TAR Bari, sez. I, sentenza 2019-03-19, n. 201900407
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Testo completo
Pubblicato il 19/03/2019
N. 00407/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00453/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 453 del 2014, proposto da
D W s.r.l., Daunia Faeto s.r.l., rappresentate e difese dagli avvocati G Ma, G M, F S M, con domicilio eletto in Bari, Via Piccinni, 210
contro
Comune di Faeto, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G D M, con domicilio eletto in Bari, Via Clinia, 34
per l’accertamento
della nullità della “ convenzione per la realizzazione parco eolico in agro di Faeto – località Montagna – Pescara – Scavo – Vadonico – accordo volto a disciplinare misure compensative e di riequilibrio ambientale per la costruzione, il funzionamento e la manutenzione di un impianto eolico nonché ulteriori adempimenti ”, sottoscritta in data 30.8.2007 tra il Comune di Faeto e la società D W s.r.l., e per la condanna del Comune di Faeto alla restituzione della somma di €. 547.148,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Faeto;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2019 il dott. Angelo Fanizza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso ritualmente proposto le società D W s.r.l. e Daunia Faeto s.r.l. hanno adito questo Tribunale per ottenere la declaratoria di nullità della “ convenzione per la realizzazione parco eolico in agro di Faeto – località Montagna – Pescara – Scavo – Vadonico – accordo volto a disciplinare misure compensative e di riequilibrio ambientale per la costruzione, il funzionamento e la manutenzione di un impianto eolico nonché ulteriori adempimenti ”, sottoscritta in data 30.8.2007 tra il Comune di Faeto e la società D W s.r.l., chiedendo la condanna del Comune di Faeto alla restituzione della somma di €. 547.148,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria.
In sintesi, è accaduto che la società D W s.r.l. ha presentato in data 30.12.2004 al settore energia della Regione Puglia una domanda volta al rilascio di un’autorizzazione unica ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. 387/2003 per la realizzazione di un impianto eolico.
Con la convenzione oggetto del contendere, stipulata ai sensi dell’art. 1, comma 5 della legge 239/2004, le parti hanno disciplinato il pagamento di un “ canone di compensazione annuo complessivo per l’intera durata della (…) convenzione ” (quest’ultima fissata in 30 anni dalla data di entrata in funzione dell’impianto con facoltà di rinnovo per ulteriori 29 anni, cfr. art. 2) e di un corrispettivo per le obbligazioni assunte dall’Amministrazione per la costituzione di diritti di servitù “ e di ogni altro onere o disagio che potrà essere arrecato o richiesto al Comune di Faeto dalla realizzazione, funzionamento e manutenzione del citato impianto ” (art. 3); la proponente si è, inoltre, impegnata ad impiegare l’imprenditoria locale in fase di realizzazione dei lavori; il Comune, da parte sua, oltre a istruire il procedimento autorizzativo (comunque regolato “ da norme di diritto pubblico ”) sotto il profilo della verifica della compatibilità del progetto dal punto di vista urbanistico, paesaggistico e dell’interferenza con altri impianti nella zona d’intervento, ha accettato di “ patire tutti i disagi e tutti gli oneri derivanti dalle servitù, anche non apparenti, sui propri beni ” (art. 1) e “ a non compiere alcuna attività che possa ostacolare l’esecuzione dei lavori e delle opere ”, obbligandosi ad astenersi “ dal porre in essere fatti o atti che possano risultare di pericolo per l’impianto stesso ovvero che ne ostacolino il normale uso ovvero ancora che diminuiscano o rendano più scomodo l’esercizio dei diritti ” (art. 6).
Le ricorrenti hanno soggiunto che con determinazione dirigenziale n. 188 del 19.2.2008 (nella quale è stato richiamato lo schema di convenzione approvato con deliberazione di Consiglio comunale n. 9 del 7 marzo 2006) è stata rilasciata l’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio dei progettati 7 aerogeneratori (cfr. pag. 4).
A ciò ha fatto seguito il conferimento di ramo d’azienda alla società Daunia Faeto s.r.l., disposto con atto notarile del 18.3.2008 e comunicato alla Regione Puglia in data 1.12.2009.
Con l’atto introduttivo del presente giudizio le ricorrenti hanno dedotto la nullità dell’impugnata convenzione per contrarietà a norme imperative, violazione della Direttiva 1996/92/CE (recepita con d.lgs. 79/1999), della Direttiva 2003/54/CE (recepita con legge 62/2005), della Direttiva 2009/28/CE (recepita con d.lgs. 28/2011), degli artt. 23, 41 e 117 della Costituzione, della legge 239/2004, del d.lgs. 387/2003, del DM 10 settembre 2010, del principio di liberalizzazione del mercato di produzione di energia elettrica e del principio di libertà di produzione di energia eolica.
In particolare, hanno richiamato la giurisprudenza costituzionale che ha precisato la natura delle misure di compensazione, stigmatizzando la qualificazione delle stesse in prestazioni meramente patrimoniali (cfr. pag. 13).
Hanno, inoltre, sostenuto che “ il previsto canone compensativo ” sarebbe stato, nella specie, “ prefissato unicamente in ragione della mera localizzazione sul territorio dell’impianto eolico ” e che la realizzazione dei quest’ultimo avrebbe costituito una “ fonte di arricchimento ” per l’Amministrazione (cfr. pag. 17).
La nullità della convenzione è stata, inoltre, dedotta per illiceità dell’oggetto (sull’assunto che l’invocata normativa sulla liberalizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili precluderebbe sul piano giuridico la stipulazione dell’accordo contestato) e per frode alla legge (in quanto la convenzione avrebbe imposto un canone correlato unicamente alla realizzazione di un impianto).
Sulla scorta delle proposte deduzioni, le ricorrenti hanno chiesto la restituzione delle somme versate in adempimento degli obblighi convenzionali, quantificate in €. 547.148,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Si è costituito in giudizio il Comune di Faeto (3.6.2014), il quale ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione motivato sulla natura paritetica del rapporto convenzionale; il difetto di legittimazione attiva in capo alla società Daunia Faeto s.r.l.; l’inammissibilità della domanda di nullità poiché i motivi di ricorso prefigurerebbero censure “ inerenti ad una presunta annullabilità ” della convenzione (cfr. pag. 3); l’inammissibilità per mancato esperimento del tentativo di conciliazione regolato dall’art. 7 della convenzione; la prescrizione della richiesta restituzione dei proventi controversi.
In vista dell’udienza di discussione del ricorso nel merito, fissata per il 6 marzo 2019, le parti hanno depositato le rispettive memorie e repliche.
In particolare:
- nella memoria dell’1.2.2019 le ricorrenti hanno controdedotto alle eccezioni preliminari opposte dall’Amministrazione comunale, evidenziando che la convenzione impugnata sottenderebbe un accordo ai sensi dell’art. 11 della legge 241/1990; che la possibilità di far subentrare un soggetto terzo (nella specie la società Daunia Faeto) nella convenzione è stata prevista dall’art. 6; che la dedotta nullità della convenzione sarebbe conseguenza diretta della violazione di norme imperative, illiceità e impossibilità dell’oggetto; che il tentativo di conciliazione, previsto dalla convenzione, non sarebbe “ in grado di pregiudicare il ricorso all’Autorità giudiziaria ” (cfr. pag. 7); che la dedotta nullità della convenzione avrebbe determinato un indebito oggettivo, legittimando la proposizione di un’azione di ripetizione entro il termine prescrizionale decennale; nel merito hanno richiamato alcune pronunce della Sezione (n. 737 del 24 maggio 2018 e n. 830 del 7 giugno 2018) che hanno accolto ricorsi in fattispecie analoghe; hanno, inoltre, richiamato – quale sopravvenienza normativa – l’art. 1, comma 953 della legge 145/2018 (c.d. legge di bilancio 2019), che avrebbe “ definitivamente preso atto dell’ormai consolidato orientamento normativo e giurisprudenziale ” sulla contrarietà della contestata convenzione a norme imperative (cfr. pagg. 12 -13); hanno, però, dedotto l’illegittimità costituzionale di tale disposizione ove fosse applicabile alla fattispecie, in quanto il legislatore avrebbe perseguito “ la volontà di definire una pluralità contenziosi pendenti in via legislativa ”, sottraendo e violando le competenze e le funzioni spettanti agli organi giurisdizionali (cfr. pag. 15), in contrasto con l’affermazione della libertà di attività d’impresa, statuita dalla Corte costituzionale, nonché in violazione dell’art. 117, comma 1 della Costituzione e dell’art. 6, comma 1, della CEDU (principio del giusto processo), e ciò tanto più in ragione dell’assenza di motivi di interesse generale (cfr. pag. 22); hanno, altresì, censurato la legittimità costituzionale della citata disposizione in relazione agli artt. 2, 3, 24, 97, 101, 111 e 113 della Costituzione, prospettando che si tratterebbe di una legge provvedimento tesa ad eludere “ la sanzione di nullità di siffatti accordi, disponendone il mantenimento dell’efficacia ” (cfr. pag. 28); hanno, ancora, censurato la legittimità costituzionale della citata disposizione in relazione all’art. 117 della Costituzione e agli artt. 1 del primo protocollo e 6 della CEDU, evidenziando il legittimo affidamento discendente dalla legittimità del credito azionato e dalla violazione del principio di legalità da parte del legislatore, stante la “ assoluta imprevedibilità dell’intervento normativo ” (cfr. pag. 36) e la violazione del limite di proporzionalità “ tra i mezzi impiegati e lo