TAR Firenze, sez. III, sentenza 2018-01-30, n. 201800154

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. III, sentenza 2018-01-30, n. 201800154
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201800154
Data del deposito : 30 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/01/2018

N. 00154/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01238/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1238 del 2017, proposto da:
C M e M G G S, rappresentati e difesi dagli avvocati G G e I C, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Firenze, corso Italia, 2;

contro

Comune San Vincenzo, rappresentato e difeso dall'avvocato R G, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Luca Capecchi in Firenze, via G. La Pira, 17;

nei confronti di

Agi S.p.a., S L, G P L, rappresentati e difesi dagli avvocati A C, R T e D Bassi, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Firenze, via degli Artisti, 20;

per l'annullamento:

- del permesso di costruire C/2017/30 del 31/08/2017, rilasciato dal Dirigente del Settore Governo del Territorio - Ambiente SUAP del Comune di San Vincenzo alla società Agi Spa e ai Sigg.ri S L e G P L per l'esecuzione dei lavori di "sostituzione e ristrutturazione edilizia" del fabbricato sito in Via Pianosa, 4/12;

- di ogni atto presupposto, connesso e/o conseguente, ancorché incognito, fra cui, ove occorra, nella denegata ipotesi in cui ad essi sia data un'interpretazione conforme a quella sostenuta dall'Amministrazione municipale nel verbale del Consiglio comunale del 27.09.2017 (cioè, ove per assurdo doveva essere intesa nel senso di consentire, ammettere, il rialzamento delle coperture degli edifici esistenti, a condizione che i nuovi fabbricati non superino la "linea del cielo" delimitata dagli edifici più alti circostanti), della delibera del Consiglio Comunale n. 97 del 29.11.2016 in partibus quibus, avente ad oggetto "la correzione dell'errore materiale elaborato rca "disciplina del piano del nuovo piano strutturale ed interpretazione normativa. Provvedimenti."


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune San Vincenzo e di Agi Spa e di S L e di G P L;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2018 il dott. Raffaello Gisondi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con sentenza n. 626 del 3/05/2017 questo Tribunale, in accoglimento del ricorso presentato dai Sig. C M e Maria Grazia Sagaci annullava il permesso di costruire rilasciato dal comune di S. Vincenzo in favore dei proprietari di un vicino fabbricato mono piano di cui era prevista la demolizione e sostituzione con una nuova palazzina di quattro piani che avrebbe parzialmente occluso la vista mare di cui essi godono dal proprio appartamento sito in un prospiciente condominio.

Con la predetta sentenza veniva accertata la sussistenza in capo ai ricorrenti di un interesse legittimo che li abilitava ad agire e veniva altresì accertato che nell’area in cui avrebbe dovuto essere realizzato l’intervento operavano (in regime di salvaguardia fino alla approvazione del regolamento urbanistico) gli artt. 37 e 38 del piano strutturale che per le zone site nella fascia più vicina al litorale, denominate “città sul mare” e “città consolidata”, vietano il rialzamento delle coperture degli edifici, al fine di non alterare la percezione dello sky line urbano attuale dal mare.

A seguito della predetta pronuncia la S.r.l. Agi e gli altri proprietari dell’immobile limitrofo a quello dei ricorrenti hanno presentato al comune di S. Vincenzo una nuova istanza di permesso di costruire che prevede la realizzazione di un edificio di tre piani (considerevolmente più alto di quello preesistente) ma con copertura piana a terrazza anziché spiovente.

L’accoglimento della istanza ha provocato un nuovo ricorso da parte dei Sig.ri Molta e Sagaci che oggi viene in decisione.

Al fine di meglio chiarire i presupposti sulla base dei quali il comune di S. Vincenzo ha ritenuto di poter rilasciare il nuovo permesso è stata disposta istruttoria presidenziale ottemperata con il deposito in data 25/10/2017 di una relazione dell’Ufficio urbanistica.

Da questa si evince che secondo il Comune intimato la disciplina dettata dall’art. 37 del piano strutturale non impedirebbe in senso assoluto la sopraelevazione ma precluderebbe solo i rialzamenti suscettibili di alterare lo sky line, la cui nozione dovrebbe desumersi dalla delibera consiliare n. 97 del 2016.

Tale delibera avrebbe, infatti, inteso dare una “interpretazione univoca” agli artt. 37 e 38 del P.S. in base alla quale essendo lo sky line urbano rappresentato dalla linea ideale che sovrasta i punti più elevati degli edifici presenti, la sopraelevazione sarebbe consentita fino al raggiungimento della loro altezza.

Poiché il rialzamento previsto dal nuovo progetto sarebbe contenuto entro il predetto limite, il Comune non avrebbe ravvisato alcuno ostacolo alla sua approvazione.

Siffatta interpretazione estensiva viene, tuttavia contestata dai ricorrenti i quali osservano che il divieto di sopraelevazione previsto dalle menzionate norme del piano strutturale avrebbe carattere perentorio e ammetterebbe solo deroghe specifiche non ricorrenti nel caso di specie.

Si sono costituiti in giudizio il comune di S. Vincenzo e i controinteressati i quali hanno riproposto le eccezioni di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione ed interesse ad agire e le argomentazioni già spese nel precedente ricorso per dimostrare la non applicabilità delle norme del P.S. al caso in esame.

Oltre a ciò i controinteressati hanno dedotto nuove ragioni a sostegno della eccezione di carenza di legittimazione ed interesse dei ricorrenti, affermando che gli stessi sarebbero portatori di interessi non meritevoli di tutela avendo realizzato nella unità immobiliare che si pretende pregiudicata dall’intervento assentito, lavori abusivi consistenti nella realizzazione di un bagno in luogo di una preesistente soffitta.

Entrambe le parti intimate hanno altresì dedotto la inammissibilità del ricorso laddove impugna tardivamente la delibera consiliare n. 97 del 2016 contestando il nuovo permesso di costruire nella parte in cui ne avrebbe fatto doverosa applicazione.

Il ricorso è ammissibile e fondato.

Occorre in primo luogo chiarire la portata e la rilevanza della sentenza n. 626/2017 nel presente giudizio.

Vero è che la stessa, essendo stata impugnata, non è idonea a produrre gli effetti sostanziali e processuali del giudicato. Nondimeno le questioni da essa decise (ossia tutte le questioni che astrattamente potrebbero rientrare nello spettro del giudicato) determinano comunque una preclusione derivante dal principio del ne bis in idem che impedisce di rendere un nuovo giudizio nel medesimo grado in ordine agli stessi oggetti.

Il fatto che il presente giudizio riguardi l’impugnazione di un nuovo atto non vale di per sé a mettere fuori campo l’operatività della richiamata sentenza.

E’ noto, infatti, che il giudicato amministrativo (e, quindi anche la portata del decisum ai fini della operatività del ne bis in idem) non cade solo sulla illegittimità del singolo provvedimento impugnato ma si estende a tutti gli aspetti della funzione amministrativa esercitata che sono stati presi in esame nella motivazione della sentenza.

L’accertamento giudiziale investe quindi tutti gli aspetti inerenti l’interpretazione di norme o l’accertamento dei fatti implicati nell’esercizio di un potere in una determinata fattispecie concreta e vincola sia l’amministrazione sia il giudice qualora sia nuovamente chiamato a decidere una controversia inerente i medesimi profili.

Tali considerazioni giustificano la decisione del Collegio di non tornare sulle questioni già delibate con la sentenza n. 626 del 2017 anche in ordine alla legittimazione dei ricorrenti (e salvo quanto si dirà in ordine alla asserita non meritevolezza dell’interesse dagli stessi azionato).

Sul punto vale ancora la pena di osservare che nel processo amministrativo l’accertamento della legittimazione attiva non ha, come in quello civile, una portata meramente processuale in quanto non si basa sulle affermazioni contenute nella domanda ma è il risultato della applicazione di norme sostanziali ad una situazione concreta che costituisce il punto di emergenza di determinati interessi materiali di cui il giudice deve appurare la qualificazione normativa al fine di stabilire se si tratti di interessi legittimi o di interessi di mero fatto.

Trattandosi di un accertamento che investe la concreta esistenza di una posizione giuridica sostanziale esso è, pertanto, idoneo a formare oggetto di giudicato e, quindi, anche di decisum ai fini della applicazione del principio del ne bis in idem.

Chiarito tutto quanto sopra i punti “nuovi” su cui il presente giudizio può vertere attengono: a) al permanere dell’interesse a ricorrere rispetto nuova configurazione del progetto assentito;
b) alla meritevolezza dell’interesse azionato in relazione al presunto abuso edilizio che i ricorrenti avrebbero realizzato nella propria unità immobiliare;
c) alla ricevibilità ed ammissibilità del ricorso;
d) alla interpretazione dell’art. 37 del piano strutturale del comune di S. Vincenzo.

Sul primo puto occorre osservare che la sostituzione del tetto spiovente con una terrazza piana non ha fatto venir meno l’interesse dei ricorrenti all’annullamento dell’impugnato permesso edilizio atteso che la configurazione del progetto anche nella sua consistenza attuale è tale da ridurre la visuale panoramica sul mare che si gode dalla unità immobiliare posseduta dai Sig.ri Molta e Sagaci.

Il fatto che la visione del mare non sia impedita ma solo ridotta è circostanza priva di rilevanza in quanto il pregiudizio lamentato in ogni caso sussiste.

Anche le argomentazioni volte a contestare la carenza di legittimazione dei ricorrenti sotto il profilo della immeritevolezza dell’interesse perseguito sono prive di fondamento.

Il presunto abuso che dagli stessi sarebbe stato commesso riguarderebbe, infatti, solo uno dei vani della loro appartamento che per il resto è pacificamente del tutto legittimo anche con riguardo alle altre stanze illuminate dalle finestre dalle quali si gode la vista del mare.

Sicché è fuori discussione il fatto che l’interesse azionato dai ricorrenti sia quello di sfruttare al meglio il risultato di un illecito.

Se poi i controinteressati intendono affermare che chiunque abbia commesso un abuso edilizio anche minimo o comunque parziale perda perciò stesso il diritto ad azionare i propri interessi legittimi avverso provvedimenti edilizi ampliativi che arrechino pregiudizio ai propri beni, una siffatta presa di posizione non può essere condivisa dal Collegio in quanto contraria all’art. 24 Cost. e comunque tendente a conculcare lo status inerente i diritti fondamentali della persona che la eventuale commissione di un illecito amministrativo o financo penale non può far venir meno ove ciò non sia espressamente previsto dalla legge.

Deve essere respinta anche l’eccezione di irricevibilità riferita alla impugnativa della delibera consiliare n. 96 del 2016 e, in via derivata, di inammissibilità per difetto di interesse alla impugnazione del provvedimento permissivo che ne ha fatto applicazione.

La menzionata delibera (peraltro non adottata seguendo il procedimento di variante al p.s.) è infatti volta a dare una interpretazione autentica e vincolante agli artt. 37 e 38 del piano strutturale che non può in alcun modo vincolare il giudice sia esso civile, penale o amministrativo (T.A.R. Milano, sez. IV, 20/10/2008 n. 5165;
Cass. Civ., sez. II, 15 febbraio 1999, n. 1271).

La sua mancata impugnativa non è, pertanto, atta a precludere al Collegio una corretta interpretazione del Piano strutturale ai fini del sindacato relativo alla legittimità dell’impugnato permesso di costruire.

Venendo così ad esaminare la questione circa la portata del divieto di sopraelevazione previsto dall’art. 37 del P.S. occorre in primo luogo osservare che il tenore dello stesso esclude in modo chiaro ed inequivoco il rialzamento delle coperture e, in modo altrettanto chiaro, prevede specifiche deroghe alla regola generale che nella specie non ricorrono.

Il rialzamento è infatti consentito laddove sussistano esigenze tecniche di consolidamento statico o di adeguamento igienico sanitario oppure qualora si voglia procedere ad una riorganizzazione di volumi già esistenti.

Attraverso siffatto divieto gli artt. 37 e 38 del piano strutturale hanno voluto tutelare il cd. sky line urbano intendendolo non come linea orizzontale ideale che congiunge i punti più elevati degli edifici esistenti ma come “ percezione visiva del contesto dal mare ”, ossia come salvaguardia del paesaggio urbano dato dagli edifici presenti lungo la fascia costiera nei loro rapporti spaziali orizzontali e verticali.

Sul punto occorre osservare che, sebbene non sussista una definizione normativa di skyline, tale nozione identifica il profilo che una sequenza di edifici disegna sullo sfondo del cielo. Profilo che in particolari contesti assume un aspetto peculiare dato proprio dalla presenza di edifici di ineuguale altezza che nel loro insieme conferiscono un aspetto caratteristico ad un determinato paesaggio (per alcune esemplificazioni si veda https://it.wikipedia.org/wiki/Skyline).

La tutela dello skyline (laddove prevista) comporta, pertanto, la conservazione dello scenario frastagliato che connota un particolare profilo urbano e non certo la sua eliminazione come accadrebbe qualora fosse consentita la uniformazione delle altezze e la conseguente creazione di vere e proprie barriere murarie che stravolgerebbero il profilo edilizio esistente di una città o di un centro storico.

Per tali ragioni il Collegio ritiene che né il tenore letterale dell’art. 37 del Piano strutturale né la sua finalità possano avallare l’interpretazione che ne ha dato ex post il comune di S. Vincenzo autorizzando la impugnata sopraelevazione che non avrebbe, invece, dovuto essere consentita.

Il ricorso deve, pertanto, essere accolto con assorbimento di ogni altro motivo.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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