TAR Catanzaro, sez. II, sentenza 2010-12-01, n. 201002831

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catanzaro, sez. II, sentenza 2010-12-01, n. 201002831
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catanzaro
Numero : 201002831
Data del deposito : 1 dicembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00135/1998 REG.RIC.

N. 02831/2010 REG.SEN.

N. 00135/1998 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 135 del 1998, proposto da:
P E, rappresentata e difesa dall'avv. G U, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. F V in Catanzaro, via V. Cortese, 18/B;

contro

Prefetto di Crotone, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale di Catanzaro, domiciliata per legge in Catanzaro, via G. Da Fiore;
Comune di Ciro', n.c.;

per l'annullamento

previa sospensione degli effetti

del decreto n. 858/2° Settore dell’11/12/1997 con il quale il Prefetto di Crotone ha respinto il ricorso gerarchico avverso l’ordinanza del Sindaco di Cirò n. 2190 del 15 settembre 1997 con la quale si ordinava al ricorrente la chiusura temporanea dell’esercizio e della struttura alberghiera;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Prefetto di Crotone;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2010 la dott.ssa Anna Maria Verlengia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato al Comune di Cirò ed alla Prefettura il 14 gennaio 1998 e depositato il successivo 22 gennaio, il ricorrente, proprietario e gestore dell’Hotel Costa Elisabetta, sito in Cirò, impugna il decreto n. 858/2° Settore dell’11/12/1997 con il quale il Prefetto di Crotone ha respinto il ricorso gerarchico avverso l’ordinanza del Sindaco di Cirò n. 2190 del 15 settembre 1997 nonché quest’ultima, con la quale si ordinava al ricorrente la chiusura temporanea dell’esercizio e della struttura alberghiera, fino a quando il destinatario non avesse dimostrato di aver ottemperato a tutti gli obblighi di legge o di aver eliminato tutti gli inconvenienti igienici riscontrati nel verbale di sopralluogo e prelevamento campioni.

La prescritta chiusura risulta, infatti, disposta a seguito di un sopralluogo del presidio Multizonale della Unità Sanitaria n. 7 di Catanzaro, nel corso del quale sono stati effettuati prelievi di campioni di acqua di scarico che hanno rivelato la presenza di azoto ammoniacale, tensioattivi, C.O.D. e B.o.d. 5 superiore, per quanto si legge nel provvedimento, ai livelli massimi consentiti dalla tabella 1 della delibera del Consiglio Regionale n. 186/82 del 19/1/82.

Avverso tali provvedimenti il ricorrente articola i seguenti motivi di doglianza:

1) Eccesso di potere per carenza dei presupposti fattuali, in quanto non sussisterebbe né il pericolo di un danno imminente, né la necessità, intesa come impossibilità di fronteggiare la rilevata situazione di pericolo con i rimedi ordinari apprestati dall’ordinamento giuridico. L’insussistenza del pericolo sarebbe confermata dalla circostanza che il campione irregolare sarebbe stato prelevato nella vasca del depuratore che oltre a non scaricare nella pubblica fogna viene periodicamente svuotato da autospurgo;

2) Eccesso di potere per carenza dei presupposti legislativi per l’attivazione del potere di adozione di ordinanza contingibile ed urgente, in quanto nel caso di specie, doveva farsi applicazione dell’art. 217 del R.D. 1265/1934 in relazione agli artt. 13 e 32 della legge 833/1078, e solo in ipotesi di inottemperanza attivare il potere contingibile ed urgente;

3) Carenza di motivazione;

4) Violazione dell’iter amministrativo e, in particolare degli artt. 3 e 7 della legge 241/90, per omessa comunicazione di avvio del procedimento.

Il ricorrente conclude chiedendo l’annullamento dei provvedimenti impugnati, previa sospensione degli effetti.

L’Avvocatura Distrettuale si è costituita per la Prefettura, con memoria di rito, per chiedere il rigetto del ricorso ove non ritenuto inammissibile.

Con ordinanza n. 448/98 del 23/4/98 il Tribunale ha respinto la richiesta misura cautelare.

Pendente il gravame, il Sig. F P è deceduto ed il ricorso è stato riassunto dalla sig.ra P E in qualità di unica erede.

Con atto depositato il 23 settembre 2010 la Prefettura ha prodotto l’ordinanza n. 16/98 del 6 aprile 1998 con la quale il Sindaco di Cirò ha revocato la gravata ordinanza di chiusura temporanea della struttura alberghiera a seguito dell’esito positivo degli accertamenti eseguiti sulle acque di scarico e datati 25/3/1998.

Alla pubblica udienza del 5 novembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo di ricorso si deduce l’eccesso di potere per difetto dei presupposti per l’adozione dell’ordinanza contingibile ed urgente di chiusura temporanea della struttura alberghiera per mancanza del pericolo di danno in quanto il campione d’acqua che avrebbe rivelato il superamento dei limiti consentiti delle sostanze inquinanti, sarebbe stato prelevato nella vasca del depuratore che, oltre a non scaricare nella pubblica fogna, viene periodicamente svuotata da autospurgo.

Il motivo è infondato.

Si legge negli atti che il prelievo è avvenuto nel pozzo assorbente non a tenuta, e non in una vasca stagna.

Il fatto che la relazione tecnica della ditta fornitrice dell’impianto preveda, ma solo come una delle alternative, l’evacuazione periodica tramite auto spurgo, non sembra circostanza decisiva per escludere il pericolo di inquinamento.

Né è data prova di aver eseguito tale operazione di autospurgo in epoca precedente al prelievo.

La previsione di tale procedura nella relazione tecnica, inoltre, non costituisce prova della circostanza che le acque nello scarico non avessero superato il livello consentito di sostanze inquinanti nel pozzo di assorbimento e nulla dice neanche in ordine alla possibilità che acque di rifiuto, non conformi ai parametri indicati nella normativa regionale (tabella 2 allegata alla Legge Regionale n. 10/1997), possano infiltrarsi nel suolo inquinandolo.

A ciò si aggiunga che è dato incontestato la assenza di allaccio degli scarichi sub judice alla rete fognaria e che, proprio per tale ragione, trattandosi di scarico in vasca non a tenuta le acque contenenti sostanze inquinanti possono essere assorbite direttamente dal suolo.

Con il secondo motivo si deduce l’eccesso di potere per carenza dei presupposti legislativi per l’attivazione del potere di adozione di ordinanza contingibile ed urgente.

La censura non è condivisa dal Collegio.

E’ opinione del Tribunale che tra le ordinanze contingibili e urgenti in materia di sanità pubblica che il Sindaco può emettere rientrano anche i provvedimenti urgenti a tutela della salute pubblica, quando questa sia minacciata da fenomeni di inquinamento ambientale provocati da rifiuti, emissioni inquinanti nell'aria e scarichi inquinanti (Cfr. CdS Sez. V 5492/2009, che riforma Tar Calabria Sez. I 1009/2007, CdS V 6253/07, Tar Napoli Sez. III, 2616/2001, Cons. Stato, IV Sez., 18 gennaio 1997 n. 22, in Cons. Stato 1997, I, 27, Tar Sicilia, Palermo, Sez. I 1354/96).

L’ordinanza gravata risulta, infatti, adottata, ai sensi dell’art. 38 legge 833/78, a seguito di un sopralluogo degli Ispettori di igiene della Azienda Sanitaria e dell’accertamento, mediante analisi chimiche dei campioni prelevati, dello scarico nel suolo, attraverso il pozzo di assorbimento non a tenuta, di acque inquinanti in quanto non rientranti nei limiti di accettabilità previsti a monte sia dal legislatore nazionale (vedi Tabella allegata alla legge 319/76) che dall’amministrazione regionale e indicati nella Tabella 2 della legge regionale 10/1997.

Ai sensi dell’art. 5 della legge regionale 10/1997 i Comuni nella loro attività di controllo si avvalgono istituzionalmente dei presidi multizonali di prevenzione e dei competenti servizi delle Unità sanitarie locali.

A fronte dell’accertamento del superamento dei limiti di accettabilità degli scarichi da parte del presidio competente, il Sindaco, ai sensi dell’art. 32 della legge 833/78, al fine di prevenire danni ulteriori, non poteva che disporre la chiusura temporanea della struttura alberghiera fino alla eliminazione di tutti gli inconvenienti igienici riscontrati nel verbale di sopralluogo.

Nel procedimento che ha portato alla temporanea chiusura della struttura il referto, prot. n. 1746 del 1° settembre 1997, contenente i risultati dell’analisi chimica effettuata, assume il carattere di proposta vincolante, data la discrezionalità tecnica di cui la USL è dotata nell'apprezzare la qualità dell'acqua proveniente dagli scarichi, a fronte della quale il comportamento del Comune, esternatosi nell'ordinanza gravata, assume carattere necessitato (Così CdS V 6253/07) .

Sull’urgenza non possono esservi dubbi, atteso che lasciare aperta la struttura avrebbe inevitabilmente aggravato il danno, né il provvedimento aveva la pretesa di sconfinare in uno stabile assetto della situazione avendo chiaramente condizionato la perdita di efficacia della disposta chiusura all’attività di eliminazione degli inconvenienti, attività certamente nella piena disponibilità del ricorrente.

La chiusura in simile ipotesi si presenta come la cautela più opportuna ad evitare il nocumento alla salute, tanto più che si tratta di misura straordinaria e temporanea.

Infondate si presentano anche le ultime due censure con le quali si deduce la carenza di motivazione e la mancata partecipazione al procedimento.

Nel provvedimento si legge chiaramente quali siano i parametri risultati non conformi alla normativa, circostanza questa che, oltre ad integrare la motivazione in ordine al pericolo di danno per il carattere inquinante dello scarico in oggetto, doveva consentire al ricorrente di rimuovere l’inconveniente e poter riaprire la struttura.

In ordine, poi, alla mancata comunicazione di avvio del procedimento, quest’ultima non è prescritta nelle ipotesi, quale quella sub judice, in cui vi sia una accertata necessità di provvedere in via di urgenza (v. ex multis CdS I, 2241/2008).

Risulta poi dagli atti che il prelievo del campione è avvenuto alla presenza del figlio del ricorrente ed, in ogni caso, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 248 del 18 luglio 1983, con la quale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 15 L. 10 maggio 1976 n. 319 nella parte in cui non prevede la possibilità di partecipazione dell'interessato alla esecuzione di analisi di campioni di scarichi, ha anche affermato che il mancato preavviso del prelievo dei campioni delle acque inquinate, ai fini degli esami dei laboratori di igiene e profilassi, è giustificato dalla necessità che il titolare dello scarico non sia informato del momento in cui vengono effettuati i prelievi per evitare che esso possa apportare modifiche agli scarichi e fare quindi sparire ogni traccia delle irregolarità.

Alla luce delle sopra esposte osservazioni, il provvedimento del Sindaco di chiusura provvisoria della struttura alberghiera appare scevro dalle dedotte censure, con conseguente rigetto del ricorso.

Tenuto conto dell’attività processuale svolta dalle parti costituite appare equo compensare le spese di giudizio.

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