TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2020-03-16, n. 202003278

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2020-03-16, n. 202003278
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202003278
Data del deposito : 16 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/03/2020

N. 03278/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00056/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 56 del 2019, proposto da
D V, rappresentata e difesa dall'avvocato R G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Valadier n.36;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

I P, Annunziata Passannante non costituite in giudizio;

per l'annullamento

previa sospensiva, - degli esiti della procedura per il conferimento degli incarichi dirigenziali non generali non superiori avviata con nota prot. 329049 del 18.10.2017 della Direzione Generale del Personale e delle Risorse del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria;
- del D.M. 28.09.2016 “recante la determinazione dei criteri generali e la disciplina delle modalità per il conferimento degli incarichi di funzione dei dirigenti penitenziari di livello non generale…” nella parte in cui non prevede la valutazione del periodo di congedo dal servizio per la frequentazione (triennale) di un dottorato di ricerca;
- del provvedimento recante la valutazione dei titoli della ricorrente ed il punteggio finale alla stessa attribuito;
- del provvedimento di individuazione dei dirigenti cui conferire gli incarichi di cui alla procedura de quo e delle graduatorie relative alle singole sedi di servizio individuate nell'ambito della procedura medesima;
- del provvedimento di conferimento dell'incarico di Vice Direttore della Casa Circondariale di Roma “R C” alle controinteressate;
e di ogni altro atto agli stessi presupposto, consequenziale, prodromico, consequenziale e/o connesso e/o comunque avente il medesimo oggetto;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 marzo 2020 il dott. Antonio Andolfi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato al Ministero della giustizia e alle controinteressate I P e Annunziata Passannante, la dottoressa D V, dirigente penitenziario, impugna gli esiti della procedura per il conferimento degli incarichi dirigenziali non generali e non superiori, avviata il 18 ottobre 2017;
impugna inoltre il decreto ministeriale 28 settembre 2016 recante la determinazione dei criteri generali per il conferimento degli incarichi dirigenziali penitenziari di livello non generale, nella parte in cui non prevede la valutazione del periodo di congedo dal servizio per la frequentazione del dottorato di ricerca;
impugna, in particolare, il provvedimento di conferimento dell’incarico di vicedirettore della Casa circondariale di Roma R C alle controinteressate.

Con il primo motivo di ricorso lamenta, infatti, la violazione dell’art. 10 del D.Lgs. 6/2006 e dell’articolo 2 della L. 476/1984.

Con il secondo motivo deduce l’illegittimità dei criteri di valutazione dei concorrenti per il conferimento degli incarichi, nonché l’eccesso di potere dell’Amministrazione per ingiustizia manifesta e disparità di trattamento.

Si costituisce il Ministero della Giustizia con atto depositato il 29 gennaio 2019, e con successiva memoria del 1 febbraio 2019 eccepisce l’inammissibilità del ricorso perché tardivo e, in subordine, chiede se ne dichiari l’infondatezza.

Nessuna controinteressata si costituisce in giudizio.

Nella camera di consiglio del 5 febbraio 2019 il difensore di parte ricorrente rinuncia alla misura cautelare.

La trattazione della causa si svolge all’udienza pubblica del 3 marzo 2020 quando il ricorso è deciso nel merito.

DIRITTO

La ricorrente, dottoressa D V, dirigente penitenziario, impugna gli esiti della procedura per il conferimento degli incarichi dirigenziali non generali e non superiori, avviata il 18 ottobre 2017;
impugna inoltre il decreto ministeriale 28 settembre 2016 recante la determinazione dei criteri generali per il conferimento degli incarichi dirigenziali penitenziari di livello non generale, nella parte in cui non prevede la valutazione del periodo di congedo dal servizio per la frequentazione del dottorato di ricerca;
impugna, in particolare, il provvedimento di conferimento dell’incarico di vicedirettore della Casa circondariale di Roma R C alle controinteressate.

La ricorrente ha indicato come prima scelta l’incarico di vicedirettore della Casa circondariale di Roma R C, per cui erano disponibili 3 posti.

Tuttavia si è classificata al 4º posto nella relativa graduatoria, essendo stati assegnati i 3 posti alla dottoressa Bormioli, prima classificata con 76,42 punti, alla dottoressa Passannante, 2ª classificata con 67,59 punti e alla dottoressa Passaretti, 3ª classificata con 66,02 punti;
la ricorrente ha ottenuto solo 62,84 punti.

Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce violazione dell’articolo 10 del decreto legislativo numero 63 del 2006 e dell’articolo 2 della legge 476 del 1984;
l’articolo 1 della legge 476 del 1984 prevede, per i dipendenti pubblici ammessi a corsi di dottorato di ricerca, la conservazione del trattamento economico;
pertanto l’attività di ricerca viene equiparata all’attività lavorativa;
nell’attribuire il punteggio per gli anni di servizio prestati, l’Amministrazione non ha considerato il periodo triennale in cui la ricorrente è stata collocata in congedo straordinario o in aspettativa per dottorato di ricerca;
attribuendo per quel triennio il punteggio minimo pari ad 1,75 punti, alla ricorrente spetterebbero almeno 5,25 punti che, sommati ai 62,84 punti attribuiti, determinerebbero il punteggio totale di 68,09 punti.

La ricorrente quindi sarebbe classificata al 2º posto nella graduatoria per vicedirettore della Casa circondariale di Roma R C, scavalcando le 2 controinteressate e avrebbe diritto al conferimento dell’incarico dirigenziale.

La difesa statale eccepisce l’infondatezza del primo motivo allegando la valutazione del dottorato di ricerca, valutato in applicazione dell’articolo 3 comma 7 del decreto ministeriale 28 settembre 2016, con l’attribuzione di 18 punti su un massimo di 20 punti disponibili. Rappresenta inoltre che alla ricorrente, in sede di colloquio previsto dall’articolo 3 comma 8 del decreto ministeriale citato, sono stati attribuiti 30 punti su 30 per i risultati conseguiti nelle funzioni espletate. Eccepisce, inoltre, che alla ricorrente non avrebbe potuto in nessun caso essere attribuito l’incarico richiesto, essendo esso già ricoperto dalla medesima sin dall’anno 2003 senza soluzione di continuità.

A giudizio del Collegio, il motivo è infondato.

La L. 13/08/1984, n. 476, Norma in materia di borse di studio e dottorato di ricerca nelle Università, all’art. 2 dispone che il pubblico dipendente ammesso ai corsi di dottorato di ricerca è collocato a domanda, compatibilmente con le esigenze dell'amministrazione, in congedo straordinario per motivi di studio senza assegni per il periodo di durata del corso ed usufruisce della borsa di studio ove ricorrano le condizioni richieste. Il periodo di congedo straordinario è utile ai fini della progressione di carriera, del trattamento di quiescenza e di previdenza.

Il disposto di cui all'art. 2 della L. n. 476/1984, secondo cui il periodo di congedo straordinario, disposto per il pubblico dipendente ammesso al dottorato di ricerca, va considerato utile, ai fini della progressione di carriera e del trattamento di quiescenza e previdenza, va interpretato come equiparazione di tale periodo a quello in cui è svolta l'attività lavorativa per l'Amministrazione di appartenenza, in relazione a tutti gli effetti giuridici ed economici che si vengono a ricostituire al termine del periodo di dottorato, ma non come equiparazione, al fine di partecipare ad una procedura selettiva, all'effettivo servizio che sia richiesto quale specifico requisito di professionalità. Ne deriva, quindi, che, lo svolgimento dell'attività del dottorato, da tale punto di vista, non è assimilabile al servizio effettivo, che si caratterizza per lo svolgimento delle funzioni inerenti allo status (Cons. di Stato, Sez. VI, Sent. 04/09/2007, n. 4628).

Ne consegue la infondatezza delle censure dedotte avverso la omessa valutazione del periodo di frequentazione del corso per il dottorato di ricerca quale servizio valutabile ai sensi dell’articolo 3, comma uno, lettera A del decreto ministeriale 28 settembre 2016, per cui l’Amministrazione resistente ha legittimamente preso in considerazione il titolo culturale conseguito dalla ricorrente ai fini dell’attribuzione del punteggio previsto dal comma 7 del richiamato articolo 3, ma non ha potuto attribuire alcun punteggio utile per tale periodo nell’ambito della valutazione dell’esperienza professionale maturata per effetto dell’espletamento dell’incarico dirigenziale.

Con il 2º motivo la ricorrente deduce la illegittimità dei criteri di valutazione dei concorrenti per il conferimento degli incarichi, impugnando il decreto ministeriale 28 settembre 2016 recante la determinazione dei criteri generali per il conferimento degli incarichi dirigenziali penitenziari di livello non generale;
il servizio dirigenziale sarebbe valutato genericamente, senza tener conto dei risultati effettivamente conseguiti.

La difesa statale eccepisce l’inammissibilità del 2º motivo in quanto tardivamente proposto nei confronti di prescrizioni immediatamente lesive;
nel merito ne eccepisce l’infondatezza.

L’eccezione di inammissibilità del motivo è infondata, in quanto la lesività della disposizione contestata si è concretizzata soltanto in seguito alla formazione della graduatoria.

Nel merito, anche il 2º motivo è privo di fondamento, perché l’articolo 3, comma 1, del decreto ministeriale 28 settembre 2016, in attuazione dei criteri per il conferimento degli incarichi dirigenziali stabiliti dall’articolo 10 comma 3 del decreto legislativo numero 63 del 2006, prende in considerazione i risultati conseguiti dai dirigenti nel corso della carriera.

Si rammenta che, ai sensi dell’art. 10 del D.lgs. 15/02/2006, n. 63, Ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria, il conferimento degli incarichi si compie in applicazione dei seguenti criteri:

a) risultati conseguiti nei programmi e negli obiettivi precedentemente assegnati;

b) attitudini e capacità professionali del funzionario;

c) natura e caratteristica degli obiettivi da conseguire.

Al fine dell’applicazione del criterio di cui alla lettera a), corrispondente ai risultati conseguiti nei programmi e negli obiettivi precedentemente assegnati, il decreto ministeriale impugnato tiene conto degli incarichi dirigenziali svolti, senza demerito, nel periodo di riferimento, considerando la natura e la complessità delle funzioni, predisponendo a tal fine una griglia di punteggi oggettivamente predeterminati.

I punteggi variano in funzione del livello dell’ufficio e della natura dell’incarico svolto.

In tal modo, esercitando legittimamente la discrezionalità amministrativa che presiede alla predeterminazione dei criteri di valutazione, l’Amministrazione resistente non ha trascurato i risultati conseguiti dai funzionari che aspirano agli incarichi, ma, al contrario, li ha valorizzati, attribuendo un determinato punteggio esclusivamente agli incarichi dirigenziali svolti senza demerito, tenendo conto di tutte le variabili rilevanti per la corretta valutazione dell’esperienza professionale maturata.

In conclusione, per la infondatezza di tutti i motivi di impugnazione dedotti, il ricorso deve essere respinto.

Le spese processuali, considerate le circostanze di fatto e la qualità delle parti, possono essere interamente compensate.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi