TAR Bologna, sez. I, sentenza 2019-11-27, n. 201900907
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 27/11/2019
N. 00907/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00927/2013 REG.RIC.
N. 00119/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sui ricorsi riuniti ed iscritti ai numeri di registro generale 927 del 2013 e 119 del 2014, proposti da
V P, rappresentata e difesa dagli avv.ti F G, R R, con domicilio eletto presso lo studio F G in Bologna, via S. Felice 6;
contro
Comune di Bologna, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti A L, G C, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale del Comune Di Bologna in Bologna, piazza Maggiore 6;
nei confronti
Il Parco S.r.l. e C C non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 927 del 2013:
del provvedimento di annullamento del provvedimento assunto in data 19.07.2013 e pervenuto alla ricorrente in data 01.08.2013;
del provvedimento di annullamento del permesso di costruire P.G. n. 15657/2007;
quanto al ricorso n. 119 del 2014:
del provvedimento di annullamento del permesso di costruire rilasciato alla ditta Immobiliare 2004 s.r.l. per interventi sull'immobile di via Agucchi n.183;.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bologna;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 novembre 2019 il dott. U D C e uditi per le parti i difensori F G e A L;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
In data 24/12/2009 la ricorrente aveva acquistato dalla S.r.l. Il Parco l'appartamento sito in Bologna, via Agucchi 183/A che, secondo quanto riportato nell'atto di compravendita, era stato realizzato a seguito della concessione edilizia 5.12.1978 e successiva variante 6.7.1980 n. 1004. Era stata poi ottenuta una concessione edilizia in sanatoria in data 5.3.1997 su domanda presentata il 24/3/1986 ed era stata presentata una successiva DIA il 22/11/2006.
Nel 2013 il Comune di Bologna ha avviato un procedimento sanzionatorio per abusi edilizi a seguito dell'annullamento del permesso di costruire del 2007, comunicando la possibilità per la proprietà di procedere alla rimozione delle opere abusivamente realizzate.
In occasione di tale comunicazione la ricorrente avrebbe avuto consapevolezza che la sua abitazione sarebbe illegittima per annullamento del titolo edilizio.
Il primo motivo di ricorso eccepisce la violazione delle norme che garantiscono la partecipazione al procedimento soprattutto per un provvedimento di annullamento del titolo edilizio che presuppone una lunga ed adeguata istruttoria di cui la ricorrente avrebbe dovuto essere chiamata a partecipare anche per capirne le motivazioni.
La ricorrente non ha commesso alcun abuso avendo acquistato l'appartamento già costruito e realizzato sulla base di un titolo edilizio all'epoca valido ed efficace e nella situazione di fatto ad oggi esistente.
Il secondo motivo lamenta che non vi sia alcuna motivazione dell’invito a procedere alla demolizione.
Con successivo ricorso depositato il 10.2.2014, la ricorrente impugnava il provvedimento di annullamento del titolo edilizio relativo alla sua abitazione che era stato determinato dalla mancanza nella domanda del titolo edilizio della sottoscrizione da parte di un condomino di adesione alla deroga alla normativa sulle distanze.
Il primo motivo era esattamente corrispondente al motivo del ricorso connesso relativamente alle garanzie procedimentali.
Il secondo censura un difetto di motivazione circa le ragioni per cui fosse necessaria la deroga della normativa sulle distanze e comunque contesta la necessità della adesione alla deroga sulle distanze da parte dei condomini poiché l'unità immobiliare posta sul terrazzo di copertura del condominio non è una nuova costruzione, ma è il risultato di un intervento di ristrutturazione.
Su quel terrazzo era stata costruita una tettoia chiusa su tre lati e un ripostiglio in muratura entrambi oggetto di pratica edilizia di sanatoria presentata nel 1985 essendo l'abuso risalente ad epoca anteriore al 1983.
Se sussiste una violazione della normativa sulle distanze, la medesima violazione era già stata commessa dalla precedente costruzione condonata;inoltre sulla struttura che era già in violazione della normativa sulle distanze, essendo aderente al muro di confine, nessun condomino ha mai eccepito alcuna riserva.
La ricorrente ha maturato la deroga alla normativa sulle distanze per intervenuto usucapione.
L'art.21 octies L. 241/1990 prevede l’impossibilità di procedere all'annullamento in caso di violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti: il comune di Bologna jha esercitato l’autotutela sulla base della dichiarazione di falsità della firma del condomino senza chiedere una nuova apposizione della firma e pertanto sono assenti presupposti per l’esercizio dell’autotutela.
Il Comune di Bologna si costituiva in entrambi i ricorsi chiedendo il rigetto dei ricorsi.
Preliminarmente è necessario procedere alla riunione dei ricorsi per connessione soggettiva, essendovi identità delle parti, ed oggettiva dal momento che i due provvedimento impugnati sono strettamente connessi e riguardano la stessa vicenda edilizia tanto che la ricorrente avrebbe potuto presentare motivi aggiunti.
I ricorsi sono infondati.
Dalla documentazione prodotta dal Comune di Bologna risulta quanto segue: in data 22 gennaio 2007 la S.r.l. Immobiliare 2004 aveva richiesto un permesso di costruire in variante consistente nella realizzazione di una unità immobiliare ad uso ufficio sul lastrico solare, tramite il recupero della tettoia esistente, usufruendo dell’ampliamento una tantum della dell’unità immobiliare sottostante.
Il progetto prevedeva che la sopraelevazione fosse realizzata in aderenza alle proprietà confinanti;l’art.29 del regolamento edilizio dell’epoca imponeva il rispetto della distanza di 1/2 dell’altezza dell’edificio, con un minimo di tre metri, per gli interventi di recupero con variazione della sagoma planivolumetrica;tali distanze potevano essere derogate in caso di accordo con i proprietari confinanti ed a tal fine furono prodotte le autorizzazioni dei confinanti.
Nel 2011 i rappresentanti del condominio facevano presente al Comune di non avere rilasciato alcuna autorizzazione alla violazione delle distanze e producevano documenti della Procura della Repubblica che dimostravano che il documento che conteneva il loro assenso era stato alterato e che una delle sottoscrizioni era falsa e comunque l’autorizzazione doveva essere condominiale e non dei singoli proprietari.
Inoltre il permesso di costruire era stato presentato il 22.1.2007 dalla Immobiliare 2004 S.r.l. che non era più proprietaria perché aveva venduto il bene alla s.r.l. Il Parco il 18 aprile 2006.
Nella memoria finale la ricorrente contesta il fatto che sia stato assunto ad elemento probante la falsità un atto di indagine senza una sentenza passata in giudicato che attesti la falsità del
documento. Ma ai fini delle valutazioni amministrative non è necessario che un elemento di prova trovi avallo in una sentenza di condanna;peraltro nel caso di specie la richiesta di archiviazione del procedimento dava atto dell’esito della perizia grafologica che attestava la falsità del documento e della sottoscrizione, ma la attribuiva a persona deceduta.
Le censure procedimentali non colgono nel segno in quanto il Comune ha notificato l’avvio del procedimento e l’emanazione del provvedimento di annullamento alla S.r.l. Immobiliare 2004 che era legittimata passiva quale titolare del permesso.
Mentre il Comune non deve svolgere particolari accertamenti per individuare l’avente diritto alle comunicazioni procedimentali, la ricorrente, anche con l’ausilio del notaio che ha rogato la compravendita, avrebbe dovuto con più accuratezza vagliare la regolarità edilizia del suo acquisto, mentre, invece, nell’indicare i titoli edilizi del suo immobile nel ricorso non ha fatto riferimento al permesso di costruire annullato;così facendo si sarebbe accorta che il permesso era stato presentato da una società che non era più proprietaria del bene e che esso autorizzava la realizzazione di un edificio ad uso ufficio tanto che la variazione catastale da ufficio ad abitazione era erronea.
Nella memoria, a proposito della buona fede della ricorrente, si fa riferimento al fatto che colui che ha ottenuto il permesso di costruire sulla base di falsi presupposti era all’epoca il convivente di sua figlia.
Il Comune aveva rilasciato il titolo edilizio sulla base di una falsa autorizzazione alla deroga delle distanze ed il provvedimento di annullamento diveniva un atto dovuto cioè vincolato e che non necessita della comunicazione di avvio del procedimento.
Comunque ex art.21 octies, comma 2, L. 241/1990 il privato quando si lamenta della mancata comunicazione di avvio del procedimento, deve indicare anche gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto nel procedimento ove avesse ricevuto la comunicazione ed in tal caso l’Amministrazione ha l’onere di dimostrare che, ove quegli elementi fossero valutati, il contenuto del provvedimento non sarebbe mutato.
Non è fondato il difetto di motivazione circa le opere da demolire in quanto nell’avviso impugnato vi è la descrizione puntuale delle opere abusive oltre alla descrizione della violazione accertata cioè una nuova costruzione priva di titolo, essendo stato annullato il permesso di costruire del 2007.
La circostanza che la ricorrente non abbia posto in essere l’abuso non ha nessun rilievo perché le sanzioni edilizie di natura ripristinatoria sono legate al bene e possono essere assunte anche a notevole di stanza di tempo dall’abuso;la giurisprudenza ha chiarito che la demolizione può essere ingiunta al proprietario non in forza di una sua responsabilità effettiva o presunta nella commissione dell’illecito edilizio ma in ragione del rapporto materiale con la res che lo rende, agli occhi del legislatore, responsabile della eliminazione dell’abuso commesso da altri. ( si veda ina merito Ad. Pl. 9/2017 ).
Le spese seguono la soccombenza.