TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2020-07-20, n. 202001356
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Pubblicato il 20/07/2020
N. 01356/2020 REG.PROV.COLL.
N. 01972/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1972 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Comune di Catanzaro, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati S D, S M e G F, con domicilio digitale come da PEC d a Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il proprio Ufficio legale, in Catanzaro, alla via Giovanni Jannoni, n. 68;
contro
Regione Calabria, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato A M, domiciliata presso l’Avvocatura regionale, in Catanzaro, alla Cittadella regionale;
nei confronti
Comune di Soverato, Comune di Pentone, Associazione Italiana Assistenza Spastici O.n.l.u.s., Lumen Cooperativa Sociale a r.l., Associazione Costruire il Domani O.n.l.u.s., non costituiti in giudizio;
e con l'intervento di
ad adiuvandum
Comune di Lamezia Terme, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Carnovale Scalzo, Salvatore Leone e Caterina Flora Restuccia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo Studio dell’avvocati Vittorio Chiriano, in Catanzaro, al corso Mazzini, n. 4;
ad opponendum
:
Associazione Esperia O.n.l.u.s., Social Service, Società Cooperativa O.n.l.u.s. Crisalide, Società La Forza della Vita Cooperativa Sociale O.n.l.u.s., in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'avvocato Antonio Torchia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo Studio, in Catanzaro, alla via A. De Gasperi, n. 48;
Gratal S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Pitaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
con il ricorso principale:
1) della delibera della Giunta regionale del 9 settembre 2019, n. 423;
2) degli allegati a suddetta delibera ( “Regolamento per le procedure di autorizzazione, accreditamento e vigilanza delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale socio assistenziali, nonché dei servizi domiciliari, territoriali e di prossimità” ; “Requisiti generali strutturali, professionali, organizzativi delle strutture socio assistenziali, tipologia di utenza capacità ricettiva e modalità di accesso/dimissioni” ; “Tipologie strutture – rette – modalità di calcolo” );
3) di ogni altro atto presupposto, prodromico, connesso e conseguenziale;
con i primi motivi aggiunti:
4) della delibera della Giunta della Regione della Calabria n. 503 del 2019, avente ad oggetto: “Riorganizzazione dell’assetto istituzionale del sistema integrato degli interventi in materia di servizi e politiche sociali. Legge 8 novembre 2000, n. 328 e Legge Regionale 26 novembre 2003, n. 23 e s.m. e i.” ;
5) del regolamento n. 22 del 2019;
6) e per quanto di ragione della nota del 30 dicembre 2019, prot. 443808, con la quale la Regione preannunciava il trasferimento, ai Comuni capo ambito, delle somme per come ripartite nell’apposita tabella;
con i secondi motivi aggiunti:
7) del decreto del dirigente del Dipartimento lavoro formazione e politiche sociali Settore 07 – Politiche sociali assistenziali inclusive e familiari, economia sociale volontariato del 21 gennaio 2020, n. 360, avente ad oggetto “Riorganizzazione dell’assetto istituzionale del sistema integrato degli interventi in materia di servizi e politiche sociali. Legge 8 novembre 2000, n. 328 e Legge Regionale 26 novembre 2003, n. 23 e s.m. e i. . Approvazione linee di indirizzo per la pianificazione territoriale in regione Calabria “Piani di Zona triennio 2020-2022” ;
8) dell’allegato: “Linee di indirizzo per la pianificazione territoriale in Regione Calabria “Piani di Zona triennio 2020-2022” ;
9) dell’allegato schema tipo piano di zona.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Calabria;
Visti gli atti di intervento ad adiuvandum e ad opponendum ;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 giugno 2020 il dott. F T e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5 d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con mod. con l. 24 aprile 2020, n. 27;
Rilevato in fatto e ritenuto diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Con la l. 8 novembre 2000, n. 328, è stata emanata la disciplina quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
1.1. – Per quel che rileva in questa sede contenziosa, l’art. 1, comma 3 stabilisce che la programmazione e l'organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli Enti locali, alle Regioni ed allo Stato, secondo i principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell'amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali.
L’art. 3, comma 1 precisa che, per la realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, in forma unitaria ed integrata, è adottato il metodo della programmazione degli interventi e delle risorse, dell'operatività per progetti, della verifica sistematica dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni, nonché della valutazione di impatto di genere.
A tal fine, debbono essere rispettati i principi di coordinamento ed integrazione con gli interventi sanitari e dell'istruzione nonché con le politiche attive di formazione, di avviamento e di reinserimento al lavoro;e di concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali, tra questi e gli operatori.
1.2. – L’art. 4 disciplina il sistema di finanziamento delle politiche sociali, statuendo che la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali si avvale di un finanziamento plurimo a cui concorrono, secondo competenze differenziate e con dotazioni finanziarie afferenti ai rispettivi bilanci, Enti locali, Regioni e Stato.
In particolare, sono a carico dei comuni, singoli e associati, le spese di attivazione degli interventi e dei servizi sociali a favore della persona e della comunità, fatta salva la competenza dello Stato alla definizione e alla ripartizione del Fondo nazionale per le politiche sociali, la spesa per pensioni, assegni e indennità considerati a carico del comparto assistenziale, nonché eventuali progetti di settore individuati ai sensi del Piano nazionale.
Dal canto loro, le Regioni, secondo le loro competenze, provvedono alla ripartizione dei finanziamenti assegnati dallo Stato per obiettivi ed interventi di settore, nonché, in forma sussidiaria, a cofinanziare interventi e servizi sociali derivanti dai provvedimenti regionali di trasferimento delle competenze agli enti locali.
Il comma 4 chiarisce che le spese da sostenere da parte dei Comuni e delle Regioni sono a carico delle risorse loro assegnate del Fondo nazionale per le politiche, nonché degli autonomi stanziamenti a carico dei propri bilanci.
1.3. – Gli artt. 6 e seguenti ripartiscono le competenze amministrative.
I Comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale e concorrono alla programmazione regionale. Tali funzioni sono esercitate dai Comuni adottando sul piano territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini.
Le Regioni esercitano le funzioni di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi sociali nonché di verifica della rispettiva attuazione a livello territoriale e disciplinano l'integrazione degli interventi stessi, con particolare riferimento all'attività sanitaria e socio-sanitaria.
2. – La l.cost. 18 ottobre 2001, n. 3, ha quindi riformato il Titolo V della Costituzione, attribuendo alle Regioni, mercé la sostituzione dell’art. 117, la competenza legislativa in materia di servizi sociali, salvo il compito dello Stato di determinare i livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti sul territorio nazionale.
In realtà, però, già con l’art. 132 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, alle Regioni era stata trasferita la competenza a legiferare circa l’individuazione delle funzioni trasferite o delegate ai Comuni ed agli enti locali e di quelle mantenute in capo alle Regioni stesse, con la specificazione che la legge regionale dovesse conferire ai Comuni ed agli altri Enti locali le funzioni ed i compiti amministrativi concernenti i servizi sociali relativi ai minori, i giovani, gli anziani, la famiglia, i portatori di handicap, i tossicodipendenti e alcooldipendenti, gli invalidi civili.
3. – Con l.r. 26 novembre 2003, n. 23, la Regione Calabria ha inteso disciplinare “lo svolgimento di tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla materia dei servizi sociali nel rispetto dei principi contenuti nel D.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, che ha conferito alle Regioni e agli Enti locali la generalità delle funzioni e i compiti amministrativi anche nella materia dei servizi sociali, e nella Legge-quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali 8 novembre 2000, n. 328, che ha dettato i principi per la realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali” (art. 2, comma 1).
3.1. – Anche la normativa regionale precisa, all’art. 4, comma 4, che la programmazione e l’organizzazione dei servizi sociali è ispirata ai principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli Enti locali.
Il sistema integrato di interventi e servizi sociali risponde al principio di integrazione dei servizi alla persona e al nucleo familiare, mediante la definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare l’efficacia delle risorse, impedendo così sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte.
Quanto alle competenze, l’art. 9 stabilisce che la Regione programma, coordina e indirizza gli interventi sociali, ne verifica l’attuazione e disciplina l’integrazione degli interventi con particolare riferimento all’attività sociosanitaria.
La programmazione è effettuata sulla base dei piani di zona prodotti dagli ambiti territoriali, nei quali i Comuni debbono organizzarsi ai sensi del successivo art. 17.
A monte vi è il Piano regionale degli interventi e dei servizi sociali, che, ai sensi dell’art. 18, comma 4 della legge regionale, è redatto ogni tre anni e costituisce lo strumento di riferimento per la stesura dei Piani di Zona
3.2. – Ai Comuni è attribuito, dal citato art. 9, il compito, insieme agli altri Enti locali, di programmare, progettare e realizzare il sistema locale dei servizi sociali a rete, attraverso la concertazione delle risorse umane e finanziarie locali;inoltre, di progettare e realizzare la rete o il sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali ed erogare i servizi e le prestazioni sociali, in aderenza con la programmazione socio-sanitaria, come prevista dal Piano Sanitario regionale, a tutti i soggetti in bisogno, con particolare riferimento a quelli inseriti nei Progetti Obiettivo sanitari e sociali.
Il successivo art. 13 attribuisce sempre ai Comuni il compito di erogare i servizi, le prestazioni economiche, i titoli per l'acquisto di servizi sociali e di attività assistenziali, nonché di provvedere ad autorizzazione, accreditamento e vigilanza dei servizi sociali e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale e delle Comunità di tipo famigliare con sede nelle civili abitazioni a gestione pubblica o dei soggetti privati.
3.3. – Dal punto di vista finanziario, la normativa regionale prevede il concorso dell’utenza al costo della prestazione, secondo le modalità indicate dal Piano Regionale degli Interventi e dei servizi sociali (art. 3, comma 7 e art. 32).
I criteri generali per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni del sistema integrato sono definiti con direttiva dalla Giunta regionale, tenuto conto del Piano regionale degli interventi e servizi sociali, sentito il parere della competente Commissione consiliare e della Conferenza Regione-Autonomie Locali.
L’art. 33 prevede che “il sistema integrato di cui alla presente legge si realizza avvalendosi delle risorse degli Enti Locali, di quelle provenienti dal Fondo regionale per le politiche sociali (...) , di quelle del Fondo sanitario regionale, nonché di quelle eventualmente dei soggetti del Terzo Settore, di altri soggetti senza scopo di lucro e delle Aziende pubbliche di servizi alla persona, che concorrono alla realizzazione dei Piani di zona (...) ” .
L’art. 34, infine, stabilisce che “gli interventi e i servizi sociali sono finanziati a valere sui rispettivi bilanci della Regione e degli Enti locali e sul fondo nazionale (...) per le politiche sociali (...) ” , e quindi istituisce il Fondo Regionale per le Politiche Sociali, costituito dalla confluenza delle somme già destinate per la l.r. 26 gennaio 1987, 5, e dalle risorse finanziarie accreditate alla Regione Calabria in seguito al riparto del Fondo Nazionale, così come previsto dalla l. n. 328 del 2000, nonché dalle somme messe a disposizione dagli Enti locali.
Il Fondo Regionale Sociale è ripartito annualmente dalla Giunta regionale secondo i seguenti criteri: 90% ai Comuni per cofinanziare la realizzazione dei Piani di zona, in ragione del numero degli abitanti, dell’estensione territoriale;10% al Settore Politiche Sociali della Regione per realizzare progetti innovativi e sperimentali, e per finanziare l’aggiornamento e la formazione degli operatori pubblici e privati.
3.4. – L’art. 8, comma 5 e l’art. 28, comma 1 della legge regionale demandano a un regolamento la definizione delle tipologie di servizio sociale, anche al fine del loro accreditamento, e le modalità per l’acquisto da parte dei Comuni dei servizi ed interventi organizzati dai soggetti del Terzo settore.
4. – Oggetto dell’odierno giudizio è, in via principale, la deliberazione della Giunta Regionale della Regione Calabria del 9 settembre 2019, n. 423, con cui, a seguito di annullamento da parte di questo Tribunale Amministrativo Regionale di una precedente deliberazione, la Regione Calabria ha provveduto alla riorganizzazione dell’assetto istituzionale del sistema integrato degli interventi in materia di servizi e politiche sociali, allo scopo approvando il regolamento sulle procedure di autorizzazione, accreditamento e vigilanza delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale socioassistenziali, nonché dei servizi domiciliari, territoriali e di prossimità.
Il regolamento reca due allegati, e cioè l’allegato I, volto a determinare le rette e modalità di calcolo della quota di partecipazione dell’utenza al costo;e l’allegato A, nel quale sono stati indicati i requisiti generali, strutturali, professionali, organizzativi delle strutture socio–assistenziali, è stata precisata la tipologia di utenza per ciascuna di esse, la capacità ricettiva e le modalità di accesso e dimissioni.
5. – A impugnare la delibera di Giunta regionale, il regolamento e i suoi allegati d’innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale è stato il Comune di Catanzaro, quale Comune capo ambito, denunciandone l’illegittimità con due motivi, ne ha chiesto l’annullamento.
5.1. – Con il primo, molto articolato, motivo si lamentano numerose violazioni di legge.
5.1.1. – Secondo l’amministrazione ricorrente, i provvedimenti emanati dalla Regione Calabria non assicurerebbero il rispetto del principio, divenuto insuperabile a seguito della riformulazione dell’art. 97 Cost., dell’equilibrio di bilancio, cui tutte le amministrazioni sono tenute.
Infatti, per la copertura dei servizi erogati dalle strutture residenziali, semi-residenziali e diurne la Regione Calabria ha previsto una spesa complessiva quantificata, nella misura massima di € 43.210.781,09 per l’anno 2019;per gli anni successivi al 2019 viene previsto un tetto di spesa di pari importo, garantito dalle voci di entrata specificate. Ebbene, tale previsione di spesa sarebbe insufficiente, alla luce del fatto che la nuova regolamentazione prevede che altre strutture siano accreditate, dapprima provvisoriamente, quindi definitivamente;le strutture di nuovo accreditamento e le strutture storiche si troverebbero così a doversi dividere risorse insufficienti, con la conseguenza che i servizi erogati saranno privi di copertura finanziaria.
5.1.2. – La situazione sarebbe vieppiù aggravata dal fatto che la Regione Calabria non avrebbe approvato il bilancio per l’anno 2020, con conseguente applicazione dell’esercizio provvisorio. Ciò comporterebbe la mancanza di copertura finanziaria per i servizi da erogare nell’anno 2020.
5.1.3. – I provvedimenti impugnati, dopo aver previsto la compartecipazione dell’utenza ai costi per l’erogazione dei servizi nella misura di € 6.000.000,00, stabiliscono che qualora la compartecipazione degli utenti venisse meno, la stessa verrà posta a carico degli ambiti territoriali senza alcun onere ulteriore a carico del bilancio regionale.
Ciò colliderebbe con l’art. 39 della l.r. n. 23 del 2003, che invece pone integralmente a carico della Regione Calabria la copertura dei costi dei servizi. Inoltre, un simile meccanismo pregiudicherebbe i già precari equilibri dei bilanci degli Enti locali.
5.1.4. – In violazione dell’art. 32 l.r. n. 23 del 2003, la Regione Calabria avrebbe definito i criteri per la compartecipazione dell’utenza ai costi con un allegato al regolamento e non con una direttiva;ciò comporterebbe l’impossibilità di conoscere se tali criteri, peraltro piuttosto contorti, siano stati frutto di un’adeguata istruttoria, corredata dall’acquisizione di tutti i prescritti pareri.
5.1.5. – Gli artt. 24 e 25 l.r. n. 23 del 2008, che attribuivano ai Comuni la competenza sulle autorizzazioni e gli accreditamenti delle strutture sono stati abrogati con l.r. 18 luglio 2008, n. 24, che ha dettato norme in materia di autorizzazione, accreditamento, accordi contrattuali e controlli delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private. Dunque, in base alla legge i Comuni non avrebbero più le competenze amministrative che la Regione ha invece ritenuto di attribuire loro.
5.2. – Con il secondo motivo di ricorso si lamenta l’eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti, illogicità e contraddittorietà manifesta.
5.2.1. – In primo luogo, per ciò che riguarda il trasferimento delle risorse finanziarie il provvedimento impugnato precisa che “al fine del riequilibrio territoriale delle prestazioni, la quota finanziaria trasferita ai Comuni Capo Ambito a valere sul Fondo Nazionale e Regionale delle politiche Sociali sarà calcolato sulla base del fabbisogno ad oggi rilevato” ;ma né la delibera, né il regolamento danno atto di quanto sia il fabbisogno, cui commisurare l’erogazione delle somme ed al quale restano vincolati gli impegni di spesa per il 2020 ed il 2021.
Al contrario, il fabbisogno avrebbe dovuto essere puntualmente rilevato, perché altrimenti si rischia che i fondi siano insufficienti.
5.2.2. – Sotto altro profilo, la Regione avrebbe in modo illogico posto a carico dei Comuni capo ambito la rendicontazione, da effettuarsi entro il 28 febbraio del 2020, delle somme erogande in modo retroattivo e senza previsione di termine, per tutto l’anno 2019. Ciò esporrebbe i Comuni Capofila una attività amministrativa eccessivamente ed ingiustificatamente accelerata, senza possibilità di effettuare previsioni e senza trasferimento da parte della Regione delle risorse umane che pure per espressa previsione normativa, dovrebbero essere trasferite. Tanto più che non è previsto che i Comuni capo fila vengano forniti di un organismo per la gestione contabile.
5.2.3. – Infine, l’abbattimento di oltre il 50% dei costi erogabili, l’abbattimento dei posti disponibili, il mutamento delle condizioni di accesso, che sarebbero state estremamente aggravate, appaiono essere questione che riguardi le singole strutture accreditate;tuttavia, in ragione del meccanismo per cui la carenza di fondi grava sui Comuni capo ambito, diverrebbero immediatamente lesive dei bilanci e comunque dell’autonomia di detti Enti.
6. – Il Comune di Catanzaro ha integrato il ricorso con motivi aggiunti allorché è sopravvenuta la deliberazione della Giunta della Regione Calabria del 25 ottobre 2019, n. 503, che ha apportato alcune correzioni non essenziali al precedente provvedimento e ha preso atto del parere della competente Commissione consiliare.
Con tali atti è stata impugnata anche la nota del 30 dicembre 2019, prot. n. 443808, con cui è stato annunciato il trasferimento ai Comuni capo ambito delle risorse, secondo la ripartizione indicata nell’allegata tabella.
6.1. – Tali atti sarebbero, innanzitutto, affetti da illegittimità derivata, mutuando i vizi già fatti valere con ricorso principale.
6.2. – In secondo luogo, la Regione Calabria non avrebbe reso pubblico il parere della III Commissione del Consiglio regionale, cui il regolamento impugnato è stato inviato. Ciò impedirebbe il controllo dell’ iter istruttorio che ha portato alle modifiche non essenziali della delibera e in particolare, non consentirebbe di verificare se sull’atto di Giunta si sia pronunciata anche la Commissione Bilancio e se l’atto sia stato trattato alla prima seduta utile.
Anche la pubblicazione sul BURC sarebbe irregolare, perché il regolamento sarebbe stato pubblicato in data 25 novembre 2019 senza allegati, mentre sul BURC del 29 novembre 2019 risulta pubblicata la delibera n. 503, ma senza che sia stato ripubblicato il regolamento e senza che ne venissero pubblicati gli allegati.
6.3. – Infine, permarrebbe l’eccesso di potere già censurato con il ricorso principale (cfr. § 5.2.1.-5.2.3.). Anzi, con i motivi aggiunti si evidenziano ulteriori profili di irragionevolezza, in particolare laddove si impone al Comune capo ambito di prendere in considerazione “ogni altro dichiarazione e documentazione ritenuta necessaria e/o utile a stabilire le reali condizioni socio-economiche dell’interessato, dei soggetti civilmente obbligati ai sensi dell’art 433 del codice civile” e laddove vengono corretti alcuni errori nei criteri di determinazione delle rette senza però specificare in cosa tali errori siano consistiti.
7. – Infine, con ulteriori motivi aggiunti è stato impugnato il decreto del Dirigente del Dipartimento Lavoro, Formazione e Politiche Sociali del 21 gennaio 2020, n. 360, e gli allegati ad esso, con cui sono state approvate le linee di indirizzo per la pianificazione territoriale nella Regione Calabria.
7.1. – Il provvedimento soffrirebbe in via derivata dei vizi già denunciati con riferimento ai precedenti atti impugnati. Ma sarebbe anche afflitto da vizi autonomi.
In particolare, l’adozione di linee guida prodromiche all’attuazione della pianificazione territoriale avrebbe dovuto precedere e non seguire l’adozione degli atti impugnati con il ricorso principale e i primi motivi aggiunti, con i quali sono stati trasferite le funzioni amministrative ai Comuni.
Ciò comporterebbe la violazione dell’art. 6 l. n. 328 del 2000, l’art. 16, n. 5 e l’art. 19 l.r. n. 23 del 2003. In sostanza, ai Comuni capo ambito si impone di svolgere attività amministrative in materia di erogazione dei servizi sociali senza aver prima definito i fabbisogni da soddisfare.
8. – Si è costituita la Regione Calabria, la quale ha eccepito l’inammissibilità, per carenza di interesse attuale e concreto, del ricorso, il quale è volto avverso un atto di natura regolamentare, dunque non immediatamente efficace. Altro motivo di inammissibilità risiederebbe nella genericità delle censure mosse dall’Ente territoriale ricorrente.
Nel merito, ha difeso la correttezza del proprio operato.
9. – Si è costituito il Comune di Lamezia Terme, che ha sostenuto le argomentazioni esposte dal Comune di Catanzaro.
10. – Sono intervenuti in giudizio la Società Social Service e l’Associazione Esperia O.n.l.u.s., che hanno dichiarato di essere operatori nell’ambito del sistema dei servizi sociali e di avere interesse a che le regole che disciplinano la materia individuate dalla Regione rimangano in vigore, perché condivise dagli stessi e dall’intero sistema degli operatori.
Preliminarmente, non tenendo conto della notifica, da parte del Comune di Catanzaro, dei motivi aggiunti, gli intervenienti ad opponendum hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso, rivolto avverso un atto che non era ancora lesivo, stante la mancata acquisizione del parere della III Commissione consiliare.
Nel merito, hanno argomentato sull’infondatezza delle singole censure articolate dal Comune di Catanzaro.
11. – Dello stesso tenore è l’intervento della Cooperativa O.n.l.u.s. Crisalide e dellla Società La Forza della Vita Cooperativa Sociale O.n.l.u.s., le quali hanno ulteriormente dedotto che i motivi aggiunti, con cui è stata impugnata la delibera del 25 ottobre 2019, n. 503, sarebbero intempestivi.
12. – Anche l’intervento di Gratal S.r.l., società titolare di tre strutture socio-assistenziali, è intervenuta ad opponendum affinché le regole che disciplinano la materia dei servizi sociali individuate dalla Regione Calabria rimangano in vigore, utilizzando argomenti difensivi simili a quelli degli altri operatori intervenuti in giudizio.
13. – Il ricorso è stato spedito in decisione in data 10 giugno 2020 ai sensi dell’art. 84, comma 5 d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con mod. con l. 24 aprile 2020, n. 27.
14. – Sono infondate le eccezione di inammissibilità del ricorso e di irricevibilità dei motivi aggiunti.
14.1. – Sotto il primo profilo, deve osservarsi che, mediante il complesso degli atti impugnati, sono state traferite ai Comuni, organizzati in ambiti territoriali, importanti funzioni amministrative, il cui esercizio comporta l’utilizzo di imponenti risorse finanziarie.
È evidente, allora, l’interesse del Comune di Catanzaro, che peraltro è Comune capo ambito, a far valere i profili di illegittimità che ritiene integrati.
Poiché, d’altra parte, sono stati impugnati, con il ricorso principale e i motivi aggiunti, tutti gli atti della sequenza procedimentale, non vi è ragione di ragionare in questa sede quale atto abbia in effetti concretizzato la lesione lamentata, giacché occorrerà comunque verificare la legittimità delle scelte operate dall’amministrazione regionale.
Va aggiunto che, salvo quanto sarà specificato al § 22., tutti i motivi di ricorso sono sufficientemente specifici nell’individuare i profili di illegittimità lamentati.
14.2. – Quanto al profilo della ricevibilità dei primi motivi aggiunti, si rileva che la deliberazione della Giunta della Regione Calabria del 25 ottobre 2019, n. 503, è stata pubblicata sul BURC in data 29 novembre 2019 ed i motivi aggiunti sono stati notificati in data 23 gennaio 2020, e quindi prima che spirasse il termine decadenziale di 60 giorni per l’impugnazione.
13. – L’intervento ad adiuvandum del Comune di Lamezia Terme non è ammissibile.
Infatti, la giurisprudenza ha chiarito che è inammissibile l'intervento ad adiuvandum spiegato nel processo amministrativo da chi sia ex se legittimato a proporre direttamente il ricorso giurisdizionale in via principale, considerato che in tale ipotesi l'interveniente non fa valere un mero interesse di fatto, bensì un interesse personale all'impugnazione di provvedimenti immediatamente lesivi, che deve essere azionato mediante proposizione di ricorso principale nei prescritti termini decadenziali (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. V, 21 novembre 2018 , n. 6578).
Il Comune di Lamezia Terme, quale amministrazione interessata dall’attribuzione di nuove competenze, avrebbe avuto interesse a impugnare autonomamente i provvedimenti lesivi, non potendo recuperare la mancata tempestiva impugnazione spiegando l’interventi ad adiuvandum nel ricorso introdotto dal Comune di Catanzaro.
14. – Sono ammissibili gli interventi ad opponendum , giacché gli intervenienti, tutti operatori del settore, hanno convenientemente allegato l’interesse che li muove.
15. – Venendo all’esame dei motivi di ricorso, alcuni di essi riguardano il finanziamento degli interventi e dei servizi sociali.
15.1. – In estrema sintesi, il Comune ricorrente lamenta che i provvedimenti adottati dalla Regione Calabria non assicurino che, dopo il trasferimento delle competenze amministrative ai Comuni, le somme ad essi trasferite e la quota di compartecipazione degli utenti siano sufficienti a remunerare gli interventi e i servizi sociali erogati sulla base dei bisogni dell’utenza.
Una tale evenienza comporterebbe, secondo il complesso di provvedimenti oggetto di impugnativa, che gli Enti territoriali, e il Comune capo ambito in primis , si debbano fare carico delle spese rimaste scoperte, in contrasto con le previsioni legislative e il principio di necessità di copertura finanziaria.
È opinione del Tribunale che i dubbi di legittimità sollevati in questa sede dipendano da una non condivisibile interpretazione del quadro normativo, per la quale: a) i Comuni non sono chiamati a compartecipare alla spesa per gli interventi e i servizi sociali; b) la quantità di interventi e servizi sociali erogati è una variabile dipendente soltanto dai bisogni manifestati dall’utenza, senza che su di essa possano agire elementi ulteriori quali i vincoli di bilancio.
In realtà, entrambe le affermazioni sopra riportate non trovano fondamento nel quadro normativo e costituzionale.
15.2. – Sotto il primo profilo, una piana lettura della l. 328 del 2000 e della l.r. 23 del 2003 rivela come il sistema integrato dei servizi sociali si avvale di un finanziamento plurimo a cui concorrono, secondo competenze differenziate e con dotazioni finanziarie afferenti ai rispettivi bilanci, Enti locali, Regioni e Stato.
In particolare, sono a carico dei Comuni, singoli e associati, le spese di attivazione degli interventi e dei servizi sociali a favore della persona e della comunità (art. 4 l. n. 328 del 2000);per sostenere tali spese, i Comuni utilizzano le risorse loro assegnate del Fondo nazionale per le politiche sociali, nonché degli autonomi stanziamenti a carico dei propri bilanci.
Il concetto è ribadito dagli artt. 33 e 34 l.r. n. 23 del del 2003, per i quali il sistema integrato di cui si tratta si realizza avvalendosi, tra l’altro, delle risorse degli Enti Locali.
15.3. – Quanto al secondo profilo, deve ricordarsi come il sistema degli interventi e dei servizi sociali deve essere strutturato in maniera tale da garantire il contemperamento tra vincoli di bilancio e soddisfacimento dei diritti sociali.
In proposito, si ricorda che la Corte costituzionale, pronunciandosi specificamente sul diritto alla salute ma con un’argomentazione tale da essere applicabile a tutti i diritti sociali, ha stabilito che esso è garantito a ogni persona come un diritto costituzionale condizionato dall'attuazione che il legislatore ordinario ne dà attraverso il bilanciamento dell'interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra nella sua opera di attuazione in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone al momento. Questo principio, che è comune a ogni altro diritto costituzionale a prestazioni positive, non implica certo una degradazione della tutela primaria assicurata dalla Costituzione a una puramente legislativa, ma comporta che l'attuazione della tutela, costituzionalmente obbligatoria, di un determinato bene avvenga gradualmente a seguito di un ragionevole bilanciamento con altri interessi o beni che godono di pari tutela costituzionale e con la possibilità reale e obiettiva di disporre delle risorse necessarie per la medesima attuazione: bilanciamento che è pur sempre soggetto al sindacato di questa Corte nelle forme e nei modi propri all'uso della discrezionalità legislativa (cfr., tra tutte, Corte cost. 16 ottobre 1990, n. 455).
Dunque, l’erogazione degli interventi e dei servizi sociali, così come l’erogazione delle prestazioni sanitarie, non è incondizionata, ma soggiace ai vincoli di bilancio, sotto forma dei tetti di spesa per l’acquisto, da parte dell’amministrazione, delle prestazioni per interventi e servizi sociali.
E nella stessa ottica, l’accreditamento di una struttura è condizione indispensabile per la stipula di accordi/contratti con la pubblica amministrazione per l’erogazione di prestazioni il cui costo si pone, in tutto o in parte, a carico del servizio pubblico, ma non implica di per sé che la struttura accreditata eroghi prestazioni a carico del servizio pubblico.
Spetta invece ai Comuni capo ambito, nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili, individuare i soggetti presso cui acquistare o ai quali affidare i servizi sociali tra quelli autorizzati, accreditati e iscritti all’apposito albo (art. 23 del regolamento impugnato).
15.4. – Il meccanismo delineato implica evidentemente che la quantità degli interventi e dei servizi sociali erogati all’utenza dipenderà dalle risorse che gli Enti locali avranno a disposizione, tra quelle trasferite e quelle proprie, tenuto conto della quota di compartecipazione ai costi dell’utenza che – in concreto – sarà corrisposta.
Ma si tratta, come già supra delineato, di un fenomeno connaturato a tutti i diritti sociali, la cui soddisfazione non è indipendente dai vincoli di bilancio.
15.5. – Su tale meccanismo non incidono, evidentemente, le vicende relative all’approvazione del bilancio da parte della Regione Calabria, in quanto l’esercizio provvisorio non impedisce, nei limiti degli stanziamenti di spesa dell’ultimo bilancio, l’assolvimento degli obblighi speciali tassativamente regolati dalla legge.
15.6. – Le riflessioni sin qui svolte consentono di ritenere infondati i motivi di ricorso illustrati ai §§ 5.1.1., 5.1.2., 5.1.3, 5.2.3.
16. – Il fatto che i criteri per calcolare la compartecipazione dell’utenza ai costi siano stati dettati con un allegato al regolamento e non con una direttiva della Giunta regionale si risolve in una questione meramente nominalistica, non in grado di comportare l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione regionale.
17. – In ordine alla questione posta dal Comune di Catanzaro e sintetizzata al § 5.1.5., è sicuramente rilevabile un difetto di coordinamento tra la l. 23 del 23 e la l.r. n. 24 del 2008.
Infatti, gli artt. 23 e 24 della legge meno recente riguardavano i procedimenti di autorizzazione e accreditamento sia delle strutture socio-sanitarie, sia delle strutture socio-assistenziali. Nonostante ciò, la legge più recente ne ha disposto l’abrogazione a far tempo dall’emanazione del regolamento sui servizi socio-assistenziali, lasciando così priva di copertura legislativa l’intera attività di autorizzazione e accreditamento delle strutture socio-assistenziali.
Nondimeno, da un lato il sistema di autorizzazione e accreditamento trova un suo sicuro fondamento nella l. n. 328 del 2000.
D’altro canto, la possibilità di disciplinare con norma di rango regolamentare tali attività amministrative trova il fondamento nell’art. 11 l.r. n. 23 del 2003, che attribuisce alla Regione la funzione (definita amministrativa) di “definizione, sulla base dei requisiti minimi definiti dallo Stato, dei criteri per l’autorizzazione, l’accreditamento e la vigilanza delle strutture e dei servizi sociali a gestione pubblica, ONLUS e del Terzo settore e/o privata” .
18. – Va poi rilevato che il fabbisogno è stato evidentemente rilevato in base al criterio del costo storio, sicché non è fondata la critica per la quale non sarebbero intellegibili le modalità di sua rilevazione.
19. – Non ha pregio la censura di cui al § 5.2.2., atteso che il termine del 28 febbraio 2020 per la rendicontazione è stato stabilito dal decreto interministeriale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, recepito con Intesa in Conferenza Unificata dell’1 agosto 2019, relativo alla ripartizione del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali per l’annualità 2019.
20. – L’art. 32 l.r. n. 23 del 2003 stabilisce che la Giunta regionale debba acquisire il parere della competente Commissione consiliare prima di emanare i criteri generali per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni del sistema integrato.
L’espressione, da parte delle Commissioni consiliari, dei parere richiesti dalla Giunta è disciplinata dall’art. 87 del Regolamento consiliare, il quale non richiede in alcun caso che si esprima anche la Commissione Bilancio.
Il parere della Commissione consiliare Sanità, Attività sociali, culturali e formative risulta regolarmente rilasciato;peraltro, l’esame dei verbali prodotti dall’amministrazione regionale evidenzia come vi sia stato un ampio e approfondito dibattito sul punto.
È quindi infondato, nella sua prima parte, il motivo di ricorso illustrato al § 6.2.
21. – Nella sua seconda parte, il motivo di cui al § 6.2. si incentra sulle modalità di pubblicazione degli atti impugnati sul BURC.
Vi è, però, che la pubblicazione non incide sulla legittimità degli atti amministrativi, ma può avere effetti solo sulla sua efficacia.
Le censure de quibus sono dunque infondate.
22. – Il motivo illustrato al § 6.3. è inammissibile per genericità.
Non è, infatti, chiaro sotto quale profilo sarebbe illegittima la previsione che ai fini della determinazione della quota di compartecipazione dell’utenza ai costi del servizio si debba tener conto di tutti i documenti disponibili.
Né sono chiari quali sarebbero i possibili errori di calcolo cui si fa riferimento nel motivo.
23. – Anche i secondi motivi aggiunti sono invece inammissibili, in quanto le linee di indirizzo per la pianificazione territoriale nella Regione Calabria non sono oggetto si specifici motivi di ricorso, ma vengono impugnate in quanto rivelerebbero retrospettivamente l’illegittimità dei provvedimenti impugnati con il ricorso principale e con i motivi aggiunti.
24. – In conclusione, il ricorso e i motivi aggiunti debbono essere respinti.
La particolarità e la novità della controversia giustificano l’integrale compensazione delle spese e competenze di lite.