TAR Catania, sez. IV, sentenza 2017-07-12, n. 201701750

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. IV, sentenza 2017-07-12, n. 201701750
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201701750
Data del deposito : 12 luglio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/07/2017

N. 01750/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00601/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 601 del 2016, proposto da:
M H, rappresentato e difeso dall’Avvocato Piero Sabellini, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del T.A.R. di Catania, in Catania, Via Milano 42/a;

contro

Ministero dell’Interno (Questura di Ragusa), in persona del Ministro, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria in Catania, Via Vecchia Ognina 149;

per l’annullamento

del provvedimento della Questura di Ragusa cat.A.11/Imm./Div.P.A.S.Prot. n. 99/15 in data 20 gennaio 2015, con cui è stata rigettata l’istanza del ricorrente volta ad ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno.

Visti tutti gli atti e i documenti di causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 giugno 2017 il dott. Daniele Burzichelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Con il presente gravame il ricorrente ha impugnato il provvedimento della Questura di Ragusa cat.A.11/Imm./Div.P.A.S.Prot. n. 99/15 in data 20 gennaio 2015, con cui è stata rigettata la sua istanza di rinnovo del permesso di soggiorno in data 1 luglio 2013.

Il ricorrente ha premesso di avere svolto regolare ed ininterrotta attività lavorativa sino al 31 dicembre 2012 e di essere stato successivamente colpito da gravi patologie che avevano determinato uno stato invalidante.

Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) l’Amministrazione ha adottato il provvedimento negativo senza inviare all’interessato la prescritta comunicazione di avvio del procedimento e dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda, venendo in rilievo nella specie l’adozione di un “contrarius actus” con obbligo di instaurazione del contraddittorio e necessità della sussistenza di un interesse pubblico attuale al ritiro del precedente provvedimento favorevole;
b) il provvedimento non è adeguatamente motivato e non tiene conto del fatto che nell’anno 2012 il ricorrente ha goduto di redditi sufficienti a determinare l’accoglimento dell’istanza;
c) ai sensi dell’art. 8, primo comma, della Convenzione O.I.L. sui Diritti del Lavoratore Migrante, questi non può essere rinviato nel suo territorio di origine quando a causa di malattia o di infortunio si trovi nell’impossibilità di esercitare il proprio mestiere e a condizione che la malattia o l’infortunio sia sopravvenuto dopo il suo arrivo;
d) l’Amministrazione ha omesso di tradurre il provvedimento in una lingua conosciuta all’interessato, ovvero in inglese, spagnolo o francese, in violazione dell’art. 2, sesto comma, del decreto legislativo n. 286/1998;
e) in ogni caso, il ricorrente avrebbe avuto diritto di conseguire un permesso di soggiorno per attesa occupazione della durata di un anno.

Il Tribunale, all’esito di due ordinanze istruttorie non eseguite dall’Amministrazione intimata, ha disposto in sede cautelare la sospensione del provvedimento impugnato.

Con relazione in data 3 marzo 2017, la Questura di Ragusa ha rappresentato quanto segue: a) la richiesta di rinnovo si fondava su una comunicazione Unilav inoltrata dalla ditta Terranova Vincenzo, che dichiarava di assumere il ricorrente dal 30 ottobre 2012 al 31 ottobre 2013;
b) come risultava da una nuova comunicazione Unilav, inoltrata in data 2 gennaio 2013, il rapporto di lavoro era cessato in data 31 dicembre 2012;
c) in base ai dati dell’I.N.P.S. non risultavano giornate lavorative a far data dal 2010 (in particolare, quanto agli anni 2011 e 2012 si registrava “infortunio/malattia”, ma non si rilevavano somme di denaro versate dall’I.N.A.I.L. o dall’I.N.P.S.);
d) il ricorrente non risultava percepire pensione o assegno sociale a fronte dell’asserita invalidità del 75% che gli sarebbe stata riconosciuta dalla Commissione (circostanza, peraltro, mai documentata in sede procedimentale);
e) situazione analoga si riscontrava presso l’Agenzia delle Entrate;
f) negli anni 2011, 2012 e 2013 il ricorrente era stato quasi sempre assente dal territorio nazionale.

Il ricorrente, dal suo canto, ha prodotto un verbale di accertamento dell’invalidità civile in data 4 novembre 2015 in cui viene riconosciuta un’invalidità del 75% della capacità lavorativa.

Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.

Ad avviso del Collegio, il ricorso è infondato.

Deve, infatti, osservarsi che, a seguito della presentazione di istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, l’Amministrazione è chiamata a svolgere una valutazione finalizzata all’accertamento dell’effettivo inserimento dell’interessato nella comunità nazionale.

Occorre, quindi, che il richiedente sia effettivamente soggiornante nel territorio nazionale, costituendo tale requisito un presupposto necessario e pregiudiziale rispetto alle successive verifiche condotte alla stregua dei criteri indicati dal decreto legislativo n. 286/1998.

Nel caso in esame, come riferito dall’Amministrazione e non specificamente contestato da parte del ricorrente, risulta che l’interessato, al momento della formulazione dell’istanza di rinnovo (1 luglio 2013), non era effettivamente soggiornante nel territorio nazionale, In particolare, oltre a quanto riferito dall’Amministrazione con riferimento agli anni 2011 e 2012, risulta che il ricorrente in data 3 febbraio 2013 è uscito dall’Italia per farvi ritorno in data 16 giugno 2013, in data 6 luglio 2013 è uscito nuovamente dall’Italia per farvi ritorno in data 30 agosto 2013 e in data 12 ottobre 2013 è nuovamente uscito dall’Italia per farvi ritorno in data 21 febbraio 2014.

Appare, quindi, insussistente, nella fattispecie in esame, il necessario e preliminare requisito dell’effettiva permanenza dell’interessato sul territorio nazionale.

Alla luce di tale circostanza e del conseguente contenuto vincolato del provvedimento di rigetto adottato dall’Amministrazione, non può attribuirsi rilievo alla censura con cui il ricorrente ha lamentato che la Questura abbia adottato il provvedimento negativo senza inviare all’interessato la prescritta comunicazione di avvio del procedimento e dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda.

Ciò in quanto, ai sensi dell’art. 21-octies, secondo comma, della legge n. 241/1990, non è annullabile il provvedimento adottato in violazione delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata dell’atto, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Al riguardo è anche opportuno osservare che, a differenza di quanto affermato dal ricorrente, il diniego sull’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno non costituisce un “contrarius actus” rispetto all’originario provvedimento favorevole, dovendo l’Amministrazione procedere, in ragione dell’intervenuta scadenza del termine di efficacia del primo atto, alla valutazione di nuove ed attuali circostanze che non incidono sul permesso di soggiorno in precedenza rilasciato, ma disciplinano per il futuro la situazione del soggetto interessato.

Per identiche considerazioni vanno rigettate anche le ulteriori censure, atteso che: a) l’art. 8, primo comma, della Convenzione O.I.L. sui Diritti del Lavoratore Migrante non può assumere rilievo nella specie, in quanto l’interessato non si trovava a soggiornare stabilmente sul territorio italiano;
b) in disparte ulteriori rilievi, al ricorrente non avrebbe potuto essere concesso il permesso di permesso di soggiorno per attesa occupazione in quanto egli non era stabilmente soggiornante sul territorio italiano.

Va, infine, osservato che la mancata traduzione del provvedimento in una lingua conosciuta all’interessato, ovvero in inglese, spagnolo o francese, costituisce una mera irregolarità che può unicamente consentire la rimessione in termini in caso di ritardata impugnazione del provvedimento (T.A.R. Lazio, Sede di Roma, II, n. 12811/2014, T.A.R. Lecce, II, n. 1180/2014;
T.A.R. Torino, II, n. 1421/2009) e ciò a prescindere dalla circostanza che nella specie l’interessato ha dimostrato di avere perfettamente inteso il contenuto delle determinazioni assunte dall’Amministrazione

In conclusione, il ricorso va rigettato, mentre, tenuto conto della peculiarità della materia, le spese di lite possono essere eccezionalmente compensate.

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