TAR Milano, sez. I, sentenza breve 2015-10-19, n. 201502219

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. I, sentenza breve 2015-10-19, n. 201502219
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 201502219
Data del deposito : 19 ottobre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02044/2015 REG.RIC.

N. 02219/2015 REG.PROV.COLL.

N. 02044/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 2044 del 2015, proposto da:
W P, rappresentato e difeso dagli avv.ti S V e G Q, con domicilio eletto presso lo studio della prima in Milano, corso Venezia, 35

contro

Ministero dell'Interno - Direzione Prefettura di Milano, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Milano, Via Freguglia, 1

per l'annullamento

del provvedimento del Prefetto della Provincia di Milano n. 2015/6794 del 15 luglio 2015, notificato il 5 agosto 2015, che ha disposto la revoca della patente di guida n. U1H530963L e di ogni altra patente di guida in possesso del ricorrente;

di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno Direzione Prefettura di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 ottobre 2015 il dott. Roberto Lombardi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 e dell’art. 73, comma 3 del c.p.a.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso depositato l’11 settembre 2015 W P ha chiesto l’annullamento, previa sospensione incidentale, del provvedimento con cui è stata disposta la revoca della sua patente di guida.

L’atto impugnato è stato emesso con riferimento agli artt. 120 e 219 del Codice della strada, avendo il Prefetto competente accertato il venir meno dei requisiti morali di legge in capo al ricorrente a seguito della sua condanna definitiva per il reato di cui all’art. 73, comma 5 del d.P.R. n. 309/1990.

Il sig. Puglisi ha dedotto l’illegittimità del provvedimento impugnato sotto il profilo della violazione della normativa di settore e dell’eccesso di potere per disparità di trattamento, difetto di istruttoria e difetto di motivazione.

Si è costituita con memoria di stile l’amministrazione convenuta, e in sede di trattazione della domanda cautelare alla camera di consiglio del 7 ottobre 2015 è stato dato avviso alle parti, prima della discussione, che il Collegio avrebbe potuto definire il giudizio con sentenza in forma semplificata ex art. 60 c.p.a., ponendo a fondamento della decisione la possibile rilevanza (accertata di ufficio) di un difetto di giurisdizione.

Ritiene il Collegio che il ricorso sia inammissibile, per i motivi che si vanno ad esporre.

Il giudizio verte su una revoca della patente di guida per il sopravvenire di circostanze preclusive, afferenti all’assenza dei requisiti morali per conservare il suddetto titolo abilitativo.

La norma di legge cui si è conformata l’amministrazione resistente nell’emissione del provvedimento di revoca è l’art. 120, comma 2 del d.lgs. n. 285/1992, da leggere in combinato disposto con il comma 1 del medesimo articolo.

In sintesi, tali disposizioni impongono all’Autorità competente (nel caso di specie, il Prefetto) di revocare la patente alle persone condannate, tra l’altro, “per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309”.

Trattasi di disposizione che non distingue tra le singole ipotesi di reato previste dalla norme citate e che vincola interamente l’azione dell’amministrazione sia nei presupposti (esistenza delle condanne ivi elencate) sia nel contenuto (revoca della patente), e ciò in base ad una considerazione di inopportunità assoluta, presunta dalla legge, che soggetti legati nel loro recente passato a fenomeni di tossicodipendenza possano circolare con veicoli a motore.

Tanto premesso, il Collegio condivide e recepisce sul punto le conseguenze in tema di giurisdizione che un orientamento ormai consolidato della Corte di Cassazione fa derivare dalla natura del potere esercitato, nel caso di specie, dall’amministrazione (si veda, per una fattispecie analoga, sent. Cass. Civ. Sezioni Unite n. 10406/2014).

Poiché trattasi di provvedimento prefettizio di revoca della patente in dipendenza di condanna passata in giudicato, che quindi non esprime esercizio di discrezionalità amministrativa, cioè di potere idoneo a degradare la posizione di diritto soggettivo della persona abilitata alla guida, ma è un atto dovuto - nel concorso delle condizioni all'uopo stabilite dalla norma -, si deve affermare che la domanda rivolta a denunciare l'illegittimità del suddetto provvedimento si ricollega ad un diritto soggettivo, e che, di conseguenza - in difetto di deroghe ai comuni canoni sul riparto della giurisdizione - spetta alla cognizione del Giudice ordinario.

Il ricorso è dunque inammissibile per difetto di giurisdizione.

Le spese del giudizio possono essere compensate, in relazione alla novità della questione trattata.

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