinanze Commissariali (di seguito “OO.CC.”) n. 470 del 17.03.2003 e n. 227 del 4.5.2005, relative al personale di assistenza del Corpo Militare della C.R.I. per i quadri di avanzamento 1994-1995.

In particolare, con l’O.C. n. 470 del 17.3.2003 (doc. 33 allegato alla Relazione C.R.I.) - nonostante l’assenza di posti disponibili in organico per i tre gradi di Maresciallo (“ordinario”, “capo” e “maggiore”) - si diede esecuzione in via straordinaria e retroattiva alle promozioni del personale militare di assistenza in servizio continuativo, giudicato “idoneo al grado superiore e non promosso”, nell’ambito dei quadri di avanzamento del biennio 1994-1995. La successiva O.C. n. 1383 del 17.7.2003 (doc. 36 Relazione C.R.I.) determinava di procedere ai conseguenti adeguamenti stipendiali per il personale militare promosso al grado superiore, corrispondendo ad esso le competenze economiche arretrate, limitatamente alla sorte capitale, a seguito delle promozioni al grado superiore, condizionando tuttavia la corresponsione degli importi alla sottoscrizione, da parte di ciascun militare avente titolo, di apposito atto di transazione, con rinuncia ad ogni azione.

L’O.C. n. 394/12 (doc. 43 relazione CRI), nell’annullare le citate ordinanze del 2003 e del 2005, ha disposto il contestuale reinquadramento giuridico del personale militare interessato, sulla base del grado e dell’anzianità posseduti prima delle citate ordinanze commissariali di promozione, prevedendo che, successivamente, il “Servizio Trattamento Economico” avrebbe dovuto procedere al “reinquadramento economico” e al ricalcolo delle somme da ripetere dai destinatari delle “illegittime promozioni conferite”. Pertanto si è determinata, in tal modo, una notevole postdatazione (diversificata, ovviamente, in funzione dell’anzianità di servizio e del grado ricoperto da ciascun interessato) della data di decorrenza degli effetti della promozione al grado superiore e dei connessi effetti economici (per effetto dei provvedimenti impugnati, il trattamento stipendiale da Maresciallo Capo, ad es., si deva riferire, come data di inizio di decorrenza, al 1 gennaio 2000 e non più al luglio 1994).

I fatti all’odierno esame richiedono alcune ulteriori precisazioni ricostruttive con riguardo alla più generale vicenda in cui l’odierna controversia va ad inquadrarsi.

L’Ispettorato Nazionale del Corpo Militare della CRI, con le note prot. IS-CRI/15867/PERS dell’8.7.1994 e prot. IS-CRI/28467/PERS del 16.12.1994, comunicava l’apertura dei quadri di avanzamento del personale di assistenza ai diversi gradi di Maresciallo con riferimento agli anni 1994-1995. Tuttavia, il personale chiamato ad espletare le prove selettive per l’avanzamento di carriera veniva valutato con il giudizio di “idoneo e non promosso”, attesa l’indisponibilità di posti vacanti in organico. Il Co.Ce.R. del Corpo militare, con delibera n. 47 in data 28 novembre 2002, a seguito del contenzioso che le mancate promozioni aveva ingenerato, deliberava l’istituzione di un “Gruppo di lavoro” che avrebbe dovuto relazionare in ordine alle “problematiche relative alle promozioni del personale militare idoneo al grado superiore e non ancora promosso del QA 1994/1995”. In particolare la “soluzione proposta” dal Gruppo di lavoro fu la seguente: “A titolo di sanatoria della abnorme situazione, si propone il riconoscimento dell’avvenuta promozione, con relativo inquadramento e pagamento delle competenze. Si sottolinea che l’iter procedurale è stato portato a termine da parte dell’Amministrazione con l’approvazione definitiva dei giudizi da parte del Presidente generale”.

In data 17.03.2003, il Commissario Straordinario p.t. adottava, pertanto, la precitata O.C. n. 470/2003, con la quale disponeva una serie di avanzamenti di grado, con decorrenza retroattiva a partire dal 1994, e relativo adeguamento stipendiale, anch’esso retroattivo (competenze ed arretrati connessi), nei confronti del personale di assistenza promosso al grado superiore nei tre gradi di Maresciallo (come da successiva ordinanza n. 1383 del 17.07.2003). Successivamente, nel periodo compreso tra febbraio e giugno del 2008, il Dirigente dei Servizi Ispettivi di finanza pubblica (S.I.Fi.P.) effettuava un’ispezione amministrativo-contabile, su disposizione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, dalla cui relazione emergeva l’illegittimità dei provvedimenti di promozione disposti sulla base dell’O.C. n. 470/2003, in quanto le vacanze nei gradi di Maresciallo si erano verificate soltanto a partire dai quadri di avanzamento 2000-2001 e non 1994-1995.

Per tale ragione, il Commissario Straordinario della C.R.I. ha adottato l'ordinanza nr. 394 del 2012 (non impugnata in questa sede), con cui ha annullato la precedente ordinanza nr. 470/2003 e, conseguentemente, le promozioni retroattive del personale di assistenza del Corpo Militare della C.R.I. effettuate in forza di essa;
contestualmente si è proceduto a reinquadrare giuridicamente il personale militare in questione, ripristinando il precedente inquadramento economico con ricalcolo delle somme da ripetere per effetto delle illegittime promozioni attribuite.

Gli atti in epigrafe sono stati impugnati dai ricorrenti per i seguenti motivi:

I) il ricorrente, con valore assorbente rispetto agli altri motivi, in primo luogo deduce la prescrizione dei crediti restitutori avanzati da parte resistente;
sottolineano, in particolare, i ricorrenti che la corresponsione delle somme in loro favore veniva eseguita nel novembre del 2003, data rispetto alla quale era ampiamente decorso il termine decennale di prescrizione ordinaria, nel momento in cui venivano emessi e notificati gli atti di recupero impugnati in questa sede (recanti tutti, si ricorda, la data del 3 maggio 2016);
tutti i ricorrenti, inoltre, negano di avere mai ricevuto le note risalenti al 7 luglio 2008, a cui si fa riferimento in ciascuno dei provvedimenti individuali impugnati, che la C.R.I. avrebbe comunicato proprio al fine di determinare l’interruzione del corso della prescrizione ai sensi dell’art. 2943, comma 4, cod. civ.;

II) Violazione dell’art. 97 Cos. e dei principi di lealtà e buona amministrazione;
contraddittorietà tra atti esterni e sviamento di potere: ad avviso dei ricorrenti l’Amministrazione intenderebbe recuperare oggi, somme a suo tempo erogate a titolo diverso e, in particolare, a titolo di conguaglio degli adeguamenti retributivi spettanti al personale militare in forza dell’estensione a loro beneficio della Legge n. 196 del 1995;

III) Violazione delle norme sul corretto procedimento amministrativo;
violazione degli artt. 6 e 7 della Legge n. 241 del 1990 e ss.mm.ii.: i provvedimenti gravati non sono stati preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento, così incorrendo, secondo parte ricorrente, in una palese carenza dal punto di vista della regolarità procedimentale;
l’atto di recupero non potrebbe peraltro qualificarsi come atto di amministrazione completamente vincolato (ai fini dell’applicazione dell’art. 21octies della Legge n. 241/90, che precluderebbe una pronuncia demolitoria), contenendo esso margini di discrezionalità sul modo e sul quando della sua adozione;
la lacuna procedimentale, pertanto, vizierebbe gli atti successivamente emanati;

IV) violazione dell’art. 1, comma 1, Legge n. 241 del 1990;
violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 cod. civ.;
eccesso di potere sotto diversi profili e violazione del principio comunitario del legittimo affidamento: la vicenda che ha preceduto l’avvio delle procedure di recupero non fu determinata da errore o svista del Commissario straordinario che nel 2003 decideva, liberamente e consapevolmente, di erogare le somme sulla base di atti di transazione individuali, stipulati con i singoli interessati, a loro volta preceduti da scelte generali dell’Ente;
inoltre l’operazione di recupero avviata dalla C.R.I. si è svolta senza dare alcun rilievo agli elementi specifici delle singole fattispecie e senza tenere in alcun conto, in generale, il legittimo affidamento ingenerato nei ricorrenti dagli atti pregressi della stessa Amministrazione ed il lungo tempo trascorso rispetto all’erogazione;

V) Violazione dell’art. 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo: la ripetizione delle somme sarebbe inoltre sproporzionata e ingiusta anche alla stregua dell’art. 1, prot. 1, C.E.D.U. che garantisce e tutela il diritto di ciascun individuo a non vedere violati i propri diritti di natura patrimoniale;

VI) Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost., dell’art. 1bis della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 1969 cod. civ.;
eccesso di potere per contraddittorietà;
carenza e sviamento di potere: l’Amministrazione avrebbe agito in carenza assoluta di potere giacché ha preteso di incidere unilateralmente con un proprio provvedimento (l’O.P 30 giungo 2008, n. 336 emessa dal Presidente della CRI, che ha disposto l’annullamento in autotutela delle ordinanze commissariali nn. 1382, 1383 e 1384 del 2003, autorizzative delle varie transazioni poi intervenute con i singoli dipendenti), su contratti transattivi retti dalle regole del codice civile, tra le quali spicca, nella specie, l’art. 1965 cod. civ.;
in altri termini, il fatto che l’Amministrazione abbia deciso di esercitare la propria autonomia negoziale e di sottoscrivere degli atti di transazione sottoposti alla disciplina civilistica, avrebbe sottratto questi stessi atti ad ogni possibilità di successiva rimozione mediante provvedimenti amministrativi unilaterali di autotutela;

VII) Violazione e falsa applicazione dell’art. 21nonies della Legge nl 241 del 1990;
assenza dei presupposti per l’esercizio dei poteri di autotutela;
sviamento di potere: con il settimo ed ultimo motivo, parte ricorrente deduce che, ove anche si ritenga che - pur quando l’Amministrazione si avvalga, come nella specie, del modello contrattuale/consensuale per il perseguimento dell’interesse pubblico – essa conservi comunque il potere di autotutela sulla determinazione a contrarre a monte della negoziazione, tale potere può esser legittimamente esercitato soltanto ove l’atto da annullare d’ufficio sia illegittimo;
tale requisito non si sarebbe realizzato nella specie, ove i provvedimenti che autorizzavano le transazioni si basavano a loro volta sulle legittime promozioni riconosciute ai ricorrenti dall’organo di vertice della C.R.I. nell’esercizio del potere, che a lui spettava, di determinare le competenze economiche del personale del Corpo Militare della C.R.I. anche in difformità da quanto accade per il personale delle FF.AA..

Con l’ordinanza cautelare n. 3848 del 14 luglio 2017 la Sezione ha dato soltanto parziale accoglimento all’istanza cautelare proposta, disponendo di ridurre, nella misura del 50 % del loro rispettivo importo, i recuperi rateali che l’Ente resistente stava eseguendo mediante trattenute mensili sugli stipendi dei ricorrenti.

Con la medesima ordinanza si ordinava all’Ente strumentale alla CRI, di produrre documentati e dettagliati chiarimenti in ordine ai fatti di causa come dedotti nel ricorso in esame, “anche con riferimento all’evoluzione di contenziosi analoghi e della giurisprudenza che ha affrontato la questione controversa, oltre che, per quanto concerne le specifiche posizioni dei ricorrenti in epigrafe, all’eventuale comunicazione di atti interruttivi della prescrizione sulle somme oggi pretese in ripetizione”.

L’Ente resistente dava riscontro alla prescrizione istruttoria, depositando in data 30.9.2016 diffusa relazione con allegazione di copiosa documentazione (n. 43 allegati).

In vista della pubblica udienza ha depositato ulteriori documenti e memoria conclusionale la parte ricorrente.

Quindi, alla pubblica udienza del 25 gennaio 2016, la causa, dopo ampia discussione, è stata trattenuta dal Collegio in decisione.

DIRITTO

1. - Emerge dalla superiore narrazione in fatto (tenuto conto in particolare di quanto allegato “per tabulas” dall’Ente) che, con l’O.C. n. 394 del 22.8.2012 (che peraltro non è oggetto del ricorso all’odierno vaglio), la C.R.I. ha inteso annullare in autotutela le ordinanze commissariali n. 470 del 17.3.2003 e n. 227 del 4.5.2005 e, conseguentemente, le promozioni del personale di assistenza del Corpo Militare della CRI effettuate in forza di tali ordinanze (ivi compresa quella relativa a parte ricorrente), in via retroattiva, a beneficio dei numerosi sottoufficiali inquadrati nel Corpo militare CRI che, avendo partecipato al quadro di avanzamento 1994/1995, si trovavano di diversi anni nella posizione di “idonei non promossi”.

Nella citata O.C. n. 470 del 17 marzo 2003 (generativa delle promozioni retroattive dei ricorrenti ai diversi gradi di Maresciallo di rispettiva spettanza e del connesso adeguamento stipendiale con decorrenza retrodatata al 1994;
v. all. 33 Rel. CRI), si leggeva che: “Tenuto conto delle proposte contenute nella relazione conclusiva formulata dal Gruppo di lavoro istituito dall’Ispettore Nazionale del Corpo Militare CRI con nota n. 152/02 del 2.12.2002, approvate dal Cocer/Cri con Delibera n. 48 del 17.12.2002”, il Vice Commissario pro-tempore della CRI determinava “di dare esecuzione, in via straordinaria, alle promozioni del personale di assistenza in servizio continuativo giudicato idoneo al grado superiore e non promosso relative ai Q.A. 1994-1995”.

Nel corso del medesimo anno 2003 lo stesso organo di vertice della CRI adottava, conseguentemente, tre Ordinanze Commissariali – recanti i numeri 1382, 1383 e 1384 – con le quali determinava di corrispondere al personale del Corpo Militare alcuni adeguamenti stipendiali arretrati e competenze economiche previa sottoscrizione di appositi atti di transazione. In particolare, per quanto di interesse in questa sede, con l’O.C. n. 1383/2003 venivano disposti gli adeguamenti stipendiali del personale militare di assistenza promosso al grado superiore (nei tre gradi di Maresciallo): in questo ambito ottenevano l’adeguamento stipendiale connesso al grado assunto anche gli odierni ricorrenti.

2. - Tuttavia, come sopra esposto, nel febbraio 2008, il Servizio Ispettivo di Finanza Pubblica avviava un’ispezione amministrativa presso l’Ispettorato Nazionale del Corpo Militare CRI, dalla quale emergevano irregolarità nella gestione del Corpo e, in particolare, proprio nella gestione del trattamento economico sotto il profilo della illegittimità della prassi generalizzata di riconoscere al personale promosso il grado superiore e il trattamento economico connesso, con decorrenza retroattiva, nonché l’illegittimità delle transazioni sottoscritte a seguito delle OO.CC. nn. 1382, 1383 e 1383.

D’altra parte, così come risulta dalla documentazione allegata dalla CRI alla propria relazione difensiva in atti, in data 8 agosto 2008, dopo una verifica protrattasi per circa quattro mesi, veniva redatta dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato la relazione sulla verifica amministrativo-contabile nella quale l’organo ispettivo del S.I.Fi.P. (Servizi Ispettivi di Finanza Pubblica) rilevava l’illegittimità dell’O.C. n. 470 del 17 marzo 2003, provvedimento presupposto dalla O.C. n. 1383/2003 (all. 41 alla Relazione difensiva CRI).

Si legge, in particolare, al paragrafo 6.9.2 della citata Relazione ispettiva che “A seguito dell’ordinanza commissariale (O.C. n. 470/2003) i Centri di mobilitazione hanno adottato i relativi brevetti indicando e riconoscendo quale data di anzianità assoluta nel grado il 1994 o il 1995 invece che gli anni 2000-2001 in cui i posti di Maresciallo (…) presentavano disponibilità (…). La soluzione adottata è palesemente illegittima in quanto:

- la promozione del militare può avvenire solo laddove vi siano posti disponibili nel grado a cui aspira;

- il provvedimento con cui il militare è riconosciuto idoneo ma non promosso per mancanza di posti disponibili è stato riconosciuto legittimo dal Presidente della Repubblica avanti il quale sono stati proposti diversi ricorsi straordinari. (…) Al personale promosso a seguito dell’ordinanza commissariale 470/2003 l’anzianità assoluta del nuovo grado è stata riconosciuta illegittimamente. (…) L’illegittimità dei provvedimenti di promozione in esame ha ovviamente completamente alterato l’ordine di anzianità del personale di assistenza: i promossi a seguito dell’O.C. 470/2003 hanno quindi finito per beneficiare di avanzamenti 5-6 anni prima del dovuto con grave pregiudizio a tutto il personale. (…) Appare quindi necessario che l’Ente proceda a ristabilire la corretta anzianità assoluta per i militari del personale di assistenza promosso a seguito dell’O.C. 470/2003 procedendo al recupero delle somme illegittimamente percepite dai militari a seguito dell’illegittimo riconoscimento del grado”.

3. - Non v’è dubbio, quindi, che il Ministero dell’Economia e Finanze, tramite il proprio Servizio Ispettivo di Finanza Pubblica, ha rilevato:

- l’illegittimità della prassi adottata per l’attribuzione della “decorrenza assegni”;

- l’illegittimità delle transazioni poste in essere con le OO.CC. 1382, 1383 e 1384 del 17 luglio 2003;

- l’illegittimità dell’O.C. n. 470/2003, provvedimento connesso alla successiva O.C. n. 336/2008 (quest’ultima soltanto gravata in questa sede).

Su quest’ultimo profilo non sembrano sussistere dubbi stante la chiara previsione normativa contenuta nel 2 comma dell'art. 89 del R.D. 10 febbraio 1936, n. 484 secondo cui "non possono aver luogo promozioni nel personale di assistenza del ruolo normale se non vi siano posti vacanti nei ruoli organici nei singoli gradi".

Al riguardo, a fronte di quanto riferito dall'Ente resistente in ordine alla indisponibilità di posti nel ruolo di riferimento fino al primo gennaio del 2000, i ricorrenti non hanno addotto nulla per smentire o comunque per far ritenere che quanto affermato dalla C.R.I. non corrispondesse al vero.

Come emerge, infatti, dalla copiosa documentazione agli atti e depositata dalle parti, l’ordinanza commissariale n. 470 del 2003, alla luce dell'esito dell’ispezione del competente Servizio Ispettivo di Finanza Pubblica, delle raccomandazioni formulate dal Ragioniere Generale dello Stato e delle successive osservazioni del Ministero dell'Economia e Finanze doveva essere annullata, in quanto le vacanze nei gradi di Maresciallo si sono verificate con i quadri di avanzamento 2000-2001 e non 1994-1995. In altri termini, le promozioni di grado risultavano disposte in assenza di posti in organico, in contrasto perciò con quanto disposto dal R.D. 10 febbraio 1936, n. 484, con conseguente depauperamento patrimoniale dell’Ente non altrimenti sanabile.

Sulla base di tali circostanze appare evidente come l’O.C. n. 349/2012 di annullamento della O.C. n. 470/2003, si sia imposta quale “atto dovuto” al fine di eliminare la rilevata situazione di illegittimità.

Deve, infatti, rilevarsi come il fondamento giuridico alla corresponsione ai militari delle somme arretrate deve individuarsi non già nei singoli atti di transazione stipulati con gli interessati, ma nei provvedimenti amministrativi autorizzativi delle transazioni stesse che di questi costituiscono il necessario presupposto e che possono costituire oggetto di annullamento in autotutela allorquando risultino illegittimamente emanati (cfr. per una fattispecie analoga alla presente, TAR Lazio, sez. III quater, 30 novembre 2015, n. 13484).

Del resto, per quanto può rilevare in questa sede, risultano condivisibili le argomentazioni contenute nel parere del Consiglio di Stato, sez. II, n. 2301/2016 nonché nelle sentenze del TAR Toscana, sez. I, nn. 1614, 1615, 1616, 1617, 1618 del 1° dicembre 2015. Nelle predette pronunce, sono state respinte le censure rivolte contro l’ordinanza presidenziale n. 336/2008 (anch’essa adottata in ragione della ritenuta illegittimità delle promozioni retroattive risalenti al 2003) che aveva annullato in autotutela le ordinanze commissariali nn. 1382, 1383 e 1384 del luglio 2003 e le transazioni che ne erano scaturite;
come chiarito in quei precedenti, tali transazioni erano da considerare invalide (recte: nulle) in quanto concluse in violazione dell’art. 1965 (per assenza di “res dubia”) e dell’art. 2113, comma primo, c.c. (secondo cui “Le rinunzie e le transazioni che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile, non sono valide”) e, pertanto, non era necessario alcun adempimento ulteriore con riferimento a tali negozi in quanto il vizio genetico di cui erano affetti consentiva all’autorità che ha adottato l’OP n. 336/2008 di limitarsi a prendere atto di tale circostanza, non necessitando di alcun accertamento di carattere costitutivo.

4.- Il Collegio ritiene, con riguardo alla problematica del recupero delle somme erroneamente corrisposte dall'Amministrazione, di non ignorare come talvolta, in passato, la giurisprudenza (T.A.R. Campania, Napoli, VII, 12.12.2007, n. 16222) abbia sostenuto che siffatto recupero non costituirebbe un atto in assoluto vincolato, trattandosi, nella sostanza, di un atto di autotutela che dovrebbe, pertanto, tener conto del "peso" del recupero sulla situazione concreta, dell'affidamento ingenerato nel dipendente, nonché dello stato di buona fede dello stesso (Cons. Stato, VI, 28.6.2007, n. 3773;
V, 13.7.2006, n. 4413;
15.10.2003, n. 6291), attesa la natura discrezionale puntualizzata dallo stesso art. 21-nonies, comma 1, della Legge n. 241/1990.

Il Collegio ritiene, tuttavia, di aderire all’indirizzo giurisprudenziale oggi nettamente prevalente che ritiene legittimo il recupero delle somme non tenendo conto della buona fede del percipiente e considerando il recupero come un atto dovuto non rinunziabile, espressione di una funzione pubblica vincolata (ex multis, TAR Lazio, III, 10 marzo 2015, n. 3929;
id. 10 marzo 2015, n. 3934;
Cons. Stato, IV, 24.5.2007, n. 2651;
12.5.2006, n. 2679;
22.9.2005, nn. 4964 e n. 4983;
T.A.R. Toscana, I, 8.11.2004, n. 5465;
T.A.R. Sicilia, Catania, II, 12.8.2003, n. 1272;
T.A.R. Lazio, Latina, 11.2.1993, n. 143). In capo all'Amministrazione che abbia effettuato un pagamento indebitamente dovuto ad un proprio dipendente si riconosce, perciò, una posizione soggettiva, da qualificare come di “diritto soggettivo alla ripetizione” (ex art. 2033 cod. civ.), alla quale si contrappone un correlativo obbligo a carico della controparte. In definitiva la Sezione ritiene di fare proprio il principio della normale ripetibilità di tali crediti da parte della P.A, perché il recupero delle somme indebitamente corrisposte ai dipendenti pubblici ha natura di atto dovuto ex art. 2033 c.c., con la conseguenza che la buona fede del percettore rileva ai soli fini delle modalità con cui il recupero deve essere effettuato, in modo cioè da non incidere in maniera eccessivamente onerosa sulle esigenze di vita del dipendente. Pertanto, stante l’oggettività dell’indebito, lo stato psicologico del debitore, anche se di buona fede, di per sé non preclude l'attività di recupero dell'indebito, ma impone l'obbligo di una più approfondita valutazione degli interessi implicati, in particolare sotto il profilo del grado di lesione di quello del dipendente, da considerare con riguardo alle modalità di recupero.

Ne consegue che l'interesse del dipendente a trattenere gli emolumenti percepiti non può prevalere su quello pubblico alla ripetizione delle somme erogate indebitamente, che è di per sé sempre attuale e concreto (vedi pronunce sopra citate nonché Cons. Stato, IV, 8.6.2009, n. 3516;
V, 23.3.2004, n. 1535;
T.A.R. Veneto, III, 2.4.2009, n. 1072;
T.A.R. Lazio, Roma, I-ter, 8.6.2009, n. 5466;
I, 1.4.2008, n. 2764;
T.A.R. Campania, Salerno, I, 7.3.2006, n. 237), inoltre, l'obbligo ex lege di recupero preclude la facoltà di rinunciare agli effetti favorevoli del decorso del tempo (Cons. Stato, IV, 11.12.2001, n. 6197).

5. - Conseguentemente, per le ragioni sopra esposte, appaiono infondati, tutti i motivi di ricorso dal secondo al settimo, senza necessità di una loro separata e analitica disamina, atteso che l’esposizione della vicenda fattuale e amministrativa che ha condotto ai provvedimenti oggi impugnati, segnatamente l’O.C. n. 394/2012 (all. 43 alla Relazione CRI, che invero espone ampiamente la vicenda sopra riassunta) rappresenta in modo pieno ed esaustivo le ragioni che hanno giustificato la misura assunta in autotutela dall’Amministrazione e l’avvio delle procedure di recupero delle somme indebitamente erogate agli odierni ricorrenti.

La determinazione assunta in via generale, O.C. n. 394 del 22.8.2012 (che peraltro nessuno dei ricorrenti risulta avere specificamente impugnato né nella presente né in altra sede) e gli atti di recupero individuali oggi impugnati trovano in definitiva il loro fondamento ultimo nella disposizione applicabile “ratione temporis” di cui all’art. 1700 del d.lgs. cit., secondo cui: “1. Annualmente, dopo la firma degli atti di rafferma del personale di assistenza e prima dell'invio al comitato centrale dell'elenco del personale di cui all'articolo 983 del regolamento, entro il mese di marzo, i centri di mobilitazione procedono all'accertamento dei posti vacanti in ciascun ruolo organico e grado e compilano, su tale dato, un prospetto indicante il numero dei posti da coprire. I predetti centri determinano, per ciascun grado, il limite di anzianità fino al quale si può estendere la scelta per le proposte di avanzamento, tenendo presenti le disposizioni stabilite nell'articolo 1701.

2. Non possono aver luogo promozioni nel personale di assistenza del ruolo normale se non vi sono posti vacanti nei ruoli organici dei singoli gradi".

Dunque, proprio il rispetto di tale norma imponeva alla CRI di annullare le promozioni di grado poste in essere sulla base dell’OC n. 470/2003.

6. - Sulla violazione dell’art. 7 della Legge n. 241 del 1990 (terzo motivo), si osserva che, per consolidata e condivisibile giurisprudenza, la doverosità del recupero da parte dell'Amministrazione delle somme indebitamente corrisposte ai propri dipendenti esclude che l'omissione della comunicazione di avvio del procedimento configuri di per sé causa di illegittimità della ripetizione, sia ex art. 21 octies L. 7 agosto 1990 n. 241 - perché, trattandosi di atto vincolato, il suo contenuto non sarebbe stato diverso - sia in quanto l'eventuale mancanza del preavviso non influisce sulla debenza delle somme né sulla possibilità di difesa del destinatario perché questi, nell'ambito del rapporto obbligatorio di reciproco e paritetico dare/avere, può sempre far valere le sue eccezioni nell'ordinario termine di prescrizione (Consiglio di Stato sez. III, 4.9.2013 n. 4429).

7. – Quanto infine all’eccezione di prescrizione opposto dai ricorrenti (primo motivo), il Collegio osserva che attraverso la produzione documentale del 30 settembre 2016 (vedi allegati da 1 a 29 ter compreso) l’Ente resistente ha provato che, in realtà, ciascuno degli odierni ricorrenti è stato raggiunto nel luglio del 2008 dalle lettere di messa in mora inviate dall’allora Croce Rossa Italiana, ai fini della ripetizione delle somme indebitamente ricevute e dell’interruzione della relativa prescrizione. Poiché nella specie la prescrizione è quella ordinaria decennale e le somme sono state conseguite nel corso del 2003, appare provato, mediante le note in atti (formate e comunicate nel 2008), l’effetto interruttivo con riguardo a tutti i ricorrenti odierni.

8 - Il ricorso è, pertanto, complessivamente infondato.

9. - Il Collegio ritiene di dover completare la presente sentenza con alcune considerazioni conclusive che appaiono opportune anche al fine di giustificare la pronuncia sulla spese.

A fronte di un’Ordinanza commissariale (la n. 394/2012) non impugnata in questa sede, che, per le ragioni dianzi esposte, non è affetta da profili di illegittimità (e che per questo ha reso legittimo e, anzi, necessario l’avvio da parte della CRI delle procedure di recupero degli indebiti nei confronti degli interessati), non sembra revocabile in dubbio quanto contestato dagli interessati laddove lamentano di avere comunque confidato in buona fede nella legittimità dell’O.C. n. 470/2003 e della successiva O.C. n. 1383/2003 (concernente gli adeguamenti stipendiali per il persona di assistenza promosso al grado superiore), le quali hanno portato al versamento in loro favore delle somme di cui soltanto oggi (o, meglio, dal 2008) si chiede la restituzione, dopo molti anni dalla loro corresponsione.

Tale profilo fattuale non appare tuttavia suscettibile di ulteriori approfondimenti in questa sede in quanto non idoneo ad incidere sulla legittimità del provvedimento di autotutela per cui è causa, afferendo piuttosto al “comportamento amministrativo” tenuto dall’Amministrazione negli anni successivi alle intervenute promozioni e antecedenti alla O.C. impugnata in questa sede, condotta in astratto apprezzabile sul piano della lesione del legittimo affidamento e della sua tutela, ma che non appare rilevante nella presente sede e ai fini dell’odierna decisione, su gravame che assume a propria “causa petendi” la sola illegittimità dell’ordinanza di annullamento d’ufficio “in sé” (O.C. 336 del 30.6.2008) e delle successive richieste di recupero delle somme, rispetto alle quali la protratta inerzia anteriore della CRI non assume rilievo diretto, stante la doverosità del recupero.

10. - In conclusione si ribadisce il rigetto del ricorso con compensazione integrale delle spese di causa, stante quanto sopra rilevato in merito alla prolungata inerzia della C.R.I. nell’assumere le determinazioni di sua competenza e considerata, più ampiamente, la complessità della vicenda in controversia.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi