TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2021-07-28, n. 202109016
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Pubblicato il 28/07/2021
N. 09016/2021 REG.PROV.COLL.
N. 05488/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5488 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Enel Produzione s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati E C e M C, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Cardi in Roma, viale Bruno Buozzi, 51;
contro
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del provvedimento del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, di cui alla nota prot. 6024 dell'11.02.2014, avente ad oggetto: Inquinamento da idrocarburi nel porto di Portovesme, delle acque costiere e del litorale del Comune di Portoscuso (Carbonia - Iglesias), verificatosi in data. 25.12.2008 - Invito al pagamento
e con i motivi aggiunti depositati il 4.12.2014,
della nota del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 17791/PNM dell’8.09.2014 di invito a provvedere nel termine di 30 giorni al pagamento stesso;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2021 - svolta ai sensi degli artt. 25 d.l. n. 137/2020 e 4 d.l. n. 28/2020 attraverso videoconferenza con l’utilizzo della piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare n. 6305 del 13/03/2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa - la dott.ssa Ofelia Fratamico;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società ricorrente ha agito dinanzi al Tribunale per l’annullamento della nota del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 1541/PNM del 27.01.2014 con cui era stata invitata a provvedere entro 30 giorni al pagamento della somma di euro 872.891,29, oltre interessi, per l’attività di assistenza antinquinamento conseguente allo sversamento di idrocarburi nel Porto di Portovesme.
A sostegno della sua domanda, la ricorrente ha dedotto: a) di gestire una centrale termoelettrica ubicata nel polo industriale di Portoscuso, in un’area prospiciente il porto industriale di Portovesme in Sardegna;b) di aver rilevato, in data 24.12.2008, la fuoriuscita di olio combustibile da una tubazione accessoria al suo oleodotto, oggetto di precedenti interventi manutentivi;c) di essersi tempestivamente attivata sotto il coordinamento e con il supporto della locale Capitaneria di Porto per contenere e limitare lo sversamento a mare del combustibile;d) di aver ricevuto il 25.12.2008 dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti una diffida ad adottare tutte le misure ritenute necessarie per eliminare gli effetti già prodotti e prevenire il pericolo di ulteriori inquinamenti, con la precisazione che, nel caso tale avviso fosse rimasto senza effetto o non avesse prodotto gli effetti sperati, l’Autorità Marittima avrebbe fatto eseguire le misure ritenute necessarie ex art. 12 commi 2 e 3 della l.n. 979/1982 recuperando successivamente le spese sostenute a termini di legge”;e) di aver, quindi, eseguito le operazioni di recupero del prodotto sversato dal 24.12.2008 al 23.02.2009;f) di aver, infine, ricevuto l’11.02.2014 la nota impugnata, con cui l’Amministrazione evidenziava di aver utilizzato per le operazioni di bonifica due battelli disinquinanti della società Castalia Ecolmar, quantificando in € 872.891,29 la spesa complessiva dell’intervento che pur facendo riferimento ad una tabella allegata, non conteneva, in realtà, tale documento.
Avverso il provvedimento impugnato, la ricorrente ha lamentato i seguenti motivi: 1) eccezione di prescrizione in relazione all’art. 2947 c.c.;2) nullità dell’atto ai sensi dell’art. 21 septies della l.n. 241/1990 per mancanza dell’elemento essenziale dell’oggetto, eccesso di potere per illogicità, sviamento e difetto di motivazione;3) in via subordinata, violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 12 della l.n. 979/1982, eccesso di potere per carenza dei presupposti e travisamento.
In data 4.12.2014 la ricorrente ha proposto motivi aggiunti contro la nota del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 17791/PNM dell’8.09.2014 di invito a provvedere nel termine di 30 giorni al pagamento della predetta somma oltre interessi
Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, eccependo, in via preliminare, il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo e, nel merito, in ogni caso, l’infondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti.
Con istanza depositata il 15.06.2021, nel giorno antecedente la data fissata per l’udienza di discussione del merito, le parti hanno avanzato istanza di rinvio della trattazione della causa, evidenziando di aver “di recente avviato una trattativa per la definizione bonaria del contenzioso …(con) buone possibilità di una sua conclusione positiva”
All’udienza pubblica del 16.06.2021 la causa è stata, infine, trattenuta in decisione.
DIRITTO
Deve essere, in primo luogo, confermata l’impossibilità di accogliere l’istanza di rinvio presentata, come detto, il giorno antecedente la data dell’udienza fissata per la discussione del merito, dalle parti, sia pure congiuntamente, in considerazione della mancanza di qualsiasi specifica prospettazione dei tempi necessari per il raggiungimento della composizione bonaria della causa, soltanto eventuale, e, soprattutto, del carattere assai risalente della controversia, che, in seguito al fatto che la causa era stata inserita a ruolo dell’udienza pubblica su precisa richiesta di parte ricorrente, renderebbe la concessione di un rinvio contraria al principio della ragionevole durata del processo.
Quanto all’ eccezione di difetto di giurisdizione del G.A., il Collegio, in considerazione del petitum e della causa petendi, ritiene preliminarmente che sussista, in relazione alla controversia in esame, la giurisdizione di questo Giudice.
Al riguardo si deve evidenziare, infatti, che, nel caso in questione, viene in rilievo l’applicazione della disciplina recata dalla legge 31.12.1982 n. 979 – “Disposizioni per la difesa del mare” – con la quale è stato delineato il quadro degli interventi da adottare a tutela del mare e delle aree costiere contro l’inquinamento da idrocarburi o altre sostanze nocive per le risorse naturali.
Nella fattispecie non vengono in rilievo pretese meramente patrimoniali dell’amministrazione rigidamente predeterminate e vincolate, emergendo l’esercizio di un’attività autoritativa, svolta senza il consenso dell’interessato, come reso evidente, del resto, dal petitum sostanziale, avendo parte ricorrente contestato, in primis, i presupposti alla base della pretesa avanzata dall’amministrazione, involgenti anche profili di discrezionalità valutativa, oltre alle modalità di esercizio del potere pubblico.
Il provvedimento con il quale è stato ingiunto il pagamento è stato adottato ai sensi degli artt. 11 e 12 della legge sopra indicata.
L’art. 11, comma 1, della legge 31/12/1982 n. 979 prevede che: “Nel caso di inquinamento o di imminente pericolo di inquinamento delle acque del mare causato da immissioni, anche accidentali, di idrocarburi o altre sostanze nocive, provenienti da qualsiasi fonte o suscettibili di arrecare danni all’ambiente marino, al litorale o agli interessi connessi, l’Autorità Marittima, nella cui area di competenza si verifichi l’inquinamento o la minaccia di inquinamento, è tenuta a disporre tutte le misure necessarie, non escluse quelle per la rimozione del carico del natante, allo scopo di prevenire od eliminare gli effetti inquinanti ovvero attenuarli qualora risultasse tecnicamente impossibile eliminarli”.
L’art. 12 del medesimo testo normativo, inoltre, nello stabilire, al primo comma, l’obbligo per i soggetti specificamente individuati di informare senza indugio l'autorità marittima più vicina della verificazione del sinistro e quello di adozione delle misure di prevenzione praticabili nell’immediato, prevede, al comma successivo, l’obbligo per l’armatore ovvero per il proprietario di provvedere, previa immediata diffida dell’autorità marittima, in via diretta, all’attuazione di tutte le misure ritenute necessarie per prevenire il pericolo d'inquinamento e per eliminare gli effetti già prodotti.
L’esecuzione d’ufficio delle suddette misure è, dunque, prevista dalla sopra indicata disposizione in due casi: nell’ipotesi in cui il soggetto obbligato non provveda a seguito della diffida ovvero le attività dal medesimo espletate non producano “gli effetti sperati in un periodo di tempo assegnato”, nonché nei casi di urgenza, nei quali, per espressa previsione normativa, non è necessaria la previa diffida, stabilendosi, in entrambe le ipotesi, in recupero delle spese sostenute dai soggetti obbligati.
Deriva dal sopra delineato impianto di disciplina che l’amministrazione è tenuta ad attivarsi in via sostitutiva adottando le misure idonee atte a prevenire fenomeni dannosi per l’ambiente sia in mancanza di un intervento efficace da parte dei diretti responsabili sia in via di urgenza, postulando tale intervento un apprezzamento tanto in relazione alla sussistenza del pericolo di inquinamento quanto alla connotazione dell’attivazione in termini di urgenza, oltre all’accertamento delle posizioni rivestite dai soggetti obbligati come individuati dalle richiamate disposizioni.
Con il ricorso e con i motivi aggiunti la ricorrente ha dedotto al primo motivo, la prescrizione del credito vantato dall’Amministrazione, che sarebbe stato inquadrabile nel diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito, con prescrizione di cinque anni dal giorno in cui il fatto si era verificato e, dunque, dallo “sversamento” in mare dell’olio combustibile, occorso il 24.12.2008.
Secondo tale tesi la richiesta di pagamento, pervenuta alla ricorrente “solo l’11 febbraio 2014, oltre i cinque anni dal fatto”, sarebbe stata irrimediabilmente prescritta e le medesime conclusioni avrebbero dovuto trarsi anche facendo decorrere la prescrizione quinquennale dal giorno dell’avvenuto completamento delle operazioni di recupero del liquido disperso (23.01.2009).
Il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo sarebbe stato, inoltre nullo per mancanza di un elemento essenziale, in considerazione dell’omessa allegazione della tabella riepilogativa dei costi Castalia Ecolmar per l’utilizzo delle imbarcazioni antinquinamento, che lo avrebbe fatto risultare in realtà privo dell’oggetto;esso sarebbe stato poi adottato in assenza dei presupposti, essendosi l’Enel tempestivamente attivata per rimediare all’incidente verificandosi e non essendo restata certo inerte dinanzi al pericolo di inquinamento.
Con i motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato anche il successivo provvedimento, adottato dal Ministero in data 8.09.2014, da “intendersi quale novazione del precedente notificato in data 11.02.2014”, con cui le era stato rinnovato l’invito al pagamento delle somme già richieste.
Anche contro tale atto la ricorrente ha lamentato la prescrizione della pretesa, riconducibile, a suo dire, al risarcimento da fatto illecito, la violazione del principio del buon andamento della p.a., che sarebbe stato leso dall’adozione da parte del Ministero di un nuovo atto specificamente finalizzato ad emendare le carenze dell’originario provvedimento emesso, e la mancanza dei presupposti previsti dagli artt. 11 e 12 della l.n. 979/1982 per l’intervento dell’autorità marittima e il conseguente recupero dei costi affrontati.
Tali doglianze sono infondate e devono essere respinte per le ragioni di seguito esposte.
Si evidenzia, in primo luogo, il carattere di specialità delle disposizioni in esame, specificamente riferite alla “difesa del mare”, la cui ratio è stata puntualmente chiarita dallo stesso Giudice di Appello (parere n. 1372/2012), con valutazioni integralmente condivise dal Collegio.
E’ stato sottolineato, infatti, che la finalità della norma si sostanzia nella predisposizione di un agevole e pronto strumento di tutela amministrativa, di fronte al danno o al pericolo di danno ad interessi primari e di rilievo costituzionale. Proprio perché trattasi di misura correlata ad una situazione di emergenza, il legislatore ha configurato un tipo di responsabilità legale, che prescinde dalla colpa a carico di alcune figure (armatore, proprietario della nave) legate al trasporto marittimo, attività che costituisce una delle principali fonti di inquinamento delle acque marine.
Da ciò consegue che l’applicazione dell’art. 12 non comporta la necessità di accertamenti giudiziali circa l’esistenza di un danno ambientale, essendo sufficiente un fatto di inquinamento, o anche di mero pericolo di inquinamento, a consentire l’esplicazione dell’attività amministrativa di salvaguardia ambientale, con conseguente successivo obbligo di procedere al recupero delle spese sostenute.
Rilevata l’illustrata ratio sottesa alla disposizione in esame, da apprezzare unitariamente in relazione alle finalità perseguite, deve escludersi un inquadramento della disciplina in esame nell’ambito della responsabilità per danno ambientale.
In altri termini, come efficacemente rilevato dal Giudice d’Appello: « proprio perché trattasi di misura correlata a una situazione di emergenza, il legislatore ha configurato nella specie un’obbligazione di restituzione, che esula dalla verifica degli elementi costitutivi del fatto illecito previsto dall’art. 2043 del codice civile, rilevanti ai fini del risarcimento del danno, vale a dire il comportamento (commissivo od omissivo) doloso o colposo, il nesso causale tra la condotta e l’evento, l’ingiustizia, l’attualità e la certezza del danno. Detta verifica, come ricordato, potrebbe, semmai, ulteriormente fondare, di fronte all’autorità giudiziaria ordinaria, titolo per l’affermazione della responsabilità civile o penale di alcuni soggetti (comandante, armatore, proprietario della nave), legati al trasporto marittimo, attività che costituisce una delle principali fonti d’inquinamento delle acque marine. In tale sede verrebbe in rilievo la lesione del “bene ambiente”, e sarebbero accertati tutti gli elementi della responsabilità che fondano una sentenza di condanna, la quale può implicare anch’essa l’obbligo del ripristino dello stato dei luoghi, ma a diverso titolo rispetto all’applicazione dell’art. 12 in argomento».
Ed è anche significativo evidenziare – come pure rilevato dal Giudice d’Appello –, l’indifferenza rispetto alla fattispecie in esame delle cause di giustificazione (caso fortuito, forza maggiore, etc.), le quali, invece, escludono la responsabilità sia in sede civile che in quella penale;l’art. 12 troverebbe, infatti, applicazione anche se il danno o il pericolo di danno fossero stati cagionati in presenza di una causa di giustificazione, atteso che anche in tali ipotesi l’amministrazione dovrebbe adottare le misure urgenti ed indifferibili, accollandone poi i relativi costi all’autore materiale, a prescindere perciò, da una partecipazione psicologica di costui e dalla presenza di esimenti.
Né va trascurato che l’art. 12 in discorso omette qualsiasi riferimento testuale o rinvio agli elementi costitutivi dell’illecito, a differenza dell’art. 311, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 (Codice dell’ambiente), relativo all’azione risarcitoria in materia di danno ambientale.
Da quanto esposto discende che l’art. 12 della legge 31.12.1982 n. 979 non postula l’individuazione del “responsabile” del danno ambientale, secondo lo schema del citato art. 2043 c.c. e quello specifico dell’art. 311, comma 2, del d.Lgs. n. 152 del 2006, per condannarlo al ripristino dello status quo ante, ove possibile, ovvero al risarcimento per equivalente, limitandosi, invece, a porre un obbligo di rimborso a carico di colui che appaia, anche ad una valutazione sommaria, collegato alla fonte dell’inquinamento, per essere armatore o proprietario del natante o dell’impianto contingentemente implicato nel fatto che ha cagionato l’evento inquinante (o il pericolo di esso).
Trattandosi non di una domanda il risarcimento del danno da fatto illecito, bensì dell’esercizio di un’azione restitutoria degli importi impiegati dall’Amministrazione e di un’obbligazione legale di diritto pubblico ai sensi dell’art. 12 cit., il termine di prescrizione, come correttamente evidenziato dall’Avvocatura Generale dello Stato “non è quello quinquennale - previsto per le fattispecie risarcitorie – bensì quello ordinario - decennale - di cui all’art. 2946 c.c., per di più decorrente non dal momento in cui si è verificato l’evento-incidente, ma dal tempo in cui l’Amministrazione ha sostenuto la spesa di cui chiede il rimborso, con conseguente infondatezza dell’eccezione.
In relazione al contenuto del provvedimento originario e di quello successivamente adottato dal Ministero si deve sottolineare, poi, da un lato, come già l’invito dell’11.02.2014 avesse al suo interno tutti gli elementi necessari a giustificare l’importo delle somme richieste, indicando con chiarezza il fatto all’origine delle spese di cui veniva chiesto il rimborso, la normativa applicata e il relativo importo, e, dall’altro lato, che la circostanza dell’adozione del nuovo provvedimento “novativo” del primo ed esplicativo delle ragioni che lo avevano determinato, nonché delle tariffe applicate, non potesse in alcun modo incidere sulla legittimità della richiesta di rimborso, né tantomeno integrare la violazione del principio del buon andamento della p.a., contribuendo, anzi, a meglio inquadrare, anche ai fini della conoscibilità e della comprensione dell’agire della p.a. verso il privato, la fattispecie che aveva dato luogo al diritto al rimborso.
Quanto infine alle ultime censure sulla pretesa insussistenza dei presupposti, appare sufficiente ricordare come a norma degli articoli citati la p.a. sia tenuta ad intervenire in difesa dell’ambiente oltre che nei casi di inottemperanza del privato alla diffida, anche nei casi di urgenza per la tutela dell’ecosistema marino messo in pericolo dallo sversamento di olio combustibile dall’oleodotto della centrale.
Sul punto anche la stessa ricorrente non risulta aver messo in dubbio la proficuità e la necessità dell’intervento dell’Autorità marittima ai fini dell’eliminazione dei rischi ambientali e di un integrale ripristino dell’ambiente marino con conseguente infondatezza anche delle relative doglianze svolte sia nel ricorso introduttivo che nei motivi aggiunti.
In conclusione, per le ragioni sopra esposte, il ricorso in i motivi aggiunti devono essere, come anticipato, integralmente respinti
Il carattere risalente della controversia, nonché la consistenza delle questioni interpretative implicate, giustificano, nondimeno, l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.