TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-09-01, n. 202313523
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Testo completo
Pubblicato il 01/09/2023
N. 13523/2023 REG.PROV.COLL.
N. 06737/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6737 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato C F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del decreto Ministro dell’Interno, 14 febbraio 2019, n. K10/-OMISSIS-, notificato in data 21 marzo 2019, con cui la p.a. resistente ha respinto l’istanza di concessione della cittadinanza italiana ex art. 9, c. 1, lett. f), l. 5 febbraio 1992, n. 91 avanzata dal ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di riduzione dell'arretrato del giorno 7 luglio 2023 il dott. A G L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con decreto Ministro dell’Interno, 14 febbraio 2019, n. K10/-OMISSIS-, notificato in data 21 marzo 2019, la p.a. resistente ha respinto l’istanza di concessione della cittadinanza italiana ex art. 9, c. 1, lett. f), l. 5 febbraio 1992, n. 91 proposta dal sig. -OMISSIS-, ritenendo che « nella fattispecie concreta in considerazione non si ravvisa la coincidenza tra l’interesse pubblico e quello privato del richiedente alla concessione della cittadinanza italiana ».
A sostegno della propria decisione il Ministero ha evidenziato che in sede istruttoria era emerso che nei confronti del ricorrente era stata emessa « sentenza, in data 17 marzo 2004, dal Tribunale in composizione monocratica di Lodi, divenuta irrevocabile il 16 ottobre 2004, per il reato di cui all’art. 6, comma 3, legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 62-bis c.p. (violazione delle norme sulla disciplina dell’immigrazione e della condizione dello straniero» e ha notato inoltre che « il richiedente, all’atto della presentazione dell’istanza, ha autocertificato di non aver mai riportato condanne penali, condotta che potrebbe andare a configurare una nuova ipotesi di reato ».
2. Con l’atto introduttivo del giudizio il sig. -OMISSIS- ha lamentato l’illegittimità di tale provvedimento per « violazione di legge sostanziale [nonché per] eccesso di potere per falsa rappresentazione della realtà, per travisamento dei fatti, per carenza di istruttoria e per carenza di motivazione » evidenziando, in sintesi, che:
- l’amministrazione resistente aveva adottato il diniego solo sulla base dell’esistenza di una sentenza di condanna, senza tuttavia considerare adeguatamente il fatto che per detta condanna era stata dichiarata l’estinzione del reato e che la stessa era risalente e per fatti non gravi;
- il fatto di non aver dichiarato l’esistenza del precedente penale era dovuto alla convinzione che il decreto del termine di legge senza aver commesso ulteriori illeciti avrebbe comportato in automatico l’estinzione del reato.
3. In data 17 maggio 2023, l’amministrazione resistente si è costituita in giudizio e ha insistito per il rigetto del ricorso.
4. Con memoria del 18 maggio 2023, parte ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
5. All’udienza straordinaria di riduzione dell’arretrato del 7 luglio 2023 – vista la richiesta di passaggio in decisione depositata dal ricorrente in data 19 maggio 2023 – il ricorso è stato trattenuto in decisione.
6. Il gravame è infondato, per le ragioni di seguito illustrate, tenuto conto delle disposizioni vigenti in materia di concessione della cittadinanza e dei consolidati principi espressi dalla giurisprudenza in materia.
7. È noto, infatti, che ai sensi dell’art. 9, c. 1, lett. f), l. n. 91/1992, la cittadinanza italiana « può » essere concessa allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.
Tale espressione comporta che la residenza nel territorio per il periodo minimo previsto dal legislatore è solo un presupposto per proporre la domanda, a cui segue « una valutazione ampiamente discrezionale sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e delle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall’appartenenza alla comunità nazionale » (cfr. Consiglio di Stato, III, 23 luglio 2018, n. 4447).
8. È noto, poi, che l’ampia discrezionalità esercitata dalla p.a. nel provvedimento di concessione della cittadinanza « si esplica in un potere valutativo che si traduce in un apprezzamento di opportunità circa lo stabile inserimento dello straniero nella comunità nazionale, sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l’integrazione del soggetto interessato nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta » (Consiglio di Stato, III, 23 luglio 2018, n. 4446) e che l’inserimento dello straniero nella comunità nazionale è considerato legittimo « quando quest’ultimo sia detentore di uno status illesae dignitatis morale e civile » (Consiglio di Stato, II, 31 maggio 2021, n. 4151), ovvero quando l’amministrazione « ritenga che quest'ultimo possieda ogni