TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2012-10-26, n. 201204292

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2012-10-26, n. 201204292
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201204292
Data del deposito : 26 ottobre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00834/2012 REG.RIC.

N. 04292/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00834/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 834 del 2012, proposto da:
S C, R L, N G B e C F, rappresentati e difesi dall’avv. B R, elettivamente domiciliati presso lo stesso in Napoli alla piazza Bovio n. 8

contro

Croce Rossa Italiana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato Napoli, domiciliata per legge in Napoli, via Diaz, 11;
Amministrazione Centrale per la Difesa;

per l'annullamento

a) dell’ordinanza commissariale n. 0655 del 30.12.2011, con cui i ricorrenti sono stati congedati come personale militare in servizio presso la Croce Rossa Italiana;
b) dell’ordinanza commissariale 0656/2011 con cui i ricorrenti sono stati richiamati in servizio e dislocati presso diverse sedi;
c) dei successivi provvedimento di proroga del servizio dei ricorrenti Rocco, Nesi e Croce;
d) del provvedimento del 30.01.2012, con cui il Sommella è stato prima congedato e poi richiamato in servizio per essere assegnato al comitato di Imola;
ove occorra, e) dell’ordinanza commissariale 333/2011 e della nota 484 del 12.12.2011;
nonché di ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale;

nonché per la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Croce Rossa Italiana;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2012 il dott. Guglielmo Passarelli Di Napoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 834 dell’anno 2012, i ricorrenti impugnavano i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle loro doglianze, premettevano:

- di essere dipendenti a tempo determinato della Croce Rossa Italiana, e di prestare servizio in qualità di autisti soccorritori, in quanto personale militare;

- che il personale della CRI può essere stabile o precario, civile o militare;
in particolare, il personale precario è quello richiamato in servizio in situazioni di particolare contingenza o emergenza;

- che, in base agli artt. 1668 e1669 del d.lgs. 66/2010 (codice dell’ordinamento militare) i ricorrenti sono stati più volte congedati e poi richiamati in servizio, tanto da istaurare un rapporto più che decennale con la CRI;

- che, allo scopo di proteggere i lavoratori da quei contratti a tempo determinato che in realtà mascherano un vero e proprio rapporto a tempo indeterminato, è stata adottata la direttiva comunitaria n. 70/1999, recepita in Italia con il d.lgs. 368/2001;

- che, pertanto, i ricorrenti, in forza delle predette norme, devono ritenersi in realtà assunti a tempo indeterminato.

Instava quindi per l’annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali.

Si costituiva l’Amministrazione chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza dell’11.07.2012, il ricorso è stato assunto in decisione.

DIRITTO

La parte ricorrente impugnava i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi: 1) violazione della direttiva 70/1999 e del d.lgs. 368/2001, atteso che i ricorrenti sono stati più volte congedati e poi richiamati in servizio, tanto da istaurare un rapporto, di fatto, a tempo indeterminato;
la Corte di giustizia, con sentenza n. 212/2006, ha chiarito che la predetta direttiva si applica anche ai rapporti di pubblico impiego;
l’art. 5 co. 3 d.lgs. 368/2001 prevede che, in caso di risoluzione del rapporto e successiva riassunzione, il rapporto di lavoro deve ritenersi a tempo indeterminato;
il d.lgs. 368/2001 deve ritenersi applicabile anche al personale militare, anche alla luce dell’art. 10 di tale d.lgs (che, tra le categorie cui il predetto testo normativo non si applica, non include anche il personale militare);
2) carenza di motivazione, in quanto non sussistevano i presupposti richiesti dagli artt. 1668 e 1669 d.lgs. 66/2010 (situazioni di emergenza).

L’Amministrazione eccepiva che i ricorrenti sono militari, la cui posizione è disciplinata unicamente dal d.lgs. 66/2010, e che ad essi non può applicarsi la normativa indicata, trattandosi tra l’altro di un corpo ausiliario su base volontaria, che è stato tra l’altro escluso dalle procedure di stabilizzazione.

Il ricorso non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

Va in primo luogo respinta la domanda con cui si chiede, in buona sostanza, l’accertamento del diritto alla stabilizzazione del rapporto di lavoro. Infatti, come stabilito dalla giurisprudenza, la regola di cui al d.lgs. 6 settembre 2001 n. 368, secondo la quale il ricorso abusivo al contratto di lavoro a tempo determinato è sanzionato con la conversione del rapporto lavorativo in rapporto a tempo indeterminato non opera nei confronti dei datori di lavoro pubblico, stante la disciplina speciale di cui all'art. 36 comma 2 d.lg. 30 marzo 2001 n. 165. Né a ciò osta la direttiva n. 1999/70/Ce, recepita con il citato d.lg. 6 settembre 2001 n. 368, che è applicabile anche nei confronti dei datori di lavoro pubblici, considerato che la Corte di Giustizia Ce ha dichiarato che - al fine di apprestare adeguata tutela ai lavoratori danneggiati dall'abusivo ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato - non è obbligatorio per gli Stati membri prevedere quale sanzione a carico del datore di lavoro la conversione dei rapporti di lavoro in rapporti a tempo indeterminato, essendo richiesto solo che le eventuali misure alternative all'uopo previste siano tali da garantire una tutela effettiva (sul punto la Corte ha dichiarato che l'art. 36 comma 2 d.lg. 30 marzo 2001 n. 165, che prevede quale sanzione il risarcimento del danno in favore del lavoratore oltre che la responsabilità amministrativo-contabile del funzionario che ha stipulato il contratto agendo con dolo o colpa grave, con esclusione della conversione automatica, appare in linea di massima compatibile con la citata direttiva n. 1999 del 1970) (così Tar Puglia, Lecce, II, 177/2007).

La disciplina di cui all'art. 36 d.lg. 165/2001, dunque, in caso di violazione di norme imperative in materia, esclude la conversione in contratto a tempo indeterminato e prevede un proprio e specifico regime sanzionatorio con una accentuata responsabilizzazione del dirigente pubblico e il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni subiti dal lavoratore e, pertanto è speciale ed alternativa rispetto alla disciplina di cui all'art. 5 d.lg. 368/2001, ma pur sempre adeguata alla direttiva 1999/70/Ce, in quanto idonea a prevenire e sanzionare l'utilizzo abusivo dei contratti a termine da parte della p.a. (così Cass. Sez. lav. N. 392/2012).

I ricorrenti, dunque, potrebbero al più aspirare ad una tutela di tipo risarcitorio, quale compensazione per la mancata stabilizzazione.

Tuttavia, nel caso di specie, devono essere condivisi i rilievi dell’Avvocatura dello Stato, secondo cui ai ricorrenti non spetta neanche la tutela di natura risarcitoria, in quanto membri di un corpo ausiliario su base volontaria.

La disciplina giuridica del personale ausiliario della Croce Rossa Italiana è data dal d.lgs. 66/2010, il cui art. 1626 precisa che “Per il funzionamento dei suoi servizi in tempo di pace, di guerra o di grave crisi internazionale, la Croce rossa italiana arruola proprio personale che costituisce un corpo speciale volontario, ausiliario delle Forze armate”. Dunque, è in primo luogo indubbio che il corpo in questione sia speciale, volontario ed ausiliario.

Inoltre, l’art. 1659 precisa che la durata dell’arruolamento, per il personale di assistenza (diversamente da quella del personale direttivo, che è a tempo indeterminato: art. 1658) è fissata in due anni, prorogabili ma non automaticamente, essendo necessario il “consenso da parte della presidenza del comitato e dell'interessato, il quale, in ogni caso, sottoscrive un nuovo atto di arruolamento (rafferma) per altri due anni” (co. 3).

In altri termini, proprio perché di corpo volontario ed ausiliario si tratta, appare ragionevole la ricostruzione del quadro normativo data dall’Avvocatura dello Stato, secondo cui gli aspiranti all’arruolamento, e gli arruolati precettati, alimentano un “serbatoio di risorse umane” cui la Croce Rossa può attingere, volta per volta, per soddisfare le proprie necessità e bisogni. L’atto di precetto militare con cui il personale volontario viene richiamato in servizio per esigenze contingenti non può, dunque, in alcun modo essere assimilato ad un contratto di lavoro a tempo determinato, e non può determinare nemmeno le conseguenze di natura risarcitoria di cui all’art. 36 d.lgs. 165/2001.

La tesi contraria comporta, in buona sostanza, l’impossibilità di configurare un corpo di volontari ed ausiliari che non è stabilmente a carico dell’Amministrazione, ma che – proprio a causa del carattere volontario del servizio – è a disposizione dell’Amministrazione per le esigenze che quest’ultima, di volta in volta, può manifestare.

Tale assunto è confermato dall’art. 10, co. 1 lett. c-bis) del d.lgs. 368/2001: “i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, non costituiscono rapporti di impiego con l'Amministrazione”. Tale norma, ancorché riferita al Corpo dei vigili del fuoco, è da ritenere espressione di un principio generale, proprio perché non è pensabile che dei volontari – presumibilmente, soggetti che hanno già un’altra occupazione lavorativa e sono mossi da spirito di servizio – possano poi, ove i richiami in servizio siano sufficientemente frequenti, rivendicare una stabilizzazione o, in alternativa, il risarcimento del danno.

Sussistono giusti motivi, attesa la novità e la complessità della questione, per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio.

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