TAR Roma, sez. III, sentenza 2018-03-22, n. 201803258

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2018-03-22, n. 201803258
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201803258
Data del deposito : 22 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/03/2018

N. 03258/2018 REG.PROV.COLL.

N. 04558/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4558 del 2017, proposto da:
Assotelecomunicazioni – Asstel e Eolo S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentate e difese dagli avvocati G N, F S e A V, con domicilio eletto presso lo studio del terzo in Roma, via Ventiquattro Maggio, n. 43;

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Gen.Le dello Stato e presso la medesima domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

U.Di.Con. – Unione per la Difesa dei Consumatori non costituita in giudizio;

per l'annullamento

- della delibera n. 121/17/CONS, adottata dall'Agcom in data 15 marzo 2017 e pubblicata sul sito istituzionale della medesima Autorità il 24 marzo 2017, avente ad oggetto “modifiche alla delibera n.252/16/CONS recante “misure a tutela degli utenti per favorire la trasparenza e la comparazione delle condizioni economiche dell'offerta dei servizi di comunicazione elettronica” e del relativo Allegato A, nei limiti di quanto dedotto nel presente ricorso;

- di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso, ivi inclusa, la delibera n. 462/16/CONS e i relativi allegati.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2018 il dott. V B e uditi per la parte ricorrente l'Avv. G. Nava e per l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - Roma l'avvocato dello Stato Paola Palmieri.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’Asstel rappresenta di essere un’associazione nazionale di categoria della filiera delle telecomunicazioni, aderente a Confindustria, che rappresenta circa 50 imprese, tra cui i principali fornitori di servizi di telefonia fissa e mobile, nonché di servizi di connettività in Italia;
detta associazione ha tra i propri fini statutari quello di tutelare gli interessi, individuali e collettivi, delle imprese associate e di rappresentare le stesse nei rapporti con tutti gli interlocutori esterni, pubblici e privati, in tutte le sedi, ivi incluse quelle amministrative e giurisdizionali.

Eolo S.p.A. è una società operante nel settore delle telecomunicazioni in virtù delle autorizzazioni generali rilasciate dal Ministero dello Sviluppo Economico (“MISE”) ai sensi dell’art. 25 del Codice delle comunicazioni Elettroniche (“CCE”), fornitrice di servizi di connessione Internet a banda larga e ultralarga con tecnologia wireless.

Con delibera 121/17/Cons, AGCom ha approvato modifiche al regolamento adottato con la del. 252/16/Cons per la tutela dell’utente e per favorire la trasparenza e la comparazione delle condizioni di offerta.

In particolare la predetta determinazione n. 121 del 2017 ha previsto un obbligo di informazione relativo al credito residuo che deve essere comunicato agli utenti gratuitamente e secondo determinate modalità e ha definito il parametro temporale di validità delle offerte dei singoli operatori, richiedendo a questi ultimi di adottare tutte le misure tecniche e giuridiche idonee a conformarsi a tali disposizioni.

Le modifiche introdotte dalla impugnata delibera n. 121/17/Cons alla del. 252/16/Cons servirebbero, secondo l’Autorità, a migliorare la trasparenza e la comparabilità delle informazioni relative ai prezzi dei servizi di comunicazione elettronica ed il controllo da parte dell’utente dei consumi e della spesa tra i vari operatori.

In tal modo l’Autorità ha indicato il parametro temporale di raffronto sulle offerte dei vari operatori su base mensile, stabilendo che la cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione dovessero avvenire su base mensile o suoi multipli.

Avverso gli atti in epigrafe hanno quindi proposto impugnativa gli interessati, deducendo i seguenti motivi:

1) difetto assoluto di attribuzione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 71 del d. lgs. n. 259/2003;
dell’art. 13 del d.lgs. n. 259/2003 e dell’art. 8 della direttiva 2002/21/ce;
nonché dell’art. 2, comma 12, lett. h) ed l) della legge n. 481/1995. Violazione e falsa applicazione dell’art. 41 cost. Violazione del divieto di gold plating .

L’Autorità non sarebbe titolare del potere di regolare i rapporti contrattuali tra operatori e utenti, in quanto l’art. 71 del Codice delle comunicazioni elettroniche (d.lgs. n. 259/2003, anche CCE) conformemente al quadro normativo europeo, attribuirebbe all’Autorità il solo potere di assicurare la trasparenza e la comparabilità delle offerte commerciali, disciplinandone la forma, ma non il contenuto.

Il potere di indicare il periodo minimo per fatturazione/rinnovo delle offerte non troverebbe legittimazione nemmeno nelle direttive comunitarie (art. 8, par. 4 lett. b della direttiva 2002/21/CE) e nelle altre norme invocate dall’Autorità, tra cui gli artt. 1 e 2 della l. 481/1995, che si limitano a disciplinare la qualità del servizio e la conoscibilità delle condizioni contrattuali da parte degli utenti. Ciò in quanto il regolamento di servizio al quale la legge fa riferimento apparteneva al precedente regime concessorio o monopolistico, che caratterizzava i servizi di telecomunicazione prima della liberalizzazione, e precedente all’attuale regime autorizzatorio che implica la libertà di auto-organizzazione delle imprese.

L’art. 71 del Codice si limiterebbe ad attribuire all’Autorità la funzione di assicurare che le imprese di comunicazioni elettroniche forniscano agli utenti informazioni chiare e veritiere, riconoscendo alla medesima autorità il potere di imporre prescrizioni quanto alla forma con cui tali informazioni devono essere rese.

La richiamata disposizione non consentirebbe alcuna interpretazione che permetta di riconoscere all’Agcom la facoltà di prescrivere oneri ulteriori e diversi rispetto al mero obbligo di informativa e pubblicazione.

Né tale possibilità sarebbe rinvenibile nell’art. 13 del Codice, richiamato dall’Agcom per legittimare una lettura “estensiva” del citato art. 71, che invece indicherebbe le funzioni affidate all’Autorità.

Tali norme di principio, devono essere necessariamente lette alla luce delle disposizioni di dettaglio contenute nello stesso Codice, che legittimano soltanto l’imposizione a carico delle imprese di comunicazione elettroniche di oneri informativi a tutela degli utenti.

L’intervento regolamentare dell’Autorità inciderebbe in maniera diretta e immediata sulla libertà di iniziativa economica degli operatori e, in particolare, sulla loro autonomia contrattuale, tutelata dall’art. 41 Cost. e mediante la previsione della riserva di legge.

La delibera, dunque, sarebbe priva di qualsiasi base giuridica per cui sarebbe illegittimità per difetto assoluto di attribuzione e per violazione di legge.

L’intervento regolatorio in questione, nel contesto normativo europeo e nazionale, avrebbe una funzione ancillare e sussidiaria, che troverebbe giustificazione solo in presenza di un fallimento del mercato, come sarebbe possibile evincere dall’art. 1, comma 1 della direttiva 2002/22/CE, e dagli artt. 70 - 81 del codice delle comunicazioni elettroniche. La tutela dei consumatori non avverrebbe mediante la imposizione di misure di natura imperativa alle dinamiche di mercato, ma mediante la riduzione “a monte” (i) delle asimmetrie informative e (ii) dello squilibrio negoziale tra i contraenti.

In tale sistema, l’Autorità non potrebbe intervenire per determinare il contenuto negoziale (soprattutto in relazione alle condizioni economiche) degli accordi tra utenti e operatori. I primi sarebbero già garantiti dagli obblighi informativi e dal diritto di recesso, e dalle dinamiche concorrenziali del settore delle comunicazioni elettroniche, senza che si renda necessario alcun ulteriore intervento regolamentare da parte di Agcom.

Né si può ritenere che l’introduzione dei (censurati) vincoli di durata possa essere giustificato da un (insussistente) fallimento di mercato.

Con la delibera n. 623/15/CONS “identificazione ed analisi dei mercati dei servizi di accesso alla rete fissa (Mercati nn. 3° e 3B della raccomandazione della Commissione Europea n. 2014/710/UE e della raccomandazione n. 2007/878/CE)”, con riferimento ai mercati retail dell’accesso alla rete fissa l’Autorità avrebbe riconosciuto l’esistenza delle dinamiche concorrenziali nei mercati al dettaglio dei servizi di accesso alla rete fissa (e per la rete mobile), eliminando qualsiasi obbligo regolamentare.

Né l’intervento dell’Autorità potrebbe avvenire in base al potere delle autorità indipendenti di emanare “le direttive concernenti la produzione e l'erogazione dei servizi da parte dei soggetti esercenti i servizi medesimi, definendo in particolare i livelli generali di qualità riferiti al complesso delle prestazioni e i livelli specifici di qualità riferiti alla singola prestazione da garantire all'utente” (art. 2, comma 12, lett. h) della legge n. 481/1995) menzionato nell’allegato A) della delibera in esame.

Inoltre l’art. 2, comma 12, lett. h) della Legge n. 481/1995 circoscriverebbe il potere di intervento dell’Autorità alla determinazione dei livelli generali e specifici di qualità del servizio, e non consentirebbe la definizione delle condizioni economiche della sua fornitura.

La delibera impugnata violerebbe inoltre il divieto di gold plating , introdotto nell’ordinamento nazionale dall’art. 15 della Legge n. 183/2011;

2) difetto assoluto di attribuzione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 70 del d.lgs. n. 259/2003. Violazione e falsa applicazione dell’art. 41 cost. Violazione del divieto di gold plating .

La Delibera limiterebbe il diritto potestativo degli operatori di comunicazione elettronica di modificare unilateralmente i contratti in essere con gli utenti: c.d. ius variandi , come sarebbe stato affermato da recente decisioni di questo Tribunale.

L’art. 70, comma 4 del Codice e l’art. 20 della direttiva 2002/22/CE, interpretati alla luce del considerando n. 27 della direttiva 2009/136/UE (modificativa della direttiva 2002/22/CE), non consentirebbero di individuare alcun potere in capo all’Autorità capace di limitare l’esercizio dello ius variandi degli imprenditori;

3) illegittimità per violazione del principio di proporzionalità. Eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche ed in particolare per manifesta illogicità ed irragionevolezza. Violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 4 del d.lgs. n. 259/2003, nonchè del generale principio della libera concorrenza e dell’art. 41 Cost..

La delibera sarebbe comunque illegittima, inoltre, per violazione del generale principio di proporzionalità.

L’imposizione del ciclo di fatturazione/rinnovo su base mensile (o suoi multipli) per i servizi di telefonia fissi o convergenti, da un lato, e del ciclo minimo di quattro settimane per i servizi mobili, fallirebbe il cd. test “trifasico” imposto dal principio di proporzionalità, recepito dalla giurisprudenza anche di questo Tribunale.

L’obiettivo di trasparenza comparabilità delle offerte sarebbe soddisfatto dall’imposizione di un obbligo di pubblicazione del costo delle diverse soluzioni tariffarie praticate da singoli operatori uniformato su un parametro temporale standard ritenuto opportuno (es. settimanale, bisettimanale etc.), a prescindere dall’effettiva durata dei relativi periodi di fatturazione o rinnovo delle singole offerte.

Tale finalità sarebbe, inoltre, già perseguita dalla Delibera garantita dal regolamento n. 252/16/CONS, che ha previsto l’obbligo degli operatori di predisporre e pubblicare sui propri siti internet schemi riassuntivi delle caratteristiche delle proprie offerte e ha introdotto un motore di comparazione tariffaria dell’Autorità, che uniformerebbe le offerte su un unico parametro di riferimento ai fini di comparazione (se le stesse hanno durate diverse).

L’introduzione di un periodo minimo di fatturazione/rinnovo per i servizi di telefonia mobile confliggerebbe con detto canone anche sotto il diverso profilo della (in)idoneità della misura a raggiungere lo scopo prefissato, in quanto gli operatori commerciali avrebbero estrema libertà di scegliere cicli di tariffazione/rinnovo delle offerte basati su periodi diversi (es. a 40, 50 o 60 giorni).

La delibera, imponendo vincoli temporali ai cicli di fatturazione/rinnovo delle offerte, restringerebbe la facoltà degli operatori di articolare liberamente le condizioni di fornitura dei propri servizi sulla base delle esigenze manifestate dall’utenza e limitando la facoltà di differenziare le proprie offerte.

Ciò comporterebbe un appiattimento del livello di concorrenza tra gli operatori, pregiudicando la libertà di iniziativa economica e contrattuale degli operatori e degli stessi utenti, che avranno una libertà di scelta più limitata in un mercato meno competitivo.

La delibera violerebbe il principio della libera concorrenza – costituzionalmente tutelato dall’art. 41 Cost. – e si porrebbe contrasto anche con l’art. 13, comma 2 e comma 4, lett. a) del Codice;

4) eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche ed in particolare per sviamento, illogicità manifesta ed irragionevolezza.

L’Agcom avrebbe perseguito un fine (quello di incidere sulle condizioni contrattuali) estraneo a quello assegnato dalla norma invocata (assicurare la trasparenza delle condizioni contrattuali comunque definite dall’operatore).

L’intervento regolamentare, infine, non sarebbe rivolto a tutelare la libertà di scelta degli utenti, perseguendo in realtà il fine di eliminare aumenti di prezzo verificatisi in concomitanza con il passaggio di alcuni operatori mobili dalla tariffazione su base mensile a quella a 28 giorni e di alleviare gli oneri connessi all’esercizio delle sue funzioni di controllo;

5) illegittimità dell’art. 2, comma 3 della delibera: eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche ed in particolare per manifesta irragionevolezza ed illogicità, difetto di istruttoria.

Il termine di 90 giorni assegnato agli operatori per adeguarsi alle misure previste dalla delibera gravata non sarebbe sufficiente e sarebbe stato determinato da Agcom in assenza di alcuna istruttoria che verificasse l’impatto reale degli obblighi introdotti.

L’AGCom si è costituita in giudizio, depositando memorie con le quali eccepisce la infondatezza del ricorso.

All’udienza del 67 febbraio 2018, dopo ampia discussione tra le parti, la causa e stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo e il secondo motivo le ricorrenti deducono che l’Autorità non sarebbe titolare del potere di regolare i rapporti contrattuali tra operatori e utenti, in quanto l’art. 71 del Codice delle comunicazioni elettroniche attribuirebbe all’Autorità solo il potere di assicurare la trasparenza e la comparabilità delle offerte commerciali, disciplinandone la forma, ma non il contenuto.

La tesi non merita adesione, nella misura in cui la disciplina contestata mette in discussione, in via generale, non libere scelte imprenditoriali, riferite alla scadenza delle fatturazioni, ma specifiche modalità di scelta, non rispettose della dovuta trasparenza nei confronti degli utenti, in quanto sostanzialmente finalizzate a realizzare incrementi tariffari non dichiarati e di non immediata percezione (oltre che in breve tempo diffusi, con analoghe modalità, tra tutti gli operatori: circostanza, quest’ultima, di competenza tuttavia di altra Autorità, regolatrice della concorrenza e del mercato)..

2. L’avversata delibera trae fondamento dall’art. 71 CCE, secondo cui “l'Autorità assicura che le imprese che forniscono reti pubbliche di comunicazione elettronica o servizi accessibili al pubblico di comunicazione elettronica pubblichino informazioni trasparenti, comparabili, adeguate e aggiornate in merito ai prezzi e alle tariffe vigenti, a eventuali commissioni per la risoluzione del contratto e a informazioni sulle condizioni generali vigenti in materia di accesso e di uso dei servizi forniti agli utenti finali e ai consumatori, conformemente alle disposizioni dell'allegato n.

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