TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2017-01-10, n. 201700368

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2017-01-10, n. 201700368
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201700368
Data del deposito : 10 gennaio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/01/2017

N. 00368/2017 REG.PROV.COLL.

N. 05289/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5289 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
L L, G P, E S, V D R, P N, G P, A M, R C, R D D e M M, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato R D C, C.F. DCMRFL63S60H501V, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via D. Azuni, 9;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Pasqualino Vincenzi, Adele Bonfigli, Gianna Giansanti, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- della graduatoria di ammissione al corso teorico-pratico relativo alla procedura di selezione a 87 posti per il passaggio dall'area funzionale B all'area funzionale C, pos.ec. C1, approvata in data 17 ottobre 2010 - risarcimento danni;

con motivi aggiunti del 25 marzo 2011,

- della graduatoria finale di merito approvata in data 14 gennaio 2011;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2016 la dott.ssa Paola Patatini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Col presente ricorso, successivamente integrato da motivi aggiunti, gli odierni ricorrenti, tutti dipendenti del Ministero della Difesa come personale civile, quali tecnici di radiologia, impugnano la graduatoria finale e gli atti procedurali presupposti, relativi al concorso interno a 87 posti per il passaggio dall’area funzionale “B” a quella “C”, posizione economica C1, profilo professionale n.1207 di Collaboratore Professionale sanitario del settore n. 1200 della Sanità, con le specializzazioni di “Infermiere”, “Tecnico sanitario di laboratorio biomedico” e “Tecnico sanitario di radiologia medica”.

Premettono in fatto, dopo un lungo excursus storico-normativo sulla figura professionale del tecnico capo di radiologia, di aver partecipato alla selezione in questione relativamente alla copertura di 44 posti di Tecnico sanitario di radiologia medica per la Regione Lazio, ma di non aver superato la prima prova, consistente della risoluzione di tre quesiti a risposta sintetica, per mancato raggiungimento del punteggio minimo richiesto.

La selezione, infatti, era articolata su più momenti valutativi.

Superata la prova scritta con almeno 42/60, sarebbero stati valutati i titoli di servizio, sulla base del cui punteggio, sommato a quello della prima prova, sarebbe stata redatta una graduatoria dei candidati idonei, da ammettere alla partecipazione al corso teorico-pratico, all’esito del quale era previsto un esame finale.

Il punteggio riportato in detto esame, sommato a quello della graduatoria già stilata per l’ammissione al corso, avrebbe costituito, infine, il voto finale, sulla base del quale redigere la graduatoria di merito dei vincitori.

I ricorrenti, avendo tutti riportato un punteggio inferiore a 42/60, sono stati quindi esclusi dalla graduatoria degli idonei.

Pertanto, dopo aver ottenuto la relativa documentazione in sede di accesso, gli stessi hanno adito questo Tribunale per ottenere l’annullamento degli atti della procedura, nonché il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, asseritamente subiti.

Il gravame, ed i motivi aggiunti che riportano specularmente le stesse censure del ricorso originario, è affidato ad otto motivi di doglianza, così sinteticamente riportati:

1) Violazione dell’art.35, D.lgs. n. 165 del 2001 e violazione del DPR n. 487 del 1994;
incompatibilità;
violazione della par condicio - in quanto la commissione di concorso non sarebbe stata composta da esperti, di provata competenza, nelle materie oggetto di selezione, né sarebbe stata scelta in modo da assicurare la necessaria imparzialità, in quanto un componente avrebbe avuto un “particolare rapporto” con 5 partecipanti, e non si sarebbe astenuto;

2) Violazione dell’art. 11, DPR n. 487/94;
violazione del principio di buon andamento - in quanto sarebbe mancata, da parte dei commissari, una previa dichiarazione circa l’assenza di cause di incompatibilità;
inoltre, non sarebbe stato fissato il termine per la conclusione della procedura;

3) Violazione dell’art. 12, DPR n. 487/94;
violazione dei principi di trasparenza, imparzialità e par condicio - in quanto i criteri per la valutazione dei titoli sarebbero stati fissati in data 1° dicembre 2008, dopo la prova scritta (tenutasi in data 19 novembre 2008), e non nella prima riunione della commissione (tenutasi in data 27 ottobre 2008);

4) Violazione dell’art. 4 del bando e dell’art.8, DPR n. 487/94 - in quanto la valutazione dei titoli è stata fatta prima di quella delle prove scritte;

5) Violazione art. 4 del bando con riferimento alla materia della prova scritta - in quanto i tre quesiti, su cui era articolata la prova scritta, non vertevano sulla materia dell’informatica, invece prevista nel bando;

6) Illegittimità criteri di valutazione delle prove scritte - in quanto si risolverebbero in clausole di stile standardizzate, non oggettive, né trasparenti;

7) Violazione art. 3, l. n. 241 del 1990, arbitrarietà, travisamento dei fatti - in quanto per ogni valutazione, la verbalizzazione sarebbe uguale per tutti i candidati. Gli stessi ricorrenti, pur avendo risposto a tutti e tre i quesiti, non hanno raggiunto il punteggio minimo;

8) Segni di riconoscimento negli elaborati degli idonei.

Per resistere al gravame, si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa.

In vista della trattazione del merito, entrambe le parti hanno depositato memorie e replica, argomentando in merito ad ogni motivo di ricorso.

All’udienza odierna, la causa è passata in decisione.

Va preliminarmente affermata la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo per la presente controversia, vertendo su progressioni cd. verticali, mediante le quali si realizza il passaggio ad un'area, o categoria, o fascia funzionale superiore, che dà vita ad una novazione oggettiva del rapporto. Pertanto, la giurisprudenza (tra tutte, Cass., SS.UU., n. 3051/2009) ne ha ormai affermato la spettanza al giudice amministrativo.

Ciò premesso, il Collegio ritiene che il ricorso non meriti accoglimento, in quanto le censure formulate risultano infondate, quando non inammissibili per genericità, mancanza di prova o persino di interesse, alla luce delle seguenti considerazioni.

1. La prima doglianza, relativa alla mancanza di competenza specifica e di imparzialità in capo alla commissione, va disattesa in considerazione del fatto che tra i componenti si annoverano sia medici di professione, che personale amministrativo altamente qualificato (Dirigente amministrativo di II fascia). Inoltre, dovendo un’unica commissione procedere alla valutazione di tutti i candidati, per le diverse specializzazioni (Tecnico di laboratorio, Infermiere, Tecnico sanitario di radiologia medica), non può pretendersi, come invece voluto dai ricorrenti, che i Commissari dovessero tutti essere iscritti nell’Albo professionale dei Tecnici sanitari di radiologia medica.

Tra l’altro, anche da una semplice lettura della declaratoria professionale del profilo di Collaboratore professionale sanitario, quale quello in concorso, si evince la poliedricità delle funzioni cui lo stesso può essere preposto, quasi a contenuto manageriale, che avvalora ulteriormente la legittimità della presenza in commissione anche di personale amministrativo (come tra l’altro previsto nel bando).

Si ritiene pertanto, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, che la composizione della commissione fosse idonea ad assicurare il possesso in capo alla stessa di una competenza sufficiente a valutare tutti i candidati.

Inoltre, la successiva nomina di una nuova commissione per l’esame finale, sostenuto all’esito del corso teorico-pratico, non può ritenersi di “valenza confessoria in merito al riconoscimento dell’incompetenza dei membri della prima”.

Lungi infatti dalla finalità di voler sanare la composizione della prima commissione, la nomina di una seconda e diversa è il logico corollario della organizzazione della stessa procedura concorsuale: questa, infatti, prevedeva una prima selezione, volta all’individuazione di candidati da ammettere alla partecipazione al corso pratico, affidata ad una commissione appositamente nominata per la valutazione della prova selettiva e dei titoli e la redazione della relativa graduatoria (art.4 del bando). Ne deriva che la successiva fase selettiva, condotta dopo lo svolgimento del corso, andava affidata ad una diversa commissione, avendo la prima già esaurito il proprio compito.

Non vi è chi non veda come tale modus procedendi sia, in realtà, proprio a garanzia dell’imparzialità della selezione finale, e non un suo vizio.

Con riferimento poi all’asserita causa di incompatibilità di uno dei commissari, va rilevato che la circostanza, generica, che questi abbia lavorato nella stessa struttura dove prestano servizio alcuni candidati, non può ritersi sufficiente a realizzare un fondato sospetto circa la sussistenza di uno stretto sodalizio tra i candidati interessati e il commissario.

Traslando infatti i principi costantemente affermati dalla giurisprudenza in materia di concorsi universitari ( ex multis , Cons. Stato, Sezione III, 8 settembre 2015, n. 4185), si deve ribadire che la semplice collaborazione scientifica tra un componente della commissione di concorso e un candidato – che nella specie è stata indicata dalle parti come “particolare rapporto…in quanto ha lavorato insieme a loro, sia pure nell’ambito di diverse professionalità (essendo medico)” – non configura di per sé una situazione di incompatibilità tale da giustificare l'astensione del commissario, a meno che la collaborazione non sia in realtà espressione dell'esistenza di una più solida e stabile comunanza di interessi economici e di vita;
circostanza che, per le ragioni sopra dette, non può ritenersi esistente nella fattispecie.

Inoltre, non risulta affatto provato che il commissario in questione, il quale, come ammesso dalla difesa di parte, è stato Capo Reparto di alcuni ricorrenti, avrebbe avuto nei confronti di questi un comportamento vessatorio in ragione di alcune contestazioni tecniche mosse dai ricorrenti al suo operato, mentre avrebbe favorito alcuni vincitori che lo avrebbero invece assecondato in tutto e per tutto.

Alla luce di quanto sopra detto, il motivo va quindi disatteso.

2. A pari conclusione deve giungersi anche con riguardo all’asserita violazione dell’art.11, DPR 487/94, per non avere la commissione stabilito il termine del procedimento concorsuale.

Come è stato invero già affermato, la mancata previa fissazione del termine di conclusione del procedimento concorsuale da parte della commissione, non supera la soglia della mera irregolarità considerato che il comma 5 del medesimo articolo comunque prevede per tale conclusione il termine di “sei mesi dalla data di effettuazione delle prove scritte” (Cons. Stato, Sezione VI, 11 dicembre 2013, n. 5947).

Nella specie, se è incontestato che le operazioni concorsuali di valutazione dei candidati si sono concluse nell’ottobre 2010, con l’approvazione della graduatoria degli idonei per l’ammissione al corso teorico-pratico, a distanza di quasi due anni dallo svolgimento della prova scritta, non può negarsi che tale ritardo sia principalmente imputabile alla sospensione della procedura stessa, in ragione della richiesta di parere al Consiglio di Stato, in merito ad alcune problematiche sorte nell’iter procedurale (v. verbale n. 5 e 6), che ha comportato uno stallo delle attività tra dicembre 2008 e luglio 2009, e non già sintomo di farraginosità, poca trasparenza e illegittimità della procedura.

Va comunque precisato che la previsione del termine stesso, funzionalmente volta alla celerità e certezza di conclusione del concorso, non ha chiaramente natura perentoria, da ciò non potendo pertanto derivare l’illegittimità nel senso voluto dai ricorrenti, tale da invalidare e annullare l’intero concorso, potendo semmai rilevare in una eventuale sede risarcitoria sotto il profilo del danno da ritardo.

Tuttavia, come correttamente rilevato dalla difesa erariale, tale aspetto non potrebbe comunque interessare i ricorrenti, non essendo risultati tra i vincitori, e quindi non potendo vantare alcun interesse giuridicamente qualificato ad una più celere conclusione dell’iter della selezione, onde poter essere beneficiari dell’assegnazione del trattamento giuridico ed economico della superiore area.

In ultimo, la denunciata illegittimità circa l’omessa dichiarazione dell’assenza di causa di incompatibilità è smentita dalle stesse carte, da cui risulta che nella seduta del 19 novembre 2008 “ i componenti della Commissione, presa visione dell’elenco dei partecipanti, dichiarano che non sussistono situazioni di incompatibilità tra essi e i concorrenti ai sensi degli articoli 51 e 52 del c.p.c. ” (verbale n. 2).

3. Con riferimento alla denunciata violazione dell’art.12, DPR n. 487, per non avere la commissione fissato i criteri di valutazione dei titoli nella prima seduta, bensì dopo l’espletamento della prova scritta, vale ribadire quanto chiarito in giurisprudenza per cui la previsione, di cui al citato art. 12, della fissazione dei criteri di valutazione nella prima riunione “pone l'accento sulla necessità della determinazione e verbalizzazione dei criteri stessi in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti. È stata pertanto ritenuta legittima la determinazione dei predetti criteri di valutazione delle prove concorsuali, anche dopo la effettuazione di queste, purché prima della loro concreta valutazione”, cioè “della effettiva correzione e valutazione delle prove scritte” (Cons. Stato, Sezione VI, n. 5947 cit.;
Cons. Stato, Sezione V, 4 gennaio 2011, n. 8).

Nel caso in esame, correttamente dunque si è proceduto a fissare i criteri per la valutazione dei titoli dopo lo svolgimento della prova scritta, ma prima della relativa correzione.

4. Del pari non si ritiene sussistente neppure la violazione dell’art.4 del bando e dell’art.8, del DPR n. 487, laddove è previsto che la valutazione dei titoli avvenga dopo le prove scritte.

In effetti, è quanto accaduto nel caso in esame, laddove i titoli sono stati valutati prima della correzione dello scritto, e quindi dopo il suo svolgimento. La tesi ricorrente pare infatti confondere i due distinti momenti dello svolgimento e della successiva correzione della prova, ed è quindi da respingere.

5. Non condivisibile è, poi, la censura circa il mancato inserimento dell’informatica tra gli argomenti d’esame.

Anche a prescindere dall’effettiva sussistenza di un interesse delle parti a riguardo, non essendo stato chiarito come l’omissione di tale argomento possa aver pregiudicato i ricorrenti, è evidente come l’aver strutturato la prova selettiva nella risoluzione di 3 quesiti, vertenti tuttavia su 4 possibili e distinti argomenti (elementi di diagnostica per immagine, elementi di igiene ed epidemologia, statistica medica, informatica), comporta che uno di questi in sede di prova possa non venire estratto.

6. Con riguardo alla denunciata illegittimità dei criteri di valutazione delle prove scritte, il Collegio non ritiene che gli stessi possano definirsi “clausole di stile standardizzate, non oggettive” e violative della trasparenza.

La commissione ha anzi elaborato una griglia di punteggi, prevedendo diverse fasce, a seconda del grado di preparazione e approfondimento dell’elaborato, individuando per ogni punteggio, un giudizio corrispondente, a sua volta giustificato nei suoi elementi.

La modalità con cui sono stati elaborati i criteri, prevedendo dei giudizi variamente graduati a seconda del parametro numerico attribuito all’elaborato cui corrisponde un determinato livello di conoscenza, teorica e pratica, è assolutamente chiara e intellegibile.

D’altronde, la difesa ricorrente non ha dedotto alcun concreto vizio degli stessi, limitandosi ad asserirne la genericità e l’inidoneità a verificare il possesso dei requisiti in capo ai candidati, né ha formulato specifiche censure con riferimento alla valutazione degli elaborati dei ricorrenti.

7. Non ravvisabile è poi il denunciato vizio di sviamento, arbitrarietà, violazione dell’art.3, l n. 241 del 1990, tenuto conto del consolidato, quanto noto, orientamento sulla sufficienza del voto numerico, quale motivazione sintetica, idonea a rendere palese la valutazione compiuta dalla commissione senza necessità di segni o glosse sugli elaborati, cui il Collegio integralmente rinvia.

Né condivisibile è quanto da ultimo evidenziato nella memoria di replica del 14 ottobre 2016 (pag.18), laddove le parti si dolgono che le prove scritte hanno avuto ad oggetto due argomenti, su tre, non inerenti al profilo professionale per cui è causa (epidemologia e statistica).

A riguardo, basta infatti osservare che le materie oggetto di prova erano state preliminarmente individuate e fissate nella lex specialis , da cui derivava un onere, per ciascun candidato, di prepararsi adeguatamente, al fine di acquisire una conoscenza teorica necessaria per il superamento dell’esame.

8. Da ultimo, vale rilevare come l’illegittimità per la presenza di segni di riconoscimento sia, di per sé, già smentita dalla stessa produzione di parte.

Invero, gli elaborati dei controinteressati, prodotti in giudizio, nulla comprovano a sostegno di tale doglianza, che va rigettata in quanto assolutamente generica.

9. Dall’infondatezza delle doglianze, segue infine la reiezione anche della domanda risarcitoria, atteso che non si è realizzato, nella specie, il presupposto indefettibile dell’illegittimità dell’operato della p.a., per la configurazione di una sua responsabilità aquiliana.

10. In conclusione, alla luce di tutto quanto sopra esposto, il ricorso, come integrato da motivi aggiunti, va integralmente respinto.

11. Le spese di lite seguono la soccombenza, da liquidarsi in dispositivo.

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