TAR Firenze, sez. I, sentenza 2024-01-25, n. 202400109

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2024-01-25, n. 202400109
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202400109
Data del deposito : 25 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/01/2024

N. 00109/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00536/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 536 del 2022, proposto da
R C, rappresentato e difeso dall'avvocato E N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Ministero dell'Interno-Dipartimento Vigili del Fuoco-Soccorso Pubblico - Difesa Civile, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Firenze, domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri, 4;

per l'accertamento

del diritto del ricorrente alla corresponsione della differenza retributiva allo stesso spettante per l'attività di servizio svolta nelle giornate del 7-8-9 gennaio 2021 in occasione dell'emergenza neve occorsa nel territorio del Comune di Abetone Cutigliano, in applicazione dell'art. 1 co. 2 del D.lgs. n. 66/03 recante «Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro» interpretato alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea, per la quale il tempo in cui il lavoratore resta a disposizione del datore di lavoro, pur senza svolgere la propria prestazione, rientra nella nozione di orario di lavoro

e per la condanna dell'Amministrazione datrice di lavoro alla corresponsione di Euro 75,74 quale differenza retributiva spettante al ricorrente, oltre interessi e rivalutazione dalla data di maturazione del diritto al pagamento di dette somme sino al soddisfo, o in alternativa, alla corresponsione della maggiore somma ritenuta di giustizia per le ore di lavoro straordinario effettuate e non pagate, secondo gli importi maturati in base alla legge e ai contratti collettivi ritenuti applicabili, oltre interessi e rivalutazione.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Ministero dell'Interno-Dipartimento Vigili del Fuoco-Soccorso Pubblico - Difesa Civile;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2024 il dott. L V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente è un Capo Squadra dei Vigili del Fuoco, in servizio, al momento di proposizione del ricorso, presso il Distaccamento di Borgo San Lorenzo;
nel gennaio 2021, a seguito dell’emergenza neve che aveva colpito la Garfagnana e la montagna pistoiese, era dislocato nel territorio del Comune di Abetone Cutigliano, per il periodo intercorrente tra le ore 6:00 del giorno 7 gennaio 2021 e le ore 10:12 del 9 gennaio e gli era liquidata la somma di € 320,54, a titolo di compenso per il lavoro straordinario svolto.

Con il ricorso, chiede la condanna dell’Amministrazione intimata alla corresponsione della somma di € 75,74 (maggiorata di rivalutazione ed interessi) che, a suo dire, risulterebbe dovuta in applicazione delle direttive 23 novembre 1993, n. 93/104/CE e 4 novembre 2003, n. 2003/88/CE recepite dal d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66 e non degli atti generali (circolare 20 marzo 2014 n. 1389 del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile) applicati dall’Amministrazione e che hanno sostanzialmente portato ad una decurtazione di 3,57 ore di straordinario sulle 51 ore e 57 minuti di durata dell’intera missione.

Si costituiva in giudizio l’Amministrazione intimata, limitandosi a depositare in giudizio un rapporto all’Avvocatura dello Stato che controdeduceva sul merito del ricorso e chiedeva la condanna del ricorrente alla sanzione per le liti temerarie prevista dall’art. 26, 2° comma, c.p.a.

Il ricorso è infondato e deve pertanto essere respinto.

Come già rilevato, l’intera costruzione proposta da parte ricorrente si basa sull’applicazione alla fattispecie della disciplina comunitaria in materia di orario di lavoro prevista dalle direttive 23 novembre 1993, n. 93/104/CE (direttiva del Consiglio concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro) e 4 novembre 2003, n. 2003/88/CE (direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro).

L’intera operazione risulta però improponibile alla luce dello stesso diritto comunitario richiamato da parte ricorrente.

La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (peraltro, si tratta della stessa decisione citata da parte ricorrente e posta a base dell’intera costruzione) ha, infatti, avuto modo di precisare, con riferimento a fattispecie sostanzialmente analoga (si tratta dei pompieri volontari della municipalità di Nivelles ), come le due direttive sopra citate non intervengano per nulla sulla problematica della retribuzione delle ore di lavoro, trattandosi di competenza che esula del tutto dalle competenze dell’Unione e risulta rimessa ai singoli Stati: “a tal riguardo, occorre ricordare, come rileva il giudice del rinvio, che è pacifico che la direttiva 2003/88 non disciplini la questione della retribuzione dei lavoratori, aspetto che esula, ai sensi dell'articolo 153, paragrafo 5, TFUE, dalla competenza dell'Unione… Pertanto, se gli Stati membri sono autorizzati a fissare la retribuzione dei lavoratori che rientrano nel campo di applicazione della direttiva 2003/88 in funzione della definizione delle nozioni di "orario di lavoro" e di "periodo di riposo" di cui all'articolo 2 di tale direttiva, essi non sono obbligati a farlo….Gli Stati membri possono pertanto prevedere, nel loro diritto nazionale, che la retribuzione di un lavoratore in "orario di lavoro" differisca da quella di un lavoratore in "periodo di riposo" e ciò anche al punto di non accordare alcun tipo di retribuzione durante tale periodo….Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla terza questione affermando che l'articolo 2 della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che esso non impone agli Stati membri di determinare la retribuzione dei periodi di guardia al proprio domicilio come quelli di cui al procedimento principale in funzione della qualificazione di tali periodi come "orario di lavoro" o "periodo di riposo” (C.G.U.E., sez. V, 21 febbraio 2018, in causa C-518/15, punti da 49 a 52 della motivazione).

Risulta pertanto sostanzialmente non coperto dal diritto comunitario il tentativo di parte ricorrente di dedurre “automaticamente” la retribuibilità delle ore di missione non prestate in attività di servizio da un diritto comunitario che non impone per nulla l’obbligo generale di retribuire tale periodo ed in verità non potrebbe neanche farlo, trattandosi di competenza dei singoli Stati.

Del resto, risulta impercorribile anche il tentativo “indiretto” di parte ricorrente di pervenire alla retribuzione delle ore di missione non prestate in attività di servizio attraverso l’applicazione alla fattispecie delle nozioni generali di “orario di lavoro” e periodo di riposo” di cui all’art. 1, 2° comma lett. a) e b) del d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66 che ha recepito, nell’ordinamento italiano, la disciplina comunitaria sopra richiamata).

Detta operazione risulta, infatti, radicalmente preclusa dalla previsione del successivo art. 2, 2° comma del d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66 che inequivocabilmente esclude l’applicabilità del decreto legislativo ai “servizi di protezione civile”, così valendosi di una possibilità di esclusione prevista, con riferimento ai servizi “antincendio o di protezione civile”, dall’art. 17, 2° comma lett. iii) della direttiva 4 novembre 2003, n. 2003/88/CE;
al di là della nominalistica opposizione di parte ricorrente (che cerca di giustificare l’esclusione in modo diverso, ma sostanzialmente incomprensibile), si tratta di espressa esclusione normativa che risulta indiscutibile ed opera sicuramente ai fini della problematica che ci occupa.

Anche a livello di diritto comunitario, la pretesa di parte ricorrente di prospettare l’obbligo di retribuire anche le ore di missione non prestate in attività di servizio risulta poi in contrasto con una precisa giurisprudenza comunitaria che, a partire dalla già citata C.G.U.E., sez. V, 21 febbraio 2018, in causa C-518/15 (punti da 62 e 63 della motivazione), per arrivare alle più recenti C.G.U.E. grande sez., 9 marzo 2021, in causa C-344/19 (punto 33 della motivazione) e sez. X, 9 settembre 2021, n. 107/19 (punti da 28 a 33 della motivazione) ha rilevato come, “l'elemento determinante per considerare sussistenti gli elementi caratteristici della nozione di "orario di lavoro", ai sensi della direttiva 2003/88,…(sia) il fatto che il lavoratore sia costretto ad essere fisicamente presente sul luogo designato dal datore di lavoro e a rimanere ivi a disposizione di quest’ultimo al fine di poter fornire direttamente i propri servizi in caso di necessità (v., in tal senso, sentenze del 3 ottobre 2000, S., C-303/98, EU:C:2000:528, punto 48;
del 9 settembre 2003, J., C-151/02, EU:C:2003:437, punto 63, nonché del 1° dicembre 2005, D. e a., C-14/04, EU:C:2005:728, punto 48)” (C.G.U.E. grande sez., 9 marzo 2021, in causa C-344/19 (punto 33 della motivazione).

Con tutta evidenza, si tratta pertanto proprio di quell’obbligo di essere presente sul luogo anche durante i periodi non lavorati che parte ricorrente non è stata in grado di dimostrare e che risulta affidato solo ad affermazioni apodittiche e sfornite anche solo di un principio di prova.

In definitiva, il ricorso deve pertanto essere respinto;
la particolare novità e complessità della materia trattata permette poi di procedere alla compensazione delle spese di giudizio tra le parti, così come rende impossibile l’applicazione della sanzione di cui all’art. 26, 2° comma c.p.a. richiesta dall’Amministrazione resistente.

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