TAR Ancona, sez. I, sentenza 2013-06-20, n. 201300468

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2013-06-20, n. 201300468
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 201300468
Data del deposito : 20 giugno 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01623/1994 REG.RIC.

N. 00468/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01623/1994 REG.RIC.

N. 00266/1995 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1623 del 1994, proposto da:
P M, D'Ambrosio Giuliana, rappresentati e difesi dall'avv. M O, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Marche in Ancona, via della Loggia, 24;

contro

Comune di Grottammare, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. S G, con domicilio eletto presso l’avv. F N in Ancona, via delle Palombare, 31/A;

sul ricorso numero di registro generale 266 del 1995, proposto da:
P M, D'Ambrosio Giuliana, rappresentati e difesi dall'avv. M O, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Marche in Ancona, via della Loggia, 24;

contro

Comune di Grottammare, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. S G, con domicilio eletto presso l’avv. F N in Ancona, via delle Palombare, 31/A;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 1623 del 1994:

dell’ordinanza di sospensione dei lavori e di rimessa in pristino.

quanto al ricorso n. 266 del 1995:

dell’ordinanza di annullamento parziale in autotutela della concessione edilizia n° 287 del 17 giugno 1992.

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Grottammare;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Primo Referendario Francesca Aprile nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2013 e uditi per le parti i difensori, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso n° 1623/1994, i ricorrenti, dopo aver premesso di essere titolari della concessione edilizia n° 287 del 17 giugno 1992, rilasciata per la ristrutturazione di un fabbricato sito in via Giordano Bruno nel Comune di Grottammare, hanno adito questo Tribunale Amministrativo per domandare l’annullamento dell’ordinanza n° 5 del 27/08/1994, con la quale è stata ordinata la sospensione dei lavori e la rimessa in pristino, per asserito contrasto con l’art. 32 del Regolamento edilizio in vigore al momento del rilascio della concessione edilizia n° 287 del 17 giugno 1992, nonché con l’art. 66 del Regolamento edilizio vigente pro tempore.

I ricorrenti propongono le seguenti doglianze:

- carenza di presupposti e di motivazione, eccesso di potere per sviamento, violazione della legge n° 47/1985, violazione dell’art. 7 della legge n° 241/1990, violazione dei principi concernenti l’esercizio dell’autotutela, per mancata ponderazione dell’affidamento ingenerato nei privati con l’interesse pubblico, nonchè carenza di motivazione in ordine all’attualità e concretezza dell’interesse pubblico alla demolizione;

- violazione dell’art. 12 della legge n° 47/1985, carenza di presupposti e di istruttoria;

- violazione dell’art. 32 del Regolamento edilizio in vigore al momento del rilascio della concessione edilizia n° 287 del 17 giugno 1992, nonché dell’art. 66 del Regolamento edilizio vigente pro tempore, disparità di trattamento.

Per resistere al ricorso, si è costituito in giudizio il Comune di Grottammare, che, previa eccezione di inammissibilità, ne ha domandato il rigetto, vinte le spese.

Con ricorso n° 266/1995, i ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza n° 47 del 18/11/1994, con la quale è stato disposto l’annullamento parziale in autotutela della concessione edilizia n° 287 del 17 giugno 1992.

Con tale impugnativa, i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 11 della legge n° 47/1985, carenza di presupposti e di motivazione, con particolare riguardo alla motivazione in ordine all’attualità e concretezza dell’interesse pubblico, illogicità, contraddittorietà e sviamento, nonché violazione dell’art. 32 del Regolamento edilizio in vigore al momento del rilascio della concessione edilizia n° 287 del 17 giugno 1992.

Il Comune di Grottammare, costituitosi in giudizio, previa eccezione di inammissibilità, ha domandato il rigetto del ricorso, vinte le spese.

Alla pubblica udienza del 18 aprile 2013, sentiti i difensori delle parti, come da verbale, i ricorsi n° 1623/1994 e n° 266/1995, sono stati trattenuti per essere decisi.

DIRITTO

Preliminarmente, ritiene il Collegio di disporre la riunione dei ricorsi in epigrafe, per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva.

Dev’essere disattesa l’eccezione di inammissibilità, sollevata dalla difesa del Comune intimato, per omessa notifica del ricorso n° 1623/1994 e del ricorso n° 266/1995 al controinteressato.

Il Collegio condivide il principio giurisprudenziale per il quale al titolare del diritto di proprietà di un immobile confinante deve riconoscersi la legittimazione a ricorrere avverso il rilascio del permesso di costruire, rispetto al quale lo stesso vanta una posizione di interesse legittimo.

Il proprietario del fondo confinante è legittimato ad intervenire nel giudizio instaurato dal titolare di concessione edilizia annullata in autotutela avverso l’annullamento in autotutela della concessione edilizia e avverso l’ordinanza di demolizione.

Tale legittimazione, corrispondente alla situazione sostanziale del proprietario di un immobile confinante o vicino, non configura, peraltro, un litisconsorzio necessario, atteso che l’annullamento in autotutela del titolo abilitativo non determina il sorgere di un rapporto inscindibile.

Per tale ragione, non sussistendo l’inscindibilità del rapporto e della causa, e non configurandosi il litisconsorzio necessario del proprietario dell’immobile confinante, la mancata notifica a quest’ultimo del ricorso proposto avverso i provvedimenti con i quali la concessione edilizia è stata annullata in autotutela e con i quali è stata ordinata la sospensione dei lavori e la demolizione delle opere, non è causa di inammissibilità dell’impugnativa.

I ricorsi riuniti sono, pertanto, ammissibili.

Nel merito, i ricorsi sono fondati.

Dalla documentazione agli atti del giudizio si evince che l’area sulla quale insiste il fabbricato di cui si controverte ricade in zona di completamento B1 ed è inserita nel piano di recupero del patrimonio edilizio esistente ai sensi della L.R. n° 31 del 4 settembre 1979.

Il suddetto piano di recupero, pur divenuto inefficace per la parte in cui non ha avuto attuazione, è rimasto fermo a tempo indeterminato quanto all'obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso, secondo il dettato dell’art. 17 della legge urbanistica generale n° 1150/1942.

Per principio giurisprudenziale condiviso dal Collegio, le previsioni pianificatorie contenute nel piano di recupero prevalgono, in considerazione della specialità delle finalità di recupero del patrimonio edilizio degradato esistente, sulle disposizioni del regolamento edilizio, con particolare riguardo alle prescrizioni di zona, ferma restando l’osservanza delle disposizioni del Piano regolatore generale, quale strumento urbanistico sovraordinato.

In coerenza al richiamato principio di diritto, nell’esercizio del potere di autotutela sulla concessione edilizia n° 287/1992, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto assumere quale parametro normativo di riferimento per il controllo di legittimità del titolo abilitativo di cui si controverte non il regolamento edilizio, ma le prescrizioni di zona dettate dalle disposizioni di piano ed in particolare dal piano di recupero summenzionato.

Ne deriva che la ritenuta illegittimità della concessione edilizia n° 287 del 17 giugno 1992, nella parte in cui è stata assentita la realizzazione di balconi nel fabbricato oggetto di ristrutturazione, non è ravvisabile.

In mancanza del profilo di illegittimità del titolo abilitativo n° 287 del 17 giugno 1992, che, con l’impugnato provvedimento di annullamento in autotutela si è inteso rimuovere, le dedotte doglianze per violazione dei principi in materia di esercizio del potere di autotutela non possono che ritenersi fondate.

Analogamente è a dirsi per l’impugnata ordinanza di demolizione, nessuna abusività potendo rinvenirsi nella realizzazione dei balconi di cui si controverte, non sussistendo il contrasto con le previsioni pianificatorie concernenti le prescrizioni urbanistiche di zona.

Per le suesposte ragioni, i ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti devono essere accolti, perché fondati.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

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