TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2019-07-15, n. 201903885

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2019-07-15, n. 201903885
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201903885
Data del deposito : 15 luglio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/07/2019

N. 03885/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01755/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1755 del 2013, proposto da
M C S, rappresentata e difesa dall’avvocato A L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Napoli alla via Ponte di Tappia n. 47;

contro

Ministero per i Beni e le Attività culturali - Soprintendenza speciale per il Patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Napoli, Agenzia del Demanio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Napoli alla via A. Diaz n. 11;

per l’annullamento

dell’ordinanza della Soprintendenza speciale per il Patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Napoli n. 591 del 29 gennaio 2013, di rilascio dell’immobile di proprietà demaniale, nel quale risiede la ricorrente;

di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, ivi compresi, se e per quanto occorra, il verbale del 2 luglio 2010 prot. 2010/10188 FCAM/PA con il quale l’Agenzia del Demanio ha consegnato l’immobile al Ministero per i Beni e le Attività culturali, il parere reso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli in data 28 dicembre 2012, mai conosciuto, nonché la nota n. 6016 del 10 settembre 2012 di comunicazione di avvio del procedimento di rilascio;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività culturali - Soprintendenza speciale per il Patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Napoli e dell’Agenzia del Demanio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 maggio 2019 la dott.ssa Valeria Ianniello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;


FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio riguarda un’unità immobiliare, composta da cinque vani e accessori, sita in Napoli alla via G. Piscicelli n. 1/M, al secondo piano dello stabile denominato “Palazzina Rothschild”, facente parte del complesso “Villa Pignatelli” – dichiarato d’interesse particolarmente importante ai sensi della legge n. 364/1909 e poi della legge n. 1089/1939 – occupata dalla sig.ra M C S, figlia del sig. C S, in origine assegnatario dell’alloggio e deceduto nel 2008.

Con decreto del 27 luglio 1950, il Ministro della Pubblica istruzione:

- visto l’art. 71, legge n. 1089/1939 sulla tutela delle cose d’interesse artistico e storico;

- ritenuto che « il Palazzo Monteleone-Pignatelli con parco accessori dipendenze - Riviera di Chiaia, 200 », in Napoli, frazione di Chiaia, segnato in catasto ai numeri 139,140,138,137,128,129 foglio 14, di proprietà di A A P C, « conserva tutt’ora, ai sensi della citata legge, l’interesse particolarmente importante già notificato al proprietario in data 24/3/1923 ai sensi della legge 20 giugno 1909, n. 364 e del regolamento esecutivo approvato con R.D. 30 gennaio 1913 n. 363 »;

ha « confermato l’interesse particolarmente importante, ai sensi della legge 1 giugno 1939, n. 1089, e per i motivi sopra indicati, dell’immobile sopradescritto, il quale, pertanto rimane sottoposto a tutte le disposizioni di tutela contenute nella legge stessa » e disposto che « a cura del competente Soprintendente alle opere d’arte [la dichiarazione] verrà quindi trascritta presso la Conservatoria dei registri immobiliari ed avrà efficacia in confronto di ogni successivo proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo ».

2. Successivamente all’apposizione del vincolo, il complesso monumentale denominato “Villa Pignatelli - Museo Pignatelli” è pervenuto in proprietà dello Stato, iscritto nell’inventario descrittivo dei beni appartenenti al Demanio storico-artistico con l’identificativo NAD0039: in parte per legato, da parte della signora R F vedova A P C alla sua morte avvenuta nel 1955, della quota di proprietà della stessa « del complesso immobiliare costituente la villa sita in Napoli alla Riviera di Chiaia n. 200, complesso formato dal fabbricato principale costituente la villa propriamente detta, dal parco annesso, dal fabbricato diruto più piccolo ad ovest del fabbricato principale, dal fabbricato (piano terreno ammezzato e due piani superiori) con ingresso dal Vico 1° S. Maria in Portico n. 1/M, da due piccoli fabbricati all’ingresso della Riviera di Chiaia, di cui uno adibito a portineria e l’altro a Cappella, da altri piccoli accessori;
il tutto … riportato nel catasto fabbricati del Comune di Napoli alla partita 18138, mappali 1105/14/127;
1127/16/138;
1128/14/139;
1129/14/139, 2783/14/347, 1126/14/136)
» (come riportato nel successivo “atto di permuta e transazione” del 3 aprile 1958);
in parte per atto di permuta e transazione, stipulato tra lo Stato e la signora Anna Maria A P C (erede della signora R F) in data 3 aprile 1958.

Con verbale del 12 luglio 1958, il Demanio dello Stato provvedeva alla consegna del complesso demaniale di “Villa Pignatelli” alla Soprintendenza alle Gallerie ed Opere d’Arte di Napoli e Campania (cui è successivamente subentrata la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale napoletano).

3. In data 11 novembre 1974, l’Intendenza di Finanza ha stipulato con il sig. C S l’atto di concessione rep. n. 12061, che stabiliva la durata della concessione medesima dal 12 novembre 1974 al 30 giugno 1975;
tale concessione risulta rinnovata nel 1989 con atto n. 15008, per la durata (prevista dall’art. 2) di anni uno a decorrere dal 29 luglio 1989 e fino al 28 luglio 1990;
successivamente – secondo quanto riportato dalla Soprintendenza nella nota n. 6016/2012 – si sarebbe « verificata una proroga fino al 31/12/1996 da parte dell’ufficio Registro Bollo e Demanio di Napoli con nota 2164 con la quale si chiedeva il rilascio dell’alloggio occupato entro il termine di trenta giorni ».

4. Con « ordinanza congiunta di sfratto » n. 2613 dell’11 febbraio 2005, l’Agenzia del Demanio - Filiale Campania - Sede di Napoli e la Soprintendenza speciale per il Polo Museale napoletano:

a) premesso che:

- « il signor S C occupa un alloggio demaniale in Napoli, alla [via] Giacomo Piscicelli n. 1/M;

- « l’alloggio fa parte del complesso museale denominato “Villa Pignatelli” »;

- « detto alloggio occorre per le prospettate esigenza della … Soprintendenza, usuaria del complesso monumentale »;

b) « considerata la natura giuridica dell’immobile che è quella di Demanio Pubblico, ramo artistico-storico-archeologico »;

c) « considerato che l’Agenzia del Demanio ha già formalizzato tale formale diffida al rilascio dell’alloggio nei confronti del signor S C in data 29/07/2004 »;

hanno ordinato al signor C S, ai sensi degli artt. 823, co. 2, e 826, co. 3, cod. civ., il rilascio dell’alloggio occupato, nel termine di trenta giorni.

L’ordinanza è stata impugnata dinanzi a questo Tribunale, che, con sentenza n. 6217/2007, nel respingere il ricorso, ha affermato: il carattere abusivo dell’occupazione in quanto ormai priva di titolo;
il corretto esercizio da parte dell’Amministrazione del potere di agire in via amministrativa ai sensi dell’art. 823, co. 2, cod. civ.;
il carattere vincolato dell’ordine di rilascio, adeguatamente giustificato dalla perdurante occupazione sine titulo del bene demaniale.

La sentenza è stata confermata dal Consiglio di Stato, il quale ha ribadito che successivamente al collocamento in quiescenza del sig. S, « la conduzione dell’immobile è avvenuta sine titulo e quindi in maniera abusiva (malgrado l’Amministrazione abbia tenuto nella più benevola considerazione l’appellante, senza prontamente attivare il procedimento volto alla liberazione dell’alloggio) »;
che « la vicenda in esame verte in un ambito del tutto diverso da quello dell’esecuzione di un contratto di locazione, concernendo l’occupazione abusiva di un bene demaniale, per il rilascio del quale l’amministrazione può legittimamente applicare le procedure di cui all’art. 823 del cod. civ. »;
e che « l’interesse pubblico è in re ipsa, consistendo nell’esigenza di rientrare in possesso di un bene demaniale ormai detenuto da tempo senza titolo » (sez. VI, sent. n. 1839/2012).

5. Con il “verbale di ripresa in consegna e di consegna”, prot. n. 2010/10188/FCAM/PA del 2 luglio 2010, avente ad oggetto « immobili ad uso governativo “Complesso monumentale Villa Pignatelli” NAD0039 … di proprietà dello Stato, da adibire per i fini istituzionali del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza Speciale per il Polo Museale napoletano », l’Agenzia del Demanio - Filiale Campania:

a) premesso che:

- « il Mibac utilizza la maggiore consistenza del complesso monumentale demaniale sito in Napoli alla Riviera di Chiaia denominato “Villa Pignatelli - Museo Pignatelli”, composto dal prestigioso omonimo Museo oltre altri fabbricati ed annesso parco, iscritto nell’inventario descrittivo dei beni appartenenti al Demanio Storico Artistico con l’identificativo NAD0039 »;

- « il complesso è costituto: da un fabbricato denominato Museo Pignatelli che si eleva per due piani fuori terra oltre piano interrato, adibito spazi museale;
da un fabbricato denominato “Palazzina Rotshield” che si eleva per quattro piani fuori terra e che per la maggiore consistenza è adibita ad uso residenziale in uso a privati, con l’eccezione delle consistenze ubicate al piano terra in uso al Mibac per depositi ed una porzione del Museo delle Carrozze, ed una ulteriore porzione ubicata al primo piano … all’attualità non utilizzata ed allo stato grezzo;
da un corpo di fabbrica denominato Museo delle Carrozze (Fabbricato A);
… da un corpo di fabbrica denominato Palazzina uffici (Fabbricato B)
…»;

- « a seguito della variazione delle originali consistenze e della necessità di ridefinire la competenza del Mibac anche sulle minori consistenze in uso sino ad ora a privati ed ad altre pubbliche amministrazioni, la Superiore Direzione Area Operativa dell’Agenzia del Demanio ha manifestato alla Filiale Campania l’opportunità di procedere alla dismissione di tutte le porzioni già consegnate all’ora Soprintendenza alle Gallerie ed Opere d’Arte di Napoli e Campania, con contestuale sottoscrizione di nuovo verbale di consegna al Mibac, e per esso alla competente Soprintendenza Speciale per il Polo Museale napoletano »;

b) rilevato che « la gestione del bene culturale demaniale (art. 53 del D.Lgs n. 42/2004 e cioè appartenente allo Stato, alle Regioni ed agli altri Enti Pubblici Territoriali) implica l’esercizio di una pubblica funzione che deve essere esercitata esclusivamente dal Mibac ai sensi dell’art. 4 del Codice dei Beni Culturali, il quale conferisce la tutela anche per i beni non in consegna »;

c) visto « l’art. 106 del T.U. sui Beni Culturali ai sensi del quale l’uso particolare dei beni culturali è subordinato comunque e sempre “all’autorizzazione del Mibac, rilasciata a condizione che il conferimento garantisca la conservazione e la fruizione pubblica del bene e sia assicurata la compatibilità della destinazione d’uso con il carattere storico-artistico del bene medesimo” »;

d) ritenuto che « essendo il Mibac deputato a valutare gli usi e le finalità compatibili con la destinazione culturale dei beni di demanio storico artistico, nell’ipotesi di immobili in consegna al Mibac con utilizzi diversi all’interno degli stessi, laddove il Mibac sia consegnatario della maggiore porzione di un immobile a scapito di una parte inutilizzata, è necessario che assuma in consegna l’intero compendio in modo da garantire l’unitarietà degli stessi »;

ha ripreso in consegna dalla Soprintendenza Speciale per il Polo Museale napoletano le consistenze di cui al citato verbale di consegna del 12 luglio 1958, e, contestualmente, ha consegnato alla medesima Soprintendenza il compendio demaniale denominato “Villa Pignatelli”, consistente nel « Complesso monumentale con annesso parco, con tutti i corpi di fabbrica insistenti … censito al N.C.E.U. del comune di Napoli alla sezione Chiaia, foglio 14, p.lle 127, 135, 138, 139, 140, 142 e comprende [nte] ulteriori 2 fabbricati non individuati catastalmente …» (NAD0039), precisando che « tutti gli usi temporanei da parte di terzi non rientranti nell’assegnazione in uso governativo, compresi gli eventuali contratti uso abitativo con cui la Soprintendenza voglia regolarizzare i titoli scaduto o i sine titulo … saranno gestiti direttamente dalla Soprintendenza Speciale per il polo Museale napoletano a decorrere dal 01/08/2010, nelle forme e con le modalità previste all’uopo dalla normativa cui tale Ministero è assoggettato ».

Dall’allegato 3 del predetto verbale, risulta che il sig. C S occupava l’immobile senza contratto (ancorché in regola con i pagamenti dell’originario canone « a tutto il 31/05/2010 ») dal 10 novembre 1970, che questi è deceduto il 4 dicembre 2008 e che « l’appartamento è occupato attualmente dalla vedova con il proprio nucleo familiare ».

6. Con nota prot. n. 2010/10568/FCAM/PA del 12 luglio 2010, l’Agenzia del Demanio - Filiale Campania ha comunicato agli “Eredi S C”:

- di aver sottoscritto il verbale di consegna degli alloggi siti nel complesso demaniale di Villa Pignatelli in uso governativo alla Soprintendenza speciale per il Polo Museale napoletano;

- che a far data dal 1° agosto 2010 la Soprintendenza ha la competenza esclusiva della gestione dei contratti di uso abitativo in essere;

- che l’Agenzia del Demanio provvederà al recupero dei canoni e delle indennità di occupazione eventualmente dovuti fino a tale data.

7. A seguito di tale “consegna”, la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale napoletano ha inviato alla sig.ra M C S la comunicazione di avvio del procedimento di rilascio dell’immobile ai sensi dell’art. 823, co. 2, cod. civ., con nota n. 6016 del 10 settembre 2012.

8. Con l’impugnato provvedimento n. 591 del 29 gennaio 2013, la stessa Soprintendenza ha ordinato alla sig.ra M C S « di liberare da cose, persone ed impianti l’immobile di proprietà demaniale/patrimonio indisponibile, denominato Palazzina Rotschild in Via Giacomo Piscicelli 1/M , … entro il termine di 120 giorni decorrenti dalla notifica del presente provvedimento riconsegnando tale bene alla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Napoli », avendo ritenuto che:

a) « vertendosi in materia di uso a titolo abitativo di beni demaniali, pare insuperabile il rilievo dell’assenza di un formale titolo concessorio (concessione-contratto) a favore della sig.ra S », la quale « occupa abusivamente l’immobile de quo in quanto figlia del sig. C S originario titolare della concessione abitativa, scaduta e mai rinnovata »;

b) « la sig.ra S occupa pertanto l’alloggio in questione sine titulo ed in virtù di atti di mera tolleranza dell’Amministrazione;
né, del resto, il pagamento del canone potrebbe assumere rilievo dirimente, in quanto l’avvenuta percezione del “canone” trova fondamento nel principio generale secondo cui l’occupante sine titulo deve comunque tenere indenne il proprietario del bene per il danno derivante dal mancato rilascio
»;

c) « venuto meno il precedente rapporto concessorio, l’immobile andava restituito … e la riassegnazione in concessione ad uso abitativo presuppone: … l’accertamento in ordine alla insussistenza dell’esigenza dell’Amministrazione di destinare l’immobile ad altre funzioni istituzionali;
quindi, lo svolgimento di una procedura comparativa tra tutti i soggetti eventualmente interessati alla disponibilità dell’alloggio, non sussistendo alcun diritto poziore della sig.ra S derivante dalla qualità di erede del precedente concessionario
»;

d) « trattandosi di immobile detenuto senza titolo concessorio, l’Amministrazione è tenuta al recupero dell’alloggio indipendentemente dalla sussistenza di un interesse precipuo ad una diversa destinazione d’uso », sicché non è configurabile alcun obbligo di motivazione specifica circa la futura destinazione d’uso dell’immobile, « prescritto per il solo caso di esercizio del potere di revoca in corso di concessione » ovvero « di un legittimo affidamento del privato da tutelare, nel caso di specie insussistente a fronte dell’abusività dell’occupazione ».

9. Avverso tale determinazione, la ricorrente muove diverse censure, sostenendo: l’insussistenza in capo alla Soprintendenza del potere di autotutela demaniale, mediante l’adozione dell’ordinanza di rilascio, che spetterebbe invece all’Agenza del Demanio, cui l’art. 65 del d.lgs. n. 300/1999 attribuisce l’amministrazione dei beni immobili dello Stato;
la violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi, per l’inesistenza di una norma attributiva all’Amministrazione dei beni culturali di poteri di autotutela demaniale;
la mancanza della effettiva destinazione pubblica del bene, da cui deriverebbe l’appartenenza del bene al patrimonio disponibile dello Stato e l’inapplicabilità degli strumenti della c.d. autotutela demaniale;
l’avvenuto rinnovo per facta concludentia del titolo di godimento dell’immobile, da qualificarsi come rapporto di locazione, mai disdetto;
il difetto di motivazione del provvedimento impugnato e la lesione del legittimo affidamento della ricorrente.

10. La Soprintendenza, con memoria del 7 dicembre 2018, ha eccepito l’inammissibilità del presente ricorso, « quantomeno relativamente ai profili principali di impugnativa, già affrontati e risolti in senso favorevole all’Amministrazione » con la richiamata sentenza n. 6217/2007, dotata di forza di giudicato.

Il Collegio ritiene di potersi esimere dall’esame di tale eccezione – cui la ricorrente oppone l’intervenuta adozione di un nuovo provvedimento, da parte della Soprintendenza anziché del Demanio, avente presupposti in parte diversi e diverso destinatario – in ragione della infondatezza del ricorso.

11. In primo luogo, devono richiamarsi:

- l’art 822, co. 2, cod. civ., secondo il quale « fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, … gli immobili riconosciuti d’interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia;
le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche
…»;

- l’art. 53 del d.lgs. n. 42/2004, secondo il quale « i beni culturali appartenenti allo Stato, alle regioni e agli altri enti pubblici territoriali che rientrino nelle tipologie indicate all’articolo 822 del codice civile costituiscono il demanio culturale »;
« i beni del demanio culturale non possono essere alienati, né formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei limiti e con le modalità previsti dal presente codice ».

Ciò premesso, il Collegio rileva che non può trovare accoglimento la tesi di parte, che vorrebbe veder considerati Villa Pignatelli e la Palazzina Rothschild (ancorché attigui) come immobili distinti e autonomi, adibiti a finalità diverse: museale il primo, alloggiativa la seconda.

Sul punto, il Consiglio di Stato ha chiaramente affermato che non si può « ragionevolmente affermare che un compendio, … possa essere oggetto di vincolo “per singole parti” », atteso che per definizione ricadono sotto il vincolo « tutte le strutture e gli spazi, murati o meno, che concorrevano ad integrare - in continuità tra loro - la fisionomia complessiva » del bene costituente rilevante testimonianza storico-artistica (sez. IV, sent. n. 5549/2018).

Oggetto del vincolo non sono dunque “singoli immobili”, strutturalmente frazionabili dal resto, ma, inevitabilmente, l’intero complesso unitariamente considerato, il quale proprio in quanto unicum – non frazionabile sotto questo profilo – assume interesse storico-artistico.

Tale conclusione è sorretta dalle vicende, come sopra ricostruite, che storicamente hanno interessato l’intero complesso, il quale – fin dall’apposizione del vincolo e poi in sede di trasferimento allo Stato – è sempre stato oggetto di unitaria considerazione. Di ciò è altresì prova il fatto che il Demanio abbia ritenuto necessario garantire per il “Complesso monumentale Villa Pignatelli” una gestione unitaria e coerente con le finalità di tutela, attraverso la “ripresa in consegna” e “consegna” di tutti i beni che lo compongono all’Amministrazione preposta al vincolo, in data 2 luglio 2010.

12. La natura demaniale della Palazzina Rothschild non può essere superata neanche in ragione della destinazione asseritamente “non a servizio pubblico” impressa all’immobile.

In disparte l’invocata esistenza di due precedenti (e coeve) sentenze del Consiglio di Stato – con le quali si è ritenuta l’appartenenza del bene al patrimonio disponibile dell’Amministrazione, in ragione della utilizzazione dello stesso come bene economico (sez. VI, sent. n. 4553 e sent. n. 4554/2015) – dalle quali la Sezione ha già in precedenza ritenuto di doversi discostare, ciò che rileva in questa sede è il fatto che lo stesso Consiglio di Stato, nella ridetta sent. n. 1839/2012, ha già affermato la natura demaniale del bene oggetto del presente giudizio e la conseguente applicabilità, ai fini del rilascio dello stesso, delle procedure di cui all’art. 823 del cod. civ.

In ogni caso, giova rilevare che la palazzina è stata – significativamente – oggetto, in favore del sig. C S non di un contratto di locazione bensì di un provvedimento di “concessione amministrativa di alloggio”, di durata prestabilita e insuscettibile di rinnovo tacito. La concessione alloggiativa costituisce un uso non solo compatibile, ma perfino strumentale alla destinazione pubblicistica del complesso museale. Sicché giammai tale utilizzo, ancorché produttivo di un’entrata per lo Stato, potrebbe determinare la sdemanializzazione del bene.

Proprio la connessione funzionale tra la concessione del bene a fini alloggiativi e lo svolgimento del rapporto di servizio fa sì che la cessazione di questo determini – per l’indirizzo giurisprudenziale espresso dalla Sezione – la decadenza della concessione demaniale « in base al principio simul stabunt, simul cadent, a nulla rilevando che l’assegnatario … sia stato successivamente lasciato sine die nella disponibilità di fatto dell’alloggio » (sent. n. 3045/2013;
in termini, T.A.R. Lazio Roma, III, sent. n. 768/2010).

Non solo, dunque, non c’è contraddittorietà tra la demanialità del bene e la concessione dello stesso in uso a privati verso la prestazione di un canone, ma anzi la concessione in uso a terzi costituisce un modo tipico di esercizio da parte dell’Amministrazione del possesso di un bene demaniale, « il regime di concessione costituendo uno dei modi fisiologici alternativi d’uso indiretto e di disposizione dei beni pubblici da parte dell’Ente titolare » (cfr. Cass. civ., II, sent. n. 9682/2014 e sent. n. 14917/2001).

Per le medesime ragioni, giammai si potrebbe parlare, in questa fattispecie, di “sdemanializzazione tacita”, non ricorrendo affatto « comportamenti inequivoci dell’ente proprietario, incompatibili con la volontà di conservare il bene all’uso pubblico, tali da non potere essere desunti dalla sola circostanza che un bene non sia più adibito anche da lungo tempo ad uso pubblico » (Cons. di Stato, V, sent. n. 3273/2016;
in termini, Cass. civ., II, sent. n. 4827/2016).

Nel caso in esame, sia l’Amministrazione del Demanio sia il Ministero per i Beni e le Attività culturali – lungi dal porre in essere comportamenti contraddittori rispetto all’uso pubblico del bene per il quale è causa – hanno costantemente rappresentato, attraverso tutti gli atti e le sollecitazioni rivolti agli occupanti dell’immobile, l’intento di farne cessare l’abusiva occupazione da parte dell’odierna ricorrente e di recuperarlo alla destinazione pubblica.

Come già affermato da questa Sezione, « non si vede come possa essere prospettata una sdemanializzazione, per di più tacitamente e indipendentemente da un formale atto di sclassificazione, quale conseguenza della asserita ed apodittica cessazione della destinazione del bene al pubblico servizio, in presenza, viceversa, di atti da cui si evince con chiarezza la volontà di conservare e riaffermare quella destinazione » (T.A.R. Napoli, VII, sent. 910/2017, confermata dal Cons. di Stato, V, con sent. n. 4543/2018).

Nessun rilievo, in relazione alla natura del bene, può infine assumere l’allegata diversa categoria catastale della Palazzina Rothschild (A/4 Abitazioni di tipo popolare) rispetto alla Villa Pignatelli: la destinazione della Palazzina Rothschild è compatibile con l’uso alloggiativo che ne è stato fatto, ma non implica la sottrazione del bene all’uso pubblico connesso con la demanialità dello stesso.

Il complesso monumentale di “Villa Pignatelli” è inserito nella consistenza demaniale dello Stato e come tale è stato trasferito dall’Agenzia del Demanio alla competente Soprintendenza;
la valutazione in ordine alla destinazione pubblicistica rimane dunque di stretta pertinenza dell’Amministrazione preposta alla tutela di tali beni. Spetta quindi solo all’Amministrazione stabilire come il cespite possa partecipare alla complessiva gestione, cura e valorizzazione del patrimonio pubblico, senza che possano al riguardo rilevare l’ubicazione, la consistenza ovvero l’accatastamento dell’immobile.

L’interesse pubblico cui l’immobile è destinato deve, infine, considerarsi preminente rispetto a quello privato alla detenzione del bene e giustifica di per sé la liberazione dell’immobile – ormai detenuto sine titulo – in tutte le sue parti.

13. L’acclarata demanialità del bene legittima l’esercizio dell’autotutela possessoria in via amministrativa ex art. 823, co. 2, cod. civ. da parte della Soprintendenza Speciale per il Polo Museale napoletano, in quanto Amministrazione preposta alla tutela del vincolo impresso sul bene.

Come sopra riportato, con verbale di ripresa in consegna e di consegna n. 2010/10188/FCAM/PA del 2 luglio 2010, l’Agenzia del Demanio ha consegnato alla Soprintendenza Speciale per il Polo Museale napoletano il compendio demaniale denominato “Villa Pignatelli”, sul rilievo che « al fine di garantire l’esercizio unitario delle funzioni di tutela [del patrimonio culturale] , ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione, le funzioni stesse sono attribuite al Ministero per i beni e le attività culturali … [il quale] esercita le funzioni di tutela sui beni culturali di appartenenza statale anche se in consegna o in uso ad amministrazioni o soggetti diversi dal Ministero » (art. 4, d.lgs. n. 42/2004).

14. Infondato è altresì il motivo con il quale la ricorrente lamenta il difetto di motivazione del provvedimento impugnato, in ordine alle ragioni dell’intimato rilascio e alla diversa destinazione d’uso pubblico che la Soprintendenza intenda imprimere al bene: « la pubblica amministrazione ha diritto a riottenere l’alloggio demaniale assegnato al dipendente, una volta che si sia maturata la perdita del titolo, atteso che l’assegnazione di detti alloggi viene effettuata essenzialmente per garantire il funzionamento dei servizi, e solo indirettamente per assecondare le esigenze abitative degli interessati” (Tar Toscana, Sez. I, n. 1325/2008). Ne consegue che eventuali vizi formali risultano irrilevanti ai sensi dell’art. 21 octies comma 2 l. n. 241/1990, non potendo il provvedimento avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato » (T.A.R. Napoli, VII, sent. 910/2017, cit.).

In materia, anche il Consiglio di Stato ha affermato che « posto che la motivazione del provvedimento amministrativo consiste nell’esplicitazione delle ragioni di fatto e di diritto che hanno condotto l’Amministrazione ad assumere quella specifica determinazione, non può non evidenziarsi quanto al caso concreto che la impugnata ordinanza di sfratto amministrativo evidenzia più che adeguatamente l’iter logico - giuridico su cui esso si fonda, incentrato sulla non contestata circostanza della assoluta mancanza di titolo idoneo a giustificare la detenzione dell’alloggio di servizio in capo all’appellante… Né era necessaria, proprio per l’assoluta (pacifica) mancanza di un titolo idoneo alla legittima detenzione dell’alloggio di servizio in questione, una specifica motivazione sull’interesse pubblico perseguito per giustificare il predetto provvedimento di sfratto amministrativo (laddove, invece, una specifica motivazione sull’interesse pubblico sarebbe stata necessaria solo per giustificare l’eventuale ulteriore detenzione ovvero la proroga della concessione dell’alloggio di servizio a vantaggio di chi non era più dipendente dell’Anas);
né, per le stesse ragioni già evidenziate, l’impugnato provvedimento di sfratto avrebbe dovuto contenere una qualche giustificazione circa la necessità di riottenere la disponibilità dell’alloggio in questione ai fini di una sua riutilizzazione
» (sez. IV, sent. n. 510/2008;
in termini, Cons. di Stato, V, sent. n. 4543/2018, cit.;
Cons. di Stato, VI, sent. n. 1839/2012, cit.).

La doverosità del provvedimento di recupero del bene alla pubblica disponibilità solleva dunque l’Amministrazione dall’obbligo di puntuale motivazione in ordine a eventuali ragioni – ulteriori rispetto alla mera abusività dell’occupazione – che sorreggano l’azione per il rilascio.

Ciò emerge anche da altre pronunce, sia pure sotto il diverso profilo della partecipazione procedimentale, peraltro garantita nel caso in esame. Come rilevato dall’Amministrazione resistente, infatti, la giurisprudenza ha costantemente affermato che « il provvedimento di rilascio ai sensi dell’art. 823, comma 2, cod. civ., può essere legittimamente emanato senza la preventiva comunicazione dell’avvio del procedimento e senza instaurare alcun contraddittorio con l’interessato, trattandosi di un provvedimento di autotutela esecutiva che l’amministrazione è tenuta ad adottare per rientrare in possesso di un bene demaniale abusivamente detenuto da un privato (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. V, 10 maggio 2004, n. 8420).

In altri termini, trattandosi di un provvedimento basato sul presupposto della mancata consegna spontanea del bene da parte del soggetto che lo occupa sine titulo, si versa in una situazione in cui non può ravvisarsi alcuna possibilità di cooperazione da parte del privato nella valutazione comparativa degli interessi compresenti nella vicenda … (ex multis TAR Napoli, Sez. VII, 23 maggio 2007 / 19 giugno 2007, n. 6217) » (T.A.R. Campania Salerno, II, sent. n. 1924/2013).

Nemmeno rileva, a favore delle istanze della ricorrente, l’asserita impossibilità di destinare l’immobile a « mostre e manifestazioni di pubblico interesse » per mancanza dei requisiti di sicurezza di cui alla circolare n. 16/1951 del Ministero dell’Interno e al D.M. per i Beni culturali n. 569/1992 (al riguardo, la ricorrente cita il parere reso alla Soprintendenza dall’ing. M di S. Stefano in data 16 novembre 1994), non esaurendo tali destinazioni tutti i possibili usi, anche meramente strumentali (com’è peraltro l’alloggio di servizio), compatibili con la destinazione culturale del bene.

15. Secondo la ricorrente, il rapporto concessorio si sarebbe implicitamente rinnovato. L’affermazione non può essere condivisa, per le seguenti ragioni:

a) come sopra riportato, il godimento del bene non nasce, come sostiene la ricorrente, da un rapporto di locazione, bensì dalla « concessione amministrativa di alloggio nell’edificio demaniale » rilasciata al sig. S, senza che fosse prevista alcuna proroga tacita;

b) non rileva, sul punto, il fatto che l’Agenzia del Demanio menzioni (nel richiamato verbale di riconsegna del 2010) il passaggio alla Soprintendenza della gestione anche di « eventuali contratti uso abitativo », non avendo tale riferimento alcuna valenza tecnico-giuridica nella qualificazione dei rapporti esistenti in termini di contratti di locazione ovvero di concessioni, cui pure accede un accordo di tipo economico;

c) dal richiamo agli atti e alle comunicazioni succedutisi nel tempo tra la ricorrente e l’Amministrazione, emerge in modo univoco il fatto che la permanenza della ricorrente nell’immobile sia avvenuta sine titulo e per mera tolleranza;

d) come correttamente argomentato dalla difesa erariale, anche « l’avvenuta percezione del “canone” trova fondamento nel principio generale secondo cui l’occupante sine titulo deve comunque tenere indenne il proprietario del bene per il danno derivante dal mancato rilascio (anche in assenza di valido titolo legittimante, l’occupante abusivo di un bene demaniale è comunque tenuto a corrispondere alla pubblica amministrazione, ex art. 2043 c.c., una somma corrispondente al danno che l’amministrazione stessa subisce per effetto della temporanea sottrazione del bene medesimo alla sua disponibilità) », sicché non pare dubbio « che - indipendentemente da ogni considerazione sulla legittimità dell’iniziale provvedimento concessorio - l’alloggio di servizio, proprio perché tale, dovesse esser messo a disposizione dell’amministrazione al momento del venir meno della causa dell’assegnazione (coincidente col collocamento a riposo dell’assegnatario), e che perciò la mancata richiesta di rilascio vada apprezzata alla stregua di un atteggiamento di tolleranza del dominus, come tale insuscettibile di produrre effetti giuridici nei confronti dell’occupante » (T.A.R. Lazio Roma, III, sent. n. 768/2010, cit.);

e) l’autotutela che discende dall’art. 823 cod. civ. costituisce « un potere autoritativo con cui - anche a distanza di tempo dalla modifica della situazione di fatto - vi è il doveroso ripristino della disponibilità del bene in favore della collettività, poco importando se per trascuratezza o connivenza, o per mera mancata conoscenza delle circostanze di fatto, o per esigenze di approfondimento delle questioni, gli organi pro tempore non abbiano emanato gli atti di autotutela (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 aprile 2015 n. 2196) » (Cons. di Stato, VI, sent. n. 2520/2018).

16. Non si può configurare, infine, nella fattispecie all’esame del Collegio, nessuna lesione di un affidamento legittimo e incolpevole, atteso che la ricorrente – come risulta dalle comunicazioni intercorse e sopra richiamate nel dettaglio – è sempre stata a conoscenza delle condizioni dell’occupazione, segnatamente: della intervenuta scadenza della concessione rilasciata al padre, dell’intenzione dell’Amministrazione di far cessare le occupazioni sine titulo e, dunque, della mera tolleranza che fondava la di lei permanenza nell’immobile.

Sul punto, il Consiglio di Stato ha da ultimo osservato che « si può anche convenire con l’appellante circa il modo … non rispondente in astratto ai canoni di trasparenza, efficienza ed efficacia, con cui l’amministrazione … ha gestito la questione degli immobili occupati abusivamente, tra cui quello di cui si discute, preannunziando o facendo intendere di avviare procedimenti regolarizzatori che invece … non si sono poi concretizzati: ma ciò non refluisce sul provvedimento impugnato rendendolo per ciò solo impugnato [ recte : illegittimo] , neppure sotto il profilo dell’affidamento, giacché quest’ultimo non può neppure postularsi in capo ad un occupante abusivo che non aveva neppure alcun titolo per aspirare all’assegnazione dell’alloggio stesso, irrilevante essendo sotto tale profilo il fatto che l’appellante abbia a suo tempo presentato domanda di assegnazione » (Cons. di Stato, V, sent. n. 4543/2018, cit.).

Per tutte le ragioni sopra illustrate, il ricorso deve essere respinto.

Le spese del giudizio possono tuttavia essere compensate, in considerazione dello svolgimento dell’intera vicenda e del comportamento lungamente tollerante dell’Amministrazione.

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