TAR Genova, sez. I, sentenza 2014-07-21, n. 201401142

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2014-07-21, n. 201401142
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201401142
Data del deposito : 21 luglio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00534/2009 REG.RIC.

N. 01142/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00534/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 534 del 2009, proposto da:
M G, rappresentato e difeso dagli avv. M M, G P, R D, con domicilio eletto presso R D in Genova, via Corsica 10/4;

contro

Comune di Borgio Verezzi, rappresentato e difeso dall'avv. L C, con domicilio eletto presso L C in Genova, via Macaggi 21/5 - 8;

per l'annullamento

provvedimento di rigetto domanda volta ad ottenere titolo abilitativo per opere di realizzazione piscina in giardino adiacente immobile


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Borgio Verezzi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2014 il dott. Davide Ponte e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso introduttivo del giudizio l’odierna parte ricorrente impugnava il provvedimento di cui in epigrafe con cui era stato respinta istanza di progetto per la realizzazione di una piscina di pertinenza della propria abitazione, motivato con la non ammissibilità ex art. 18 comma 3 lett f) di piano e la mancanza di normativa di piano che la consenta in zona, la destinazione della zona av di connessione che ne sottolinea il valore ambientale del suolo che richiama l’esigenza del mantenimento di una ruralità che potrebbe essere compromessa dalla previsione di manufatti in questione.

Nel ricostruire in fatto e in diritto la vicenda, all'atto impugnato si muovevano pertanto le seguenti censure:

- travisamento dei fatti, difetto istruttoria, in quanto il progetto sarebbe conforme al predetto art. 18 prevedendosi il mantenimento degli ulivi esistenti;

- violazione di legge ed eccesso di potere in quanto, oltre ad essere consentito ciò che non è vietato, la disciplina di piano delle zone agricole applicabile ex artt. 18 e 23 nta prg consente le piscine;

- analoghi vizi in relazione al presunto mantenimento della ruralità, in quanto la destinazione agricola dell’area non è preclusiva della realizzazione di una pertinenza consistente in una piccola piscina destinata al proprietario ed ai propri familiari.

Il Comune intimato si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del gravame.

La causa passava in decisione alla pubblica udienza del 25\6\2014.

Il ricorso è prima facie fondato.

Il diniego in contestazione si fonda su alcune generiche contestazioni, riassunte nelle affermazioni sopra riportate: la non ammissibilità ex art. 18 comma 3 lett f) di piano, essendo la zona destinata a fasce di uliveto e la mancanza di normativa di piano che espressamente consenta le piscine in zona;
la destinazione della zona av di connessione che ne sottolinea il valore ambientale del suolo, che richiama l’esigenza del mantenimento di una ruralità che potrebbe essere compromessa dalla previsione di manufatti in questione.

In generale, costituisce jus receptum ribadito ancora di recente dalla sezione il principio a mente del quale va reputato illegittimo il provvedimento recante sostanziale diniego di titolo edilizio laddove lo stesso sia solo giustificato sulla base di un generico contrasto con la disciplina vigente ovvero sulla base di una valutazione meramente estetica non suffragata dal richiamo alle sottostanti puntuali norme di piano o regolamentari vigenti, in quanto tale tipologia di statuizioni autoritative deve motivare l'effettivo contrasto tra l'opera realizzata e gli strumenti urbanistici, e tale contrasto deve essere evidenziato in maniera intellegibile, così da consentire al soggetto interessato di contestare la decisione e prospettare la rispettiva interpretazione delle norme urbanistiche.

Nel caso de quo, applicando tale principio le considerazioni generiche poste a fondamento del diniego, in specie in ordine alla mancanza di una previsione che espressamente ammetta certi manufatti accessori ed alle possibili compromissioni della destinazioni di zona, non sono in grado di sostenere l’esito negativo del potere autoritativo esercitato nella fattispecie.

Scendendo all’esame dettagliato dell’unica norma di piano concretamente invocata – l’art. 18 comma 3 lett f) – l’esame della stessa evidenzia la fondatezza delle censure dedotte: se da un lato nessun riferimento al divieto di pertinenze quali le piscine è ricavabile anche solo indirettamente dalla norma predetta, dall’altro lato il necessario mantenimento degli uliveti è pienamente garantito nel caso de quo, come emerge dal semplice esame del progetto presentato, il quale prevede il mantenimento delle piante esistenti. Per il resto, la norma di piano significativamente, se per un verso vieta solo nuove volumetrie, salvo quelle interrate, per un altro verso consente serbatoi d’acqua e appunto locali interrati.

In linea generale, circa la necessità che la non ammissibilità di manufatti pertinenziali quali le piscine debba essere prevista espressamente (oltre che ragionevolmente) dal piano, vanno richiamati alcuni principi già espressi dalla giurisprudenza prevalente e dalla sezione.

In primo luogo è stato evidenziato come in linea generale l'installazione di una piscina di non rilevanti dimensioni oggettive (fatta salva la rilevanza paesaggistica per l’evidente trasformazione visiva) non integri di per sé, dal punto di vista edilizio, la violazione degli indici di copertura che riguardano interventi edilizi né degli standard, atteso che non si determina un aumento del carico urbanistico della zona, rilevando solo in termini di sistemazione esterna del terreno, e che i vani per impianti tecnologici sono per tale natura consentiti (cfr. ad es. CdS 1951\2014). In secondo luogo, la sezione ha già ribadito che la realizzazione di una piscina in generale costituisce opera pertinenziale che non implica consumo dei suoli per le sue caratteristiche (cfr. ad es. sent n. 299\2008). In terzo luogo, è già stato evidenziato (e con riferimento a contesti di particolare pregio, paesaggisticamente vincolati) che l'introduzione dell'elemento piscina di per sè non comporta l'eliminazione di essenze arboree e migliora significativamente l'impatto ambientale (cfr. ad es. Tar Campania 11565\2007).

Quanto da ultimo indicato conferma anche sotto un diverso angolo prospettico l’insufficienza, genericità ed inadeguatezza delle argomentazione svolte a fondamento del diniego circa la presunta necessità di mantenimento della ruralità e delle caratteristiche del contesto. In proposito va evidenziato come nel caso di specie non sussista alcun vincolo paesaggistico, in relazione al quale la giurisprudenza, condivisa dal Collegio ha evidenziato che l’Amministrazione, nell'adottare un provvedimento di diniego del richiesto nulla osta per la costruzione in area soggetta a vincolo paesaggistico, non può limitare la sua valutazione al mero riferimento ad un pregiudizio ambientale, utilizzando espressioni vaghe o formule stereotipate, ma tale motivazione deve contenere una sufficiente esternazione delle specifiche ragioni per le quali si ritiene che un'opera non sia idonea ad inserirsi nell'ambiente, attraverso l'individuazione degli elementi di contrasto;
pertanto, occorre un concreto ed analitico accertamento del disvalore delle valenze paesaggistiche (cfr. ad es. Tar Lazio 8829\2008 proprio in tema di piscine in zona vincolata). A maggior ragione tale principio vale nei casi quale quello in esame di (invero rara, nelle zone di pregio della nostra Regione) area non vincolata.

Peraltro, tornando alla verifica della concreta fattispecie in esame, un attento studio della disciplina di piano sembra all’opposto, nei termini dedotti da parte ricorrente, ammettere espressamente la realizzabilità di piccole piscine, quale quella progettata dall’odierna parte ricorrente. Infatti, la stessa norma invocata, cioè l’art. 18 nta, rinvia al successivo art. 23 c – in tema di aree agricole – con esclusione di nuovi volumi di cui al comma 6;
orbene, fra le disposizioni richiamate, contenute nella parte di art. 23 c ammessa, si rinvia all’art. 23 che, a propria volta, fra le infrastrutture agrarie e i manufatti integrativi prevede in maniera indiretta ma evidente la possibilità di realizzazione di piscine, laddove si limita a non ammettere l’allaccio alla rete idrica comunale per la fornitura d’acqua a piscine di ogni genere. In definitiva, l’unico richiamo espresso ai manufatti in questione nelle zone agricole, lungi dal manifestare quanto genericamente ed apoditticamente posto a fondamento del diniego, ne ammette pacificamente l’esistenza escludendone solo il possibile allaccio alla rete idrica comunale, con la conseguenza che le stesse dovranno essere riempite altrimenti.

In definitiva, rispetto alla genericità del diniego ed all’assenza di specifici divieti, vale il principio generale a mente del quale una piscina prefabbricata, di dimensioni normali, annessa ad un fabbricato ad uso residenziale sito in zona agricola, ha natura obiettiva di pertinenza e costituisce un manufatto adeguato all'uso effettivo e quotidiano del proprietario dell'immobile principale (cfr. ad es. Cons. Stato, Sez. V, 13 ottobre 1993, n. 1041\1993 e 1951\2014 cit). Analogamente va concluso, con la prevalente giurisprudenza, che nella pianificazione urbanistica il vincolo a verde agricolo assolve essenzialmente la funzione di preservare una determinata area da un'eccessiva espansione edilizia che ne comprometta i valori ambientali, ma non preclude la realizzazione di specifici manufatti aventi una destinazione non agricola, ove gli stessi non rechino turbativa all'assetto territoriale, risultando ininfluente che l'opera realizzata (nella specie, una piscina scoperta) non sia destinata al servizio di una residenza rurale in senso stretto (cfr. ad es. Tar Piemonte 2552\2009).

Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dell’atto impugnato.

Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

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