TAR Parma, sez. I, sentenza 2023-11-16, n. 202300328

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Parma, sez. I, sentenza 2023-11-16, n. 202300328
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Parma
Numero : 202300328
Data del deposito : 16 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/11/2023

N. 00328/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00066/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di Registro Generale 66 del 2020, proposto da
C S, F M, G B, P M, I B, P B, M M, A F, F T, G B, V D, M M, G G, M C, R G, G D, G C, G D, S S, L T, R D, F D, A M C, D A, E R, rappresentati e difesi dagli avvocati P S e M F L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Emilia - Romagna, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Chiara Lista e Franco Mastragostino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Azienda Unità Sanitaria Locale di Parma, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Elena Pontiroli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Parma, via Mistrali n. 4;
Agenzia Regionale per la Prevenzione, l'Ambiente e l'Energia dell'Emilia-Romagna - Arpae, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Fantini, Patrizia Onorato e Maria Elena Boschi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la sede dell’Agenzia in Parma, piazza della Pace n. 1;
Comune di Borgo Val di Taro, non costituito in giudizio;

nei confronti

Laminam S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Caia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- della Delibera della Giunta Regionale della Regione Emilia-Romagna n. 2263 del 22 novembre 2019, pubblicata sul BURERT in data 13 dicembre 2019, avente ad oggetto: “ art. 20 L. R. n. 4/2018: Provvedimento Autorizzatorio Unico comprensivo del provvedimento di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) relativo al progetto di ampliamento dell’impianto di produzione esistente di lastre ceramiche localizzato nel Comune di Borgo Val di Taro (PR) proposto dalla società Laminam s.p.a. ”;

- della Determinazione dirigenziale di ARPAE n. DET-AMB-2019-5172 datata 11 novembre 2019, avente ad oggetto “ AIA – D. Lgs. n. 152/2006 e ss.mm. e ii. parte seconda titolo III bis – Laminam S.p.a. – installazione sita in Comune di Borgo Val di Taro (PR), Via Primo Brindani 1 – Autorizzazione Integrata Ambientale n. DET-AMB-2016-3468 del 23.09.2016 e successive modificazioni – rilascio di Autorizzazione Integrata Ambientale a seguito di procedura di modifica sostanziale ”;

- di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e/o consequenziale;

- ove occorrer possa, dei verbali della Conferenza di servizi dei giorni 7 giugno 2019, 10 luglio 2019, 25 settembre 2019 e 29 ottobre 2019 (seduta deliberante e conclusiva).


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Emilia – Romagna, dell’Azienda Unità Sanitaria Locale di Parma, dell’Agenzia Regionale per la Prevenzione, l'Ambiente e l'Energia dell'Emilia-Romagna - Arpae e della società Laminam S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2023 la dott.ssa C L e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’odierno gravame i ricorrenti, residenti e titolari di diritti su immobili siti nel Comune di Borgo Val di Taro, nelle vicinanze dell’area di insediamento dell’impianto oggetto della presente controversia, hanno impugnato la delibera della Giunta regionale dell’Emilia Romagna n. 2263 del 22 novembre 2019, con cui è stato adottato il Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale (in seguito PAUR), di cui all’art. 27 bis del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, comprensivo del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale (in seguito VIA), relativo al progetto di ampliamento di un impianto di produzione di lastre ceramiche, localizzato nel Comune di Borgo Val di Taro (PR), in via Primo Brindani n. 1, proposto dalla Società Laminam S.p.A.;
nonché la presupposta determinazione dirigenziale dell’Agenzia Regionale per la Prevenzione Ambiente ed Energia (in seguito ARPAE) con cui è stata rilasciata l’Autorizzazione Integrata Ambientale (in avanti AIA) a seguito di procedura di modifica sostanziale.

Il progetto riguarda l’ampliamento dell’impianto di produzione di lastre ceramiche, il quale consentirebbe alla Società proponente di aumentare la propria produttività, passando progressivamente da 230 tonnellate di prodotto al giorno ad una capacità produttiva massima di 690 tonnellate al giorno.

Giova premettere che la produzione di gres porcellanato di cui trattasi era inizialmente gestita, dall’anno 1996, da parte della Società Fincuoghi.

Nel 2011, il fallimento del gruppo Fincuoghi determinava l’interruzione produttiva dell’impianto, la cui attività veniva ripresa dalla società Kale Italia S.r.l., la quale proseguiva la produzione fino agli inizi del 2015.

Nell’anno 2016, la Società Laminam S.p.A., odierna controinteressata, rilevava lo stabilimento gestito dalla Kale Italia S.r.l., dedicandolo alla produzione del gres porcellanato, nel formato di grandi lastre di basso spessore.

Alle prime autorizzazioni riguardanti il sito produttivo nel suo complesso, rilasciate nei confronti dei precedenti gestori da parte della Provincia di Parma, seguivano ulteriori atti autorizzatori, principalmente consistenti in aggiornamenti delle precedenti AIA, aventi ad oggetto interventi di modifica progettuale dell’impianto esistente, legati a variazioni della capacità produttiva del sito o all’implementazione delle misure tecnologiche di mitigazione delle ricadute sull’ambiente circostante.

Più specificamente, con provvedimento della Provincia di Parma n. 2787 del 23 dicembre 2015, l’AIA n. 2439 del 24 ottobre 2013 veniva volturata dalla precedente società gestrice Kale Italia S.r.l. alla Laminam S.p.A.

Tale AIA consentiva l’esercizio dell’attività di produzione di piastrelle di ceramica per una capacità produttiva massima dell’impianto pari a circa 84.000 tonnellate/anno (circa 230 tonnellate/giorno).

Nel giugno del 2016, Laminam presentava allo Sportello Unico Attività Produttive (in seguito SUAP) del Comune di Borgo Val di Taro domanda di avvio della procedura di verifica di assoggettabilità a Valutazione di Impatto Ambientale (c.d. screening ), da attuarsi in tre passaggi successivi, all’esito dei quali sarebbe stato possibile raggiungere una capacità produttiva massima di 690 tonnellate/giorno.

Siffatta tipologia di intervento rientrava, infatti, fra quelli per i quali la legge regionale e statale prescrivono la necessaria sottoposizione alla procedura di screening , una valutazione prodromica rispetto all’eventuale espletamento di una diversa e successiva procedura di VIA.

Il progetto prevedeva, inoltre, l’introduzione dell’attività di recupero di rifiuti speciali non pericolosi di origine ceramica all’interno del processo produttivo, con potenzialità massima di recupero pari a 140 tonnellate/giorno.

In pendenza della procedura di screening , con istanza presentata in data 27 luglio 2016, Laminam S.p.A. avanzava richiesta di modifica sostanziale dell’AIA, precedentemente rilasciata, modifica che sarebbe stata attuata in tre fasi successive, al termine delle quali l’impianto avrebbe raggiunto una capacità produttiva massima di 690 tonnellate/giorno.

All’esito dell’ iter procedimentale, articolatosi in quattro diverse sedute di Conferenza di servizi, la Giunta della Regione Emilia Romagna, con deliberazione n. 1447 del 12 settembre 2016, decideva di escludere dalla procedura di VIA le modifiche all’impianto produttivo e l’introduzione dell’attività di recupero di rifiuti non pericolosi presso lo stabilimento della Laminam S.p.A., imponendo alla predetta società prescrizioni relative all’adozione di misure di mitigazione e controllo degli impatti dell’attività su diverse matrici ambientali.

Con riferimento alla richiesta di modifica sostanziale dell’AIA, ad esito degli accertamenti e delle verifiche condotte nel corso delle sedute della Conferenza di servizi, il servizio ARPAE SAC di Parma – previa acquisizione, fra gli altri, del parere favorevole dell’AUSL del Distretto Valli Taro e Ceno, dell’Agenzia regionale per la sicurezza e la protezione civile e del Comune di Borgo Val di Taro – con determinazione n. 3468 del 23 settembre 2016 rilasciava a Laminam S.p.A. l’AIA “ per lo svolgimento dell’attività IPPC (prevenzione e controllo integrato dell’inquinamento) classificata come categoria 3.5 dell’All. VIII, Parte II del D. Lgs.152/06 e smi ”, dettando precise prescrizioni in ordine alle modalità di monitoraggio delle emissioni dell’impianto, a cui il gestore avrebbe dovuto attenersi.

L’aggiornamento dell’AIA consentiva lo svolgimento dell’attività di produzione di lastre ceramiche, scandito in tre fasi successive, da articolarsi temporalmente dal settembre 2016 fino all’anno 2020: la prima fase prevedeva una produzione fino a 230 tonnellate/giorno;
la seconda fase un aumento della produzione fino a 460 tonnellate/giorno;
la terza fase un ulteriore incremento della produzione fino alla soglia di 690 tonnellate/giorno, corrispondenti alla massima capacità produttiva consentita.

Tale aggiornamento dell’AIA consentiva, altresì, l’attività di recupero all'interno del ciclo produttivo di rifiuti speciali non pericolosi di origine ceramica prodotti da terzi, con una potenzialità massima di recupero pari a 140 tonnellate/giorno.

Nel mese di novembre 2016, il procedimento di ampliamento produttivo subiva, tuttavia, un parziale arresto, in ragione delle segnalazioni, pervenute al Servizio di ARPAE di Parma, da parte dei cittadini residenti o titolari di diritti su immobili siti nelle vicinanze dell’impianto in discussione, denuncianti la presenza di esalazioni maleodoranti percepite soprattutto nel quartiere artigianale-industriale di via Brindani e nelle località di San Rocco e Le Spiagge, ad esito delle quali erano state riscontrate sintomatologie che, secondo l’esame anamnestico condotto dai medici di medicina generale sui propri assistiti, potevano ritenersi riconducibili all’esposizione a sostanze irritanti .

Ad esito di tali segnalazioni, il Servizio provinciale di ARPAE, congiuntamente al personale dell’AUSL di Parma, effettuava diversi sopralluoghi con prelievi e campionamenti delle emissioni del forno di cottura (E-13), ritenuto la più probabile fonte delle problematiche lamentate.

Nel corso degli accertamenti svolti in data 2 febbraio 2017, emergeva il superamento di tre valori-limite imposti dall’AIA, con riferimento a tre sostanze organiche volatili (Carbonio Organico Totale – C.O.T., presente nella misura di 60.7 mg/Nm3, rispetto al limite prescritto in AIA di 50c mg/Nm3, benzene e formaldeide), circostanza da cui scaturiva, in data 21 febbraio 2017, il provvedimento di diffida di ARPAE dal proseguimento dell’attività dell’impianto nei confronti di Laminam S.p.A., con cui si ingiungeva, altresì, alla Società di predisporre una relazione in merito alle possibili cause di tali inconvenienti e agli eventuali accorgimenti tecnici da adottare per ridurre la presenza di sostanze acide ed odorigene.

In ragione di tali riscontri, ARPAE SAC di Parma decideva di avviare una nuova Conferenza di servizi (articolatasi in dieci sedute dal giorno 28 febbraio 2017 e fino al giorno 27 luglio 2017), al fine di acquisire le valutazioni delle Amministrazioni coinvolte nel procedimento di rilascio dell’autorizzazione e di analizzare le proposte migliorative avanzate dalla società Laminam S.p.A.

In esito all’espletamento dei lavori svoltisi in Conferenza di servizi, si disponeva la sospensione dell’attività dell’impianto, accompagnata da una riduzione della capacità produttiva dello stesso, precludendo in tal modo l’accesso alla seconda fase prevista dall’AIA (che avrebbe consentito di aumentare la produttività massima dell’impianto da 230 tonnellate/giorno a 460 tonnellate/giorno).

Contestualmente, la Società proponente, secondo quanto richiestole nel corso della prima seduta di Conferenza, redigeva una relazione in ordine alle azioni e alle relative tempistiche da intraprendere per la riduzione della presenza di sostanze acide ed odorigene, tra cui l’inserimento di un sistema di abbattimento degli acidi mediante sostanze neutralizzanti ed un impianto a carboni attivi.

Al fine di dare continuità agli interventi migliorativi adottati veniva disposto un nuovo aggiornamento dell’AIA, a seguito della comunicazione di modifica non sostanziale, che ARPAE SAC di Parma autorizzava con determinazione dirigenziale n. 4239 del 4 agosto 2017.

Con tale atto di aggiornamento si procedeva, pertanto, a prescrivere l’installazione di un impianto a carboni attivi sull’emissione del forno E-13, per l’abbattimento delle emissioni odorigene;
si sospendeva la c.d. “Fase II” dell’AIA n. 3468 del 23 settembre 2016, finalizzata ad implementare la produzione fino al tetto massimo di 460 tonnellate/giorno, fino a quando non fossero stati verificati e garantiti i risultati ottenuti in termini di abbattimento delle emissioni odorigene;
si stralciava la c.d. “Fase III” dell’AIA n. 3468 del 23 settembre 2016, finalizzata ad un aumento della capacità produttiva dell’impianto fino al massimo consentito di 690 tonnellate/giorno;
e, quindi, si manteneva la capacità produttiva dell’impianto ad un livello massimo di produttività pari a 230 tonnellate/giorno.

A partire da ottobre 2017, ARPAE SAC di Parma avviava, mediante convocazione di apposita Conferenza di servizi, la fase di monitoraggio, verifica e controllo delle condizioni e prescrizioni contenute nel provvedimento di aggiornamento dell’AIA e di complessiva valutazione della gestione dell’attività di Laminam S.p.A., soprattutto alla luce dell’installazione, nell’agosto 2017, dell’impianto di abbattimento a carboni attivi.

Con deliberazione n. 3002 del 15 giugno 2018, ARPAE SAC di Parma determinava un nuovo aggiornamento dell’AIA, mediante il quale si procedeva ad integrare l’istruttoria della modifica non sostanziale con i lavori della Conferenza di servizi già aperta per la sorveglianza dell’impianto, continuando ad escludere la c.d. “Fase II" di cui alla determinazione n. 3468 del 23 settembre 2016, dettando nel contempo precise prescrizioni, tra cui l’installazione e mantenimento di una centralina meteo e di un sistema di monitoraggio in continuo di SOx e HCl sull’emissione E-13.

L’aggiornamento dell’AIA, inoltre, autorizzava la messa in esercizio di nuove linee produttive, prescrivendo, altresì, alla Laminam S.p.A. di installare sistemi di controllo dell’impianto e delle relative emissioni e di ridurre per un anno la capacità produttiva massima autorizzata da 230 tonnellate/giorno a 190 tonnellate/giorno, prendendosi atto, inoltre, della volontà della Laminam S.p.A. di attivare la procedura di VIA volontaria a fronte di quanto richiesto e osservato in sede di Conferenza di servizi.

Con tale aggiornamento si disponeva, altresì, che, nelle more della presentazione della domanda di VIA volontaria e della sua conclusione, sarebbe stato eseguito il monitoraggio approvato nell’ambito della Conferenza dei servizi.

Pertanto, Laminam S.p.A., in data 1 agosto 2018, presentava alla Regione istanza di VIA volontaria, attivando, nel contempo, il procedimento per il rilascio del PAUR, secondo il modello autorizzativo previsto dal Titolo III della Legge Regionale dell’Emilia – Romagna 20 aprile 2018 n. 4 “ Disciplina della procedura di valutazione dell’impatto ambientale ”, nel quale rientrava altresì la procedura di modifica sostanziale dell’AIA.

Con determinazione dirigenziale n. DET-AMB-2019-5172 datata 11 novembre 2019, ARPAE rilasciava alla società Laminam S.p.A. l’AIA, a seguito di procedura di modifica sostanziale contestuale a procedura per il rilascio del PAUR, ai sensi dell’art. 27 bis del Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n.152, stabilendo in particolare che “ la presente autorizzazione consente lo svolgimento dell’attività IPPC classificata come categoria 3.5 dell’All. VIII, Parte II del D. Lgs.152/06 e s.m.i. di produzione di lastre ceramiche con formati fino al 1620x3240 mm e spessori da 3 a 30 mm, per una potenzialità produttiva pari a 400 t/giorno per 350 gg/anno corrispondenti a 140.000 t/anno;
la presente autorizzazione consente altresì l’attività di messa in riserva e recupero all'interno del ciclo produttivo di rifiuti speciali non pericolosi di origine ceramica prodotti da terzi con una potenzialità massima di recupero pari a 15000 t/anno, nonché l'attività di produzione di polvere per pressatura (atomizzato) destinate all’uso interno ed esterno;
l’Allegato I “Le condizioni dell’Autorizzazione Integrata Ambientale” al presente atto ne costituisce parte integrante e sostanziale;
il presente atto, compreso nel Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale (PAUR), è stato assunto in conformità alle disposizioni del provvedimento di VIA e delle relative condizioni ambientali
”.

Con delibera della Giunta Regionale n. 2263 del 22 novembre 2019, pubblicata sul BURERT in data 13 dicembre 2019, veniva adottato il PAUR, comprensivo del provvedimento di VIA, sulla base del quale venivano rilasciati i titoli abilitativi necessari per la realizzazione e l’esercizio del progetto di “ ampliamento dell’impianto di produzione esistente di lastre ceramiche presso lo stabilimento Laminam di Borgo Val di Taro (PR) ” proposto da Laminam S.p.A.

Nella citata delibera, dopo aver premesso che nel corso della Conferenza di servizi (articolatasi in quattro sedute dal 7 giugno 2019 al 29 ottobre 2019) erano stati acquisiti il rapporto istruttorio di AIA e di VIA, i pareri favorevoli di tutti gli enti coinvolti in relazione agli ambiti di propria competenza, la relazione conclusiva del Comitato Tecnico Scientifico a supporto del Tavolo di Garanzia istituito dalla Regione, veniva dato atto che “ il progetto esaminato risulta ambientalmente compatibile e realizzabile nel rispetto delle condizioni ambientali riportate nel verbale conclusivo della Conferenza di servizi ”, ritenendo, pertanto, autorizzabile il progetto di ampliamento, con la configurazione di 2 linee di produzione rispetto alle 3 linee richieste dalla Società proponente, nonché nel rispetto delle specifiche condizioni ambientali del provvedimento di VIA, indicate nel verbale conclusivo della Conferenza di servizi.

Tra i titoli abilitativi ricompresi nel PAUR, necessari alla realizzazione del progetto, risultavano, in particolare, il provvedimento di VIA e l’AIA, rilasciata da ARPAE con DET-AMB-2019-5172 del giorno 11 novembre 2019, per modifica sostanziale, che consentiva nuovamente un aumento della produttività, fino a raggiungere 400 tonnellate/giorno.

Con ricorso notificato e depositato come in rito, gli odierni ricorrenti hanno impugnato la delibera della Giunta Regionale della Regione Emilia Romagna n. 2263 del 22 novembre 2019, pubblicata sul BURERT in data 13 dicembre 2019, avente ad oggetto: “ art. 20 L. R. n. 4/2018: Provvedimento Autorizzatorio Unico comprensivo del provvedimento di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) relativo al progetto di ampliamento dell’impianto di produzione esistente di lastre ceramiche localizzato nel Comune di Borgo Val di Taro (PR) proposto dalla società Laminam S.p.A.”; e la determinazione dirigenziale di ARPAE n. DET-AMB-2019-5172 datata 11 novembre 2019, avente ad oggetto “ AIA – D.Lgs. n. 152/2006 e ss.mm. e ii. parte seconda titolo III bis – Laminam S.p.A. – Installazione sita in Comune di Borgo Val di Taro (PR), via Primo Brindani 1 – Autorizzazione Integrata Ambientale n. DET-AMB-2016-3468 del 23.09.2016 e successive modificazioni – Rilascio di Autorizzazione Integrata Ambientale a seguito di procedura di modifica sostanziale” .

Si sono costituiti in giudizio la Regione Emilia-Romagna, l’ARPAE dell’Emilia – Romagna, l’Azienda Unità Sanitaria Locale di Parma e la controinteressata Laminam S.p.A., instando per la reiezione del ricorso.

Alla udienza pubblica del giorno 8 novembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Oggetto della materia del contendere è la legittimità del PAUR rilasciato con la delibera della Giunta della Regione Emilia-Romagna n. 2263 del 22 novembre 2019 (riguardante un progetto di ampliamento dell’impianto di produzione di lastre ceramiche proposto dalla società Laminam S.p.A.) e della presupposta AIA per modifica sostanziale rilasciata con determinazione dirigenziale di ARPAE n. DET-AMB-2019-5172 del giorno 11 novembre 2019.

In limine litis , il Collegio ritiene di poter prescindere dallo scrutinio dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva e di interesse dei ricorrenti, sollevato in giudizio, attesa l’infondatezza nel merito dello stesso.

L’odierno gravame è affidato a tre motivi di ricorso.

Con il primo motivo si deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 29 quater , comma 6, del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché degli artt. 216 e 217 del Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (“ Testo Unico delle leggi sanitarie ”), in ragione della omessa acquisizione del parere sanitario del Sindaco in sede di Conferenza di servizi.

Prospettano i ricorrenti che l’azienda in questione è un’industria classificata come insalubre di prima classe, secondo quanto previsto dall’elenco di cui ai decreti del Ministero della Sanità (da ultimo, il decreto ministeriale 5 settembre 1994);
e che, per tale tipologia di industrie, l’art. 216, comma 5, del Regio Decreto n. 1265 del 1934 impone una verifica della pericolosità effettiva dell’azienda situata, come nel caso di specie, all’interno di un centro abitato.

Osservano, ulteriormente, che il comma 6 dell’art. 29 quater del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 dispone che “ Nell'ambito della Conferenza dei servizi di cui al comma 5, vengono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 ”.

Censurano, pertanto, l’illegittimità del PAUR impugnato e delle connesse AIA e VIA, dal momento che sarebbe stata omessa l’acquisizione del parere sanitario del Sindaco.

Il motivo è infondato.

Giova preliminarmente delineare il quadro normativo di riferimento.

Il Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152 (“ Codice dell’Ambiente ”) prevede all’art. 29 quater , comma 6, in tema di procedura per il rilascio dell’AIA, che “ Nell'ambito della Conferenza dei servizi di cui al comma 5, vengono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nonché la proposta dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per le installazioni di competenza statale, o il parere delle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, per le altre installazioni, per quanto riguarda le modalità di monitoraggio e controllo degli impianti e delle emissioni nell'ambiente ”.

Il Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (“ Testo Unico delle leggi sanitarie ”), prevede all’art. 216, comma 6, che “ chiunque intenda attivare una fabbrica o manifattura compresa nel sopra indicato elenco, deve quindici giorni prima darne avviso per iscritto al podestà, il quale, quando lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, può vietarne l'attivazione o subordinarla a determinate cautele ”;
all’art. 217 che , “ quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o fabbriche, possono riuscire di pericolo o di danno per la salute pubblica, il podestà prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno e il pericolo e si assicura della loro esecuzione ed efficienza. Nel caso di inadempimento il podestà può provvedere di ufficio nei modi e termini stabiliti nel testo unico della legge comunale e provinciale ”.

Il quadro normativo delineato dal Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265 attribuisce al Sindaco, quale autorità sanitaria locale, la titolarità di poteri inibitori, conformativi e prescrittivi nei confronti delle attività industriali che possano potenzialmente ingenerare pericoli o danni alla salubrità ambientale.

Tale potere deve essere, tuttavia, contestualizzato in ragione dell’evoluzione ordinamentale, che, da un lato, ha individuato organismi specializzati cui spetta l’effettuazione di valutazioni tecniche, dall’altro ha incentivato l’approdo ad un concetto unitario di amministrazione, superandone una visione parcellizzata e settorializzata, mediante l’introduzione dello strumento di semplificazione dell’attività amministrativa e di accelerazione procedimentale individuabile nella conferenza di servizi.

Evoluzione ordinamentale ad esito della quale il ruolo del Sindaco si esprime in sede di Conferenza di servizi senza potere ostare alla conclusione favorevole, per limitarsi alla funzione di richiedere le prescrizioni di cui agli artt. 216 e 217 del testo unico delle leggi sanitarie (v. art. 29 quater , comma 6, D. Lgs. n. 152/2006), e quindi declinato in maniera recessiva rispetto ai poteri che la legge attribuisce ad organi tecnici, quali aziende sanitarie e agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente.

Mentre, infatti, nel precedente sistema ordinamentale le funzioni autorizzative e di vigilanza risultavano demandate in via pressoché esclusiva al Sindaco, quale autorità sanitaria locale, nell’attuale sistema le valutazioni in materia di salubrità ambientale sono demandate ad organi tecnici, dotati delle competenze necessarie in materia.

Giova, peraltro, precisare che permane, comunque, la facoltà per il Sindaco di chiedere il riesame delle autorizzazioni rilasciate in materia ambientale, nel caso in cui sussistano delle oggettive necessità connesse alla salute pubblica.

Tale circostanza costituisce, invero, una mera eventualità subordinata al riscontro, da parte dell’autorità sindacale, di circostanze sopravvenute alla luce delle quali sia necessario una rivalutazione delle decisioni autorizzatorie assunte.

Dispone, infatti, l’art. 29 quater del D. Lgs. n. 152/2006 al comma 7 che “ In presenza di circostanze intervenute successivamente al rilascio dell'autorizzazione di cui al presente titolo, il sindaco, qualora lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, può, con proprio motivato provvedimento, corredato dalla relativa documentazione istruttoria e da puntuali proposte di modifica dell'autorizzazione, chiedere all'autorità competente di riesaminare l'autorizzazione rilasciata ai sensi dell'articolo 29-octies ”.

È, dunque, di tutta evidenza il ridimensionamento del potere sindacale, non più valorizzabile in termini inibitori o conformativi preventivi (salva la funzione di richiedere le “prescrizioni”), ma esplicantesi nella eventuale richiesta di riesame delle autorizzazioni già rilasciate in materia ambientale, in ragione della ritenuta sussistenza di profili di nocumento per la salute pubblica.

Alla luce di tale evoluzione ordinamentale, dunque, il parere sanitario del Sindaco non è atto necessario ai fini della regolarità dell’ iter procedimentale, ragion per cui la mancata acquisizione dello stesso non inficia la regolarità della determinazione conclusiva della Conferenza di servizi.

Come di recente rilevato, infatti, riguardo alle funzioni in materia di igiene e sanità riconosciute al Sindaco dagli artt. 216 e 217 del Testo unico delle leggi sanitarie di cui al r.d. n. 1265 del 1934, in tema di lavorazioni insalubri, e al Comune dagli artt. 218 ss. stesso testo unico, in tema di igiene degli abitati urbani e rurali e delle abitazioni (…) tali poteri sindacali e comunali devono infatti essere correttamente inquadrati nel più ampio contesto normativo di riferimento, come si è evoluto ed è oggi vigente;
essi, in particolare, in presenza di competenze statali e regionali fondate su titoli speciali di attribuzione normativa di tutela ambientale, devono ritenersi recessivi rispetto ai pareri e agli atti di assenso o di diniego provenienti dalle autorità tecniche, e ciò anche in relazione alle già richiamate previsioni dell’art. 17 della legge n. 241 del 1990, che rendono non superabili (e imprescindibili) le valutazioni tecniche di organi od enti appositi richieste per l'adozione di un provvedimento allorquando tali valutazioni debbano essere prodotte da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e della salute dei cittadini, nonché in base al già richiamato (par. 8.4) art. 13 del TUEL
” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. I, parere 30 settembre 2019 n. 2534).

In particolare, nel citato parere, il Consiglio di Stato precisa che “ L’esame delle norme recate dagli artt. 29-quater del decreto legislativo n. 152 del 2006 e 216-217 del testo unico delle leggi sanitarie dimostra (…) che le competenze attribuite dalle suddette disposizioni al Sindaco del Comune nel cui territorio ricade l’insediamento di un’industria insalubre non presentano più le suddette caratterizzazioni di specificità e tecnicità, tali da renderle idonee a legittimare all’opposizione ex art. 14-quinquies in esame. Rispetto ad esse, infatti, da un lato opera la prevalenza della competenza tecnica rimessa dalla norma speciale all’autorità decidente o ad altre autorità tecniche chiamate ad esprimersi in sede di conferenza di servizi (ARPA, ASL, Vigili del fuoco, etc.), dall’altro lato opera la delimitazione introdotta dalla disciplina speciale della procedura di A.I.A. contenuta nel così detto “codice ambiente” del 2006, che comporta necessariamente l’esclusione che la conclusione favorevole della conferenza di servizi, basata sui pareri tecnici favorevoli, possa essere impedita dal dissenso del Sindaco, espresso in base all’art. 216 del ripetuto testo unico del 1934 . Vengono in rilievo, sotto questo profilo, da un lato il già citato art. 19 del TUEL, nella parte in cui (…) chiarisce che le funzioni amministrative generali spettanti al Comune sono da valere salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze;
dall’altro lato l’art. 14-quater del d.lgs. n. 152 del 2006, che non consente logicamente di ipotizzare come ancora applicabile un potere inibitorio del Sindaco, ammettendo solo eventuali poteri di richiedere prescrizioni e il riesame successivo dell’A.I.A. in caso di sopravvenienze e di emissioni ritenute insalubri che si discostino dai valori e dai parametri approvati.
I commi 6 e 7 del citato art. 14-quater prevedono, rispettivamente, che “Nell'ambito della Conferenza dei servizi di cui al comma 5, vengono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, etc.” e che “In presenza di circostanze intervenute successivamente al rilascio dell'autorizzazione di cui al presente titolo, il sindaco, qualora lo ritenga necessario nell'interesse della salute pubblica, può, con proprio motivato provvedimento, corredato dalla relativa documentazione istruttoria e da puntuali proposte di modifica dell'autorizzazione, chiedere all'autorità competente di riesaminare l'autorizzazione rilasciata ai sensi dell'articolo 29-octies”. Appare dunque evidente che, sotto il primo profilo (comma 6), la partecipazione del Sindaco alla conferenza di servizi non può assumere carattere ostativo della (eventuale) conclusione favorevole (che deve fondarsi evidentemente sui pareri e sugli altri atti di assenso tecnici delle amministrazioni preposte in modo specifico e ordinario alla tutela ambientale e sanitaria), ma deve limitarsi a richiedere le prescrizioni di cui agli artt. 216 e 217 del testo unico delle leggi sanitarie;
e che, sotto il secondo profilo (comma 7), il Sindaco non ha più il potere di inibire successivamente la prosecuzione dell’attività, ma può solo, a fronte di circostanze intervenute successivamente al rilascio dell'autorizzazione, chiedere all'autorità competente di riesaminare l'autorizzazione. In tal senso paiono condivisibili le conclusioni prospettate da codesta Presidenza, che mostra di aderire alla tesi restrittiva, secondo la quale “non sembra essere ulteriormente consentita neppure la "successiva inibitoria" ex art. 217, primo comma, TULS, ma soltanto la "richiesta di riesame" del provvedimento AIA già rilasciato”, poiché il potere del Sindaco di cui agli artt. 216 e 217 del r.d. n. 1254 del 1934 “sembra essere stato ridisegnato o meglio fortemente ridimensionato dalla stessa normativa in tema di AIA”, essendo passato “da un potere misto di "preventiva inibitoria" e "determinate cautele" da impartire (art. 216, sesto comma, TULS, cit.) . . . a sole prescrizioni (ossia quelle che prima erano considerate le "determinate cautele")”, nonché da un potere di "successiva inibitoria" ex art. 217, primo comma, TULS, a un potere di "richiesta di riesame" del provvedimento AIA già rilasciato. Risultano condivisibili le indicazioni in tal senso provenienti dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, richiamate nella richiesta di parere (Cons. Stato, sez. IV, 15 dicembre 2011, n. 6612), secondo le quali il Comune non possiede né strumenti, né competenze per accertare “in proprio” le condizioni sanitarie di una industria insalubre ed è tenuto ad attenersi alle prescrizioni dell'autorità sanitaria, pena lo stravolgimento dell'ordine delle competenze
”.

In definitiva, dunque, ai fini della positiva conclusione della Conferenza di servizi sono necessari i pareri e le valutazioni tecniche formulate dalle amministrazioni preposte alla tutela ambientale e sanitaria, mentre non è necessaria l’acquisizione del parere sanitario del Sindaco.

A tali considerazioni aggiungasi l’ulteriore rilievo che, nella fattispecie de qua agitur , il verbale conclusivo della Conferenza di servizi, indetta in relazione alla procedura del PAUR, risulta sottoscritto dal Sindaco del Comune di Borgo Val di Taro.

Tale sottoscrizione deve intendersi quale espressa approvazione di tutti gli atti e i pareri acquisiti in seno alla citata conferenza, ivi compresi quelli rilasciati dagli organi tecnici deputati alla tutela della salubrità ambientale.

Di talchè deve ritenersi infondata la censura articolata con il primo motivo di ricorso.

Con il secondo motivo di ricorso si deducono la violazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui all’art. 2 paragrafi 1 e 2 della Direttiva 2011/92/UE, dei principi costituzionali di efficienza, efficacia, trasparenza, imparzialità dell’azione amministrativa;
l’eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, travisamento, sviamento e difetto di istruttoria.

I ricorrenti prospettano la violazione della normativa europea in materia di VIA “ordinaria” (Direttiva 2011/92/UE), nonché dei principi comunitari in materia di VIA “postuma”, nella misura in cui l’impianto produttivo della Laminam S.p.A., complessivamente considerato, non sarebbe mai stato sottoposto, a partire dal suo insediamento, ad alcuna valutazione di impatto ambientale rispetto al sito di collocamento.

Lamentano, inoltre che la VIA del 2016 ( rectius, la verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale, c.d. screening ) e la VIA volontaria avviata nel 2018 avrebbero avuto ad oggetto unicamente gli interventi di ampliamento dell’impianto, così da “ dimostrare, a posteriori, una compatibilità dell’impianto con la zona nel quale è ubicato, onde giustificare la concessione del potenziamento della produzione ”.

Il motivo è infondato.

L’analisi della normativa unionale, nazionale e regionale consente al Collegio di ritenere che il progetto di ampliamento in questione dovesse essere sottoposto alla sola verifica di assoggettabilità a VIA e non al procedimento di VIA.

La Direttiva 2011/92/UE del 13 dicembre 2011, concernente la «valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati», prevede all’art. 4 paragrafo 1 che “ i progetti elencati nell’allegato I sono sottoposti a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10 ” (quindi al procedimento di VIA);
al paragrafo 2 che “ per i progetti elencati nell’allegato II gli Stati membri determinano se il progetto debba essere sottoposto a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10 ”, precisando che gli Stati membri prendono tale decisione a seguito di una valutazione dei progetti caso per caso oppure sulla base di soglie o criteri fissati dalle normative nazionali.

L’Allegato II alla Direttiva 2011/92/UE prevede espressamente al punto 5, lett. f) la categoria progettuale inerente alla “ fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni refrattari, piastrelle, gres o porcellane ”, categoria nella quale rientra l’attività della controinteressata Laminam S.p.A.

Dalla piana lettura delle disposizioni emerge che la normativa unionale prevede, per la categoria progettuale della Laminam S.p.A., la sola facoltà e non l’obbligo di sottoposizione alla VIA.

Analoghe considerazioni possono addursi per quanto attiene alla normativa nazionale.

In particolare, l’art. 7 bis del Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152, recante “ Competenze in materia di VIA e di verifica di assoggettabilità a VIA ”, prevede al comma 3 che “ sono sottoposti a VIA in sede regionale, i progetti di cui all'allegato III alla parte seconda del presente decreto ”, e che, invece, “ sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA in sede regionale i progetti di cui all'allegato IV alla parte seconda del presente decreto ”.

L’allegato IV alla parte seconda del Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152 comprende alla lett. m), punto 3 la “ fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres o porcellane, con capacità di produzione di oltre 75 tonnellate al giorno e/o con capacità di forno superiore a 4 metri cubi e con densità di colata per forno superiore a 300 kg al metro cubo ”.

Se ne inferisce che la tipologia di attività inerente la fabbricazione di prodotti ceramici compare unicamente tra i progetti per i quali la legge richiede lo svolgimento della sola procedura di verifica di assoggettabilità a VIA (c.d. screening ).

Come correttamente rilevato dalla Regione resistente, tale disposizione trova, peraltro, conferma nella leggi regionali che disciplinano la VIA e, segnatamente, nella Legge Regionale dell’Emilia – Romagna 18 maggio 1999, n. 9 (vigente ratione temporis all’epoca dell’avvio della procedura di screening nel 2016) e nella Legge Regionale 20 aprile 2018 n. 4 (attualmente vigente), secondo cui i progetti inerenti la “ fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, grès e porcellane, di capacità superiore a 75 tonnellate al giorno e/o con una capacità di forno superiore a 4 metri cubi e con una densità di colata per forno superiore a 300 chilogrammo per metro cubo ” debbono essere sottoposti alla sola verifica di assoggettabilità alla VIA (v. all. B.2 richiamato dall’art. 4 bis della legge reg. n. 9/1999 e all. B.2 richiamato dall’art. 5 della legge reg. n. 4/2018).

L’analisi della normativa consente, pertanto, di ritenere correttamente espletata la procedura di assoggettamento del progetto in questione alla sola verifica di assoggettabilità a VIA, non risultando imposto né dalla normativa unionale né dalle disposizioni nazionali il ricorso alla VIA obbligatoria.

Con riferimento all’ulteriore profilo della doglianza articolata dalla parte ricorrente, relativa al fatto che la VIA postuma abbia avuto ad oggetto il solo progetto di ampliamento della capacità produttiva dell’impianto, osserva il Collegio come tale obiezione sia destituita di fondamento.

Come è dato rilevare dalla documentazione versata in atti, infatti, tanto il PAUR che la VIA postuma hanno interessato non solo il segmento relativo al progetto di ampliamento della capacità produttiva, ma l’impianto complessivamente considerato. Ed infatti, come emerge dettagliatamente dal verbale conclusivo della Conferenza di servizi, parte integrante ed allegato al citato PAUR, l’attività istruttoria riferita sia alla VIA postuma che al PAUR ha riguardato l’impianto produttivo di Laminam S.p.A. nel suo complesso, non potendo, peraltro, valutarsi il segmento relativo al progetto di ampliamento della capacità produttiva in maniera atomistica, ma dovendosi compiere ogni valutazione di assentibilità dello stesso solo attraverso una analisi globale dell’attività dello stabilimento, che tenesse conto della portata generale dell’attività di produzione dell’impianto.

Di talchè deve ritenersi infondata anche la censura articolata con il secondo motivo di ricorso.

Con il terzo motivo di ricorso si deducono la violazione del principio di precauzione di cui agli artt. 3 bis e 3 ter del Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152, l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà e sviamento.

I ricorrenti lamentano la violazione del principio di precauzione nella misura in cui il PAUR impugnato avrebbe autorizzato un nuovo aumento della capacità produttiva dell’impianto, in assenza di un accurato approfondimento istruttorio, il cui mancato espletamento non avrebbe consentito di valutare adeguatamente gli inevitabili rischi sanitari ed ambientali connessi ad un aumento della produttività superiore del doppio rispetto alla produzione precedentemente autorizzata.

Asseriscono, altresì, che tale circostanza troverebbe conferma, da un lato, nella relazione conclusiva del Comitato Tecnico Scientifico e, dall’altro lato, nello stesso PAUR impugnato, le cui prescrizioni rinvierebbero ad una successiva fase di monitoraggio la valutazione in ordine alle emissioni odorigene dell’impianto.

Il motivo è infondato.

Il principio di precauzione, di cui agli artt. 3 bis e 3 ter del Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152, costituisce uno dei capisaldi della politica ambientale dell’Unione Europea ed è attualmente menzionato, ma non definito, nell'art. 191, par. 2, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (T.F.U.E.), insieme a quelli del “chi inquina paga” e dell’azione preventiva. Come è stato evidenziato (cfr. Cons. Stato, Sez, VI, 9 maggio 2023 n. 4647), tale principio, tuttavia, non conduce automaticamente a vietare ogni attività che, in via di mera ipotesi soggettiva e non suffragata da alcuna evidenza scientifica, si assuma foriera di eventuali rischi per la salute, privi di ogni riscontro oggettivo e verificabile;
il principio di precauzione richiede, piuttosto e in primo luogo, una seria e prudenziale valutazione, alla stregua dell’attuale stato delle conoscenze scientifiche disponibili, dell’attività che potrebbe ipoteticamente presentare dei rischi.

Nella fattispecie de qua agitur , tale valutazione – per quel che emerge – è stata prudentemente ed ampiamente effettuata, come risultante dalla documentazione versata in atti.

Il procedimento conclusosi con il PAUR è stato contrassegnato da più sequenze endoprocedimentali, durante le quali le Amministrazioni competenti hanno adottato procedure cautelative e di prevenzione dei danni sanitario-ambientali, attraverso una pluralità di accertamenti tecnici.

L’impianto della società Laminam S.p.A. è stato costantemente oggetto di attività di controllo e monitoraggio da parte sia della Regione che degli organi tecnici (ARPAE e AUSL).

In particolare, a fronte delle segnalazioni pervenute da parte dei cittadini del Comune di Borgo Val di Taro, a partire dalla fine dell’anno 2016, in merito a disturbi correlati a percezioni odorigene (quali secchezza delle fauci, arrossamenti della cute, bruciore agli occhi, nausea), ARPAE di Parma e AUSL di Parma si sono attivate al fine di svolgere i necessari approfondimenti tecnici, conducendo attività di controllo e monitoraggio con campionamento e verifica della qualità dell’aria.

Con deliberazione della Giunta regionale n. 768 del 21 maggio 2018, è stato approvato lo schema di un “protocollo d’intesa” per l’istituzione di un Tavolo di Garanzia, quale strumento partecipativo che potesse fornire un confronto collaborativo tra le istituzioni (Regione Emilia –Romagna, Comune di Borgo Val di Taro, ARPAE ed Azienda U.S.L. di Parma) e le Associazioni rappresentative del territorio ambientali, sindacali e datoriali, con la precipua finalità di individuare nuove azioni coordinate per affrontare la situazione di disagio ambientale e sanitario riscontrata nel Comune.

A supporto del Tavolo di Garanzia, la citata deliberazione ha previsto l’insediamento di un Comitato Tecnico Scientifico, coadiuvato dal Consiglio nazionale delle Ricerche e dall’Istituto Superiore di Sanità, il quale, in collaborazione con la società Laminam S.p.A., ha elaborato un progetto di ricerca contenente gli esiti delle analisi condotte in relazione a due profili, ossia emissioni inquinanti e disagi sanitari. Il Comitato Tecnico Scientifico ha poi condotto approfondimenti ulteriori – rispetto alle indagini già svolte dall’AUSL e da ARPAE – nel periodo compreso tra il mese di luglio e quello di dicembre 2018.

Le attività si sono articolate secondo due linee di ricerca: la raccolta di dati chimici, fisici e ambientali e la valutazione delle segnalazioni di disagio olfattivo e di disturbo sanitario, con l’obiettivo di tracciare una linea di coerenza tra la caratterizzazione delle emissioni, la loro diffusione in ambiente, la qualità dell’aria e gli eventuali impatti sulla salute.

Per quanto di attinenza al protocollo ambientale, sono stati raccolti campioni delle emissioni della ditta Laminam S.p.A. in quattro punti (atomizzatore, linea applicazioni, linea cottura, linee incollaggio) e, contemporaneamente, sono state effettuate misure ambientali all’interno dello stabilimento e in tre postazioni esterne (località “Le Spiagge”, scuola Manara e via Malta). I campionamenti, in particolare, sono stati attivati in coincidenza con le fasi di produzione aziendale, anche in ragione delle tipologie di solventi impiegati.

Un ulteriore monitoraggio ambientale è stato condotto attraverso il posizionamento di 15 radielli per 7 giorni, a settimane alternate, per la durata complessiva di un anno, con strumentazione tecnica rivolta alla ricerca di aldeidi, composti organici volatili e acidi inorganici.

Per quanto attiene al protocollo sanitario, il Comitato Tecnico Scientifico ha acquisito i dati anamnestici registrati dai medici di medicina generale, relativi ai pazienti che avevano manifestato sintomi riconducibili a disturbi irritativi, potenzialmente collegabili ad esposizioni ambientali. Alla raccolta dei dati anamnestici è seguita l’interpretazione dei risultati analitici condotta secondo un modello cautelativo di tipo tossicologico, non limitandosi a verificare il rispetto dei limiti normativi, ma prendendo a riferimento il valore “

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