TAR Catanzaro, sez. II, sentenza breve 2011-02-09, n. 201100184

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catanzaro, sez. II, sentenza breve 2011-02-09, n. 201100184
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catanzaro
Numero : 201100184
Data del deposito : 9 febbraio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00096/2011 REG.RIC.

N. 00184/2011 REG.PROV.COLL.

N. 00096/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 96 del 2011, proposto da:
M Rria L C, rappresentato e difeso dagli avv. Ernesto D'Ippolito, V F, con domicilio eletto presso Paola Garofalo in Catanzaro, via A.Turco N.71;

contro

Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Cosenza, rappresentato e difeso dagli avv. G G, O M, G S, con domicilio eletto presso Tar Segreteria in Catanzaro, via A De Gasperi;
P.M. Presso Tribunale Penale di Cosenza;

per l'annullamento

del provvedimento di sospensione cautelare adottato nella seduta del 16/02/2010 (verbale n. 5) reso noto alla ricorrente solo in data 17/11/2010 nel corso di comparizione in sede di procedimento disciplinare


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Cosenza;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2011 il dott. Antonio Andolfi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


Dato atto che l’istruttoria è completa, il contraddittorio è integro e sono stati rispettati i termini a difesa;

il Collegio ritiene che sussistano i presupposti per una decisione in forma semplificata, rilevato e ritenuto che:

premesso che sussiste la giurisdizione del Giudice amministrativo, in quanto i provvedimenti disciplinari adottati dal consiglio dell’ordine degli avvocati sono atti amministrativi e non hanno natura giurisdizionale, non potendosi riconoscere al consiglio dell’ordine la qualità di autorità giudiziaria;

il ricorso deve essere rigettato, per infondatezza.

In caso di procedimento penale a carico di avvocato, l'art. 43, comma 3, r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578 conferisce al consiglio dell'ordine il potere di disporre, in via cautelare, la sospensione dall'attività professionale, sulla base di una valutazione d'incompatibilità dell'addebito con l'esercizio della professione, indipendentemente da ogni indagine sulla consistenza dell'incolpazione, riservata al giudice penale (cfr. Cassazione civile , sez. un., 23 dicembre 2005 , n. 28505).

A maggior ragione, deve riconoscersi al consiglio dell’ordine degli avvocati il potere di disporre, sempre in via cautelare e sulla base di una valutazione d'incompatibilità dell'addebito con l'esercizio della professione, la sospensione dall’attività professionale dell’avvocato nei cui confronti sia stata emessa ordinanza di custodia cautelare, presupposto della quale sono, necessariamente, gravi indizi di colpevolezza.

È quindi infondata la deduzione di parte ricorrente, secondo cui l’interessata sarebbe semplicemente indagata e la mancanza di imputazione penale renderebbe abnorme il provvedimento disciplinare.

Le ulteriori censure avverso il provvedimento impugnato sono parimenti infondate, essendo stata adottata la sospensione cautelare senza previa audizione dell’interessata per oggettiva impossibilità di contraddittorio, per essere ella sottoposta a custodia cautelare;
non appena la misura cautelare è stata revocata, peraltro, l’interessata è stata sentita dall’organo professionale;
la gravità degli addebiti mossi all’interessata, che avrebbe commesso tali delitti nell’esercizio dell’attività professionale, giustifica, ad avviso del Collegio, la decisione cautelare presa dal consiglio dell’ordine, sia pure in assenza di contraddittorio, a tutela del prestigio della professione forense.

Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato.

Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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