TAR Ancona, sez. II, sentenza 2024-02-26, n. 202400170

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. II, sentenza 2024-02-26, n. 202400170
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 202400170
Data del deposito : 26 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/02/2024

N. 00170/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00366/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 366 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Lega per l'Abolizione della Caccia L.A.C. Onlus, Wwf Italia Ong - Onlus, rappresentati e difesi dall'avvocato T R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Ancona, via Baccarani 4;

contro

Regione Marche, rappresentata e difesa dall'avvocato F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

l’Ambito Territoriale di Caccia AN2 Ancona, rappresentato e difeso dagli avvocati D C, G F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

A) per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

della deliberazione della Giunta Regionale n. 645 del 17/5/2018 avente ad oggetto "L.R. n. 7/95 art. 25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023" nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorché non conosciuto, ivi compreso il Documento Istruttorio allegato alla presente delibera impugnata e l'allegato A) parte integrante e sostanziale dell'atto in oggetto contenente il “Piano di controllo regionale del cinghiale 2018/2023” e di tutti i pareri degli organi competenti, nonché disapplicazione dell'art. 25 comma 3 L.R. Marche 5/1/1995 n. 7 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria", previo eventuale sollevamento da parte del Tribunale adito di questione di legittimità costituzionale relativamente a detto articolo;

B) per quanto riguarda i motivi aggiunti:

della deliberazione di Giunta Regionale Marche del 8/11/2018 n. 1469 avente ad oggetto “Integrazione dell'allegato A) della D.G.R. n. 645 del 17/5/2018 - “L.R. n.7/95, art.25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018/2023”;

nonché, per quanto occorrer possa:

del decreto del Dirigente della P.F. Caccia e Pesca nelle acque interne n. 490 del 22/10/2018, avente ad oggetto “DGR n.645 del 17/5/2018 ad oggetto “LR 7/95, art.25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023”. Approvazione del Piano operativo annuale dell'Ambito Territoriale di caccia AP – anno 2018;
del decreto del Dirigente della P.F. Caccia e Pesca nelle acque interne n. 491 del 22/10/2018, avente ad oggetto “DGR n.645 del 17/5/2018 ad oggetto “LR 7/95, art.25.Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023”. Approvazione del Piano operativo annuale dell'Ambito Territoriale di caccia FM – anno 2018;
del decreto del Dirigente della P.F. Caccia e Pesca nelle acque interne n. 492 del 22/10/2018, avente ad oggetto “DGR n. 645 del 17/5/2018 ad oggetto “LR 7/95, art.25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023”. Approvazione del Piano operativo annuale dell'Ambito Territoriale di caccia AN1 e AN 2 – anno 2018”;
del decreto del Dirigente della P.F. Caccia e Pesca nelle acque interne n. 493 del 22/10/2018, avente ad oggetto “DGR n.645 del 17/5/2018 ad oggetto “LR 7/95, art.25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023”. Approvazione del Piano operativo annuale dell'Ambito Territoriale di caccia MC1 e MC2 – anno 2018;
del decreto del Dirigente della P.F. Caccia e Pesca nelle acque interne n. 496 del 23/10/2018, avente ad oggetto “DGR n.645 del 17/5/2018 ad oggetto “LR 7/95, art.25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023”. Approvazione del Piano operativo annuale dell'Ambito Territoriale di caccia PS1 e PS2 – anno 2018;

dei Programmi Operativi Annuali redatti dai vari Ambiti Territoriali Caccia presenti nella Regione Marche;

della deliberazione di Giunta Regionale Marche n. 1103/2018 avente ad oggetto “Modifiche ed integrazione alla DGR n. 645 del 17/5/2018 “L.R: 7/95, art.25. Piano di controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023”.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Marche e dell’Ambito Territoriale di Caccia Ancona 2;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2023 il dott. G R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Le associazioni ricorrenti dichiarano, come risulta dai rispettivi statuti, un preciso interesse, sia materiale che morale, alla salvaguardia e tutela del patrimonio faunistico-ambientale e alla difesa della natura e dell'ecosistema:

Con il ricorso introduttivo impugnano la deliberazione della Giunta Regionale delle Marche n. 645 del 17 maggio 2018, avente ad oggetto “L.R. n. 7/95 art. 25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023” (di seguito anche semplicemente Piano) e gli atti presupposti;

Con i motivi aggiunti depositati il 16 gennaio 2019 impugnano invece la D.G.R. n. 1469 dell’8 novembre 2018, avente ad oggetto “Integrazione dell'allegato A) della D.G.R. n. 645 del 17/5/2018- “L.R. n.7/95, art. 25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018/2023”, nonché la D.G.R. n. 1103/2018 e una serie di decreti con cui il dirigente della P.F. Caccia e Pesca nelle acque interne della Regione Marche ha approvato i Piani Operativi Annuali (P.O.A.) elaborati dagli Ambiti Territoriali di Caccia istituiti nelle province marchigiane.

Sollevano le seguenti censure.

1) violazione e/o falsa applicazione dell'art. 19 della L. n. 157 del 1992 e conseguente violazione dell'art. 117, comma 2, let. s), Cost., laddove vengono inclusi i “cacciatori” tra i soggetti abilitati al controllo della fauna selvatica nel territorio marchigiano. Illegittimità costituzionale dell'art. 25 della L.R. Marche n. 7 del 1995.

Con ii primo motivo, affermano che l’impugnata D.G.R. n. 645/2018 include anche gli “operatori muniti di licenza all'uopo espressamente autorizzati dalla Provincia”, tra i soggetti che possono attuare l'approvato Piano di controllo regionale del cinghiale 2018-2023, e ciò in forza di un errato richiamo al contenuto dell'art. 19, comma 2, della L. n. 157 del 1992. In realtà, questa disposizione prevede che tali piani siano attuati tassativamente soltanto dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali, che potranno a loro volta avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza di caccia, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza di caccia. Non sono dunque inclusi i cacciatori o altri operatori muniti di licenza per l'esercizio venatori. Le associazioni ricorrenti chiedono dunque al Tribunale di sollevare la questione di legittimità costituzionale - per violazione dell'art. 117, comma 2, let. s), Cost. e della norma interposta di cui all’art. 19 della L. 11 febbraio 1992, n. 157 - delle predette disposizioni regionali.

2) violazione e/o falsa applicazione dell'art. 19 della L. n. 157 del 1992 e dell'art. 25 L.R. Marche n. 7 del 1995. Eccesso di potere per difetto ed errore di motivazione e di istruttoria, per sviamento della causa tipica. Errore di presupposto in fatto e in diritto, in ragione del mancato accertamento da parte dell'ISPRA dell'inefficacia dei metodi ecologici di controllo della fauna selvatica. Mancata valutazione e motivazione circa lo scostamento dal parere espresso dall'ISPRA sul piano.

Le parti ricorrente osservano che

- l'art. 25 della L.R. n. 7 del 1995 prevede anzitutto che la Regione (la quale, ai sensi della L.R. n. 13 del 2015, ha ereditato le competenze in precedenza attribuite alle Province), eserciti il controllo selettivo della fauna in sovrannumero mediante “cattura” (termine che va però interpretato alla luce dell’art. 19 della L. n. 157 del 1992, che utilizza il ben più ampio concetto di “metodi ecologici”) ovvero, qualora l'ISPRA verifichi l'inefficacia degli altri metodi, mediante piani di abbattimento (comma 2). La legge statale di principio stabilisce dunque una rigida subordinazione dei piani di abbattimento alla preventiva utilizzazione dei metodi ecologici su parere dell'ISPRA, mentre l'abbattimento è permesso solo se l'ISPRA ha verificato l'inefficacia dei metodi ecologici;

- come ribadito in più occasioni anche dalla Corte Costituzionale, la disposizione statale, in quanto preordinata alla preservazione della fauna, è inderogabile da parte della legislazione regionale (vedasi la sentenza n. 278 del 2012) ed essa assegna particolare valore all'intervento dell'ISPRA allo scopo di garantire l'osservanza di livelli minimi e uniformi di protezione ambientale. La priorità dei “metodi ecologici” rispetto ai piani di abbattimento deve essere dunque assicurata senza alcun tipo di eccezione e deroga da parte della legislazione regionale;

- l’impugnata D.G.R. n. 645/2018 non è conforme al suddetto principio di gradualità, dal momento che prescrive i piani di abbattimento senza che ci sia stata una verifica in concreto estesa a tutto il territorio interessato dal Piano dell'inefficacia dei “metodi ecologici”. La Regione Marche, quand’anche avesse valutato gli esiti dei metodi alternativi, ha omesso di dare conto di tale valutazione e, soprattutto, ha omesso di fornire i relativi dati all’ISPRA ai fini dell’espressione del parere di competenza;

- peraltro, da un attento esame dei dati contenuti nel Piano regionale impugnato (che riporta dati forniti dalle singole Province riferiti al periodo 2012-2017) emergerebbe la quasi totale assenza del ricorso ai “metodi ecologici” (quali trappole, recinzioni elettrificate, colture "a perdere", interventi con repellenti odorosi, recinzioni meccaniche, cannoncini dissuasori). Emerge altresì che, laddove i metodi ecologici sono stati utilizzati, essi hanno fornito buoni risultati, per cui la Regione avrebbe dovuto semmai implementare il ricorso a tali metodi e solo in caso di accertata inefficacia di tale strategia avrebbe potuto prescrivere i piani di abbattimento;

La D.G.R. n. 645/2018 sarebbe illegittima anche per difetto di istruttoria e di motivazione, e ciò in considerazione dei contenuti e della natura del parere - sfavorevole - che l'ISPRA ha espresso sul Piano. La Regione, una volta richiesto il parere all'ISPRA, avrebbe dovuto modificare il Piano secondo le indicazioni dell'Istituto (con particolare riferimento alle critiche sull’utilizzo della braccata) oppure discostarsene ma fornendo adeguata motivazione. La Regione Marche si è invece discostata de plano dal parere ISPRA nonché da quello espresso dalle Polizie provinciali, senza motivare tale scelta.

3) Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 25 della L.R. Marche n. 7 del 1995. Eccesso di potere per difetto ed errore di motivazione e di istruttoria, e per sviamento della causa tipica. Errore di presupposto in fatto e in diritto in ragione del mancato accertamento del requisito fondamentale della “presenza in sovrannumero” della fauna oggetto del piano.

Con questo motivo le ricorrenti evidenziano che la D.G.R. impugnata è illegittima anche per il fatto che nella specie manca il presupposto fondamentale in presenza del quale l'art. 25 L.R. della L.R. n. 7 del 1995 (in ciò dettando una normativa di maggior tutela rispetto alla legge quadro nazionale, cosa che è certamente permessa alle Regioni) consente il controllo selettivo delle specie di fauna selvatica, cioè il "sovrannumero" delle stesse. Ciò è confermato dal documento istruttorio annesso alla D.G.R., in cui si afferma erroneamente che "…il Piano in esame fonda il presupposto degli interventi di controllo numerico del cinghiale, non sulla presenza più o meno elevata di individui di cinghiale ma sulla rilevanza dei danni che questi determinano alle produzioni agricole…". E prosegue dicendo che "…l'aspetto di maggior interesse per individuare le aree di intervento è da ricercare nella quantità e distribuzione dei danni (...)". A ciò si aggiunga che in tutto il Piano non vi è traccia di una analisi numerica e quantitativa sulla presenza del cinghiale nell’intero territorio regionale e neppure a livello provinciale, tale da poter consentire di affermare con certezza che la specie sia "in sovrannumero". Del resto, anche l'ISPRA, nel proprio parere, censurava la mancata indicazione delle modalità e tecniche di stima della popolazione del cinghiale utilizzate per ottenere i valori riportati;

4) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 paragrafo 3 della direttiva 92/43/CEE ("habitat"), dell’art. 5, comma 1, e dell’art. 6, comma 2, del D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357 s.m.i. Mancata effettuazione della valutazione di incidenza sul piano di controllo. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 6, comma 2, del D.lgs. n. 152 del 2006 per mancata sottoposizione a procedura di VAS del piano quinquennale di controllo. Eccesso di potere per carenza e/o illogicità della motivazione e per sviamento della causa tipica. Errore di presupposto in fatto e in diritto.

Si lamenta la mancata sottoposizione del Piano a Vas e Valutazione d’Incidenza.

Con il ricorso per motivi aggiunti in data 16 gennaio 2019 le ricorrenti contestano che con l’impugnata D.G.R. n. 1469/2018, dopo il capitolo 6 dell'allegato A) della D.G.R. n. 645/2018, è stato inserito il capitolo 7, il quale prevede quanto segue: “7. Controllo numerico diretto del cinghiale 2018-2020 Fino al 31 dicembre 2020, in via sperimentale e straordinaria, fermo restando tutto quanto contiene il Piano di cui trattasi (DD.GG.RR. nn. 645/18 e 1103/18), l'attività di controllo numerico del cinghiale può essere effettuata dai proprietari o conduttori dei fondi, al fine di contenere i danni agricoli, oltre a quanto già previsto (capitolo 3.2.1 e capitolo 3.2.2), attraverso cattura e/o abbattimento sui fondi, in ogni fase del ciclo produttivo, ricadenti nelle zone A), B) e C), compresi gli istituti faunistici in cui è vietato l'esercizio venatorio ai sensi della L. n. 157/92, secondo le seguenti modalità” (e di seguito sono elencate nel dettaglio tali modalità).

Con i motivi aggiunti deducono quindi le seguenti censure.

e) Invalidità derivata da quella dei provvedimenti impugnati nel ricorso introduttivo;

f) Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 19 della L. n. 157 del 1992 e conseguente violazione dell'art. 117, comma 2, let. s), Cost. Violazione dell’art. 25 L.R. n. 7 del 1995. Eccesso di potere per carenza e difetto di istruttoria e di motivazione e per sviamento della causa tipica.

A detta delle ricorrenti la D.G.R. n. 1469/2018 amplia in maniera significativa sia le aree e i tempi di intervento del controllo del cinghiale, sia i soggetti che possono effettuare tale controllo, in tal modo accentuando la violazione degli standards minimi di tutela imposti dalla L. n. 157 del 1992 già posta in essere con la D.G.R. n. 645/2018.

Infatti, in base alla D.G.R. n. 1469/2018 fino al 31 dicembre 2020 non ci saranno più limiti di alcun genere per quanto attiene alle modalità operative di intervento nelle diverse zone (A, B o C) che, invece, nella D.G.R. n. 645 erano normate in maniera articolata e differenziata per ogni tipo di zona.

La motivazione, riportata nel documento istruttorio con riferimento alle preoccupazioni del mondo agricolo per la salvaguardia delle proprie attività a seguito dell’ordinanza cautelare n. 5165/2018 del Consiglio di Stato (che ha sospeso in parte l’efficacia del Calendario Venatorio 2018/2019 della Regione Marche) sarebbe insufficiente.

Si sono costituiti in giudizio la Regione Marche e l’Ambito Territoriale di Caccia AN2, resistendo al ricorso.

Con ordinanza collegiale n. 251 del 2019, il Tribunale ha sollevato la questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 25, commi 2-bis (ultimo periodo) e 3, della L.R. Marche 5 gennaio 1995, n. 7 e s.m.i. - nella parte in cui tali disposizioni ampliano il novero dei soggetti attuatori dei piani di controllo della fauna selvatica rispetto all’elencazione di cui all’art. 19, comma 2, della L. 11 febbraio 1992, n. 157 - per contrasto con l’art. 117, comma 2, let. s), Cost. La questione è stata dichiarata inammissibile dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 160 del 2020.

Alla pubblica udienza del 9 novembre 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

1 In primo luogo deve essere respinta l’eccezione di sopravvenuta carenza d’interesse dedotte dalla Regione Marche relativamente alla mancata impugnazione dei Piani operativi delle ATC di cui al piano oggetto del ricorso e alla scadenza del piano. Infatti, il piano è ancora in corso per l’anno 2023 e non risulta ancora sostituito. Inoltre, la natura esclusivamente programmatoria del Piano rispetto ai Piani Operativi non è affermata dalla Regione Marche

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