TAR Napoli, sez. I, sentenza 2023-03-01, n. 202301309

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2023-03-01, n. 202301309
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202301309
Data del deposito : 1 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/03/2023

N. 01309/2023 REG.PROV.COLL.

N. 03603/1988 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3603 del 1988, proposto da:
R A, rappresentato e difeso dall'avvocato L I, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli alla Via Concezione a Montecalvario n. 14, nonché dall'avvocato G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A A, Barbara Accattatis Chalons d’Oranges, E C, B C, A C, A I F, G P e G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto in Napoli alla Piazza Municipio - Palazzo San Giacomo presso il responsabile dell'ufficio di segreteria dell'Avvocatura Comunale Amministrativa;

per l'annullamento

del provvedimento n. 16704/88, notificato il 30.3.1988, con cui il Servizio Edilizia Privata e Pubblica - Ufficio Condono Edilizio ha espresso il diniego di sanatoria, ai sensi della legge 28/2/1985 n. 47 e successive modificazioni;
nonché di ogni atto premesso, connesso e consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;

Viste le ordinanze collegiali del 12/5/2022 n. 3216 e del 24/10/2022 n. 6548;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2023 il dott. Giuseppe Esposito e uditi per le parti gli avvocati G P e G P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con atto notificato il 28/5/1988 il ricorrente impugnava il provvedimento recante il diniego di condono edilizio, ai sensi della legge n. 47 del 1985, richiesto per la realizzazione dell’opera abusiva insistente sul lastrico di copertura dell’edificio sito al Viale degli Oleandri n. 19.

Con decreto decisorio del 28/11/2007 n. 15502 il ricorso veniva dichiarato perento, per la mancata presentazione di una nuova istanza di fissazione di udienza, ai sensi di quanto previsto dall’art. 9, co. 2, della legge 21 luglio 2000, n. 205.

In data 16/7/2021 il ricorrente si è costituito in giudizio con il patrocinio del nuovo difensore, proponendo opposizione al decreto di perenzione, con atto notificato il 17/1/2022 e depositato il 18/1/2022.

Il Comune resistente si è costituito in giudizio, producendo memoria.

Con ordinanza collegiale del 12/5/2022 n. 3216 è stata disposta la ricostruzione del fascicolo.

Il Comune di Napoli ha depositato in giudizio documentazione.

Con ordinanza del 24/10/2022 n. 6548, in accoglimento dell’opposizione, è stato revocato il decreto presidenziale n. 15502 del 28/11/2007, con reiscrizione della causa sul ruolo di merito.

Il Comune ha prodotto ulteriore documentazione e le parti hanno depositato memorie.

All’udienza pubblica del 25 gennaio 2023 il ricorso è stato assegnato in decisione.

DIRITTO

1.- Dopo la perenzione del ricorso, a seguito dell’opposizione proposta, con ordinanza del 12/5/2022 n. 3216 è stata dapprima disposta la ricostruzione del fascicolo, che aveva formato oggetto di scarto dagli atti di archivio del Tribunale, ponendo a carico delle parti l’onere di depositare gli atti e documenti mancanti, “ stabilendo che la documentazione depositata in esecuzione della presente ordinanza sostituirà ad ogni effetto i relativi originali di causa irreperibili, se non ne sia provata la difformità ”.

Il Comune ha prodotto documentazione in date 9/9/2022 e 14/10/2022;
alcun atto è stato esibito dal ricorrente.

Successivamente, in accoglimento dell’opposizione, il ricorso è stato reiscritto nel ruolo di merito con ordinanza del 24/10/2022 n. 6548, attesa la mancanza della prova del ricevimento dell’avviso di perenzione (dovuta all’oggettiva circostanza dell’impossibilità di accertarne il recapito al destinatario, in quanto Poste Italiane aveva rappresentato al Tribunale, con nota prot. n. 1312 del 17/5/2016, che i documenti relativi alla spedizione erano stati inoltrati al macero, dopo tre anni dall’insorgenza del rapporto con il mittente, ex art. 20 del D.P.R. n. 156 del 1973).

2.- Ciò posto, come stabilito con la citata ordinanza n. 3216/2022, il fascicolo è da intendersi ricostruito con la documentazione prodotta dal Comune, la cui conformità agli atti prodotti nella causa non è in contestazione.

Si può quindi passare all’esame del ricorso.

L’impugnato diniego è stato formulato in quanto si è “ accertato che l’opera, oggetto del condono, è stata realizzata abusivamente in data successiva al 1 ottobre 1983 ” (doc. 2 della produzione del Comune del 14/10/2022).

Il ricorso (depositato in copia dal Comune nella stessa data) è affidato a cinque motivi con cui sono dedotti l’incompetenza, la violazione delle richiamate disposizioni della legge n. 47/1985 e l’eccesso di potere sotto molteplici profili.

Il ricorso è infondato, dovendosi disattendere tutte le censure alla stregua delle seguenti motivazioni.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce l’incompetenza dell’ingegnere capo dell’Ufficio Condono Edilizio, reputando sussistente la competenza del Sindaco, ai sensi dell’art. 35, nono comma, della legge n. 47 del 1985, a cui spetta il rilascio e, quindi, anche il diniego della concessione in sanatoria (come chiarito dalla circolare del Ministero LL.PP. n. 3556/25 del 30/7/1985), aggiungendo che l’attività propria del Sindaco è delegabile solo ad un assessore.

Il motivo è privo di pregio.

È acclarato da lungo tempo che la competenza alla emanazione dei provvedimenti di diniego del condono edilizio spetta al dirigente dell’ufficio, a seguito della riforma dell’ordinamento degli enti locali, come pacificamente affermato a più riprese in giurisprudenza (cfr. la sentenza della sez. III di questa Sezione del 4/12/2006 n. 10370: “ A norma dell'art. 51 comma 3 l. 8 giugno 1990 n. 142 (oggi, d.lg. 18 agosto 2000 n. 267), infine, sono di competenza dei dirigenti "tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, che la legge e lo statuto espressamente non riservino agli organi di governo dell'ente". In tale mutato quadro normativo, deve dunque ritenersi implicitamente abrogata ogni previsione della legge n. 47 del 1985 relativa alla competenza del sindaco in materia, da momento che tutti i provvedimenti di gestione amministrativa in materia edilizia ed urbanistica, compreso quindi il rigetto di una richiesta di concessione edilizia in sanatoria o di condono, rientrano ora nella sfera di competenza del dirigente. Tale principio è stato plurime volte affermato dalla giurisprudenza, anche di questo Tar (cfr. Consiglio Stato , sez. V, 18 novembre 2003, n. 7318 e ex multis T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 13 gennaio 2006 , n. 651) ”;
conf., di recente, tra le molteplici, Cons. Stato, sez. II, 20/11/2020 n. 7222).

2.2. Con le censure contenute nel secondo, terzo e quinto motivo (che possono essere trattate congiuntamente), si sostiene la sanabilità dell’opera, che si assume realizzata entro la data del 1° ottobre 1983 e che, in seguito, formava oggetto di una ripresa dei lavori per il completamento;
si aggiunge con l’ultimo motivo che la sottoposizione a sequestro del manufatto esigeva di valutare la sanabilità dell’opera alla data della misura disposta, tenuto conto che l’opera non era ultimata per effetto di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali (invocando l’art. 43, co. 5, della legge n. 47 del 1985).

A sostegno della tesi si afferma che il verbale di sopralluogo e sequestro del 13/8/1983 constatava l’edificazione di un rustico costituito da 11 pilastri, comprensivo dell’intelaiatura in cemento armato e delle tamponature perimetrali (successivamente interessato, dopo il sequestro, da lavori urgenti di impermeabilizzazione al solaio, autorizzati dall’Autorità giudiziaria).

Reputa altresì il ricorrente che il Comune avrebbe dovuto argomentare sulla prova dell’esecuzione del manufatto abusivo dopo il 1° ottobre 1983 (mentre si è limitato a citare l’accertamento del 26/3/1988, peraltro non portato a conoscenza dell’interessato) e, incidendo su una posizione giuridicamente rilevante ( ius aedificandi ), fornire un’adeguata motivazione nonché enunciare le norme che si assumono violate.

Tutte le doglianze vanno disattese.

L’abuso deve riferirsi ad opere “ che risultino essere state ultimate entro la data del 1° ottobre 1983 ”, come dispone l’art. 31, co. 1, della legge n. 47/1985, ossia che siano venute “ ad esistenza negli elementi minimi (muri perimetrali e solaio) ” (così, sinteticamente, Cons. Stato Sez. V, 28/9/2015 n. 4506, tra le numerose altre).

L’onere di provare la data di realizzazione dell’abuso grava sul richiedente il condono e non può essere riversata sull’Amministrazione, come statuito in giurisprudenza già in epoca più vicina all’instaurazione di questo giudizio (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12/10/1999 n. 1440) e ripetutamente ribadito (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 12/11/2021 n. 7543: “ Come da pacifica giurisprudenza, anche di questa Sezione, l'onere di provare la data di realizzazione dell'abuso al fine di verificare la sussistenza dei presupposti per il condono grava su chi lo ha richiesto, atteso che solo il privato può fornire, in quanto ordinariamente ne dispone, inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto;
mentre l'Amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all'interno del suo territorio
”).

Nella specie, si ricava dall’esibita ordinanza di demolizione n. 6294 del 2/11/1983 (prodotta dal Comune il 14/10/2022), che alla data del sopralluogo del 10/9/1983 erano in corso di realizzazione “ sul terrazzo a copertura, al livello dell’appartamento, per una superficie di mq. 250 circa, […] n. 11 pilastri in c.a. di cui alcuni ultimati ed altri approntati per il getto di calcestruzzo. Si è accertato altresì, la demolizione del parapetto di ml. 12,00 e di h. 1,00 circa ”.

Emerge dunque che, a quella data, i lavori erano stati intrapresi e si presentavano allo stato iniziale (con l’approntamento degli altri pilastri), per cui l’opera era priva della copertura e della chiusura perimetrale, a nulla rilevando che ne fosse stato impedito il completamento dal sequestro operato (cfr. Cons. Stato Sez. V, 28/9/2015 n. 4506, cit., tra le molteplici dello stesso tenore: “ Né è condivisibile l'interpretazione delle norme sul condono prospettata dal ricorrente, secondo la quale il condono sarebbe consentito ove la mancata ultimazione delle opere fosse imputabile a fatti di forza maggiore e, quindi, nel caso all'intervenuto sequestro penale delle opere. Il condono edilizio, infatti, è normativa eccezionale che deroga alla ordinaria disciplina sulla sanatoria delle opere difformi dal progetto assentito, sicché la relativa disciplina è di stretta interpretazione e non applicabile laddove non sia venuto ad esistenza negli elementi minimi (muri perimetrali e solaio) l'intervento edilizio oggetto della domanda di condono ”).

Quanto all’asserito difetto di motivazione, è sufficiente affermare che i provvedimenti repressivi degli abusi edilizi hanno natura interamente vincolata e non richiedono perciò alcuna specifica motivazione, essendo enucleabile da essi l’esigenza di ripristino della legalità violata e l’indicazione delle norme che non consentono il mantenimento dell’opera (cfr. riassuntivamente, da ultimo, in riferimento a un principio univocamente espresso, Cons. Stato, sez. VI, 15/2/2023 n. 1577: “ deve escludersi che gli atti repressivi in materia edilizia, concernenti immobili abusivi, debbano essere motivati sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata, essendo sufficiente il richiamo al comprovato carattere abusivo dell’intervento, senza che siano necessari ulteriori oneri motivazionali, applicabili nel diverso ambito dell'autotutela decisoria ”).

2.3. Con il quarto motivo il ricorrente invoca la formazione del silenzio-assenso, per il decorso di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda con il pagamento delle somme dovute.

La censura è infondata, non essendo ammissibile che sia consentita tacitamente la formazione del titolo edilizio, in relazione a un’opera insanabile (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 11/1/2023 n. 380, che ha ribadito un avviso costante della giurisprudenza: “ l'accoglimento della domanda di condono edilizio per silentium, può aver luogo solo ove la domanda a tal fine presentata dal privato possieda i presupposti sostanziali per essere accolta, tra i quali rientra anche la dimostrazione del requisito relativo al tempo di ultimazione dei lavori (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. II, 19/11/2020, n.7198 ”).

4.- Per le considerazioni che precedono il ricorso va dunque respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo.

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