TAR Roma, sez. I, sentenza 2014-05-20, n. 201405298

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2014-05-20, n. 201405298
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201405298
Data del deposito : 20 maggio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03667/2011 REG.RIC.

N. 05298/2014 REG.PROV.COLL.

N. 03667/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3667 del 2011, proposto da:
T G, rappresentato e difeso dagli avv.ti F C, A R, A R, presso lo studio dei quali elettivamente domicilia in Roma, viale delle Milizie, n.1;

contro

Ministero della giustizia, Consiglio Superiore della Magistratura, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la cui sede domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n.12;

per l'annullamento

del provvedimento del 28 febbraio 2011, n. P5302/2011, che ha respinto l’istanza del ricorrente diretta ad ottenere la rettifica del provvedimento del 17 febbraio 2010 con cui è stata assentita ma considerata “tramutamento in sede” la richiesta dell’istante di attribuzione delle funzioni di consigliere di cassazione, già precedentemente rivestite, in conseguenza della cessazione delle funzioni di presidente di sezione della Corte d’Appello di Trento;

- di tutti i provvedimenti presupposti e consequenziali, tra cui, in particolare, la circolare CSM n.12046/2009.


Visto il ricorso;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’intimato plesso amministrativo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 12 marzo 2014 il cons. A B e uditi per le parti i difensori come da relativo verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

Con l’odierno gravame espone il ricorrente, già consigliere della Corte di Cassazione, di essere stato nominato nel 2001 a domanda presidente di sezione presso la Corte di Appello di Trento, e di aver ivi esercitato la funzione semidirettiva per il previsto termine massimo di otto anni, decorso il quale ha inoltrato istanza al Consiglio Superiore della Magistratura per il rientro nello svolgimento delle funzioni giudicanti di legittimità, in accoglimento della quale è stato trasferito alla Corte di Cassazione.

Nel descritto contesto il ricorrente interpone azione impugnatoria avverso il provvedimento 28 febbraio 2011, con cui il CSM non ha accolto la sua istanza di correzione del provvedimento di trasferimento, volta a non qualificare come tramutamento di funzioni il suo rientro in quelle di legittimità.

L’azione viene estesa alla presupposta circolare CSM n.12046/2009.

Ad avviso del ricorrente, la corretta interpretazione delle norme di riferimento, che pongono in particolare rilievo il distinguo tra le diverse funzioni magistratuali, porterebbe a concludere – con ogni necessaria conseguenza, anche in relazione all’applicazione dell’art. 194 dell’ordinamento giudiziario in tema di obbligo di permanenza triennale nella sede prima di poter chiedere un trasferimento a nuova sede – che la funzione di legittimità, una volta acquisita, non possa venir meno, anche laddove il magistrato investito della stessa sia chiamato a svolgere, provvisoriamente, funzioni direttive o semidirettive.

Il ricorrente, indirizzate avverso gli atti gravati le censure di violazione dell’art. 46 del d.lgs. 160/2006, eccesso di potere per sviamento, violazione delle direttive e dell’interesse pubblico al corretto espletamento della funzione giudiziale, ne domanda pertanto l’annullamento.

Costituitasi in resistenza, l’intimato plesso amministrativo eccepisce l’improcedibilità del ricorso per decorrenza del triennio dal tramutamento e illustra l’infondatezza dell’impianto motivazionale posto a corredo del gravame, concludendo per il suo rigetto.

Parte ricorrente affida a memorie lo sviluppo delle proprie tesi difensive.

Con ordinanza 26 maggio 2011, n. 1959, la domanda cautelare formulata dalla parte ricorrente è stata respinta.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 12 marzo 2014.

DIRITTO

1. Si controverte in ordine alla legittimità del provvedimento di cui in epigrafe, con il quale il Consiglio Superiore della Magistratura ha respinto l’istanza del ricorrente diretta ad ottenere la rettifica del proprio precedente provvedimento del 17 febbraio 2010, con cui è stata assentita ma considerata “tramutamento in sede” la richiesta del ricorrente medesimo di rientro nelle funzioni di consigliere di cassazione, già precedentemente rivestite, in conseguenza della cessazione delle funzioni di presidente di sezione della Corte d’Appello di Trento.

2. Il ricorso è infondato nel merito, ciò che consente di prescindere dalla disamina dell’eccezione di improcedibilità del ricorso spiegata dalla difesa erariale.

3. La disposizione di riferimento della controversia è costituita dal d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, nuova disciplina dell'accesso in magistratura e in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, e, segnatamente, dall’art. 46, che, per quanto qui di interesse, stabilisce la temporaneità delle funzioni semidirettive e la loro durata quadriennale, al termine del quale il magistrato può essere confermato per un eguale periodo a seguito di valutazione, da parte del Consiglio Superiore della Magistratura, dell’attività svolta.

Prosegue la norma disponendo che al momento della scadenza del secondo quadriennio, calcolata dal giorno di assunzione delle funzioni, anche se il Consiglio Superiore della Magistratura non ha ancora deciso in ordine a una eventuale domanda di assegnazione ad altre funzioni o ad altro ufficio, o in caso di mancata presentazione della domanda stessa, il magistrato torna a svolgere le funzioni esercitate prima del conferimento delle funzioni semidirettive, anche in soprannumero, nello stesso ufficio o, a domanda, in quello in cui prestava precedentemente servizio.

Viene altresì in rilievo la circolare CSM n.12046/2009 dell’8 giugno 2009, regolante la disciplina attuativa della predetta norma ovvero l’assegnazione del magistrato alla scadenza di incarico semidirettivo.

Il paragrafo XXXIV della predetta circolare dispone che “Il magistrato che esercita funzioni semidirettive può, entro il termine di tre mesi antecedenti la scadenza del secondo quadriennio, chiedere di essere assegnato all’ufficio precedentemente occupato, anche in soprannumero, senza l’attribuzione di funzioni direttive o semidirettive, sempreché tale assegnazione sia compatibile con le previsioni contenute nell’art. 13 d.lgs. 160/2006 [relativa all’attribuzione delle funzioni e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa, n.d.r.];
in tale ipotesi per i successivi tramutamenti si applicherà il termine di legittimazione ordinario previsto dall’art. 194 O.G.”.

Il riferimento è all’art. 194 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, “Ordinamento giudiziario” che, in tema di tramutamenti successivi, prescrive che il magistrato destinato, per trasferimento o per conferimento di funzioni, a una sede da lui chiesta, non può essere trasferito ad altre sedi o assegnato ad altre funzioni prima di tre anni dal giorno in cui ha assunto effettivo possesso dell'ufficio, salvo che ricorrano gravi motivi di salute ovvero gravi ragioni di servizio o di famiglia.

4. Esaurita la ricognizione della normativa di riferimento, può passarsi alla disamina del ricorso.

Perno delle doglianze ivi formulate è l'invocazione del principio secondo cui, stante il rilievo che l’ordinamento giudiziario, anche a seguito della riforma operata nel 2006, conferisce alla tipologia di funzioni esercitate, l’applicazione dell’art. 46 del d.lgs. 160/2006 nella fattispecie avrebbe dovuto tener conto del fatto che la funzione di legittimità, una volta acquisita, non potrebbe venir meno, anche laddove il magistrato investito della stessa sia chiamato a svolgere, provvisoriamente, funzioni direttive o semidirettive, e ciò anche tenendo conto delle ragioni di interesse pubblico che tale rilievo sottende.

La tesi non persuade.

Sotto il profilo letterale, si osserva che la tipologia delle funzioni rivestite precedentemente alla cessazione dell’incarico semidirettivo non entra in alcun modo a far parte della platea di dati che l’art. 46 del d.lgs. 160/2006 offre in considerazione.

Tanto è coerente con le esigenze che la norma fronteggia, che è quella, appena introdotta la temporaneità egli incarichi semidirettivi, di regolare le conseguenze della loro scadenza nei confronti del cessato dall’incarico.

Nel descritto contesto, la tipologia delle funzioni dal medesimo esercitate rappresenta un fatto neutro, non costituendo un elemento significativo ai fini dell’interpretazione della norma e della ricostruzione della sua ratio .

Chiarito l’ambito che la norma è destinata a conformare, si è già visto come la stessa, cessato l’incarico semidirettivo, disponga in prima battuta e automaticamente il rientro del magistrato nello svolgimento delle funzioni esercitate prima del conferimento delle funzioni semidirettive, anche in soprannumero, nello stesso ufficio.

Tale regola non costituisce però l’unica evenienza, rimettendo poi la disposizione alla facoltà del magistrato di optare, presentando la relativa domanda, per il rientro nell’ufficio in cui prestava precedentemente servizio.

Nella fattispecie, il ricorrente, alla scadenza del secondo quadriennio dell’esercizio delle funzioni di presidente di sezione presso la Corte di Appello di Trento, ha optato nel senso di non restare nell’ufficio della detta Corte, essendosi avvalso della facoltà di presentare la domanda prevista dal comma 2 del ridetto art. 46.

Il rientro nello svolgimento delle funzioni giudicanti di legittimità costituisce pertanto l’effetto di una scelta del ricorrente.

Correttamente, pertanto, il CSM, in applicazione della disposizione di legge come declinata dalla ridetta circolare n. 12046 del 2009, ha qualificato la detta scelta del magistrato di tornare presso l’ufficio precedentemente occupato come tramutamento, con ogni connessa conseguenza, ivi compresa l’applicazione del termine di legittimazione ex art. 194 o.g..

5. Per tutto quanto precede, il ricorso deve essere respinto.

Il Collegio ravvisa giusti motivi per disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese di lite.

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