TAR Bari, sez. III, sentenza 2016-12-01, n. 201601336
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Pubblicato il 01/12/2016
N. 01336/2016 REG.PROV.COLL.
N. 02389/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2389 del 2004, proposto da:
G C, P C e S C (eredi di C V, originario ricorrente, deceduto), rappresentati e difesi dagli avvocati L R C.F. RCCLCU30B03A662N e P U C.F. RSNPTR30A21A662Y, con domicilio eletto presso L R in Bari, p.zza Umberto, n. 32;
contro
Comune di Triggiano, in persona del Sindaco, legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato N T C.F. TTNNCL59A02A662G, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Abate Gimma, n.171;
Regione Puglia, non costituita in giudizio;
Azienda U.S.L. Ba/4, in persona del D. G. legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni Colella C.F. CLLGNN79M23D122S, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, Uff. Leg. Ausl Ba/4 -Lung. Starita, n.6;
per l'ottemperanza
al giudicato di cui alla sentenza di questo T.A.R. del 24.03.2000 n. 1247 resa inter partes , confermata in appello con sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 22.11.2000 n. 6309;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Triggiano e dell’Azienda U.S.L. Ba/4;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 novembre 2016 la dott.ssa D Z e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- In accoglimento del ricorso proposto da C V (originario ricorrente cui sono succeduti in giudizio gli eredi, attuali ricorrenti), questo Tribunale, con sentenza n. 1247 del 24.3.2000, annullava il decreto dell’Assessorato Regionale ai LL.PP. del 13.3.1985, relativo alla riapprovazione del progetto dei lavori di completamento dell’Ospedale “Fallacara” di Triggiano, nonché il decreto sindacale n. 2 del 7.8.1985, con il quale era stata disposta l’occupazione del suolo di proprietà dell’interessato, sito in Triggiano, Via della Marina, in catasto al foglio 9, p.lla 1643.
2.- La sentenza venne confermata dalla IV Sezione del Consiglio di Stato ( n. 6309 del 27.11.2000).
3.- Dopo il passaggio in cosa giudicata della suddetta decisione, il ricorrente, perdurando l’occupazione del proprio immobile, con atto di diffida del 27.8.2004, ha chiesto la restituzione del bene e nel contempo il risarcimento dei danni conseguenti al mancato godimento dell’immobile, precisando che già la Corte d’Appello di Bari, con sentenza del 10.10.2001 n. 830, trascorsa in giudicato per omessa impugnazione, aveva disposto la condanna generica del Comune di Triggiano al risarcimento dei danni.
4.- Questo Tar, pronunciandosi sul ricorso per l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 1247 del 24.3.2000, con sentenza n. 421 del 14.2.2007, ordinava al Comune la restituzione dell’immobile, previa riduzione in pristino dello stato dei luoghi, salvo il potere di emanare il provvedimento di cui all’art. 43 del D.P.R. n. 327/2001, ai fini dell’acquisizione dell’immobile.
5.- Il Comune di Triggiano, con delibera consiliare n. 12 dell’8.6.2007 e con il successivo decreto n. 13 del 13.6. 2007, ha disposto, ai sensi del suddetto all’art. 43, T.U.espr., l’acquisizione, al patrimonio indisponibile del detto Comune, del suolo in questione, sul quale erano stati realizzati i lavori di ampliamento dell’Ospedale “Fallacara”, determinandosi anche in ordine alla misura del risarcimento del danno.
6.- Insorgeva il Campobasso chiedendo la declaratoria di nullità dei suddetti provvedimenti, nonché della nota dirigenziale datata 28.5.2007, prot. n. 13353 di determinazione della somma dovuta a titolo risarcitorio.
7.- Con sentenza n.2090 del 27.5.2010, la Sezione ha accolto il ricorso, dichiarando nullo il decreto n. 13 del 13.6.2007 del Comune di Triggiano.
7.1.- Ha motivato la decisione richiamando, in punto di fatto, la circostanza che il ricorrente, con atto di citazione notificato il 2.10.1995, aveva adito il Giudice Unico del Tribunale di Bari, per ottenere il risarcimento dei danni subiti e che, con ordinanza emessa ai sensi dell’art. 186 quater c.p.c. in data 17.7.2008, il G.O. aveva disposto la condanna del Comune di Triggiano al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, della somma di € 1.023.892,14, oltre interessi e spese processuali, (benchè la Corte d’Appello di Bari avesse sospeso l’efficacia esecutiva della suddetta ordinanza, ritenendo che le questioni sollevate dal Comune appellante afferivano a temi di indagine “controvertibili”).
7.2.- In punto di diritto, la citata sentenza (n.2090/2010) ha ritenuto che C V, era stato destinatario della sentenza della Corte d’appello di Bari del 10.10.2001 n. 830, passata in giudicato, che disponeva la condanna, seppure generica, del Comune di Triggiano al risarcimento dei danni, scelta poi confermata dal ricorrente con l’atto di citazione in giudizio del 1995 proposto dinanzi al G.O., volta ad ottenere il risarcimento dei danni subiti anziché la restituzione del bene.
“ Orbene, avendo l’istante preferito in piena autonomia, in sede giudiziaria ordinaria, la tutela risarcitoria per equivalente a quella restitutoria (facoltà pienamente legittima riconosciuta dalla Cassazione civile e costituente ius receptum), deve ritenersi che al momento dell’esercizio dell’azione giudiziaria si sia perfezionato l’atto abdicativo della proprietà del bene in favore dell’ente pubblico e contestualmente sia cessata la situazione di antigiuridicità della fattispecie ablatoria (cfr da ultimo CGARS, 25.05.2009, n. 486), con la conseguenza che, verificatasi la perdita del bene in capo al proprietario, l’atto successivo di acquisizione del bene stesso ex art. 43 del T.U. n. 327 del 2001 al patrimonio pubblico deve ritenersi inutiliter datum e quindi nullo anche con riferimento alla quantificazione del danno operato dalla p.a.: danno già determinato secondo la statuizione giudiziaria e non opposto.
Conseguentemente il Comune di Triggiano non aveva titolo ad emanare il suddetto atto, atto centrale fra quelli impugnati con l’odierno gravame, né poteva sovrapporre le proprie determinazioni a quelle del giudice ordinario quanto alla determinazione del danno. ”
7.3.- L’appello proposto avverso la suddetta sentenza (la cui pendenza ha determinato la sospensione dell’odierno giudizio, in attesa della definizione del gravame) è stato dichiarato perento con decreto presidenziale n.599/2016.
8.- Con l’odierno ricorso, gli eredi di C V, nelle more deceduto, costituitisi in riassunzione, agiscono per l’ottemperanza alla sentenza n.1247/2000, chiedendo in via principale la condanna del Comune di Triggiano alla restituzione del suolo in questione, previa riduzione in pristino, ovvero la nomina di un commissario ad acta affinchè provveda, in via sostitutiva, anche emanando il decreto di acquisizione sanante di cui all’art. 42 bis T.U. espr.
Chiedono, inoltre, la condanna al pagamento della somma ritenuta di giustizia, a titolo di astreintes .
9.- Resiste il Comune intimato adducendo la improponibilità o improcedibilità dell’azione restitutoria ovvero della richiesta adozione di provvedimento di acquisizione sanante, in ragione delle statuizioni della sentenza di questo Tar n.2090/2010 (di cui sostiene il passaggio in giudicato), che, nel dichiarare la nullità del decreto ex art. 43 T.U. espr., ha espressamente fatto riferimento all’estinzione del diritto dominicale del Campobasso, a causa dell’instaurazione del giudizio risarcitorio.
10.- All’udienza dell’11.11.2016, sulle conclusioni delle parti, la causa è stata assunta in decisione.
11.- La portata dirimente, ai fini della definizione della presente controversia, delle statuizioni contenute nella sentenza n. 2090/2010, impone preliminarmente di verificarne il passaggio in giudicato, avendo le parti ampiamente dibattuto, negli scritti difensivi, sul punto.
11.1.- Come anticipato nella parte motiva - dedicata alla ricostruzione dell’articolata vicenda processuale che ha riguardato l’azione amministrativa che ha colpito il suolo su cui è stato costruito il presidio ospedaliero “Fallacara” di Triggiano - l’appello avverso la sentenza n. 2090/2010 è stato dichiarato perento.
A norma dell’art. 324 cpc, “ S'intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell'articolo 395 ”.
Le statuizioni della sentenza in questione rientrano, dopo la perenzione dell’appello avverso di essa, pienamente nella fattispecie normativa appena indicata, sicchè non è revocabile in dubbio l’autorità di giudicato della predetta decisione.
12.- Tanto premesso, come chiarito dalla recente decisione dell’A.P. n.2/2016, “ la condotta illecita dell’amministrazione incidente sul diritto di proprietà non può comportare l’acquisizione del fondo e configura un illecito permanente ex art. 2043 c.c. ….. che viene a cessare solo in conseguenza:
a) della restituzione del fondo;
b) di un accordo transattivo;
c) della rinunzia abdicativa (e non traslativa, secondo una certa prospettazione delle SS.UU.) da parte del proprietario implicita nella richiesta di risarcimento del danno per equivalente monetario a fronte della irreversibile trasformazione del fondo;
d) di una compiuta usucapione, ma solo nei ristretti limiti perspicuamente individuati dal Consiglio di Stato….;
e) di un provvedimento emanato ex art. 42-bis t.u. espr. ”.
13.- Tali indicazioni forniscono le coordinate ermeneutiche per dirimere la presente controversia, unitamente ai precedenti dotati di autorità di giudicato, adottati nel corso della odierna vicenda processuale.
13.1.- In primo luogo non è percorribile la strada dell’usucapione, non essendo stata sollevata la relativa eccezione.
13.2.- L’accordo transattivo, rimesso evidentemente alla disponibilità delle parti, non risulta essere intervenuto, nonostante il lungo lasso di tempo trascorso.
13.3.- La restituzione del fondo ovvero l’adozione di un provvedimento ex art. 42 bis T.U. espr. devono ritenersi esclusi dalle statuizioni della sentenza n. 2090/2010 che, con affermazioni ormai dotate di efficacia di giudicato, ha ritenuto che la proposizione del giudizio civile per il ristoro in termini economici concretasse un’ipotesi di rinuncia al diritto dominicale (che preclude anche l’adozione del decreto di acquisizione sanante per le stesse ragioni per cui fu pronunciata la nullità del decreto ex art. 43 T.U. espr.).
13.4.- Residua, nel caso in esame, come possibile forma di tutela della posizione dell’originario ricorrente solo la tutela risarcitoria che egli, peraltro, risulta avere già proposto dinanzi al G.O. che, con sentenza parimenti passata in giudicato (n. 830/2001 della C.d’A. di Bari), ha già disposto in forma generica, pendendo, allo stato solo il giudizio di quantificazione (le cui vicende le parti non hanno inteso compiutamente illustrare depositando, ad es. –v. pagg. 9 e 10 della comparsa di costituzione degli eredi, odierni ricorrenti, versata in atti il 25.10.2016- il citato provvedimento della C.d’A. di Bari che ha revocato l’ordinanza ex art. 186 quater cpc, adottata dal giudice di primo grado).
13.5.- Né vale a condurre a conclusioni diverse l’esistenza di altro precedente, al pari della sentenza n. 2090/2010 dotato di efficacia di giudicato, rappresentato dalla decisione di questo Tar n.421/2007 che ha ordinato al Comune la restituzione dell’immobile, previa riduzione in pristino dello stato dei luoghi, salvo il potere di emanare il provvedimento di cui all’art. 43 del D.P.R. n. 327/2001.
Tale decisione, infatti, è stata superata dalla successiva pronuncia della Sezione (promossa dall’azione del ricorrente volta a paralizzare l’acquisizione del suolo che ora, invece, reclama, sia pure in via subordinata) , che ha scrutinato l’azione amministrativa posta in essere in esecuzione della decisione n. 421/2007, adottando una motivazione cui le parti hanno, in definitiva prestato acquiescenza, lasciando estinguere il giudizio di appello.
Per le ragioni suesposte, fermo restando il principio di effettività della tutela (che impone, a questo, punto, il riconoscimento della tutela risarcitoria), il ricorso per l’ottemperanza promosso nei termini indicati dai ricorrenti non può trovare accoglimento, risultando l’azione esecutiva reclamata, preclusa dalle iniziative giudiziarie proposte dalla stessa parte odierna ricorrente.
14.- Le spese, attesa la particolarità della vicenda, vengono integralmente compensate.