TAR Bari, sez. III, sentenza 2020-11-16, n. 202001446
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Testo completo
Pubblicato il 16/11/2020
N. 01446/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00516/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 516 del 2019, proposto da -OMISSIS-e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati G C e M P, con domicilio digitale come da p.e.c. da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio M P in Bari, via Camillo Rosalba n. 47/Z;
contro
Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato S P, con domicilio digitale come da p.e.c. da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Cognetti, n. 25;
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Bari, via Melo, n. 97;
nei confronti
-OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante p. t., non costituitasi in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione cautelare
quanto al ricorso principale, dei seguenti atti: 1) la nota prot. n. 3294 dello 01.03.2019, a firma del Responsabile del Settore dell’Ufficio Contenzioso e del Responsabile dell’Ufficio Patrimonio del Comune di -OMISSIS- con la quale sono state denegate/dichiarate irricevibili le domande di cui all’istanza–diffida, inoltrata dai ricorrenti in data 5.3.2018 di restituzione dei suoli di loro proprietà o di adozione dei provvedimenti di cui all’art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001;2) il decreto sindacale n. 19255 del 27.12.2018 non conosciuto;3) tutti gli atti e i provvedimenti presupposti, preordinati, coordinati, connessi o consequenziali, ancorché non conosciuti, quelli richiamati negli atti e provvedimenti dinanzi elencati e tutti gli altri atti e i provvedimenti specificati nelle censure che seguono comprese le deliberazioni di C.C. nn. 24 e100/2015, con espressa riserva di proporre motivi aggiunti in esito alla produzione documentale avversaria;nonché per l’accertamento dell’illegittimità dell’occupazione, posta in essere dal Comune di -OMISSIS- per la costruzione del “mercato coperto”, delle aree di loro proprietà avvenuta senza la necessaria adozione del decreto di esproprio nonché per la condanna, in via principale alla restitutio in integrum mediante restituzione dei suoli, previa riduzione in pristino stato, e al risarcimento del danno subito per il mancato godimento del bene per effetto dell'occupazione sine titulo, dalla data di immissione in possesso (1967) alla data di restituzione, oltre interessi e rivalutazione come per legge;in subordine, nel caso di mancata restituzione dei suoli, al risarcimento del danno commisurato al loro valore venale di mercato, oltre interessi e rivalutazione come per legge, nonché al risarcimento del danno non patrimoniale per il periodo di occupazione sine titulo, da determinarsi secondo i criteri di legge;in via gradata, per la condanna dell'intimato Comune a provvedere ex art. 42-bis con ogni dovuta conseguenza economica;
quanto alla domanda riconvenzionale, proposta dal Comune resistente, in via incidentale, per l’accertamento dell’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà dei suoli in capo alla P.A. per effetto della rinunzia abdicativa fatta dai danti causa dei ricorrenti;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di -OMISSIS- e di Ministero della Difesa, nonché la domanda riconvenzionale incidentale del Comune di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. O C nell'udienza del giorno 12 novembre 2020, tenutasi nella modalità telematica di cui all’art. 23 D.L. n. 137/2020, e uditi per le parti i difensori, come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I - I ricorrenti, fratelli -OMISSIS-rivendicano parte dei suoli siti in agro di -OMISSIS-, alla via Leuzzi angolo via f.lli Cisternino - censiti in catasto alle p.lle nn. 25 e 3205 del foglio n. 21, pervenuti loro per effetto di donazione e successione mortis causa dai genitori. Evidenziano che detti suoli, a partire dal 1961, furono interessati da una procedura ablatoria che, avviata con i provvedimenti dichiarativi della pubblica utilità e con ulteriori atti di immissione in possesso, non si sarebbe, tuttavia, mai conclusa con un decreto di esproprio per pubblica utilità, nonostante l’avvenuta realizzazione di un’opera pubblica comunale (mercato coperto) e l’irreversibile trasformazione dell’area. In ragione di ciò, uno dei germani ricorrenti, il sig. -OMISSIS-, con ricorso proposto innanzi al Tribunale civile di Bari (r.g. n. 8613/2017) chiedeva all’adito G.O., di disporre accertamento tecnico preventivo ex art. 696-bis c.p.c., volto a verificare lo stato dei luoghi, la destinazione urbanistica dei suoli, nonché ad acquisire la documentazione pertinente l’esecuzione dell’opera pubblica e a calcolare il valore venale degli immobili occupati e trasformati, ai fini del successivo espletamento delle azioni previste dall’ordinamento giuridico a tutela dei diritti e interessi legittimi. Successivamente, i ricorrenti, con istanza del 5.3.2018, chiedevano al Comune la restituzione dei suoli, previa riduzione in pristino stato, ovvero, l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 42-bis del D.P.R. n. 327/2001. Attesa la persistente inerzia del Comune, i germani -OMISSIS-esperivano innanzi a questo T.a.r. il ricorso n.r.g. 916/2018, per l’accertamento dell’illegittimità, ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a., del silenzio illegittimamente opposto. Con sentenza n. 1691/2018, questa Sezione condannava il Comune ad adottare un provvedimento espresso sull’istanza dei ricorrenti. Sennonché, il Comune, con la nota dirigenziale prot. n. 3294 del 1° marzo 2019, a firma del Responsabile del Settore dell’Ufficio contenzioso e del Responsabile dell’Ufficio patrimonio, rigettava entrambe le richieste avanzate dai signori -OMISSIS-, con l’istanza datata 5.3.2018 di restituzione dei suoli, previa riduzione in pristino o adozione dei provvedimenti di cui all’art. 42-bis del D.P.R. n. 327 del 2001, assumendo che quanto ivi “ rivendicato, sostenuto, indicato, argomentato, riportato… non trova fondamento alcuno, né legittimità, né pertinenza con la questione che qui si tratta ”.
I ricorrenti insorgono, con il ricorso principale, notificato il 29.4.2019 e depositato l’8.5.2019, per impugnare gli atti indicati in epigrafe. Chiedono, altresì, l’accertamento dell’illegittimità dell’occupazione, la condanna, in via principale alla restitutio in integrum mediante restituzione dei suoli, previa riduzione in pristino, nonché al risarcimento del danno subito per il mancato godimento del bene per effetto dell'occupazione sine titulo , dalla data di immissione in possesso (1967) alla data di restituzione, oltre interessi e rivalutazione come per legge. In subordine, nel caso di mancata restituzione dei suoli, chiedono il risarcimento del danno commisurato al loro valore venale di mercato, oltre interessi e rivalutazione come per legge, nonché al risarcimento del danno non patrimoniale per il periodo di occupazione sine titulo , da determinarsi secondo i criteri di legge. In via gradata, la condanna dell'intimato Comune a provvedere ex art. 42-bis citato, con ogni dovuta conseguenza economica.
I ricorrenti deducono i seguenti motivi di diritto: 1) violazione e malgoverno degli artt. 6 e 42-bis del D.P.R. n. 327/2001, violazione e malgoverno degli artt. 42, 50, 107 e 109 del D.Lgs. n. 267/2000, violazione e malgoverno degli artt. 2 e 6 della legge n. 241/1990, incompetenza;2) violazione e malgoverno degli artt. 6 e 42-bis del D.P.R. n. 327/2001, violazione e malgoverno degli artt. 42 e 107 del D.Lgs. n. 267/2000, violazione e malgoverno degli artt, 1, 2, 3, 10 e 10-bis della legge n. 241/1990, incompetenza, eccesso di potere per difetto dei presupposti e per travisamento dei fatti, irrazionalità, arbitrarietà e ingiustizia manifesta, violazione del principio di buon andamento della P.A., di tutela dell’affidamento, di proporzionalità, trasparenza, efficacia, imparzialità, pubblicità, trasparenza e giusto procedimento;3) violazione e malgoverno degli artt. 6, 13, 20, 22 e 42-bis del D.P.R. n. 327/2001, violazione e falsa applicazione degli artt.1, 4, 5, 7, 9, 10 , 11, 12, 13, 39, 47, 48 della legge n. 2359 del 25.6.1865, violazione e malgoverno degli artt. 42 e 107 del D.Lgs. n.267/2000, violazione e malgoverno degli artt.1, 2, 3, 10 e 10-bis della legge n. 241/1990, violazione e malgoverno degli artt. 1325 e 1418 cod. civile, incompetenza, violazione e malgoverno della sentenza del T.a.r. Puglia n. 1691/2018, eccesso di potere per difetto dei presupposti e per travisamento dei fatti, per irrazionalità, arbitrarietà e ingiustizia manifesta, violazione del principio di buon andamento della P.A., di tutela dell’affidamento, di proporzionalità, di trasparenza, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza e del giusto procedimento;4) accertamento della illegittimità della occupazione dei suoli, condanna alla restitutio in integrum o, in subordine, all’applicazione dell’art.42-bis, condanna al risarcimento dei danni.
Si costituisce il Comune intimato per resistere nel giudizio. Deduce, anche con successive memorie, l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso e propone domanda riconvenzionale in via incidentale, per l’accertamento dell’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà dei suoli in capo alla P.A. per effetto della rinunzia abdicativa fatta dai danti causa dei ricorrenti. Infine, eccepisce la prescrizione e l’avvenuta usucapione del bene, nonché la costituzione del diritto di proprietà del Comune sul bene in conseguenza del decreto del Tribunale di Bari del 30.10.1970 con cui il Comune di -OMISSIS- è stato autorizzato al pagamento dell’indennità concordata con i sig.ri -OMISSIS-.
Si costituisce anche il Ministero della Difesa, chiedendo di essere sentito in camera di consiglio.
Con istanza del 25.5.2019, i ricorrenti chiedono l’abbinamento al merito dell’istanza cautelare.
Con ordinanza collegiale n. 642 del 7.5.2020, questa Sezione ordina incombenti istruttori.
All’udienza del 12 novembre 2020, tenutasi con modalità telematica, il ricorso è introitato per la decisione.
II – La costituzione del Ministero della Difesa non ha ragione di essere, sicché esso viene estromesso dal giudizio, con compensazione di spese giudiziali.
III - La domanda riconvenzionale del Comune è infondata. Il ricorso principale è ammissibile e fondato.
IV - Il Comune di -OMISSIS-, costituitosi nel giudizio, ha precisato che il silenzio a suo tempo serbato dal Comune sull’istanza dei ricorrenti non risiede in un’ingiustificata inerzia ma nella necessità dell’Ente di reperire la documentazione necessaria per verificare se, nell’ambito di un procedimento di esproprio risalente a più di 40 anni addietro, fosse stato emesso il decreto di trasferimento del suolo ovvero se fossero stati posti in essere atti di altra natura. Il Comune è riuscito a reperire la documentazione relativa alla fase di approvazione e liquidazione delle somme corrisposte a titolo di indennità ai sig.ri -OMISSIS-, danti causa degli odierni ricorrenti.
Nello specifico, assumono un certo rilievo i seguenti documenti versati in atti dall’Amministrazione resistente: a) l’istanza del 10.4.1970, a firma dei danti causa dei ricorrenti, sig.ri -OMISSIS-, presentata al Tribunale di Bari affinché autorizzasse il Comune al pagamento delle indennità di esproprio ed occupazione, oltre accessori di legge, dovuti alla data del 30.1.1970;b) il decreto del Tribunale di Bari del 30.10.1970 con cui il Comune di -OMISSIS- è stato autorizzato al pagamento dell’indennità concordata con i sig.ri -OMISSIS-;c) la nota del 22.2.1975, a firma del dott. -OMISSIS-, sottoscritta per ratifica ed accettazione dai sig.ri -OMISSIS-, per chiedere il pagamento delle indennità di esproprio e di occupazione del suolo;d) l’atto di quietanza datato 12.5.1977, a firma dei sig.ri -OMISSIS-e del Sindaco, relativo al pagamento del saldo delle residue somme, dovute a titolo di capitale e di interessi legali sull’indennità di esproprio, giusta delibera del Consiglio comunale n. 26 del 9.2.1977.
È accaduto che, su istanza dei danti causa dei ricorrenti, cioè di -OMISSIS--OMISSIS- e --OMISSIS-, il Tribunale civile di Bari, sulla scorta della perizia all’uopo disposta, con decreto del 30.10.1970 autorizzasse il Comune di -OMISSIS- “ a pagare direttamente l’indennità di esproprio di lire 26.500,00, oltre interessi, ai sig.ri -OMISSIS--OMISSIS-, nato -OMISSIS-a -OMISSIS-, e --OMISSIS-, nata -OMISSIS-a -OMISSIS- ” (come evincibile dalla pubblicazione fatta sul Foglio Annunzi Legali n. 87 del 31.10.1970, rimesso in atti dalla resistente Amministrazione). Il ricorso per la emissione del decreto, ex art. 30 del T.U. 1865, era stato presentato dagli stessi sig.ri -OMISSIS-(danti causa degli odierni ricorrenti), per la monetizzazione delle indennità sia per occupazione sia per l’espropriazione.
Pur non essendo stato reperito il decreto di esproprio conclusivo del procedimento (della cui emanazione non si ha contezza), dalla documentazione si possono evincere elementi utili ai fini della definizione della causa, essendo provato che i danti causa sig.ri -OMISSIS-hanno ricevuto il pagamento di tutte le somme dovute e richieste ex lege in virtù del procedimento di espropriazione avviato sul suolo di loro.
Il Comune di -OMISSIS-, sulla scorta delle suddette motivazioni e alla luce della documentazione rinvenuta, con l’impugnata nota dirigenziale n. 3294 dell’1.3.2019, ha risposto all’istanza dei sig.ri -OMISSIS-, rigettando le domande dei ricorrenti sia di retrocessione dei suoli, sia di adozione del provvedimento ex art. 42 bis del T.U. Espropriazioni (D.P.R. n. 327/2001). Il Comune resistente, nella sua memoria di costituzione, osserva che, all’esito del detto procedimento giurisdizionale di quantificazione dell’indennità di esproprio, utile anche ai fini della quantificazione della indennità di occupazione, i sig.ri -OMISSIS-, con nota del 22.2.1975, a firma del dott. -OMISSIS-, ribadivano di voler ricevere il pagamento di dette indennità. Dal mancato rispetto del termine di pagamento ivi indicato (il 25.4.1975), i sig.ri -OMISSIS-non traevano quale conseguenza la restituzione dei suoli ma, ritenendosi oramai spogliati del diritto di proprietà, intimavano semplicemente che “ il tasso di svalutazione così contenuto sarebbe stato richiesto nella misura effettivamente verificatasi ”. Successivamente, tutte le indennità dovute ai soggetti espropriati sono state corrisposte, come risulta dalla delibera del Consiglio comunale n. 26 del 9.2.1977, avente a oggetto “ Mercato Ortofrutticolo – Liquidazione residue somme per indennità di esproprio, occupazione ed interessi legali come da autorizzazione del Tribunale di Bari del 30.10.1970 ”, assunta a seguito della determinazione in misura definitiva della indennità di esproprio. Con questo atto il Comune, dopo aver analiticamente riportato i conteggi delle somme dovute a titolo di indennità di esproprio, a titolo di indennità di occupazione, di interessi legali maturati nonché gli acconti nelle more versati, deliberava di “ 1) liquidare, come liquida, per le ragioni premesse, in favore degli eredi -OMISSIS- e -OMISSIS--la somma di £ 14.503.545, a titolo di capitale ed interessi legali calcolati sull’indennità di espropriazione relativa all’area sita in abitato di -OMISSIS-, espropriata per la costruzione del mercato ortofrutticolo coperto di questo Comune;2) imputare la spesa al cap. 181 del bilancio 1977, che presenta sufficiente disponibilità ”. Quanto indicato nella citata delibera trova riscontro nel Giornale delle spese del Comune di -OMISSIS- (rimesso in atti dalla parte resistente) laddove: a) la somma in acconto lire 7.066.000 è stata corrisposta in data 22.12.1971, giusta mandato di pagamento n. 1339;b) un ulteriore acconto di lire 18.831.300, a valere sulle indennità di esproprio e di occupazione dovute ai sig.ri -OMISSIS-nonché sulle somme dovute a titolo di interessi legali, è stato corrisposto giusta mandato di pagamento n. 1044 del 12.9.1973;c) la somma di Lire 14.503.545, a saldo di tutto quanto dovuto agli eredi -OMISSIS-(nelle more succeduti mortis causa ai sig.ri -OMISSIS--OMISSIS- e -OMISSIS-), giusta mandato di pagamento n. 505 del 12.5.1977. In ordine al pagamento del saldo, assume rilievo l’atto di quietanza del 12.5.1977, a firma dei sig.ri -OMISSIS-e del Sindaco del Comune, relativo al pagamento delle residue somme dovute a titolo di capitale e interessi legali sull’indennità di esproprio, giusta delibera del Consiglio comunale n. 26 del 9.2.1977.
Appare chiaro che i ricorrenti hanno potuto dar vita alla presente controversia solo per il difetto formale del decreto di esproprio ovvero per la difficoltà di reperirlo negli archivi storici del Comune, dopo un così lungo lasso di tempo dall’epoca degli atti ablatori.
V - Ciò detto, mette conto esaminare, in via prioritaria, la domanda riconvenzionale proposta dal Comune in via incidentale.
Sussiste, a tal proposito, la giurisdizione del giudice amministrativo, poiché ai sensi del combinato disposto degli artt. 8, comma 1, e 133, lett. g), del c.p.a., la materia delle espropriazioni per pubblica utilità rientra nell’alveo della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (tranne che per le questioni riguardanti determinazione e corresponsione di indennità espropriative o, lato sensu , ablatorie) e in tale materia, il giudice può esaminare e decidere anche questioni relative a diritti.
L’azione riconvenzionale proposta nella forma del ricorso incidentale, come previsto dall’art. 42 c.p.a., è ammissibile. Nondimeno, è da ritenersi infondata la domanda del Comune di accertamento dell’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà dei suoli in capo alla P.A. per effetto della rinunzia abdicativa fatta dai danti causa dei ricorrenti.
Invero, il Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, con il principio di diritto enunciato dalla sentenza n. 2 del 20.1.2020 ha affermato che “ per le fattispecie disciplinate dall’art. 42-bis TUEs., l’illecito permanente dell’Autorità viene meno nei casi da esso previsti (l’acquisizione del bene o la sua restituzione), salva la conclusione di un contratto traslativo tra le parti, di natura transattiva e la rinuncia abdicativa non può essere ravvisata ”. L’Adunanza plenaria non condivide, quindi, la possibilità di configurare, in materia di espropriazioni per p. u., una rinuncia abdicativa, trattandosi di un istituto privo di uno specifico fondamento normativo nell’ambito della materia delle espropriazioni per pubblica utilità.
Non può neppure essere accertata l’usucapione. Infatti, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 9 febbraio 2016, n. 2, ha affermato il principio in base al quale, in caso di occupazione acquisitiva, si potrà accertare l’intervenuto usucapione solo dal 30 giugno 2023, cioè 20 anni dopo l’entrata in vigore del T.U.Espr. (30.6.2003).
Non si può ritenere, infine, che vi sia stata la costituzione del diritto di proprietà del Comune sul bene in conseguenza del decreto del Tribunale di Bari del 30.10.1970 con cui il Comune di -OMISSIS- è stato autorizzato al pagamento dell’indennità concordata con i sig.ri -OMISSIS-. Quella pronuncia del giudice civile, anche se dà (erroneamente) per presupposta l’avvenuta espropriazione per pubblica utilità, nulla dice sulla costituzione del diritto di proprietà in capo al Comune espropriante.
La domanda riconvenzionale del Comune è, dunque, infondata.
VI – I ricorrenti principali chiedono l’accertamento dell’illegittimità dell’occupazione e la condanna del Comune, in via principale alla restitutio in integrum mediante restituzione dei suoli, previa riduzione in pristino, nonché al risarcimento del danno subito per il mancato godimento del bene per effetto dell'occupazione sine titulo , dalla data di immissione in possesso (1967) alla data di restituzione, oltre interessi e rivalutazione come per legge. In subordine, nel caso di mancata restituzione dei suoli, chiedono il risarcimento del danno commisurato al loro valore venale di mercato, oltre interessi e rivalutazione come per legge, nonché al risarcimento del danno non patrimoniale per il periodo di occupazione sine titulo , da determinarsi secondo i criteri di legge. In via gradata, la condanna dell'intimato Comune a provvedere ex art. 42-bis con ogni dovuta conseguenza economica.
VII – La questione centrale della causa è quella dell’esistenza o meno del decreto di esproprio per pubblica utilità e tale questione può essere risolta in senso negativo, sulla base di alcune evidenze.
Dalla lettura testuale del decreto del Tribunale civile di Bari n. 473/1970 - dove il Comune è autorizzato a pagare l’indennità di esproprio, su ricorso ex art. 1 della legge n. 391/1968 di -OMISSIS--OMISSIS- e --OMISSIS- - si apprende che l’immobile al quale si riferisce il verbale di liquidazione della indennità è “ ancora da espropriare ”, sicché nel 1970 l’immobile non era stato ancora espropriato.
L’approvazione del progetto dell’opera pubblica (con relativa dichiarazione di pubblica utilità) risaliva a un decreto del 1.12.1963 (n. 1292), a firma del Provveditore alle opere pubbliche. Secondo giurisprudenza consolidata, il termine quinquennale per l’emanazione del decreto di esproprio ha natura perentoria, con riferimento anche al regime giuridico descritto dall’art. 13 della legge n. 2359 del 1865 (norma sostanzialmente riprodotta nell’omologo art. 13 del D.P.R. n. 327/2001). Pertanto, nel 1968 la procedura ablatoria era decaduta e, nondimeno, due anni dopo, nel 1970 il Tribunale civile liquidava le indennità espropriative ai sig.ri -OMISSIS- e -OMISSIS--.
La delibera di Consiglio comunale n. 26 del 9.2.1977, nel liquidare le indennità, in esecuzione del citato decreto del Tribunale civile di Bari n. 473/1970, ricostruisce l’intero iter amministrativo della procedura ablatoria e, tuttavia, non fa menzione del decreto di esproprio per pubblica utilità. Tutto lascia supporre ed è altamente probabile che non vi sia mai stato alcun decreto di esproprio.
Pertanto, l’invocata applicazione dell’art. 42-bis del D.P.R. n. 327/2001 – di cui ai motivi terzo e quarto del ricorso in esame – è attendibile e merita scrutinio favorevole.
Tuttavia, non può essere accolta in via giurisdizionale, alla luce di tale normativa, la domanda di restitutio in integrum mediante restituzione dei suoli, previa riduzione in pristino.
Non può essere neppure accolta la domanda di risarcimento del danno per la perdita definitiva del bene (commisurato al valore venale di mercato) poiché il bene è ancora nella proprietà dei ricorrenti.
Può essere presa in esame la domanda di risarcimento del danno subito per il mancato godimento del bene, per effetto dell'occupazione sine titulo .
VIII - L’art. 42-bis citato è illustrativo di una situazione in cui la pubblica Amministrazione, nell’immettersi nella proprietà di un privato, sia sprovvista del decreto di esproprio necessario per l’esatta conclusione del procedimento ablatorio. In questa ipotesi, la P.A., se ritiene, può proporre l’acquisto del bene ai proprietari ovvero può disporre l’acquisizione del bene interessato (c.d. acquisizione sanante), dietro il pagamento forfetario di un indennizzo a favore del proprietario.
Il comma 2 del citato 42-bis recita: “ il provvedimento di acquisizione può essere adottato anche quando sia stato annullato l’atto da cui sia sorto il vincolo preordinato all’esproprio, l’atto che abbia dichiarato la pubblica utilità di un’opera o il decreto di esproprio. Il provvedimento di acquisizione può essere adottato anche durante la pendenza di un giudizio per l’annullamento degli atti di cui al primo periodo del presente comma, se l’Amministrazione che ha adottato l’atto impugnato lo ritira. In tali casi, le somme eventualmente già erogate al proprietario a titolo di indennizzo, maggiorate dell’interesse legale, sono detratte da quelle dovute ai sensi del presente articolo ”.
La situazione in cui versa il Comune è quella di non aver espropriato i suoli, di aver trasformato irreversibilmente l’area occupata dall’opera pubblica e di aver già pagato le indennità di occupazione e di esproprio. La situazione è, per molti versi, simile a quella in cui il provvedimento di esproprio sia annullato e, quindi, può essere regolata alla luce del citato art. 42-bis, comma 2.
IX – Le censure dedotte dai ricorrenti sono le seguenti: 1) difetto di competenza, per essere stato adottato il provvedimento dai dirigenti del settore legale e finanziario in luogo del Consiglio comunale;2) violazione dell’art. 1 della legge n. 241/1990 per non aver comunicato i motivi che ostano all’accoglimento della domanda prima della formale adozione del provvedimento negativo;3) violazione dell’art. 2 della legge n. 241/1990 per aver adottato il provvedimento in forma semplificata in assenza dei presupposti dettati dalla norma;4) inopponibilità ai ricorrenti degli effetti della rinuncia abdicativa al diritto di proprietà e conseguente persistenza di un’occupazione sine titulo dei suoli, per l’assenza di un decreto di esproprio o di un equipollente atto ablatorio, con conseguente.
I motivi di censura appaiono tutti plausibili ma i profili formali possono essere assorbiti nell’esame del quarto motivo, quello di natura sostanziale, stante la persistenza di un’occupazione sine titulo dei suoli, per l’assenza di un decreto di esproprio o di un equipollente atto ablatorio, nonché l’inopponibilità di una rinuncia abdicativa (alla luce delle statuizioni di cui al recente pronunciamento dell’Adunanza plenaria, sentenza n. 2/2020).
X – I ricorrenti non provano l’esistenza di un danno non patrimoniale, sicché la domanda risarcitoria andrà commisurata alla stregua del danno patrimoniale.
A tenore dell’art. 42-bis, comma 3, “ …l'indennizzo per il pregiudizio patrimoniale di cui al comma 1 è determinato in misura corrispondente al valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità e, se l'occupazione riguarda un terreno edificabile, sulla base delle disposizioni dell'articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7. Per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l'interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma ”.
A mente dell’art. 42-bis, comma 2, “ le somme eventualmente già erogate al proprietario a titolo di indennizzo, maggiorate dell’interesse legale, sono detratte da quelle dovute ”.
XI – La domanda risarcitoria deve essere accolta e, per l’effetto, devono essere riconosciuti ai ricorrenti – nei limiti dell’eccepita prescrizione (cioè a decorrere dal quinto anno antecedente la proposizione del ricorso in epigrafe, con il quale per la prima volta è stato chiesto un risarcimento da occupazione illegittima) - i ristori risarcitori per l’occupazione illegittima del suolo, da liquidarsi con i criteri fissati dallo stesso art. 42-bis T.U. Espropriazioni.
XII - Ciò premesso, si assegna un termine alle parti affinché sia stipulato un accordo risarcitorio ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., entro il termine di 90 giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza. Se le parti non addiverranno a un accordo risarcitorio o non adempiranno ai doveri dell’accordo concluso, ciascuna di loro potrà, con autonomo ricorso per ottemperanza, chiedere la determinazione della somma dovuta, ovvero l’adempimento degli obblighi ineseguiti.
XIII – I criteri su cui deve basarsi l’accordo risarcitorio sono quelli stabiliti dai commi 2 e 3 del citato art. 42-bis del T.U. Espropriazioni, vale a dire che: “ l'indennizzo per il pregiudizio patrimoniale di cui al comma 1 è determinato in misura corrispondente al valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità e, se l'occupazione riguarda un terreno edificabile, sulla base delle disposizioni dell'articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7. Per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l'interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma ”.
XIV - Nel termine di 30 giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, il Comune potrà proporre ai ricorrenti l’acquisto del bene (per ottenerne l’accettazione nei successivi 60 giorni), ovvero potrà disporre, entro il termine di 90 giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, l’acquisizione sanante a tenore dell’art. 42-bis, comma 1, che così detta: “