TAR Trento, sez. I, sentenza 2024-06-11, n. 202400091
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Testo completo
Pubblicato il 11/06/2024
N. 00091/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00008/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento
(Sezione Unica)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
nel giudizio introdotto con il ricorso numero di registro generale 8 del 2024, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato G G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso
ex lege
dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Trento, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Trento, largo Porta Nuova, n. 9, presso gli uffici della predetta Avvocatura;
per l’annullamento
- del provvedimento di diniego della domanda di cittadinanza italiana -OMISSIS-
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria difensiva del Ministero dell’Interno;
Viste le ulteriori memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 giugno 2024 il consigliere Antonia Tassinari e uditi i difensori delle parti come specificato nel relativo verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1. La signora -OMISSIS-, odierna ricorrente, è originaria -OMISSIS- e ha presentato il -OMISSIS- istanza di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge 5 febbraio 1992, n. 91. (“ La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’Interno, allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica ”). Con nota del -OMISSIS- il Commissariato del Governo di Trento ha comunicato ex art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di conferimento della cittadinanza per naturalizzazione costituiti sostanzialmente dalla mancanza di un reddito idoneo (“ il reddito imponibile (degli anni -OMISSIS-) è inferiore ai parametri richiesti per la concessione della cittadinanza italiana (pari a € 8.263,31 per un nucleo familiare composto da una persona, aumentato fino a € 11.362,05 di reddito imponibile in presenza del coniuge a carico e di altri € 516 per ogni figlio a carico) ”). Nonostante le osservazioni presentate con nota del -OMISSIS- dalla ricorrente il Commissariato del Governo di Trento con provvedimento in data -OMISSIS-, ha infine negato alla medesima la cittadinanza italiana dichiarando inammissibile la relativa istanza considerato che « la documentazione non è utile a dimostrare che il reddito del nucleo famigliare corrisponda ai parametri sopra indicati nei tre anni precedenti l’istanza di naturalizzazione »
2. Con ricorso in data -OMISSIS- la signora -OMISSIS- ha adito il T.A.R. Lazio chiedendo l’annullamento del decreto del Commissariato del Governo di Trento del -OMISSIS-. Con ordinanza n. -OMISSIS-, il giudice adito ha declinato la propria competenza in favore del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino – Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, rilevando che “… il decreto di inammissibilità adottato dal Commissariato di Governo per la Provincia di Trento deve ritenersi privo di efficacia ultraregionale, di modo che, in applicazione del criterio principale della sede, la causa deve essere devoluta al TAR del Trentino – Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, competente ai sensi dell’art. 13, comma 1, cod. proc. amm ”. Conseguentemente ex art. 15 comma 4 c.p.a. con atto del -OMISSIS- il ricorso è stato riassunto presso questo Tribunale davanti al quale il processo continua. Il ricorso è affidato ai motivi che seguono del tutto corrispondenti a quelli sottoposti al T.A.R. Lazio:
I. Violazione di legge-eccesso di potere - Difetto di motivazione – Carenza di istruttoria ex artt. 3, 4, 6, 10 bis 21 octies l. 241 del 1990
Le norme sul procedimento in particolare quelle relative alla motivazione di ogni provvedimento amministrativo alla adeguatezza e compiutezza dell’istruttoria nonché alla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza nel caso di specie sono state violate. Infatti non solo l’amministrazione è obbligata ad accertare d’ufficio, per quanto possibile, la realtà dei fatti e degli atti posti alla sua attenzione ma, qualora la comunicazione ex art. 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, sia seguita dalla produzione di nuovi scritti ad opera dell’interessato, ciò dà luogo ad un ulteriore sviluppo dell’istruttoria procedimentale, per cui il provvedimento finale, diversamente da quanto avvenuto nella circostanza, deve recare con chiarezza e puntualità le ragioni che hanno determinato l’Amministrazione a confermare il proprio diniego.
II. Violazione di legge-eccesso di potere - Difetto di motivazione - in riferimento agli artt. 3, 21 octies l. 241 del 1990, 9 comma 1 lett. “f” l. n. 91 del 1992 con riferimento al requisito reddituale
Il preavviso di rigetto e il provvedimento finale risultano motivati dalla mancanza di un reddito idoneo da parte della signora -OMISSIS- precisando che: «… come emerge anche dalle direttive ministeriali infatti, possono essere presi in considerazione i redditi di tutti i componenti del nucleo familiare dell’istante indicati nell’art. 433 del cc ». Tale motivazione risulta essere del tutto contraddittoria poiché l’istante abita con -OMISSIS- e il nucleo familiare così composto come emerge dalla documentazione allegata alle osservazioni trasmesse a seguito del preavviso di rigetto nel triennio di riferimento -OMISSIS- raggiunge il parametro previsto dalle circolari ministeriali poichè-OMISSIS- della ricorrente ha dichiarato di assumersi l’onere del mantenimento di quest’ultima, cosa che è effettivamente avvenuta attesa la frequentazione dell’Università e la modesta attività lavorativa della medesima. E anche a voler considerare, quale reddito rilevante, quello derivante dai soli introiti della ricorrente e di -OMISSIS- tale reddito risultava superiore ai parametri previsti sin dal triennio precedente la domanda e fino alla conclusione del procedimento salvo per quanto riguarda il più risalente anno -OMISSIS-.
3. Il Ministero dell’Interno costituitosi in giudizio per resistere al ricorso con memoria difensiva dell’11 aprile 2024 ha sostanzialmente rilevato che i redditi valutati nella fattispecie, come indicato anche nella circolare del Ministero dell’Interno prot. n. 2646 del 22 marzo 2019, sono quelli imponibili e non esenti relativi ai tre anni antecedenti la domanda, e che la ricorrente nell’anno -OMISSIS- è risultata al di sotto del parametro del reddito previsto dalla circolare prot. n. K.60.1 del 5 gennaio 2007 del Ministero dell’Interno (“… il parametro assunto da questo Dicastero… è, per il singolo individuo, quello previsto dall’art. 3 del D.L. n. 382 del 25/11/-OMISSIS-, convertito con legge 25 gennaio 1990, n. 8, per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, pari a € 8.263,31 aumentati a € 11.263,05 in caso di coniuge a carico e di altri € 516 per ogni figlio a carico ”) poiché il parametro assunto riguarda “ il singolo individuo ” e la ricorrente ha dichiarato nella domanda di cittadinanza di essere a carico -OMISSIS- e il coniuge della stessa non risulta essere tra i soggetti obbligati al mantenimento indicati nell’art. 433 del codice civile.
4. Alla pubblica udienza del 6 giugno 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
I) In limine litis è appena il caso di rilevare che la controversia che giunge oggi in decisione ha avuto origine ben -OMISSIS- addietro conseguendo ad una istanza di concessione della cittadinanza italiana risalente al -OMISSIS- nonché al derivato provvedimento di inammissibilità della suddetta domanda assunto nel -OMISSIS- ed avversato da un ricorso avanzato sempre nel -OMISSIS- al T.A.R. Lazio. Peraltro, la questione della competenza territoriale a conoscere dei provvedimenti di inammissibilità della domanda di cittadinanza è stata definita dalla decisione n. 13 del 13 luglio 2021 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che ha infine stabilito la competenza del Tribunale nella cui circoscrizione territoriale ha sede l’organo statale periferico emanante precisando tra l’altro che “ non si è al cospetto di un provvedimento di diniego della cittadinanza, ma di una decisione prefettizia di inammissibilità, che si esaurisce sul piano procedimentale e non attribuisce né nega lo status di cittadino valido erga omnes, sicché, anche sotto tale profilo, non sussiste alcuna ragione per giustificare la deroga alla competenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, competente ai sensi dell’art. 13, comma 1, c.p.a. Trattasi, infatti, di atto emanato da un organo periferico dello Stato con efficacia non esorbitante la circoscrizione territoriale della regione in cui ha sede il detto organo. Esso non è in alcun modo equiparabile al diniego di cittadinanza, provvedimento emanato da un organo centrale dello Stato, idoneo ad incidere sullo status del soggetto interessato con efficacia erga omnes e, quindi, con efficacia su tutto il territorio nazionale. Va al riguardo considerato, in primo luogo, che il decreto di inammissibilità non preclude la possibilità, per l’interessato, di ripresentare la domanda anche il giorno successivo all’adozione del decreto prefettizio, mentre il decreto di rigetto, adottato centralmente dal Ministero dell’Interno, preclude allo straniero la riproposizione della domanda per cinque anni .”. Tanto premesso questo Tribunale è, dunque, investito della competenza a decidere la causa e ciò avuto riguardo al merito della stessa considerato che l’odierna ricorrente medio tempore non ha ottenuto la cittadinanza italiana a quanto consta non avendo proposto la relativa istanza che avrebbe potuto ripresentare “ anche il giorno successivo all’adozione del decreto prefettizio ” e che verosimilmente avrebbe avuto chances di un esito favorevole attesa, quantomeno, l’adeguatezza reddituale emergente per gli anni dal -OMISSIS- come si dirà nel prosieguo.
Passando allora al merito, il presente ricorso alla luce e nei limiti delle seguenti considerazioni può essere accolto.
II) I motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente attesa l’evidente affinità dei contenuti riguardanti il profilo formale e sostanziale delle questioni di diritto dedotte, nei limiti che seguono colgono nel segno. Quanto alla doglianza secondo cui non sarebbe stato considerato il reddito del nucleo familiare che, in tesi, nel triennio di riferimento -OMISSIS- raggiungerebbe il parametro previsto dalle circolari ministeriali o, comunque, solo quanto al -OMISSIS- sarebbe di poco inferiore, vale, infatti, evidenziare che la circolare del Ministero dell’Interno prot. n. 2646 del 22 marzo 2019 indica che i redditi valutabili ai fini della concessione della cittadinanza italiana sono quelli imponibili non esenti relativi ai tre anni antecedenti la domanda. Inoltre la circolare del Ministero dell’Interno prot. n. K.60.1 del 5 gennaio 2007 specificando che “ lo straniero è tenuto a provare il regolare assolvimento degli obblighi fiscali per i periodi antecedenti la presentazione dell’istanza ” prevede anche l’importo del parametro richiesto (“… il parametro assunto da questo Dicastero… è, per il singolo individuo, quello previsto dall’art. 3 del D.L. n. 382 del 25/11/1989, convertito con legge 25 gennaio 1990, n. 8, per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, pari a € 8.263,31 aumentati a € 11.263,05 in caso di coniuge a carico e di altri € 516 per ogni figlio a carico ”). Per costante giurisprudenza del giudice d’appello, poi, la soglia così individuata può essere raggiunta anche non direttamente dal soggetto richiedente, bensì con l’integrazione dei redditi percepiti dai familiari con esso conviventi (cfr. ex multis , Cons. Stato, sez. III, n. 8020/2022;Tar Lazio, sez. V bis, n. 1698/2022;Cons. Stato, sez. III, n. 4372/2019). L’orientamento da tempo espresso dalla giurisprudenza al riguardo è stato recepito dallo stesso Ministero dell’Interno, che proprio nella citata circolare prot. n. K.60.1 del 5 febbraio 2007, ha ribadito che è necessario, « nel rispetto del concetto di solidarietà familiare cui sono tenuti i membri della famiglia, valutare la consistenza economica dell’intero nucleo al quale l’aspirante cittadino appartiene quando, dalla documentazione prodotta e/o dalla istruttoria esperita, si può evincere che esistono altre risorse che concorrono a formare il reddito ». Non va sottaciuto che la concessione della cittadinanza italiana è, secondo l’orientamento costante della giurisprudenza al quale questo Tribunale ha già aderito, di natura “ squisitamente discrezionale ” e infatti “ l’acquisizione dello status di cittadino italiano rientra nei provvedimenti di concessione, che presuppongono l’esplicarsi di un’amplissima discrezionalità, in capo all’Amministrazione. Tale amplissima discrezionalità in questo procedimento si esplica in un potere valutativo che si traduce in un apprezzamento di opportunità in ordine al definitivo inserimento dell’istante all’interno della comunità nazionale. Infatti l’interesse dell’istante ad ottenere la cittadinanza deve necessariamente coniugarsi con l’interesse pubblico ad inserire lo stesso a pieno titolo nella comunità nazionale. Nell’ambito valutativo rientra anche l’accertamento della sufficienza del reddito dell’aspirante allo status a garantirne il sostentamento, in quanto lo straniero, proprio perché, con tale provvedimento, viene appunto inserito a pieno titolo nella collettività nazionale, acquisisce tutti i diritti e i doveri che competono ai suoi membri, tra i quali non assume un ruolo secondario il dovere di solidarietà sociale di concorrere con i propri mezzi, attraverso il prelievo fiscale, a finanziare la spesa pubblica, funzionale all’erogazione dei servizi pubblici essenziali .. .” ( ex multis , T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I Ter, 16 giugno 2021, n. 7168). Alla luce delle considerazioni che precedono emerge allora che l’amministrazione, al fine di garantire un trattamento uniforme a tutti gli stranieri che ambiscano a diventare cittadini italiani, in attuazione dei principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa si è autovincolata ad accertare il possesso del requisito reddituale, necessario ai fini della concessione della cittadinanza, mediante il ricorso a parametri predeterminati, desunti dalle dichiarazioni dei redditi presentati dagli interessati, e riferiti ad un periodo congruo costituito dal triennio.
III) Ciò posto la capacità reddituale dell’interessata è stata verificata dal Commissariato del Governo di Trento secondo quanto previsto dalla citata circolare del 22 marzo 2019 tramite la procedura informatizzata “